Autogestione

Lessico del XXI Secolo (2012)

autogestione


autogestióne s. f. – Forma autonoma, orizzontale e cooperativa di aggregazione sociale basata sulla partecipazione, sul consenso e sulla responsabilità dei singoli. Finalizzata alla gestione di una funzione politico-culturale e/o di un progetto a partire dall’organizzazione di uno spazio comune e attraverso l’autofinanziamento e l’assemblearismo, l’a. assume la connotazione di forma di produzione e fruizione di un tipo di socialità incentrata sulla relazionalità, sull’espressività, sulla creatività, sull’innovazione. Fuori dai – o contro i – circuiti culturali e politico-istituzionali ufficiali, i sostenitori dell’a. rivendicano una socializzazione 'alternativa' basata sulla libertà dell’individuo e fuori dalla logica del mercato. Oggi si distinguono due forme principali di a.: quella istituzionale, che, spesso sotto la spinta di gruppi della società civile, in particolare giovani, nasce e si sviluppa su iniziativa delle amministrazioni pubbliche; quella che ha origine il più delle volte con l’occupazione legale o illegale di spazi, specialmente urbani, per la costituzione dei cosiddetti centri sociali autogestiti o centri sociali occupati autogestiti. Nella scelta dell’occupazione illegale di uno spazio pubblico in genere dismesso (ex fabbriche, asili, scuole, magazzini ecc.), si riscontra il carattere antiistituzionale dell’a. intesa come forma di protesta e di rivendicazione contro i modelli dominanti di gestione della cultura e dell’economia e contro i modelli politici basati sulla delega e sulla rappresentanza. Negli ultimi anni, in Italia, emerge una tendenza all’istituzionalizzazione degli spazi di a. con una apertura al dialogo tra gruppi di a. e istituzioni, soprattutto in riferimento alla concessione o riconoscimento dello spazio occupato, ma anche in riferimento al riconoscimento della funzione di utilità pubblica degli spazi di a. che di fatto hanno visto crescere il numero e la tipologia di frequentatori (prima soprattutto giovani, ora anche migranti, disoccupati, senza tetto ecc.) e il numero e la tipologia di 'servizi sociali' offerti (concerti, mostre, spettacoli, laboratori, seminari, dibattiti, ma anche accoglienza, assistenza ecc.). In questo senso, la distinzione tra attivisti dell’a. e attori del terzo settore sembra diventare sempre meno netta.