AUTOSTRADA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

AUTOSTRADA (V, p. 589; App. I, p. 227; II,1, p. 329; III, 1, p. 190)

Luigi Tocchetti

La rete autostradale italiana. - Al 1° gennaio 1977 essa era la seguente (v. anche carta a pag. 207).

Caratteristiche geometriche. - Sono legate alla velocità di progetto (App. II, 1, p. 330) e ai volumi di traffico. Le velocità di progetto sono nella maggior parte dei casi comprese fra 100 km/h (tronco Firenze-Bologna della A1) e 160 km/h (tronco Bologna-Milano della A1). Ne derivano valori elevati dei raggi delle curve orizzontali (minimo 500 ÷ 600 m) e dei raccordi verticali (minimo 8.000 ÷ 10.000 m). Tra rettifili e curve circolari vengono generalmente inserite curve di transito (clotoide o spirale di Searles) non tanto per esigenze dinamiche, stante l'elevato valore dei raggi, quanto per motivi estetici.

Infatti, secondo le più recenti vedute, l'andamento planimetrico ideale sarebbe quello a curvatura variabile con continuità (tracciato clotoidico, tracciato polinomiale) particolarmente indicato in zone orografiche accidentate (colline, montagne); per ragioni di carattere pratico siffatti tracciati non si sono, fino ad oggi, diffusi, epperò ci si può a essi avvicinare con l'adozione di curve di transito di sufficiente sviluppo. Va infine rilevato che le curve di transito consentono anche un migliore coordinamento tra planimetria e profilo verticale evitando, tra l'altro, quel fenomeno che va sotto il nome di perdita del tracciato; questo coordinamento, che nelle a. veloci assume notevole importanza, è realizzato utilizzando in fase di progettazione prospettive ottenute con l'ausilio di calcolatori elettronici e dispositivi che disegnano la strada come appare all'automobilista.

Le pendenze longitudinali non sono strettamente legate alla velocità di progetto, stante la definizione di quest'ultima; d'altra parte forti pendenze comportano un notevole rallentamento dell'intera corrente; in ogni caso esse devono essere contenute compatibilmente con l'orografia delle zone attraversate; si segnala che le norme del CNR fissano, per le a., un limite massimo del 6%.

In considerazione delle velocità di base con cui si progettano le a. (≥100 km/h) la sezione trasversale è sempre a due carreggiate separate da uno spartitraffico; ciascuna carreggiata è costituita almeno da due corsie da 3,75 m e da una banchina laterale per la sosta di emergenza larga 3,00 m; quando i volumi di traffico da smaltire richiedono altre corsie queste possono essere da 3,50 m, sicché si ha una larghezza di 11,00 m nel caso di 3 corsie e di 14,50 m nel caso di 4 corsie per direzione. Ai margini esterni delle corsie di emergenza va sempre posto un arginello (o ciglio) erboso di almeno 0,50 m destinato ad accogliere il sicurvia o elementi della segnaletica verticale, nonché a contenere la pavimentazione. La separazione fra le due carreggiate si realizza mediante lo spartitraffico; questo, secondo le recenti norme del CNR non dev'essere, per le a., inferiore a 4,00 m; devono essere installate barriere di sicurezza atte a impedire, in caso d'incidente, l'invasione della carreggiata opposta; esse non sono richieste se lo spartitraffico ha una larghezza superiore a 10,00 m. Queste norme, tuttavia, sono state elaborate quando gran parte della rete autostradale italiana era già stata realizzata con criteri diversi: per esempio sul principale asse nord-sud costituito dall'Autostrada del Sole e dalla Salerno-Reggio Calabria si hanno larghezze di spartitraffico, rispettivamente, di 3,00 m e di1,10 m. Per contro in altri casi si hanno larghezze superiori ai 4,00 m come nel tratto iniziale della Modena-Brennero o nella bretella di Ivrea, ove lo spartitraffico raggiunge i 12,00 m.

Nel caso di livellette di notevole pendenza (superiore al 4%) e lunghezza (superiore a 400 m per V ≥100 km/h) per evitare che lungo la carreggiata in salita si abbia un non accettabile scadimento della qualità della circolazione, si dispone, a destra delle corsie di marcia normale, una corsia supplementare riservata ai veicoli lenti. Tali corsie hanno larghezza di 3 m e spesso vengono ottenute a spese della corsia di sosta, con l'aggiunta verso l'esterno, di una banchina larga 1,25 m.

In corrispondenza delle gallerie per motivi economici le carreggiate risultano completamente divise e viene inoltre eliminata la corsia di emergenza; vengono invece aggiunte, su ambo i lati della carreggiata, una striscia di demarcazione di 20 cm e una banchina larga 0,85 m, protetta da sicurvia, per consentire il passaggio pedonale. L'altezza libera, misurata al limite della carreggiata, dev'essere non minore di 4,75 m.

Sui ponti o viadotti, di qualsiasi lunghezza, si tende oggi, per sicurezza, a mantenere inalterata la sezione corrente; unica variazione è la sostituzione della striscia erbosa con un marciapiede sopraelevato su cui si dispone, verso l'interno, la barriera di sicurezza, e al bordo esterno il parapetto.

Per lo smaltimento delle acque ciascuna carreggiata presenta una pendenza, verso l'esterno, del 2%; il passaggio dalla sagoma in rettifilo a quella in curva avviene lungo la curva di transito e si realizza, di norma, facendo ruotare ciascuna carreggiata intorno al ciglio adiacente allo spartitraffico.

La pendenza delle scarpate, per le sezioni in trincea, è quella risultante dalle verifiche di stabilità; nel caso dei rilevati la pendenza, per sicurezza, varia da 1/3 a 1/4 in funzione dell'altezza del rilevato. Ove non sia possibile (o economico) realizzare dette pendenze, esse possono essere aumentate; in tal caso però occorre installare opportune barriere di sicurezza quando l'altezza della scarpata supera i 3 m.

Condizioni di circolazione. - Sulle a. si ha il controllo totale degli accessi (cioè è esclusa l'intersezione delle correnti di traffico), per cui la circolazione si svolge in condizioni di flusso ininterrotto. La massima portata che può transitare, detta capacità, è di 2000 autovetture all'ora per corsia.

Le condizioni di circolazione variano molto con la portata: si va dal regime di circolazione libera (in cui ciascun veicolo è libero di marciare alla velocità desiderata e non è disturbato dagli altri veicoli della corrente) che si raggiunge quando la portata è inferiore a 700 autovetture all'ora per corsia, fino alle condizioni di flusso instabile, con marcia in colonna e arresti frequenti, quando la portata è prossima alla capacità.

Per poter procedere alla progettazione della sezione trasversale di un'a. è necessario esprimere in modo univoco un giudizio sulla qualità della circolazione che, in presenza di un'assegnata portata, si realizzerà sull'a. in progetto. E stato perciò introdotto negli SUA il concetto di livello di servizio: l'intero insieme delle condizioni di circolazione che possono realizzarsi sull'a. è stato suddiviso in sei sottoinsiemi, in funzione del rapporto Q/C fra la portata transitante sull'a. e la sua capacità, e in funzione della ("velocità possibile" (massima velocità commerciale che è possibile mantenere sull'autostrada). In corrispondenza di ciascun sottoinsieme è definito un livello di servizio, cioè un giudizio sulla qualità della circolazione, espresso sinteticamente da una lettera maiuscola: si va dal livello A, che esprime le condizioni di circolazione libera, fino al livello E, che esprime le condizioni di flusso instabile prossimo alla capacità e al livello F, che esprime le condizioni di flusso forzato che si realizzano quando la portata tende a superare la capacità, e la circolazione è caratterizzata da frequenti interruzioni e lunghe soste.

Nella tab. 1 sono riportati i limiti di velocità possibile e di portata (portata di servizio) per ciascun livello; si osserva che in corrispondenza dei livelli C e D compare il parametro PHF detto "fattore dell'ora di punta": esso è il rapporto fra la portata oraria e la portata che si ottiene moltiplicando per 12 il volume di traffico dei cinque minuti più trafficati. Esso viene introdotto per evitare che le punte di traffico, che possono verificarsi nell'ora, facciano scadere in modo intollerabile le condizioni di circolazione sull'autostrada. Con l'aiuto della tabella si può agevolmente individuare il livello di servizio su un dato tronco, ovvero, assegnati la portata e il livello di servizio da mantenere, si può progettare la sezione trasversale dell'autostrada. Le portate sono sempre espresse in autovetture: quando nel flusso sono presenti anche veicoli industriali, la portata viene ancora espressa in autovetture, amplificandola mediante l'uso dell'equivalente in autovetture di un veicolo industriale, per il quale viene moltiplicato il numero dei veicoli industriali presenti nel flusso. Gli equivalenti in autovetture sono stati ottenuti negli SUA mediante indagini sperimentali e variano in funzione della lunghezza e pendenza della livelletta stradale, della percentuale di veicoli industriali e del livello di servizio.

La sovrastruttura. - Le sovrastrutture autostradali pongono problemi non dissimili da quelli relativi alle altre strade; ovviamente esse devono essere in grado di sopportare, per un prefissato periodo di tempo, gl'intensi e spesso pesanti traffici attuali, conservando un piano viabile sufficientemente regolare e antisdrucciolevole onde garantire, anche a elevate velocità, confortevolezza e sicurezza.

Uno sguardo retrospettivo relativamente al periodo 1958-70 pone in evidenza due fatti: l'assenza pressoché totale di pavimentazioni di calcestruzzo di cemento; la notevole eterogeneità compositiva delle sovrastrutture. Questa è dovuta più che a differenze iniziali, ai vari rafforzamenti o rifacimenti che si sono resi necessari, spesso a breve termine dalla costruzione.

I progressi compiuti nell'ultimo decennio in campo teorico, sperimentale e tecnologico consentono di ridurre notevolmente tali insuccessi. Si è riconosciuta la necessità di una conoscenza sufficientemente precisa:

a) del traffico iniziale, come entità e composizione, nonché della sua evoluzione nel tempo;

b) della portanza dei sottofondi;

c) delle caratteristiche meccaniche delle miscele costituenti i vari strati; in particolare, per i conglomerati bituminosi, onde procedere a un dimensionamento razionale, è necessaria la conoscenza della "curva di fatica", ossia della relazione fra entità della deformazione di trazione per flessione e numero N di cicli necessario per portare alla rottura un dato provino.

Pur senza voler generalizzare, essendo sempre possibili molteplici soluzioni, generalmente una moderna sovrastruttura flessibile si compone dei seguenti strati (dall'alto verso il basso):

a) strato di usura in conglomerato bituminoso chiuso; spessore da 3 a 5 cm;

b) strato di collegamento (binder) in conglomerato bituminoso semiaperto; spessore da 4 a 7 cm;

c) strato di base in conglomerato bituminoso aperto oppure in misto bitumato o in misto cementato ovvero in misto legato con scorie. Lo spessore dipende dall'entità dei carichi, dal numero di ripetizioni, dal tipo di sottofondo e dal tipo di miscela adottata; di norma è compreso fra 10 e 20 cm;

d) strato di fondazione in misto granulare o di cava stabilizzato, quasi sempre meccanicamente; assai meno frequenti le terre stabilizzate con legante. Gli spessori dipendono dagli stessi fattori citati per gli strati di base e risultano largamente variabili (fra i 20 e i 70 cm).

Le pavimentazioni rigide, di cui si è avuta recentemente una notevole applicazione sulla A 21, sono di norma così realizzate:

a) una piastra di calcestruzzo di spessore 18 ÷ 24 cm e di dimensioni, in pianta, variabili da 4,5 m × 4,5 m a 7 × 7 m; l'armatura metallica manca o è costituita da una leggera rete elettrosaldata posta in vicinanza della faccia superiore;

b) uno strato di base in misto cementato di spessore 12 ÷ 18 cm;

c) eventuale fondazione in misto naturale.

Svincoli e stazioni. - Per quanto riguarda la configurazione geometrica degli svincoli si rileva che essa varia a secondo che l'a. sia libera o a pedaggio. Nel primo caso può prevedersi un incrocio a rombo costituito da un cavalcavia (o sottovia) e quattro rampe dirette percorse a senso unico, che risulta economico, semplice e funzionale quando la strada secondaria non è molto importante e trafficata; ove non sia possibile tollerare punti di conflitto sarà necessario prevedere un quadrifoglîo completo o una doppia trombetta. Quando l'a. è a pedaggio (ed è, in Italia, il caso di gran lunga più frequente) l'incrocio classico è quello detto a trombetta costituito da un cavalcavia (o sottovia) e da quattro rampe: due dirette, una semidiretta e una a cappio. Il vantaggio di questo svincolo è quello di convogliare le correnti in entrata e in uscita dall'a. su un unico tratto di strada lungo il quale si pone la stazione con evidente vantaggio per la gestione.

Le velocità di progetto con cui si proporzionano le caratteristiche geometriche sono comprese, di norma, fra 60 ÷ 75 km/h per le rampe dirette e 45 ÷ 55 km/h per le rampe a cappio, mentre le pendenze non superano in genere il 5%. Le larghezza sono di 6 m (corsia da 4 m più banchina da 2 m su un solo lato) nel caso del senso unico, mentre per rampe bidirezionali la larghezza è compresa fra 10 e 12 m.

In corrispondenza dei terminali delle rampe è necessario prevedere corsie di decelerazione per i veicoli in uscita e corsie di accelerazione per i veicoli in entrata (le seconde mancano, ovviamente, se la rampa termina con lo Stop, ma ciò è ammesso oggi all'innesto sulla viabilità ordinaria e mai sull'autostrada). Le corsie di decelerazione consentono, ai veicoli in uscita, il necessario rallentamento al di fuori della corsia di marcia normale in modo da non creare intralci o situazioni di pericolo per il traffico di transito. Sono larghe 3,00 m (attualmente si tende a portarle a 3,50 m) e vengono ricavate utilizzando la corsia di emergenza; la lunghezza è determinata con l'ipotesi ehe con moto uniformemente ritardato (decelerazione 1,5 ÷ 2,0 m/sec2) la velocità passi da quella sull'a. a quella consentita sulla rampa.

Le corsie di accelerazione, larghe anch'esse 3 ÷ 3,50 m, venivano fino a qualche anno fa calcolate con la stessa ipotesi assumendo un'accelerazione di 1 m/sec2. Un'analisi più accurata del fenomeno ha mostrato che esse sono in effetti corsie di attesa, percorse a velocità pressoché costante di poco superiore a quella della rampa; lungo questa corsia il veicolo in entrata attende che gli si presenti, nella corrente in transito, un intervallo tale che possa effettuare l'immissione senza pericolo. È possibile, tramite la teoria delle code, determinare il tempo di attesa che un veicolo ha buona probabilità di non superare; il prodotto di tale tempo per la velocità media con cui è percorsa la corsia, ne fornisce la lunghezza.

Quando l'a. è a pedaggio il numero di porte d'ingresso e di uscita delle stazioni può determinarsi conoscendo il numero medio di veicoli che nell'unità di tempo arrivano e che sono serviti. Con l'ipotesi di arrivi poissoniani e tempi di servizio che seguono l'esponenziale negativa è possibile calcolare la legge di probabilità della coda e il tempo medio che l'utente deve attendere per essere servito.

Esercizio. - Attualmente su molti tronchi, specialmente di a. urbane o suburbane, ci si avvale, per il controllo del traffico, d'impianti televisivi a circuito chiuso e di elaboratori elettronici, che consentono di attuare con la massima celerità tutti i provvedimenti necessari per un regolare e sicuro svolgimento del traffico.

Bibl.: Highway capacity manual 1965 (trad. it. Capacità delle strade, a cura dell'ACI, Roma 1968); L. Tocchetti, Costruzioni di strade, ferrovie e aeroporti, Napoli 1970; G. Tesoriere, Strade, ferrovie, aeroporti, Torino 1972; Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade, in Boll. ufficiale del CNR, VII, p. IV, Roma, 28 marzo 1973.

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