Azione costitutiva [dir. proc. civ.]

Diritto on line (2013)

Alessandro Motto

Abstract

Premessa l’individuazione dei caratteri strutturali dell’istituto, la trattazione affronta i seguenti temi: la funzione dell’azione costitutiva nel sistema della tutela giurisdizionale; il contenuto, la struttura e la natura della situazione giuridica soggettiva di cui è titolare la parte legittimata; l’oggetto del processo e dell’accertamento giurisdizionale nei giudizi (dichiarativi) di  modificazione giuridica.

L’azione costitutiva ed i provvedimenti giurisdizionali di modificazione giuridica

Al fianco delle azioni di mero accertamento e di condanna, la dottrina processualcivilistica tedesca ed italiana formatasi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha enucleato le figura dell’azione costitutiva (Langheineken, P., Der Urteilsanspruch, Leipizig, 1899, 97 ss., 220 ss.; Hellwig, K., Anspruch und Klagerecht, Jena, 1900, 120 s., 443 ss.; Kisch, W., Beiträge zur Urteilslehre, Leipzig 1903, 45 ss.; Chiovenda, G., L’azione nel sistema dei diritti, in Saggi di diritto processuale civile, I, rist., Milano, 1993, 3 ss., spec. 24 s., 96 s.). Questa elaborazione dottrinale è stata recepita dal legislatore nel codice civile del 1942; l’art. 2908 c.c., infatti, stabilisce che «nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa».

L’azione costitutiva si caratterizza, rispetto alle azioni di mero accertamento e di condanna, per essere diretta all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale, che innova la realtà giuridica preesistente; la statuizione produce un nuovo effetto giuridico, costituisce, modifica o estingue preesistenti situazioni giuridiche, con efficacia ex nunc e, nei casi stabiliti dalla legge, ex tunc.

Si distingue tra azioni costitutive sostanziali ed azioni costitutive processuali, a seconda che la modificazione giuridica incida su situazioni giuridiche sostanziali, oppure su situazioni giuridiche processuali (Schlosser, P., Gestaltungsklagen und Gestaltungsurteile, Bielefeld, 1966, 92 ss.; Kisch, W., op. cit., 162 ss.); esempi del primo tipo sono le azioni di adempimento del contratto preliminare, di annullamento o di risoluzione di negozi privati; esempi del secondo sono le azioni di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi e l’azione volta all’attribuzione dell’efficacia esecutiva al lodo arbitrale rituale.

L’azione costitutiva è il potere, attribuito dalla legge, mediante il cui esercizio la parte che ne è titolare può determinare, in via unilaterale, la produzione di una modificazione giuridica nella sfera di un altro soggetto, senza la sua cooperazione; questi «nulla deve fare, ma nulla nemmeno può fare per rimuovere da sé quell’effetto, rimanendo soggetto alla sua produzione» (Chiovenda, G., Istituzioni di diritto processuale civile, I, II ed., rist., Napoli, 1940, 13).

L’azione costitutiva, sotto il profilo funzionale, è omologa ai poteri sostanziali di conformazione della sfera giuridica altrui (su cui, Motto, A., Poteri sostanziali e tutela giurisdizionale, Torino, 2012, 5 ss.). Tuttavia, da questi si distingue, in quanto si tratta di un potere a necessario esercizio giudiziale (v., infra, § 3); la modificazione giuridica non consegue direttamente all’atto unilaterale della parte, atteso che la sua produzione necessita dell’intervento del giudice: l’effetto giuridico è attuato dal provvedimento giurisdizionale, previa verifica, da parte dell’ufficio, dei presupposti previsti dalla legge per la sua realizzazione.

La moderna dottrina ha definitivamente chiarito che la modificazione giuridica è realizzata direttamente ed esclusivamente dal provvedimento giurisdizionale; l’atto di esercizio dell’azione costitutiva da parte del soggetto legittimato (la domanda giudiziale) assume rilievo come mero elemento del procedimento, il cui atto conclusivo (il provvedimento giurisdizionale) costituisce, in via esclusiva, titolo dell’effetto giuridico (Menchini, S., I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 158 ss., 173 ss.; Cerino Canova, A., La domanda, giudiziale ed il suo contenuto, in Comm. Allorio, II, 1, Torino,1980, 3 ss., spec. 151 ss.; Schlosser, P., op. cit., 20 ss., 31 s.). Il provvedimento giurisdizionale costitutivo, al pari dei negozi privati e dei provvedimenti amministrativi, è un atto normativo, a cui l’ordinamento ricollega la produzione di effetti giuridici in conformità al suo contenuto.

Nell’ambito dei rapporti giuridici disponibili, la scelta del legislatore di attribuire una situazione di potere sostanziale o di azione costitutiva e, dunque, di subordinare la produzione di un determinato effetto giuridico al semplice atto unilaterale di parte, oppure al provvedimento giurisdizionale, previa verifica dei presupposti condizionanti la sua attuazione, risponde a ragioni di opportunità (Chiovenda, G., op. ult. cit., 179; Sassani, B., Impugnativa dell’atto e disciplina del rapporto, Padova, 1989, 46).

Dall’art. 2908 c.c. si ricava la regola della tipicità e della tassatività delle figure di azione costitutiva, la quale è espressione del principio dell’autonomia privata: il potere di darsi da sé le proprie regole garantisce ad ogni soggetto che le sue posizioni giuridiche non siano incise per decisione unilaterale di un altro soggetto controinteressato, in assenza di una sua corrispondente manifestazione di volontà (c.d. Mitwirkungsprinzip). Pertanto, situazioni giuridiche soggettive, quali le azioni costitutive, che consentono la produzione in via unilaterale di effetti giuridici nella sfera altrui, hanno carattere eccezionale, e ricorrono nelle sole ipotesi previste dalla legge.

L’azione costitutiva nel sistema della tutela giurisdizionale

La dottrina distingue tra azioni costitutive necessarie ed azioni costitutive non necessarie (per tutti, Proto Pisani, A., Le tutele giurisdizionali dei diritti, Napoli, 2003, 25 s., 221 s.). Le prime sono rappresentate dalle azioni, che tendono alla produzione di una modificazione giuridica, la quale non è conseguibile in via di autonomia privata, a mezzo di manifestazioni di volontà, unilaterali o bilaterali, delle parti del rapporto, bensì esclusivamente mediante il provvedimento giurisdizionale, a seguito dell’accertamento dei presupposti di legge a cui è condizionata la produzione dell’effetto (si pensi alle azioni di divorzio, di annullamento o di nullità del matrimonio, alle azioni di revoca della potestà genitoriale, di interdizione o di inabilitazione, e ad altre ancora); le seconde, invece, sono costituite dalle azioni, le quali tendono ad un effetto giuridico, che le parti del rapporto avrebbero potuto realizzare in via di autonomia privata. Questa distinzione rispecchia il carattere disponibile o indisponibile del rapporto giuridico sottoposto a modificazione in base alle norme di diritto sostanziale che lo disciplinano.

La tradizionale classificazione riportata aiuta a porre in luce la complessità funzionale che connota l’istituto dell’azione costitutiva. Invero, poteri di modificazione giuridica ad esercizio giudiziale sono previsti sia nell’ambito della giurisdizione non contenziosa, sia nel settore della giurisdizione contenziosa; inoltre, essi danno luogo sia a processi a cognizione piena ad esauriente, sia a giudizi a cognizione sommaria.

L’attribuzione di poteri di modificazione giuridica a necessario esercizio giudiziale si riscontra nell’ambito della giurisdizione non contenziosa, in cui il giudice svolge un’attività di gestione di interessi: la giurisdizione volontaria si esplica mediante l’emanazione di provvedimenti costitutivi di effetti sostanziali, atteso che essi sono elementi (principali o secondari) di una fattispecie da cui dipende la costituzione, la modificazione o l’estinzione di diritti soggettivi, status o altre situazioni soggettive (in particolare, uffici e potestà). Questo, in materia sia di rapporti giuridici disponibili, sia di rapporti indisponibili; ad esempio: la nomina e la revoca di amministratori, liquidatori e sindaci di società e altri gruppi organizzati; la rimozione del tutore dell’incapace; le autorizzazioni al compimento di atti negoziali da parte di rappresentanti di minori e incapaci; la decadenza dalla potestà genitoriale; ed altri casi ancora.

Figure di azioni costitutive si riscontrano in settori che si collocano, quantomeno, ai margini della giurisdizione contenziosa, ed il loro esercizio dà luogo a processi, che si svolgono, per lo più, nelle forme della cognizione piena ed esauriente (Proto Pisani, A., op. cit., 25 s., 221 s.). Vengono in considerazione rapporti giuridici e status sottratti al potere di autonomia privata, in cui è assente una controversia tra le parti o, forse più correttamente, in cui essa non assume rilievo giuridico, atteso che è irrilevante, ai fini della concessione del provvedimento giurisdizionale richiesto, la preesistente lesione di un diritto sul piano della realtà extraprocessuale; si pensi, in specie, alle azioni di interdizione o di inabilitazione, alle azioni di divorzio, di annullamento o di nullità del matrimonio, a quelle di disconoscimento della paternità (tuttavia, in dottrina, per la negazione della natura costitutiva delle azioni di invalidità del matrimonio e di stato, Pagni, I., Le azioni di impugnativa negoziale, Milano, 1998, 453 ss., 492 ss.).

Infine, figure di azioni costitutive sono previste nell’ambito della giurisdizione contenziosa; in queste ipotesi, il potere di modificazione giuridica è attribuito ad un soggetto, in funzione della tutela di un suo interesse, che è pregiudicato da uno stato antigiuridico. L’azione costitutiva rappresenta una forma di tutela specifica dell’interesse leso: il pregiudizio deriva da una determinata situazione, che non è di mero fatto, bensì è giuridica; l’interesse è tutelato mediante l’emanazione di un provvedimento giurisdizionale, che, modificando lo stato giuridico lesivo, rimuove il pregiudizio e contemporaneamente soddisfa l’interesse. Questo è il caso di colui che abbia concluso un contratto con un consenso viziato, il quale può chiedere l’annullamento del negozio; del contraente fedele, che, a fronte dell’inadempimento della controparte, può ottenere la risoluzione del contratto (parte della dottrina, peraltro, nega il carattere costitutivo di queste azioni: Pagni, I., op. cit., 197 ss., 305 ss.); della parte del contratto preliminare, che, in caso di rifiuto dell’altro contraente a stipulare il negozio definitivo, può proporre domanda di esecuzione in forma specifica, per conseguire una sentenza che attui gli effetti del contratto non concluso. In modo non dissimile, il membro di un gruppo organizzato (associazione, condominio, società) a fronte di un illegittimo esercizio del potere assembleare, il cittadino al cospetto di un atto amministrativo viziato che lo pregiudica, il contribuente destinatario di un atto di imposizione invalido possono esercitare l’azione di impugnazione, finalizzata ad ottenere una pronuncia, che caduchi l’atto e ne rimuova gli effetti.

In questi casi, l’ordinamento conferisce protezione ad un interesse sostanziale pregiudicato da una determinata situazione giuridica, la quale è oggetto di una qualificazione normativa in termini di antigiuridicità, di carattere obiettivo (ad esempio, il contratto risolubile per eccessiva onerosità sopravvenuta) e, più spesso, di carattere soggettivo, in quanto essa consegue ad un atto o ad un comportamento posti in essere in violazione di una norma (ad esempio, il contratto annullabile o risolubile per inadempimento, l’atto di esercizio di un potere sostanziale invalido); in questi termini: Montesano, L., La tutela giurisdizionale dei diritti, II ed., Torino, 1994, 144; Proto Pisani, A., op. cit., 218 s.; Di Majo, A., La tutela civile dei diritti, IV ed., Milano, 2003, 365.

Solo in alcune ipotesi, l’interesse leso è qualificato come diritto soggettivo ed il comportamento antigiuridico che lo pregiudica si configura tecnicamente come inadempimento di un obbligo. È questo il caso, ad esempio, della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare; l’inadempimento dell’obbligazione non dà luogo ad un’azione (e ad un provvedimento) di condanna, bensì ad un’azione di modificazione giuridica, la quale consente di ottenere, nel processo di cognizione, la tutela in forma specifica del diritto violato: la pronuncia di accoglimento attua gli effetti che si sarebbero realizzati con l’adempimento spontaneo dell’avversario (Chiovenda, G., op. ult. cit., 186 s.).

Peraltro, nel settore della giurisdizione contenziosa, i poteri di modificazione giuridica a necessario esercizio giudiziale consentono alla parte legittimata di conseguire diverse forme di tutela: talvolta, l’azione costitutiva è diretta ad ottenere una provvedimento di tipo dichiarativo ed è quindi esercitata in un processo, che si svolge secondo le regole della cognizione piena ed esauriente o secondo il modello di cognizione semplificata di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c.; talaltra, l’azione costitutiva è diretta a conseguire una misura di tutela cautelare ed è esercitata in un processo sommario. È rilievo comune, infatti, che i provvedimenti cautelari talvolta hanno efficacia costitutiva in ordine ai rapporti giuridici su cui incidono e, dunque, innovano la realtà giuridica esistente, costituendo, estinguendo e, più spesso, modificando, i diritti e gli obblighi delle parti; si pensi, ad esempio, alla sospensione degli effetti di una deliberazione assembleare o di un atto amministrativo, ad un provvedimento d’urgenza, con il quale sia dettata la regolamentazione provvisoria dei rapporti inter partes.

L’azione costitutiva come potere processuale

Come si è anticipato, l’azione costitutiva, dal punto di vista funzionale, è omologa al potere sostanziale (v., supra, § 1). Tuttavia, da questo si distingue sotto il profilo strutturale: la prima si configura come il potere di chiedere al giudice l’emissione del provvedimento giurisdizionale, che attua l’effetto giuridico (Recht auf Gestaltung); il secondo, invece, è il potere di produrre immediatamente la modificazione giuridica con un atto unilaterale di parte (Recht zur Gestaltung).

Questa differenza impedisce di ritenere che le figure di azione costitutiva sottendano, in realtà, un diritto (potestativo) sostanziale di modificazione giuridica, il quale si distinguerebbe dagli ordinari poteri sostanziali per le forme e le modalità di esercizio; precisamente, per la necessità che esso sia esercitato in via giurisdizionale, mediante la proposizione della domanda giudiziale, con cui è richiesta l’emissione del provvedimento costitutivo dell’effetto giuridico (così, invece, Chiovenda, G., op. ult. cit., 13, 178 ss.; Menchini, S., op. cit., 168 ss.; Proto Pisani, A., op. cit., 211 ss.; Ferri, C., Profili dell’accertamento costitutivo, Padova, 1970, 39, 212 s.; Hellwig, K., Lehrbuch des deutschen Zivilprozeßrecht, I, rist., Aalen, 1968, 232 s., 237, 393 s.).

Infatti, una volta ammesso che l’effetto giuridico innovativo della realtà giuridica è realizzato dal provvedimento giurisdizionale, e non dall’atto unilaterale di parte, non può essere mantenuta ferma la qualificazione della situazione giuridica dell’attore come potere sostanziale di modificazione giuridica. Invero, se il potere sostanziale abilita colui che ne è titolare alla produzione di effetti giuridici nella sfera altrui mediante atto unilaterale, questa situazione giuridica non ricorre nei casi in cui il soggetto non può attuare direttamente l’effetto giuridico con un proprio atto unilaterale, ma è onerato della proposizione della domanda giudiziale, con cui è richiesta l’emanazione del provvedimento giurisdizionale, che, secondo il modello normativo, è fatto costitutivo dell’effetto giuridico.

In queste ipotesi, appare corretta la qualificazione della situazione giuridica di cui è titolare il soggetto legittimato come vero e proprio potere processuale; infatti, tale situazione giuridica: a) ha per contenuto non il potere di produrre effetti giuridici nella sfera altrui, bensì di chiedere al giudice l’emissione di un provvedimento giurisdizionale che disponga l’effetto giuridico; b) si esercita non già mediante un atto sostanziale, bensì con un atto processuale (la domanda giudiziale); c) il suo esercizio non produce un effetto giuridico sostanziale nella sfera del convenuto, bensì un effetto processuale, consistente, nel caso in cui la domanda sia stata validamente proposta e sia fondata, nella costituzione del dovere del giudice di emettere il provvedimento giurisdizionale di modificazione giuridica.

Si tratta, quindi, di un potere processuale alla modificazione giuridica, che spetta al soggetto legittimato nei confronti dello Stato-giudice; a mezzo del suo esercizio, il titolare del potere può ottenere il provvedimento giurisdizionale che disponga il mutamento giuridico, al quale il convenuto è vincolato, in quanto è soggetto alla giurisdizione (Schlosser, P., op. cit., 366 ss., 381 s.; Grunsky, W., Grundlagen des Verfahrensrecht, II ed., Bielefeld, 1974, 38 ss.; Henckel, W., Parteilehre und Streitgegenstand, Heidelberg, 1961, 31 ss., spec. 33 s.; Langheineken, P., op. cit., 220 s., 227; Heinitz E., I limiti oggettivi della cosa giudicata, Padova, 1937, 103 ss.; Consolo, C., Domanda giudiziale, in Dig. civ., VII, Torino, 1991, 44 ss., spec. 83 s.; Montesano, L., op. cit., 143 ss.). Questo potere, avente natura e contenuto processuale, a nostro avviso, deve essere identificato con il potere di azione (concreta) costitutiva (Consolo C., op. cit., 83 s.; Fornaciari, M., Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, Torino, 1999, 108 ss.; Montesano, L., op. cit., 143 ss.; Heinitz, E., op. cit., 103 ss.; Henckel, W., op. cit., 34, 286 s.; Schlosser, P., op. cit., 374 ss.).

L’oggetto del processo e dell’accertamento giurisdizionale nei giudizi dichiarativi di modificazione giuridica

Altamente controverso e, allo stato, privo di una soluzione condivisa dalla maggioranza degli interpreti, è il problema della identificazione della situazione soggettiva dedotta in giudizio dall’attore con la domanda di modificazione giuridica, la quale costituisce oggetto del processo costitutivo ed oggetto dell’accertamento con autorità di cosa giudicata contenuto nella sentenza di merito (al riguardo, si rinvia, anche per riferimenti, a Menchini, S., Il giudicato civile, II ed., Torino, 2002, 133 ss.). Questo tema ha notevole rilievo pratico, in quanto esso ha dirette implicazioni in ordine alla configurazione di istituti fondamentali del processo nell’ambito dei giudizi costitutivi, quali, in specie, il cumulo delle cause, la modificazione della domanda, la litispendenza ed i limiti oggettivi di efficacia del giudicato.

A base della riflessione devono essere posti alcuni punti fermi.

La produzione della modificazione giuridica in via giurisdizionale – l’efficacia costitutiva della pronuncia – è indipendente dalla circostanza che l’atto dichiari incontrovertibilmente l’esistenza della situazione giuridica a ciò legittimante – il potere di modificazione giuridica – e, quindi, dall’effetto di accertamento della statuizione (Menchini, S., I limiti, cit., 188 ss.; Cerino Canova, A., op. cit., 160 ss.). Infatti, sotto il profilo sistematico, non vi è relazione tra effetto di accertamento ed effetto costitutivo del provvedimento giurisdizionale (Pavanini, G., Accertamento giudiziale, in Nss.D.I., I, Torino, 1968, 123 ss., specie 126; Liebman, E.T., Efficacia ed autorità della sentenza (ed altri scritti sulla cosa giudicata), Milano, 1960, 14). Il primo rende incontrovertibile l’esistenza o l’inesistenza della situazione giuridica dichiarata dalla pronuncia; il secondo realizza un mutamento della realtà giuridica preesistente. Invero, quel che deve reputarsi necessario e sufficiente, ai fini della produzione dell’effetto innovativo della realtà giuridica, è che il giudice verifichi (accerti) i presupposti al cui ricorrere è condizionato il compimento dell’attività che gli è richiesta (l’emanazione del provvedimento che dispone la modificazione giuridica); per contro, non è affatto necessario che alla ricognizione operata dal giudice a tal fine sia ricollegato dalla legge un qualificato effetto giuridico – il giudicato sostanziale – che renda vincolante in futuri processi la soluzione data dalla sentenza alle questioni de quibus.

Di ciò offrono una chiara conferma i provvedimenti giurisdizionali di carattere costitutivo inidonei ad assumere autorità di cosa giudicata (v., supra, § 2).

D’altra parte, neppure la stabilità del mutamento giuridico realizzato dalla decisione dipende dall’accertamento con autorità di cosa giudicata dei presupposti della modificazione giuridica. La vincolatività dell’effetto costitutivo sul piano delle relazioni sostanziali ed in futuri processi dipende dal regime formale dell’atto che costituisce titolo dell’effetto e non dall’incontrovertibilità del suo contenuto (Menchini, S., op. ult. cit., 182 s.; Heinitz, E., op. cit., 106; Schlosser, P., op. cit., 406; Grunsky, W., op. cit., 550; Lent, F., Die sachliche Rechtskraft der Gestaltungsurteile, in ZZP, 1939 (61), 279 ss., spec. 281 s., 302 ss.); quindi, la stabilità dell’effetto costitutivo realizzato dai provvedimenti giurisdizionali resi in forma di sentenza è da porre in relazione con il giudicato formale e non con il giudicato sostanziale (Lent, F., op. cit., 302 ss.; 304 ss.; Heinitz, E., op. cit., 106, nt. 4; contra, Liebman, E.T., op. cit., 15).

Ciò posto, e sotto un altro profilo, non si deve trascurare che, come si è avuto modo di constatare (supra, § 2), nei giudizi di modificazione giuridica sono esercitate sia funzioni giurisdizionali non contenziose, sia attribuzioni giurisdizionali contenziose, e che tali processi erogano sia tutele di carattere dichiarativo sia tutele sommarie (cautelari o meno).

La tutela dichiarativa – e questo è il dato caratterizzante, che consente di distinguerla dalle altre forme di tutela – assicura protezione all’interesse pregiudicato mediante l’accertamento stabile ed incontrovertibile, ai sensi dell’art. 2909 c.c., dell’esistenza della situazione giuridica che lo qualifica (Attardi, A., Diritto processuale civile, I, II ed., Padova, 1997, 3 ss.; Menchini, S., Il giudicato, cit., 7 s.).

Pertanto, ad oggetto del processo dichiarativo di modificazione giuridica deve essere posta la situazione giuridica, il cui accertamento consente di conferire protezione all’interesse sostanziale per la tutela del quale l’attore ha agito in giudizio; protezione, che si esplica mediante l’enunciazione della regola vincolante ed incontrovertibile dei comportamenti futuri delle parti della relazione giuridica, funzionale alla realizzazione dell’interesse sostanziale leso (Luiso, F.P., Diritto processuale civile, I, VI ed., Milano, 2011, 10 ss., 153; Sassani, B., op. cit., 71 ss., 177 ss.; Caponi, R., L’efficacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991, 57 ss., spec. 62 ss., 69 ss.).

Queste considerazioni di carattere preliminare consentono di trarre alcune conclusioni.

Porre ad oggetto dell’accertamento dei giudizi costitutivi il potere di modificazione giuridica (sia questo riguardato come situazione giuridica sostanziale o come situazione processuale e, quindi, come azione concreta) non è necessario, in quanto né la produzione dell’effetto giuridico, né la sua stabilità dipendono dall’accertamento con autorità di cosa giudicata della situazione giuridica de qua.

Peraltro, se l’accertamento con autorità di cosa giudicata deve riguardare la situazione giuridica, che consente di individuare la regola vincolante dei futuri comportamenti delle parti in ordine al bene della vita controverso, appare di assai dubbia utilità, pratica e sistematica, porre ad oggetto dell’accertamento il potere di modificazione giuridica, ossia una situazione soggettiva di carattere strumentale, la quale si estingue, per raggiungimento dello scopo, nel momento in cui è emessa la sentenza di accoglimento, che attua l’effetto giuridico (Menchini, S., I limiti, cit., 179 s.; Proto Pisani, A., op. cit., 214). Invero, è da negare che il potere di modificazione giuridica a necessario esercizio giudiziale, per sua natura e struttura, possa costituire idoneo oggetto di accertamento giurisdizionale (Menchini, S., op. ult. cit., 179, 183 s., 187), in quanto esso non costituisce «l’affermazione o la negazione di una volontà dello Stato che garantisca ad alcuno un bene della vita nel caso concreto», al quale «soltanto può estendersi l’autorità del giudicato» (Chiovenda, G., op. ult. cit., 341).

A nostro avviso, l’oggetto dell’accertamento nei giudizi di modificazione giuridica non può essere individuato in un’entità fissa e costante, bensì deve essere identificato, di volta in volta, nella situazione giuridica, da cui può essere ritratta la regola di condotta dei futuri comportamenti delle parti, in ordine allo specifico bene della vita controverso tra le parti del processo.

A ben vedere, si tratta di prendere consapevolezza del seguente dato: come con la domanda di mero accertamento e di condanna sono dedotte in giudizio situazioni giuridiche diverse, a seconda di quale sia il diritto o il rapporto giuridico incerto o violato, così con la domanda di modificazione giuridica è dedotta in giudizio la situazione giuridica, il cui accertamento, nella fattispecie in rilievo, consente di dettare la regola di condotta dei futuri comportamenti delle parti, in ordine al bene della vita controverso.

Del resto, riguardo alle domande di mero accertamento, la moderna dottrina ha definitivamente dimostrato l’inaccettabilità delle proposte ricostruttive volte ad identificare una situazione sostanziale di contenuto congruente alla forma di tutela richiesta (la pretesa al riconoscimento o alla non contestazione di un proprio diritto) e ritiene che l’oggetto del processo sia rappresentato dal diritto o dal rapporto giuridico in ordine al quale è sorto uno stato di incertezza. Allo stesso modo, con riferimento ai processi costitutivi, si deve rinunciare a configurare un diritto sostanziale avente contenuto congruente alla forma di tutela richiesta dall’attore e, soprattutto, si deve negare che questo elemento (il diritto di modificazione giuridica) possa rappresentare, sempre ed in ogni caso, l’oggetto del giudizio e della statuizione; in modo diverso, si deve riconoscere che l’accertamento giurisdizionale riguarda la situazione giuridica, che qualifica, sul piano sostanziale, le regole di condotta delle parti in ordine al bene della vita controverso, il quale è veicolato all’interno del processo con la domanda giudiziale.

Questa proposta ricostruttiva richiederebbe ulteriori approfondimenti, in relazione alle molteplici figure di azione costitutiva previste dalla legge; tuttavia, in questa sede è possibile svolgere solo alcuni rapidi rilievi.

I processi di modificazione giuridica in cui sono esercitate azioni di impugnazione contrattuale hanno ad oggetto il rapporto giuridico avente titolo nel negozio, in quanto è questa la situazione giuridica che qualifica il bene della vita controverso tra le parti. La sentenza «stabilisce in modo vincolante le relazioni dei soggetti intorno alla situazione sostanziale sottoposta a modificazione»; essa «fissa autoritativamente le condotte delle parti rispetto ad un determinato bene della vita, più esattamente stabilisce il regolamento del rapporto giuridico che l’attore pretende di modificare» (Menchini, S., op. ult. cit., 190 s.).

La sentenza di accoglimento innova la realtà sostanziale, estinguendo, modificando o costituendo diritti ed obblighi; le regole di condotta, che qualificano i comportamenti delle parti come leciti o doverosi, conseguono alla modificazione giuridica operata e, dunque, alle situazioni giuridiche (di diritto, obbligo, facoltà, dovere e potere) che risultano a seguito della stessa (Menchini, S., op. ult. cit., 191; Luiso, F.P., op. cit., 14 s.; Proto Pisani, A., op. cit., 214). Per contro, la sentenza di rigetto «dichiara che la disciplina del rapporto, sul quale avrebbe dovuto incidere la pronuncia del giudice resta immutata» (Menchini, S., op. ult. cit., 191) e, dunque, dichiara le regole di condotta in conformità ad essa.

Vengono poi in rilievo le azioni di impugnazione di atti unilaterali di esercizio di poteri sostanziali, le quali rappresentano la forma di tutela (tipica) attribuita al soggetto passivo del potere di fronte al suo invalido esercizio. L’atto viziato, perché compiuto in violazione delle regole (legali e/o convenzionali) che disciplinano l’esercizio del potere, pregiudica in modo illegittimo un interesse sostanziale protetto del soggetto passivo (Motto, A., op. cit., 46 ss.); in queste ipotesi, il bisogno di tutela dell’attore è rappresentato non solo dalla rimozione degli effetti dell’atto, ma altresì dall’enunciazione della regola vincolante, a cui si deve attenere il soggetto attivo in occasione di nuovi atti di esercizio del potere (Motto, A., Ordine di esame delle questioni, interesse ad impugnare ed accertamento in prosecuzione nei giudizi di impugnazione di atti di esercizio di poteri sostanziali, in Giusto proc. civ., 2013, 151 ss.). Da ciò consegue che ad oggetto del processo deve essere posta la situazione giuridica, il cui accertamento consente di dettare, in modo vincolante ex art. 2909 c.c., le prescrizioni a cui deve conformarsi in futuro il soggetto attivo. Pertanto, almeno come ipotesi di lavoro, è possibile prospettare che oggetto del giudizio e dell’accertamento con autorità di cosa giudicata sia direttamente la situazione giuridica di potere, con il suo reticolo di doveri, i quali sono qualificati dalle norme, che, stabilendo le regole, sostanziali e formali, da osservare per l’esercizio del potere, conferiscono protezione giuridica al soggetto, nella cui sfera giuridica si realizzano gli effetti del suo esercizio (Motto, A., Poteri sostanziali, cit., 10 ss., 50 ss.).

Fonti normative

Artt. 2908 e 2909 c.c.

Bibliografia essenziale

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