AUTOCOSCIENZA

Enciclopedia Italiana (1930)

AUTOCOSCIENZA (dal gr. αὐτός "stesso e coscienza; fr. conscience de soi-même; sp. conciencia de si; ted. Selbstbewusstsein; ingl. self-consciousness)

Antonio Renda

Conoscenza che il soggetto ha di sé in quanto soggetto. Nell'autocoscienza il principio attivo, che costituisce la coscienza, si manifesta come atto del soggetto pensante. L'oggetto che si conosce s'identifica con il soggetto che conosce, senza che la distinzione sia annullata. Si realizza così quell'unità in sé distinta, ch'è l'esigenza fondamentale e l'aspirazione suprema del pensiero, onde nell'autocoscienza si è sempre più sistematicamente cercato il principio che costituisce e spiega la realtà come spiritualità. L'autocoscienza è espressa dalla parola io. Alcuni usano anche me, mio, per contrassegnare ciò che di essa appare contenuto, lato oggettivo. Logicamente e storicamente le concezioni filosofiche dell'autocoscienza possono ridursi a quattro fondamentali, che individuano i sistemi più caratteristici, di cui sono il principio ora esplicito ora implicito:

1. Sostanzialistica o realistica, di carattere metafisico. Il soggetto dell'autocoscienza è concepito come ente a sé, presupposto delle specifiche determinazioni di coscienza. Tale dottrina conduce a negare la conoscibilità dell'autocoscienza. Non si ha con essa l'unità concreta e assoluta di oggetto e soggetto. L'unità è trascendente.

2. Empiricistica o nominalistica, con base psicologica. Il soggetto dell'autocoscienza è ridotto alla successione dei fatti di coscienza. Non ha realtà distinta. È "epifenomeno". L'unità dell'io è un risultato: essa è affermata con il disconoscimento indiretto della soggettività dell'autocoscienza.

3. Idealistica, con prevalente carattere gnoseologico. Si nega la sostanzialità ma non la realtà del soggetto, che è concepita come attività processuale, creatrice di sé e delle determinazioni di coscienza; unità immanente, autodifferenziatrice.

4. Attualistica. - Oppone alla posizione sottostante alle altre concezioni (che fanno dell'autocoscienza un presupposto e quindi un oggetto della riflessione astraente) la sua soggettività assoluta, inoggettivabile, immoltiplicabile. L'autocoscienza è la categoria come forma inscindibile dall'esperienza in cui si attua. La sua realtà è nell'atto in cui si genera come coscienza: unità che è impossibile trascendere.

Queste quattro concezioni dell'autocoscienza, che presentano un io sostanziale, un io formalistico, un io empirico, un io trascendentale, possono considerarsi anche come momenti necessarî del processo con cui l'autocoscienza si manifesta a noi. L'idealismo hegeliano, oltre il processo di formazione dell'autocoscienza (fenomenologia dello spirito), distingue un processo di sviluppo, che va dal rapporto estrinseco tra coscienza ed autocoscienza alla loro concreta unità. I momenti dello sviluppo sono distinti per il modo con cui la coscienza è conservata nell'autocoscienza, per la "negazione" dialettica della soggettività unilaterale. Sono tre: 1. autocoscienza appetitiva (l'opposizione soggetto-oggetto diviene opposizione coscienza-autocoscienza; la coscienza non è risoluta nell'autocoscienza); 2. autocoscienza riconoscitiva (l'opposizione è tra autocoscienza e autocoscienza; imperfetta unità dell'universale e dell'individuale); 3. autocoscienza universale (ogni opposizione è risoluta; autocoscienza reale, oggettiva come sostanza del costume). Importa non confondere questo sviluppo, attraverso cui l'autocoscienza conquista per un movimento proprio l'oggettività, con l'oggettivazione intellettualistica astratta; e notare che con il secondo e terzo momento lo spirito non è attività teoretica, ma pratica; che lo sviluppo dell'autocoscienza implica il superamento della astratta, soggettiva, finita posizione dell'intelletto. L'attualismo ammette un processo infinito dell'autocoscienza, ma non una formazione fenomenologica, che presupporrebbe un processo verso l'autocoscienza; l'atto immoltiplicabile dello spirito risolve in sé il processo della sua generazione; e la fenomenologia serve solo a dimostrare l'immanenza dell'autocoscienza in ogni momento del processo con cui la realtà quale spiritualità si costituisce.

Il concetto distinto di autocoscienza sorge tardi nella storia del pensiero. Più tardi, e con complicato sviluppo della conoscenza filosofica, l'autocoscienza rivela la sua fondamentale importanza nella concezione del reale. Scarso e di poco valore è il contributo delle ricerche psicologiche. Alcuni psicologi non riconoscono una distinta realtà dell'autocoscienza, in quanto non appare come uno tra i fatti di coscienza da essi studiati. Altri la lasciano nell'oscura posizione di un presupposto necessario, ma non analizzabile o non analizzato. Notabile eccezione sono gli studî sulle deformazioni della coscienza della personalità nella sua considerazione empirica. Al punto di vista psicologico, che fa dell'autocoscienza un oggetto di riflessione in cui si annulla la pensante soggettività e ne riduce l'attiva unità ai molteplici fatti, dovuti all'analisi astraente, possono riportarsi i problemi pseudofilosofici (delle potenze, delle facoltà, dei rapporti, delle classi dei fatti di coscienza) prevalsi fino a che non si sono imposti il problema dell'autocoscienza come fondamento della realtà e il concetto speculativo di sviluppo spirituale. Degne di ricordo sono l'analisi che dell'autocoscienza fa il Herbart e la teoria del Baldwin sulla sua formazione etico-sociale, che riappare eon sviluppi speculativi nell'idealismo costruttivo del Royce. Anche scarso è il contributo della filosofia antica e medievale. Non ostante il socratico "conosci te stesso", l'autocoscienza, in modo esplicito, non ha posto nella concezione greca della vita. Carattere incidentale e psicologico ha un accenno platonico (Filebo, 33, d, e). Bisogna giungere agli stoici per trovare un termine che distingua la coscienza: συνείδησις. Il valore che l'autocoscienza ha nella filosofia di sant'Agostino, il principio scolastico non intelligimus nisi intelligamus non intelligere, non hanno la sistemazione e lo svolgimento caratteristici della filosofia moderna. L'autocoscienza diviene problema centrale per l'importanza assunta dalle ricerche gnoseologiche dopo il Rinascimento: si deve a ciò il rilievo dato al suo aspetto teoretico. Il romanticismo tedesco è caratteristica espressione estetizzante e asistematica dell'autocoscienza come supremo valore. Con il Kant l'autocoscienza si rivela condizione di ogni conoscenza: ma le sue categorie sono concepite come forme soggettive, determinazioni finite, costituenti la realtà in quanto fenomeno. Lo sviluppo e l'interpretazione dell'identità così posta dell'oggetto e del soggetto nell'autocoscienza sono il motivo fondamentale dell'idealismo ulteriore. L'idealismo contemporaneo è il concetto della realtà come autocoscienza. L'autocoscienza nel Fichte prende il posto dell'"in sé" kantiano: la sua essenza è morale e il mondo è il suo mondo. Un residuo soggettivistico è superato dal Hegel, per cui la legge dell'autocoscienza (negatività, autodifferenziazione mercé la dialettica degli opposti) costituisce la logica del reale. Egli distingue l'astratta autocoscienza soggettiva (Selbstbewusstsein) dall'autocoscienza concreta (seyenden Selbstwusstsein). L'idealismo anglo-americano sviluppa la concezione dell'assoluta autocoscienza come principio della realtà, accentuandone la trascendenza e il significato morale. L'attualismo del Gentile, sviluppando la concezione dell'assoluta soggettività dell'autocoscienza in atto, elimina ogni trascendenza e risolve il processo dell'esperienza, della natura e della storia, nel processo infinito con il quale l'autocoscienza si costituisce.

Bibl.: Oltre le opere fondamentali di Hume, Berkeley, Kant, Fichte, Lotze, Eucken, Bonatelli, Renouvier, Green, Ed. Caird e i trattati generali di psicologia (Wundt, Stout, James, Höffding, Natorp, Ebbinghaus), in riferimento al testo cfr.: R. Ardigò, L'unità della coscienza, Padova 1898; I. M. Baldwin, Mental development, New York 1895; id., Social a. ethical interpr., spec. I, i, Londra 1897; A. Binet, Les altérations de la pers., Parigi 1892; F. H. Bradley, Appearance as reality, IX, X, Londra 1893; P. Carus, Le problème de la cons. du moi, Parigi 1893; F. De Sarlo, Il concetto dell'anima nella psic. contemporanea, Firenze 1900; id., Psicol. e Filosofia, I, V, VI, Firenze 1918; L. Ferri, L'io e l'aut., in Filos. d. Scuole Ital., ottobre 1877; G. Gentile, Teoria generale dello spirito, 4ª ed., Bari 1924, spec. XVII; id., Sistema di logica, II, Bari 1923; G. W. F. Hegel, Phänom. d. Geistes; id., Grundlin. d. Philos. d. Rechts, spec. §§ 137-141 (trad. ital. Messineo, Bari 1913); id., Encyclopädie, §§ 424-437 (trad. ital. B. Croce, Bari 1907); I. F. Herbart, Lehrbuch d. Psych., Amburgo 1882; Th. Ribot, Les maladies de la pers., Parigi 1889; J. Royce, Studies of good and evil, New York 1898; id., The world a. the individ., Londra 1901, specialmente il saggio complementare e il vol. II, 2° (trad. ital. Rensi, Bari 1914-1916); P. Souriau, in Revue Philos., 1866, p. 449 seg.; B. Spaventa, Logica e metafis. a cura di G. Gentile, I, sez. 2ª, Bari 1911; id., Principii di etica a cura di G. Gentile, i, Napoli 1904.

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