Autorità amministrative indipendenti [dir. amm.]

Diritto on line (2014)

Nino Longobardi

Abstract

Dopo aver descritto il delinearsi e lo sviluppo del complesso fenomeno delle autorità amministrative indipendenti nell’ordinamento italiano fino ai tempi più recenti, vengono illustrati i significati che assume l’indipendenza, ovvero il tratto caratteristico di queste autorità che costituiscono tuttavia una categoria molto diversificata al suo interno. L’attenzione viene poi portata sulle autorità di regolazione dei mercati, per le quali è ben evidente l’influenza del modello statunitense, e sul modello regolativo-giustiziale che ne qualifica l’azione e l’organizzazione. La considerazione degli aspetti problematici in tema di autorità amministrative indipendenti induce a sottolineare che appaiono oggi largamente superati i dubbi in ordine alla natura amministrativa ed alla costituzionalità delle autorità e che, egualmente, solo uscendo dagli schemi della tradizione possono trovare adeguata soluzione le questioni ancora controverse. Credibilità e funzionalità delle autorità indipendenti di regolazione dei mercati sono però strettamente legate all’affermazione del modello regolativo-giustiziale, che, benché consacrato nei suoi tratti essenziali dal legislatore, non ha ancora conseguito la necessaria effettività. Viene quindi illustrato il collegamento in rete delle autorità di regolazione dei mercati. Il progredire di esso ha rafforzato l’indipendenza e migliorato l’azione delle autorità e consente alle stesse di divenire strumenti di regolazione globale.

Il fenomeno delle autorità amministrative indipendenti

La creazione di autorità amministrative indipendenti, nel nostro come in altri ordinamenti, non è derivata da un disegno prestabilito, né è stata guidata da una logica istituzionale complessiva. Così è stato non solo in Francia, ma anche nell’esperienza delle independent regulatory agencies. Al modello statunitense, che ha una tradizione più che secolare, si sono ispirate le assai più recenti esperienze europee, a partire da quella francese.

In Italia il fenomeno si è delineato progressivamente a seguito dell’istituzione della CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa – 1974), del Garante per l’editoria (1981) e dell’ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private – 1982) e si è sviluppato negli anni novanta del secolo scorso.

Determinante è stata la spinta dell’ordinamento comunitario nell’istituzione delle autorità di maggior rilievo. Non solo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), istituita con l. 10.10.1990, n. 287, ma anche il Garante per la protezione dei dati personali (l. 31.12.1996, n. 675, cd. legge sulla privacy) e le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, ovvero l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG – l. 11.11.1995, n. 481) e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM – l. 31.7.1997, n. 249: l’Autorità è subentrata nei procedimenti e nei rapporti facenti capo al Garante per l’editoria), costituiscono applicazione di principi e direttive comunitari.

Sempre negli anni Novanta del secolo trascorso sono state istituite la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di sciopero (art. 12, l. 12.6.1990, n. 46), la Commissione di vigilanza sui fondi pensioni (COVIP – d.lgs. 21.4.1993, n.24) e l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici (l. 11.2.1994, n. 109), divenuta poi Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (artt. 6-8, d.lgs. 12.4.2006, n. 163): di quest’ultima, tuttavia, è stata disposta la soppressione con l’art. 19 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90. Anche queste autorità vengono annoverate – non senza qualche incertezza – tra le autorità amministrative indipendenti.

Il legislatore italiano non ha mai esplicitamente qualificato come indipendente una autorità amministrativa, ricorrendo per lo più a formule indirette, quali «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» per es. per le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. In Francia, invece, la paternità della nozione spetta al legislatore e data dal 1978 (Commission nationale de l’informatique et des libertés – CNIL). Ben dieci autorità amministrative sono state qualificate indipendenti dal Parlamento d’oltralpe tra il 1984 ed il 2001. Per le altre autorità alla qualificazione ha provveduto il giudice. In Francia si contavano nel 2001 trentaquattro autorità amministrative indipendenti secondo il Rapport public 2001 del Conseil d’État.

Nel nostro Paese le nuove figure amministrative – il cui profilo si distacca dalla tradizione continentale – hanno suscitato l’ostilità del sistema politico-partitico, evidenziata dai progetti di riforma diretti a ridimensionare e contenere il ruolo delle autorità e dai tentativi di lederne l’indipendenza. D’altro canto, larga parte della dottrina, disorientata dalla novità costituita dalle autorità amministrative indipendenti, si è inizialmente attestata a difesa della tradizione politico-amministrativa, mettendo in dubbio la costituzionalità delle autorità e/o avanzando interpretazioni dirette a ridurne, quando non a stravolgerne il ruolo. Nonostante persistenti difficoltà, il fenomeno delle autorità amministrative indipendenti si è ugualmente consolidato nel nostro ordinamento ed ha avuto nuovi sviluppi nei tempi più recenti.

Con d.lgs. 27.10.2009, n. 150 è stata istituita la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT). Le funzioni di vigilanza e controllo ad essa demandate sono state ampliate dalla l. 6.11.2012, n. 190, che ha individuato la CIVIT quale Autorità nazionale anticorruzione. La Commissione ha assunto poi la denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (ANAC – l. 30.10.2013, n. 125), destinata ad assumere anche le funzioni della soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (ai sensi del citato art. 19, d.l. n. 90/2014). Una nuova autorità di regolazione è stata istituita per il settore dei trasporti ferroviario, portuale, aereoportuale e stradale (art. 37, d.l. 6.12.2011 n. 201, convertito dalla l. 22.12.2011, n. 214, come modificato dall’art. 36, l. 24.3.2012, n.27). La trasformazione dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in autorità amministrativa indipendente, indicata dalla Comunicazione europea del 2005 (Codice delle statistiche europee) e dal Reg. CE 11.3.2009, n. 222, è stata avviata dall’art. 3 del d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito dalla l. 17.12.2012, n. 221 (cd. legge sull’Agenda digitale). Con l.12.7.2011, n. 112 è stata istituita l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, organo monocratico chiamato a promuovere l’attuazione delle misure previste dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e da altri atti internazionali. L’istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà personale è stata prevista dal d.l. 23.12.2013, n.146. In attuazione della l. cost. 20.4.2012, n. 1, che ha riformulato l’art. 81 Cost. per rafforzare il vincolo del pareggio di bilancio e previsto al riguardo la creazione di un organismo indipendente, la l. 24.12.2012, n. 243 ha istituito presso le Camere l’Ufficio parlamentare di bilancio, costituito da un collegio di tre membri, «per l’analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio» (art. 16). L’Ufficio è chiamato a fornire valutazioni indipendenti in merito alla finanza pubblica, che possono essere solo motivatamente disattese dal governo.

Parallelamente alla istituzione di nuove autorità amministrative indipendenti è da registrare l’ampliamento delle funzioni (vistoso per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato) ed il rafforzamento dell’indipendenza delle autorità esistenti sospinto dal diritto europeo (Direttive CE 13.7.2009, n. 72, 73, Direttive CE 25.11.2009, n.136 e140).

Al di là del rilevante tratto comune costituito dall’indipendenza, le autorità amministrative indipendenti non si lasciano ricondurre ad un modello unico a causa della notevole diversità dei campi di attività, delle funzioni e dei poteri ad esse assegnati. Emerge tuttavia una distinzione fra le autorità di regolazione dei mercati e le altre autorità.

Per le autorità di regolazione dei mercati è ben evidente l’influenza del modello statunitense e può parlarsi non solo del consolidamento dell’indipendenza, ma anche della formazione di un modello amministrativo innovativo. Anche le altre autorità costituiscono una importante manifestazione del bisogno di adattamento ed evoluzione delle forme dell’azione pubblica e dei principi di organizzazione dello Stato. Si afferma la tendenza a sottrarre determinate funzioni pubbliche all’indirizzo politico di maggioranza, ovvero ad una logica nella quale sull’imparziale svolgimento delle funzioni sono destinati a prevalere gli obiettivi più pressanti ed immediati della maggioranza governativa. Ciò risponde ad una esigenza di efficacia oltre che ad una esigenza di garanzia, che divengono ineludibili quando il corretto esercizio delle funzioni rileva anche a livello europeo e/o globale (come, da ultimo, attesta ad es. l’evoluzione dell’ISTAT verso l’assetto di autorità indipendente).

È presto per dire se i più recenti sviluppi del nostro ordinamento segnalino un’evoluzione nella direzione dell’esperienza della Francia, ove sono oggi presenti (secondo le diverse valutazioni) da quaranta a cinquanta autorità amministrative indipendenti, che si sono diffuse anche in settori tipici della sovranità statale, quali la difesa, l’ordine pubblico e la giustizia. A un simile sviluppo occorre guardare con attenzione critica, non solo perché esso indica un’esigenza di riorganizzazione dello Stato anche al fine di rafforzarne l’imparzialità, ma anche perché dello strumento autorità amministrativa indipendente può essere fatto un uso improprio o che comunque può risultare non giustificato. Infatti, la creazione di un’autorità indipendente può costituire un espediente di fuga dalla responsabilità politica, quale si realizza scaricando scelte difficili o costose in termini di consenso su un organo qualificato come indipendente; inoltre, può consentire di allargare la sfera amministrativa a scapito del giudice, incidendo, così, sulla tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive.

L’indipendenza delle autorità

Il tratto dell’indipendenza accomuna le autorità in una categoria molto diversificata al suo interno. L’indipendenza delle autorità può essere illustrata secondo tre significati o aspetti significativi che assume.

In un primo significato, che può dirsi formale, indipendenza equivale a separazione. Determinate funzioni, di regolazione o anche solo di concorso, in senso molto lato, alla regolazione di determinati settori dell’ordinamento vengono collocate al di fuori della linea e degli apparati dell’ordinaria vita amministrativa ed assegnate ad una autorità ad hoc, con o senza personalità giuridica.

Ben più rilevante è il secondo significato che assume l’indipendenza, in quanto esprime la non dipendenza da manifestazioni di volontà altrui nello svolgimento dell’attività (istruttoria, informativa, propositiva, consultiva, di decisione, di giudizio, ecc.) demandata alla figura soggettiva. L’aspetto relazionale che assume in questo caso rilievo è quello tra politica e amministrazione. L’indipendenza, nel senso ora considerato, non può essere assoluta, ma solo relativa, già per la circostanza che l’attività resta subordinata alla legge. L’indipendenza, benché relativa, è tuttavia di grande momento, caratterizzandosi come non dipendenza dell’attività da direttive politiche e per l’atteggiarsi del “controllo” essenzialmente come valutazione dell’attività complessiva e dei risultati. Vengono conseguentemente meno misure tradizionali quali direttive o atti di indirizzo e approvazioni di singoli atti, che possono avere effetti sostitutivi della volontà dell’autorità, che per ciò può essere detta indipendente.

Il terzo significato o aspetto significativo dell’indipendenza indica la libertà da condizionamenti di vario tipo, anche organizzativo e finanziario, che possono incidere sull’esercizio delle funzioni e che possono derivare non solo dalla politica, ma anche dai gruppi di interesse. Rilevano al riguardo in primo luogo requisiti e sistemi di nomina dei componenti delle autorità, la durata del loro mandato, la rinnovabilità e revocabilità dello stesso, la disciplina delle incompatibilità.

Una congrua durata del mandato (non coincidente con quella della legislatura) e la non rinnovabilità di esso costituiscono garanzie di indipendenza dei componenti delle autorità, per i quali non è ammessa la revoca anticipata dell’incarico. In questa direzione la l. 28.10.2008, n. 31 ha allineato la durata del mandato dei componenti di alcune autorità indipendenti a quella già prevista per l’AGCM (sette anni), mentre il d.l. 6.12.2011, n. 201 ha escluso la possibilità di conferma per tutti i componenti delle autorità amministrative indipendenti. La revoca dei vertici delle autorità, alla stregua del diritto europeo (direttive 2009/73/CE e 2009/140/CE), ha un campo assai circoscritto, potendo operare solo in caso di perdita dei requisiti prescritti per la nomina e di accertata commissione di gravi irregolarità rilevanti per le leggi nazionali.

I requisiti soggettivi richiesti ai membri dei collegi delle autorità mirano a garantirne la competenza, l’indipendenza e l’esperienza. Il regime delle incompatibilità, oltre ad assicurare un pieno impegno dei titolari degli organi di vertice delle autorità, deve evitare che questi si trovino in situazioni di conflitto di interesse, proiettandosi, per tentare di impedire il rischio di influenze esterne, di gruppi privati o pubblici interessati all’esercizio delle funzioni delle autorità, sia sul periodo antecedente la nomina, sia sul periodo successivo all’esercizio delle funzioni di membro dell’autorità.

Molto si discute in ordine alla disciplina del potere di nomina dei componenti delle autorità, oggi attribuito nel nostro ordinamento in alcuni casi ai Presidenti delle Camere (così, ad es. per l’AGCM), in altri alla Camera e al Senato (così, ad es. per il cd. Garante della privacy) o al Governo (così, ad es. per la CONSOB). La garanzia minima per tentare di assicurare l’indipendenza delle autorità è costituita dall’intervento nelle nomine di maggioranze necessariamente bipartisan, accompagnato da procedure che scoraggino pratiche lottizzatorie, prevedendo, quindi, selezioni trasparenti e l’audizione parlamentare dei candidati. In un contesto ordinamentale e culturale assai poco sensibile al valore dell’indipendenza deve tuttavia pensarsi anche all’intervento di organi super partes (v’è al riguardo l’esempio della Francia) ed a procedure innovative per il nostro ordinamento, come il bando pubblico.

Alle autorità amministrative indipendenti è attribuita autonomia organizzativa e di gestione finanziaria, nella realtà soggette a molte limitazioni. La prima, assai variabile in base al diritto positivo, si concreta soprattutto nel potere di disciplinare con regolamenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento. Esiste un sicuro principio al riguardo, che, indicato dall’art. 97 Cost. («buon andamento»), è stato di recente imposto dal diritto europeo (direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2009/140/CE): le autorità nazionali di regolazione devono essere dotate dagli Stati membri delle «risorse umane e finanziarie idonee allo svolgimento delle loro attività».

Per la gran parte delle autorità indipendenti l’ordinamento del rapporto di impiego del personale è pubblicistico, secondo il modello della Banca d’Italia.

Al fine di ascrivere un’autorità alla categoria delle autorità amministrative indipendenti il Consiglio di Stato ricorre ai seguenti «indici normativi»: la qualificazione normativa; la natura delle funzioni e la loro riferibilità alla tutela di valori di rilevanza costituzionale, che la legge intende sottrarre alla responsabilità politica del Governo; l’autonomia organizzativa e di bilancio; i requisiti soggettivi richiesti ai componenti, il sistema di nomina e la disciplina delle incompatibilità; il sistema dei rapporti interistituzionali e la posizione che in esso occupa l’organismo considerato. Si tratta, di «indici rivelatori» che, benché possano essere presenti in tutto o in parte, devono sussistere «in maniera prevalente, idonea, in quanto tale, a definire l’appartenenza alla categoria» delle autorità amministrative indipendenti di un determinato organismo (Cons. Stato, Sez. I, parere 22.3.2010, n. 1081, riguardante la riconosciuta indipendenza della CIVIT; Cons. St., Ad. gen., parere 6.5.2011, n. 1721, riguardante la riconosciuta indipendenza della CONSOB).

Le autorità di regolazione dei mercati e il modello regolativo-giustiziale. Autorità atipiche

L’affermazione delle autorità amministrative indipendenti nella regolazione dei mercati si iscrive nell’attuale contesto caratterizzato dall’adesione all’economia di mercato e dalla globalizzazione.

L’Unione Europea e la globalizzazione dei mercati non comportano solo l’accettazione dei valori del mercato, ma anche una nuova modellistica istituzionale dell’intervento pubblico. Deve essere, infatti, garantita, per evitare l’emarginazione dei mercati nazionali, l’affidabilità delle istituzioni proposte alla regolazione dei mercati ed il loro corretto operare secondo standards internazionali. Ne consegue una spinta all’omogeneizzazione delle regole e dei modelli istituzionali, che tendono a conformarsi alle regole ed ai modelli istituzionali più evoluti. Già nel Rapport public 2001 del Conseil d’État veniva sottolineato come la creazione di autorità amministrative indipendenti risponda in primo luogo ad un «imperativo di credibilità internazionale» del sistema economico del Paese. Inoltre, le autorità, nel campo finanziario specialmente, sono in rete con le omologhe autorità straniere, non solo a livello europeo.

Credibilità e funzionalità delle autorità indipendenti di regolazione dei mercati sono strettamente legate ad un nuovo modello di azione e di organizzazione, che può essere definito regolativo-giustiziale. In esso la funzione istituzionale di regolazione assegnata all’autorità è intesa in senso ampio, ovvero occorre che la legge conferisca all’autorità un mandato pieno con riguardo al settore affidatole, che siano attribuiti poteri sufficienti oltre ad essere garantita l’indipendenza dell’autorità sia dal Governo che dai soggetti regolati. Come indicato dalle esperienze anglosassoni, l’efficacia dell’azione discende dall’estensione dei poteri normativi e dal cumulo di essi con i poteri di carattere amministrativo, repressivi e di attuazione contenziosa.

Il modello regolativo-giustiziale è informato ai principi della partecipazione all’elaborazione delle regole, dell’amministrazione contenziosa quanto all’applicazione di esse, dell’imparzialità oggettiva dell’autorità decidente. In adesione ad esso, ovvero nel segno dell’affermazione del «giusto procedimento», si è evoluto il nostro ordinamento. Alla stregua di quanto previsto negli USA dall’Administrative Procedure Act fin dal 1946, le autorità indipendenti di regolazione devono, infatti, prevedere ed applicare una procedura di notice and comment. La proposta di atto regolamentare o generale deve essere resa pubblica dall’autorità per consentire che i soggetti interessati si esprimano su di essa; delle osservazioni acquisite al procedimento va tenuto conto nell’adozione dell’atto di regolazione generale. D’altro canto, l’attività amministrativa provvedimentale assume carattere contenzioso. In essa è fondamentale l’osservanza scrupolosa di un pieno e paritario contraddittorio. Anche in questo caso il riferimento è all’Administrative Procedure Act statunitense, alla procedura di adjudication da esso prevista. Per realizzare il modello occorre ancora che sia garantita l’imparzialità dell’autorità anche sotto il profilo organizzativo, ciò che in particolare impone la separazione tra le funzioni istruttorie e le funzioni decisorie. Nei suoi tratti essenziali, il modello regolativo-giustiziale ha ricevuto consacrazione a livello di principio in due normative di grande rilievo, contenute nella legge comunitaria 2004 (art. 9, l. 18.4.2005, n. 62) e nella legge 28.12.2005, n. 262 sulla tutela del risparmio. Le autorità considerate dalla normativa – Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP e COVIP – sono state chiamate dalla l. n. 262/2005 a disciplinare con propri regolamenti l’applicazione dei principi generali che, secondo il modello regolativo-giustiziale, ne vincolano l’azione.

La Banca d’Italia, ente di diritto pubblico a struttura associativa, già istituto d’emissione, ha complesse funzioni dirette ad assicurare la stabilità monetaria e finanziaria dell’economia, attraverso il concorso alla politica monetaria europea e l’esercizio delle funzioni di regolazione e vigilanza sui mercati del credito e finanziario; la CONSOB è ente pubblico che, a tutela del risparmio, esercita le funzioni di regolazione e vigilanza sul mercato dei prodotti finanziari, assicurando in primo luogo la trasparenza e la completezza delle informazioni (funzioni di garanzia della stabilità e del contenimento del rischio sono rimesse alla Banca d’Italia); l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) è subentrato all’ISVAP nell’attività di regolazione e vigilanza sul settore assicurativo in base al d.l. 6.7.2012, n. 95, convertito dalla l. 7.8.2012, n. 135; la normativa istitutiva dell’IVASS esplicita che l’ente è chiamato ad operare «con piena autonomia ed indipendenza» senza alcuna soggezione a direttive ed istituisce un collegamento strettissimo tra vigilanza assicurativa e vigilanza bancaria attraverso la derivazione degli organi di vertice dell’ente da quelli della Banca d’Italia; la COVIP, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, ha il compito di assicurare e garantire trasparenza e correttezza nella gestione e nell’amministrazione dei fondi pensione.

I principi del modello regolativo-giustiziale sono estensibili a tutte le autorità amministrative indipendenti. La necessaria distinzione fra funzioni istruttorie e funzioni decisorie nell’esercizio del potere sanzionatorio è in primo luogo richiesta dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

I predetti principi sono ovviamente estensibili nella misura in cui ciò sia possibile. Sicuramente ed interamente, quindi, alle autorità dotate di poteri normativi, attuativi e sanzionatori quali quelle di regolazione dei servizi di pubblica utilità (AGCOM e AEEG), che da tempo hanno discipline specifiche in materia di partecipazione agli atti regolamentari e generali e di contraddittorio nei procedimenti per l’adozione degli atti individuali.

Costituisce un’anomalia rispetto al modello regolativo-giustiziale di derivazione angloamericana l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che svolge una funzione generale di tutela della concorrenza e del mercato, in primo luogo con poteri di intervento e sanzionatori in tema di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante, di operazioni di concentrazione tra imprese; ma anche con poteri di segnalazione al Parlamento e al Governo, ai quali si sono assommati nel tempo importanti funzioni consultive e poteri di impugnazione di atti amministrativi, nonché competenze specifiche in tema di pubblicità ingannevole e tutela dei consumatori. Tale “anomalia” costituisce rimedio all’assenza di una cultura diffusa della concorrenza, ma resta problematica. L’Autorità invade, infatti, lo spazio del giudice e, benché sprovvista di un potere di regolazione generale del mercato, finisce per svolgere ugualmente una funzione di regolazione attraverso la modulazione dell’esercizio dei suoi ampi poteri di diffida e sanzionatori congiuntamente al ricorso ai nuovi strumenti di concertazione con le imprese ed alla conseguente assunzione di impegni da parte delle stesse. Un riequilibrio a vantaggio del giudice ordinario, favorito da strumenti diretti a rafforzare il cd. private enforcement, come class actions adeguatamente disciplinate, potrebbe in prospettiva rivelarsi necessario.

Non trova valida giustificazione, invece, nella sua attuale disciplina, l’anomalia costituita dal Garante per la protezione dei dati personali, che ha compiti di vigilanza, controllo, poteri di divieto e di blocco in tema di trattamento dei dati e di stimolo dell’attività del Governo. La disciplina istitutiva del Garante rimette sostanzialmente al Governo, attraverso la fonte regolamentare, la latitudine del diritto alla riservatezza e consente all’ autorità amministrativa Garante di invadere – parzialmente, ma con effetti sicuramente condizionanti – il campo proprio ed esclusivo del giudice ordinario.

Aspetti problematici

Alcune questioni capitali che hanno animato il dibattito in tema di autorità indipendenti possono dirsi oggi sopite. Così, appaiono largamente superati i dubbi in ordine alla natura amministrativa ed alla costituzionalità delle autorità. La forma contenziosa dell’attività provvedimentale, che spesso induce a qualificare gli atti delle autorità come paragiurisdizionali, caratterizza, non meno dell’indipendenza, necessaria ad assicurare la neutralità rispetto agli interessi, il modello delle autorità indipendenti, secondo un modo innovativo di cura dell’interesse pubblico che resta amministrativo. La concezione dialettica che, in tema di amministrazione, informa la nostra Costituzione consente, assai più agevolmente che per altri ordinamenti, di ritenere la costituzionalità delle autorità amministrative indipendenti. Gli artt. 97 e 98 Cost., ponendo con forza l’esigenza di separazione tra politica e amministrazione, predispongono infatti uno spazio per amministrazioni in posizione di relativa indipendenza rispetto all’autorità politica, sottratte, in particolare, all’indirizzo governativo.

Egualmente, solo uscendo dagli schemi della tradizione possono trovare adeguata soluzione le questioni ulteriori ancora controverse. La concentrazione dei poteri che si realizza nel modello delle autorità amministrative indipendenti, dalle attività di polizia e inquisizione alle attività di regolazione normativa, attuative e sanzionatorie e la latitudine dei poteri normativi assegnati alle autorità senza prescrizioni contenutistiche quanto al loro esercizio trovano ragione in ineludibili esigenze di funzionalità, nella ratio stessa della regolazione indipendente. Da tempo, del resto, il principio di separazione dei poteri ha perso capacità ordinante e l’applicazione rigida di esso è stata abbandonata in tutti gli ordinamenti, mentre si è affermata la convinzione che la sostanza del valore della legalità è fatta salva qualora l’azione amministrativa sia ampiamente determinata da regole poste previamente ed il giudice possa esercitare su di essa un sindacato penetrante.

Nel modello regolativo-giustiziale l’elaborazione delle regole, pur facendo essenzialmente capo alla medesima autorità che è chiamata ad applicarle in forma contenziosa, deve avvenire con la più ampia garanzia del coinvolgimento degli interessi in gioco ed è strettamente sottoposta ai principi di proporzionalità e motivazione. Proprio da ciò trae legittimazione quella che nella sostanza è un’ampia delega di funzione normativa a vantaggio di un’autorità amministrativa, la cui principale giustificazione risiede in una esigenza di funzionalità ed effettività delle regole, che può essere soddisfatta solo da un’autorità ad hoc, che operi sul campo. D’altro canto, trattandosi di autorità amministrative, non si giustifica alcuna attenuazione del sindacato giurisdizionale nei confronti degli atti delle autorità amministrative indipendenti. In questa direzione il giudice amministrativo ha affermato, con rigore accentuatosi nel tempo, la necessità del giusto procedimento e della motivazione degli atti delle autorità e si è orientato ad assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti delle autorità escludendo ambiti di attività ad esse riservati (Cons. St., sez. VI, 3.6.2004, n. 926; v. anche al riguardo Cass., S.U., 20.1.2014, n. 1013). Nella giurisprudenza del Consiglio di Stato diretta ad affermare il giusto procedimento ha, inoltre, assunto ruolo centrale l’esatta convinzione del valore legittimante, dal punto di vista democratico, delle regole del contraddittorio e della partecipazione dei privati all’esercizio dei poteri regolatori (Cons. St., sez. VI, 27.12.2006, n. 7972).

Tuttavia, la cultura e la prassi del contraddittorio, inteso come pieno e paritario, caratterizzato dalla parità delle armi tra accusa e difesa ed ancora più il principio di separazione tra l’organo inquirente e quello giudicante non hanno ancora conseguito un sufficiente grado di affermazione perfino nell’ambito dei procedimenti sanzionatori (v. C. eur. dir. uomo, 4.3.2014, Grande Stevens e altri contro Italia).

Le autorità indipendenti in rete

Il rafforzamento dell’indipendenza (come l’affinamento dell’azione) delle autorità di regolazione dei mercati è andato di pari passo con il progredire del collegamento in rete delle autorità. Questo è divenuto più stretto in tempi recenti anche perché sempre più istituzionalizzato a livello europeo, a partire dal Sistema Europeo delle Banche Centrali, quello maggiormente integrato, del quale fanno parte le Banche centrali dei Paesi membri, che in base al Trattato UE è dotato di un proprio statuto e attributario di fini propri.

In risposta alla crisi finanziaria globale sono stati creati l’European Systemic Risk Board e tre autorità per la vigilanza finanziaria: l’Autorità bancaria europea, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali e l’Autorità europea per i valori mobiliari. Esse subentrano, rispettivamente, al CEBS, ovvero al Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria, al CEIOPS, Comitato istituito nel 2004, che accoglieva le autorità di vigilanza assicurativa dei 27 paesi membri dell’Unione europea ed al CESR, Comitato che già aveva rafforzato la rete tra le autorità di controllo dei mercati mobiliari. Il Reg. CE 13.7.2009, n. 713 ha creato l’Agenzia Europea per la Cooperazione dei Regolatori dell’Energia. Il Reg. CE 25.11.2009, n. 1211 ha istituito l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), caratterizzato da indipendenza e chiamato a svolgere i suoi compiti in modo imparziale e trasparente. Il BEREC è dotato di maggiori poteri rispetto al precedente Gruppo Europeo dei regolatori che ha sostituito.

Le Autorità per la concorrenza degli Stati membri fanno parte, con la Commissione Europea, dell’ECN (European Competition Network).

Con l’aumento dell’interesse dell’Unione Europea per un determinato settore sorge non solo l’esigenza di imporre attraverso la disciplina europea principi e regole sull’organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni nazionali, spesso «suggerendo» il modello dell’autorità amministrativa indipendente, ma anche l’esigenza di un collegamento delle autorità stesse in una rete con un centro di riferimento a livello europeo.

L’autorità amministrativa indipendente costituisce, infatti, un modello che nell’ottica europea si presenta particolarmente idoneo ed affidabile per garantire il primato del diritto europeo e la coerente applicazione di esso. In particolare, l’indipendenza dell’autorità – recidendo i tradizionali stretti legami con lo Stato ed il Governo nazionale – favorisce l’emergere di una cultura comune dei regolatori, che ne consente il proficuo inserimento nelle reti menzionate, attraverso il quale la cultura comune si alimenta e si rafforza, traducendosi in prassi tendenzialmente omogenee.

Le autorità amministrative indipendenti sono in rete con le corrispondenti autorità straniere anche a livello mondiale. Specie quelle operanti nei mercati finanziari si sono “internazionalizzate”, dando luogo ad organizzazioni denominate International Financial Regulatory Organitations (IFROS). Si tratta di nuovi attori della scena internazionale, la cui forza deriva dalla messa in rete di autorità amministrative indipendenti nazionali, che agiscono e si accordano sulla base delle loro responsabilità, piuttosto che in nome e per conto dello Stato di appartenenza. L’indipendenza in seno agli Stati conferita a queste autorità consente ad esse di divenire strumenti di regolazione globale, assicurando prevedibilità e, all’occorrenza, tempestività di azione, credibilità ed affidabilità sul piano internazionale.

Fonti normative

l. 4 giugno 1985, n. 281; l. 10.10.1990, n. 287; l. 11.11.1995, n. 481; l. 31.7.1997, n. 249; l. 28.12.2005, n. 262.

Bibliografia essenziale

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