AVVENTURIERI

Enciclopedia Italiana (1930)

AVVENTURIERI

Giulio Natali

. Uomini che cercano ventura per il mondo, ogni tempo ne ha prodotti: ma il secolo classico degli avventurieri è il Settecento; e ne abbiamo un riflesso anche nella nostra letteratura di quel secolo: da una parte, l'Avventuriere onorato del Goldoni e Tommaso Scardassale del Poema Tartaro del Casti; dall'altra, Filinoro, l'avventuriere non onorato della Marfisa bizzarra di Carlo Gozzi, e Re Teodoro dello stesso Casti. Tanto coltivato in quel secolo, anche tra noi, fu il romanzo d'avventura, che Francesco Gritti ne fece la parodia.

Inutile perciò, come qualcuno ha fatto, avvicinare gli avventurieri del Settecento agli umanisti del Quattrocento, ai cerretani del Cinquecento, ai politici cortigiani del Cinque e del Seicento, ai libellisti accattoni del Seicento. Quella dei viaggi fu una vera mania caratteristica del secolo decimottavo; e l'Europa era piena d'Italiani, commercianti, diplomatici, artisti, uomini di teatro, scienziati, letterati, filosofi riformatori. Naturalmente, sotto la maschera del viaggiatore si nascondeva di frequente l'industria o la volubile ambigua genialità dell'avventuriere. Proprio del secolo decimottavo è il dilettantismo: l'arcade è il dilettante della poesia; la preziosa e il bello spirito sono i dilettanti della scienza, o, come si diceva, della filosofia; l'avventuriere, che non piglia sul serio la vita, è il dilettante della vita.

Rammaricando che il D'Ancona non potesse attuare il suo disegno di "trattare degli avventurieri italiani, buoni o rei, che nel secolo XVIII invasero, può dirsi, tutta l'Europa, e che ad ogni modo porgevano indizio d'una nuova energica operosità, la quale, impedita in patria, si esercitava fuori di questa", menzioneremo, rimandando il lettore agli articoli speciali dedicati ai più noti avventurieri (v. casanova, cagliostro, martinelli, gorani, de felice, pilati, piattoli, de gamerra, mazzei, da ponte, longo, buonarroti), alcuni pochi tra i molti meno noti, che pur sarebbe utile conoscere.

Giovanni Girolamo Arconati Lamberti, milanese, apostatò a Ginevra, visse dal 1673 al 1685 tra Ginevra e Basilea, spia e libellista ricattatore. Gli appartengono opere dai bibliografi attribuite a Gregorio Leti: L'inquisitione processata (1681), Il divorzio celeste (1679) e il Governo del duca d' Ossuna (1678). Visse poi a Londra, diplomatico, giornalista, scrittore di operette storico-politiche. Nel 1718 si ritirò a Nyon nel cantone di Vaud, dove attese a una grande raccolta di Mémoires pour servir à l'histoire du XVIIIe siècle. Morì nel 1733.

Recentemente il Vossler ha esumato dalla Biblioteca nazionale di Monaco una rozza, ma interessante autobiografia burlesca in quarta rima di Filippo Balatri da Pisa (1676-1756), che fu ammirato in tutte le corti d'Europa per le rare qualità della sua voce di evirato, e fu poi, nel 1739, consacrato prete a Ismaning presso Monaco.

Bonafede Vitali, detto l'Anonimo (per cui Carlo Goldoni, che lo ricorda nelle Memorie, scrisse il suo primo lavoro comico, un intermezzo intitolato Il gondoliere veneziano), nato a Busseto nel 1686, soldato, gesuita, filosofo, capocomico, professore e medico, precursore dei moderni microbisti, percorse e riempì della sua fama mezza Europa, facendo cure e operando guarigioni ritenute miracolose con la sua medicina empirica (liquore di lumache pestate per guarire la gotta, polvere di scorpione per la cura dei calcoli, spirito di formiche contro gli attacchi d'apoplessia, olio di lucertola contro l'ernia!). Il Vitali scrisse inoltre opere scientifiche, una commedia, una tragedia. Morì nel 1745.

Mariano Martelli Bergonzoni, sarto bolognese (morto nel 1777), fuggito per la cattiva condotta dalla sua città, si rifugiò a Lisbona, dove si diede a coltivare la poesia drammatica, e giunse a ottenere la carica di ministro dei teatri.

Giovanni Francesco Salvemini, detto Castiglione, dal castello ov'era nato nel 1709, fuggito dall'Italia nel '37 per paura dell'Inquisizione, si fece calvinista a Losanna; professò poi geometria a Utrecht, e da ultimo fu astronomo del re di Prussia. Scrisse in francese di matematica e di filosofia, un discorso sull'ineguaglianza degli uomini, in risposta a quello del Rousseau, un compendio della filosofia del Locke, un commento dell'Aritmetica universale del Newton, e voltò dall'originale in versi italiani il Saggio sull'uomo del Pope; occupò nell'Accademia di Berlino il posto lasciato vacante dal Lagrange, passato a Parigi. Morì nel 1791.

Nei dizionarî francesi è facile trovar notizie di Ottaviano Guasco da Bricherasio (1712-1781), canonico di Tournai, che viaggiò in quasi tutta Europa. Andato a Parigi nel 1738, fece parte dell'Accademia delle iscrizioni e belle lettere; fu archeologo, autore di Dissertations historiques, politiques et littéraires (Tournai 1756); amico intimo del Montesquieu (di cui pubblicò a Parigi nel '67 le Lettres familières), che poi troncò le relazioni con lui quando si cominciò a buccinare ch'egli fosse a Parigi una spia delle corti di Vienna e di Torino. I fratelli Verri nel loro carteggio lo qualificano come un "vero animale", e ci fanno sapere che egli fu "cacciato da molte case come un parassita sporchissimo"; il Galiani in una sua lettera (Corresp., I, 231) dice che aveva persino rinunziato alla velleità d'esser fatto membro onorario straniero dell'Accademia di belle lettere di Parigi, riflettendo che, in tal caso, sarebbe stato collega di lui.

Cosimo Alessandro Collini, fiorentino (1727-1806), fu segretario del Voltaire, al quale tutte le sere leggeva il Boccaccio e l'Ariosto. Nel 1759 ottenne, per raccomandazione dello stesso Voltaire, l'ufficio di segretario dell'Elettore bavaro palatino, e poi di direttore del Gabinetto di storia naturale di Monaco. È specialmente noto pel Mon séjour auprès de Voltaire (Parigi 1807); ma scrisse anche un Discorso su la storia della Germania (1761), un Journal d'un voyage (1776) e Lettres sur les Allemands (1784).

Ed ecco alcuni satelliti del Casanova, principe degli avventurieri. Uno è il conte Tommaso Medin, veneziano, nato circa il 1725, che, a differenza de' suoi antenati, preferì alle armi lo studio delle leggi e delle lettere. Dopo un decennio di vita sregolata (1746-56), trovò ricetto nella corte di Maria Teresa a Vienna, ove rimase fino al '65, quando l'imperatrice lo elesse capitano di giustizia a Mantova, dove rimase fino al '68. Ma la passione del gioco lo traviò nuovamente, e forse a causa del gioco dové lasciare il suo ufficio, abbandonandosi a una vita randagia, affannosa e svergognata in Germania e in Italia. Il Casanova afferma che il Medin (ch'egli chiama Medini) morì a Londra nel 1787 in prigione per debiti: ma dev'essere una calunnia, perché negli archivî criminali di Londra non s'è trovata traccia di lui. Il Medin era un valente letterato: il Burney, che fu a Vienna nel settembre del 1772, cioè mentre il Medin era in Germania, dopo aver parlato di lui col Metastasio, scrisse: "Il Metastasio sembra appassionatissimo per gli scritti del conte Medini; le cui composizioni poetiche sono, per quanto egli pretende, superiori a quelle di qualsiasi altro scrittore vivente". Sembra una canzonatura: ma veramente pregevoli sono la traduzione fatta dal Medin della Enriade del Voltaire e quella del Ratto di Proserpina di Claudiano, che vide la luce solamente dopo la morte dell'autore.

Altro amico del Casanova fu Gian Domenico Stratico, nato a Zara nel 1732, frate mondano, affascinante improvvisatore, professore di teologia e da ultimo vescovo di Lesina, ove morì nel 1799.

Fu in relazione col Casanova anche Giacinto Ceruti, nato a None, in quel di Pinerolo, nel 1735, abate, precettore, truffatore, e uno dei compilatori delle romane Effemeridi letterarie, periodico che uscì nel 1772. Nel 1775 fu chiamato in Spagna, ove il dottore di filosofia e teologia, poeta arcade e scrittore di storia ecclesiastica si trasformò in professore di matematica nella R. Scuola di marina in Cartagena. Vi restò oltre un decennio. Nel 1781 pubblicò a Firenze e a Siena due volumi d'Opuscoli, il primo d'abborracciature storico-teologiche, il secondo di discorsi e versi arcadici. Tornò in Italia verso la fine del 1786; fece una infelice versione dell'Iliade, e morì nella più squallida miseria nel '92.

Era suo fratello Giuseppe Antonio Cerutti, torinese (1738-1792), gesuita, che, professore a Lione, poi fervente repubblicano a Parigi, divenne uno dei segretarî del Mirabeau, di cui pronunziò l'elogio funebre; fece parte dell'assemblea legislativa, e si dedicò all'educazione politica delle campagne, pubblicando la Feuille villageoise. Si hanno di lui un'Apologie des Jésuites (1762), una dissertazione sulle repubbliche antiche, che fu attribuita a G. G. Rousseau, opuscoli politici, apologhi, un poema sul gioco degli scacchi, scritti varî in prosa e in verso, tutto in francese. Un'edizione completa delle sue opere fu pubblicata nel 1793.

Anton Francesco Andrei, còrso, nato verso il 1740, visse in Francia, ove compose drammi italiani e parodie francesi di opere italiane. Gettatosi nella rivoluzione, fu eletto deputato dell'isola nativa nel consesso nazionale (1792); abbandonò la politica nel 1797 e morì circa tre anni dopo.

Mistico e donnaiolo, trascinatore di plebi fanatiche e spregiudicato canzonatore di frati, ed egli stesso frate ribelle, islamita fra i cattolici e cattolico tra gl'islamiti, G. B. Boetti (1743-1791), nato a Piazzone nel Monferrato, domenicano missionario in Oriente, mirò alla riforma dell'islamismo, e volle fondare una nuova religione che conciliasse cristianesimo e maomettismo, e un nuovo stato. Sotto il nome di profeta Mansur, o Vittorioso, alla testa di 80.000 settarî, il Boetti conquistò l'Armenia, il Kurdistān, la Georgia e la Circassia, e vi regnò sei anni quale sovrano assoluto. Poi minacciò di conquistare Costantinopoli, e spaventò il gran sultano: ma nel '91 fu catturato dai Russi, e finì nella solitudine d'un chiostro in mezzo al Mar Bianco, nel sogno vano dei soli d'Italia e d'Oriente. Prodotto anche lui del suo tempo, e non meno, anzi più, interessante, quantunque assai meno noto, del Casanova e del Cagliostro; irrequieto, errabondo, senza scrupoli, invasato dall'idea che la società possa ricostruirsi dalle fondamenta per virtù di concetti metafisici, con questo di più, che ebbe il senso, raro in quel tempo di scarsa religiosità, del mistero e l'intuito dell'importanza della religione nei rivolgimenti sociali.

Bibl.: F. F. Carloni, Gl'Italiani all'estero dal sec. XIII ai dì nostri, Città di Castello 1888-1908 (opera incompiuta); L. Benvenuti, Dizionario degli italiani all'estero, Firenze 1890; P. Amat di S. Filippo, Biografia d. viaggiatori ital., 2ª ed., Roma 1882, 2 voll., e Appendice, 1884; A. D'Ancona, Viaggiatori e avventurieri, Firenze 1912; E. Masi, Gli avventurieri, in La vita ital. nel Settecento, conferenze di varî, Milano 1899; B. Croce, L'elemento ital. nella società europea del Settecento, in Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1927.

Su G. G. Arconati Lamberti: L. Fassò, Avventurieri della penna del Seicento, Firenze 1923; F. Balatri, Frutti del mondo, autobiografia edita da K. Vossler, in Collez. Settecentesca, Palermo 1924. - Su B. Vitali: A. Pezzana,, in De Tipaldo, Biogr. ital. illustri secolo XVIII, V, p. 293; D'Ancona, op. cit.; Goldoni, Memorie riprodotte integr. con note di G. Mazzoni, Firenze 1907, I, pp. 407-08. - Su M. Martelli Bergonzoni: Fantuzzi, Scrittori bolognesi, II, p. 311. - Su G. Salvemini: Biografia universale del Missiaglia, Venezia 1822 segg., X, pp. 287-288. Su O. Guasco: Carloni, op. cit., t. II, v. I, p. 277. - Su C. A. Collini: Lombardi, Storia della lett. it. nel sec. XVIII, II, p. 624, III, p. 88; A. D'Ancona, Federico II e gl'Italiani, in Memorie e documenti di storia del sec. XVIII e XIX, Sansoni, Firenze; E. Bouvy, Voltaire et l'Italie, Parigi 1898. - Su T. Medin: P. Molmenti e A. Medin, in Marzocco, Firenze, 10 luglio e 28 agosto 1910. - Su G. D. Stratico: A. Ademollo, G. D. S., Roma 1883, II, p. 346 segg. - Su G. Ceruti: V. Cian, Italia e Spagna nel sec. XVIII, Torino 1896, II, cap. v. - Su G. A. Ceruti: De Backer-Sommervogel, Écrivains de la Compagnie de Jésus, Bruxelles 1891-1912, s. v. - Su A. F. Andrei: Biogr. universale del Missiaglia, Supplemento, I, p. 311. Su G. B. Boetti: F. Picco, Un avventuriere monferrino del sec. XVIII, Roma.

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