NEGRONI, Baldassarre

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NEGRONI, Baldassarre

Giovanna Rendi

NEGRONI, Baldassarre. – Nacque a Roma il 21 gennaio 1877 da una famiglia nobile, figlio del conte Carlo Negroni Toruzzi e di Costanza Guidotti Magnani.

Studiò al collegio Mondragone, in seguito si laureò in legge presso l’università della capitale ed esercitò la professione di avvocato e di agente di cambio. Appassionato di fotografia, si avvicinò al cinema come operatore di brevi ‘dal vero’, ovvero di piccoli documentari, e nel 1911 fu impiegato alla Cines, prima come operatore e poi come direttore artistico. Il primo film da lui diretto fu una comica di 300 m di pellicola, dal titolo Primo bisticcio. Il 15 maggio 1912 fondò, insieme con l’avvocato Gioacchino Mecheri la Società Celio Film, con un capitale versato di lire 10.000 e azioni del valore nominale di lire 25 l’una. Al pari di aristocratici come il conte Pier Gaetano Venino (presidente della Milano Film) e il barone Alberto Fassino (amministratore e direttore della Cines) entrò quindi a far parte «di quelle figure di nobili che investono i propri capitali nel cinema, terreno in cui la speculazione appare assai più redditizia e, al tempo stesso, più gratificante degli investimenti immobiliari e fondiari su cui, in genere, le grandi famiglie continuavano a basare le proprie fortune» (Brunetta, 1993, p. 44).

Partecipò tra i primi al periodo di grande espansione e consolidamento delle strutture della nascente cinematografia italiana e tenne a battesimo tre attori, destinati a diventare tra i volti più famosi del divismo nazionale, ovvero Alberto Collo, Emilio Ghione e soprattutto Francesca Bertini, l’interprete più celebre e versatile del cinema muto. Negroni la diresse in Lacrime e sorrisi (1912), Idillio tragico (1912), La maestrina (1913), L’arma dei vigliacchi (1913), Idolo infranto (1913) e soprattutto Histoire d’un Pierrot (1913).

Realizzato negli stabilimenti della Celio, ma per conto della Italica Ars, il film, con Francesca Bertini negli insoliti panni maschili di Pierrot, riproduce l’omonima pantomima di Ferdinand Beissier, musicata da Mario Costa. La sua particolarità consiste nel fatto che venne girato a suon di musica per ottenere «il sincronismo perfetto» (così il programma di sala del teatro Argentina di Roma nel 1914). Il critico Umberto Barbaro ne ha lodato la sobrietà scenografica e il vivace dinamismo nelle scene di esterni: «Insieme con La sinfonia del fuoco di Ildebrando Pizzetti (composta per Cabiria) [è] uno dei primissimi tentativi di trasformare l’accompagnamento musicale in vero e proprio elemento cinematografico; è, in sostanza, il primo film sonoro ai tempi del muto […]. Il noleggio univa infatti al film una “partitura per piano metronomizzata con la indicazione particolareggiata dell’azione cinematografica su ogni rigo” e le 80 parti di orchestra portavano richiami numerici alla partitura per piano» (Barbaro, 1964, p. 702).

Nello stesso periodo diresse L’anima del demi-monde (1913), sceneggiato dal futuro regista Augusto Genina, con protagonista Emilio Ghione, che interpretò per la prima volta l’apache, ruolo che perfezionò in seguito con il famoso personaggio di Za-la-mort, da lui inventato ispirandosi sia alla letteratura poliziesca e popolare sia ai coevi serials cinematografici francesi come Fantômas e Les vampires.

Dal 1914 al 1915 lavorò per la casa di produzione Milano Film, sotto la presidenza del barone Paolo Ajroldi di Robbiate e fece in tempo a girare 17 pellicole prima che lo scoppio della guerra mettesse fine all’esperienza, a causa della requisizione dei terreni della Bovisa su cui sorgevano gli stabilimenti cinematografici. Tra le opere realizzate in questo breve periodo si ricorda Nel nido straniero (1914), dramma di ambiente bellico su soggetto di Renato La Rocca.

Tornato a Roma, accettò la proposta di Mecheri di dirigere La signora delle camelie, in concorrenza con la versione dello stesso romanzo interpretata da Francesca Bertini in preparazione presso la Caesar. Il film, realizzato in gran segreto in soli 16 giorni, con lo stesso cast che contemporaneamente girava una pellicola di spionaggio intitolata Rugiada di sangue, fu presentato con enorme successo al cinema Modernissimo di Roma nell’agosto 1915. Protagonista era l’attrice Hesperia (la romagnola Olga Mambelli), che inaugurò con l’occasione il sodalizio artistico e personale con Negroni, sancito con il matrimonio nel 1923, dopo una lunga convivenza.

Dal 1915 al 1921 fu attivo presso la Tiber Film di Roma, con un sistema che impiegava troupes fisse di lavorazione, per realizzare circa sei film l’anno. Appartengono a questo periodo film come Marcella, tratto da Victorien Sardou (1915), La cuccagna, da Emile Zola (1917), L’aigrette, da Dario Niccodemi (1917), e Madame Flirt, scritto da Luciano Doria (1918). La collaborazione fu sospesa tra il 1918 e il 1919, quando Negroni fu impegnato presso una filiale della Tiber, la Film d’Arte Italiana.

La produzione si caratterizzava da un uso molto innovativo della tecnica cinematografica, in particolare del primo piano, il cui uso nel film L’ereditiera (1915) secondo Umberto Barbaro «sarebbe la prova per stabilire l’indipendenza almeno dalla scoperta di Griffith del primo piano, se non l’assoluta priorità degli italiani nell’uso di quel formidabile mezzo d’espressione» (Barbaro, 1964, p. 700).

Tra il 1919 e il 1922 realizzò quelle che secondo la critica sono le sue opere migliori, ovvero La fibra del dolore, da un soggetto di Gaetano Campanile Mancini (1919), Il figlio di Madame San-Gêne, di Sardou ed Émile Moreau (1921), e La belle madame Hebért, da un dramma di Abel Hermant (1922). A causa della crisi che colpì l’industria cinematografica italiana nel primo dopoguerra, passò alla Superfilms e infine alla Pittaluga, dove ebbe solo contratti per singoli film. Risalgono a questa fase tre pellicole interpretate da Bartolomeo Pagano, il popolare interprete del personaggio di Maciste: Il vetturale del Moncenisio (1927), Gli ultimi zar (1928) e Giuditta e Oloferne (1929).

All’avvento del sonoro, il cortometraggio Serenata tzigana (1929) fu principalmente un pretesto per la sperimentazione dei nuovi apparecchi per il suono progettati dalla ENaC. Nel 1932 diresse uno dei grandi successi della sua carriera, la commedia musicale Due cuori felici, rifacimento del film tedesco Ein bisschen Liebe für dich di Max Neufeld (1932): interpretata da Vittorio De Sica, Rina Franchetti e Mimì Aylmer, la pellicola si avvalse delle accattivanti melodie di Paul Abraham e di una trama semplice e rassicurante che si rifaceva a un altro grande successo dell’epoca, La segretaria privatadi Goffredo Alessandrini (1931).

L’ultimo film di Negroni fu la commedia L’ambasciatore (1936), con soggetto basato sulla pièce di Eugène Scribe e Germain Delavigne Le diplomate. Attivo già dal 1932 nella produzione, dal 1937 vi si dedicò in esclusiva, contribuendo alla realizzazione di alcuni grandi successi dell’epoca come Napoli d’altri tempi di Amleto Palermi (1938),L’assedio dell’Alcazar di Genina (1940), Un garibaldino al convento di De Sica (1942).

Morì a Roma il 18 luglio 1945.

Fonti e Bibl.: U. Barbaro, L’Histoire d’un Pierrot di B. N., in Antologia di Bianco e Nero 1937-1943, IV, Quattro sceneggiature, a cura di L. Autera, Roma 1964, pp. 698-715; F. Savio, Ma l’amore no. Realismo, formalismo, propaganda e telefoni bianchi nel cinema italiano di regime (1930-1943), Milano 1975, pp. 16, 27 s., 115 s.; C. Camerini, Histoire d’un Pierrot, in Immagine: note di storia del cinema, genn.-marzo 1984, n.7, pp. 23-26; G. Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema muto 1895-1929, Roma 1993, pp. 44, 53, 84, 168, 208, 240, 246, 301, 363, 369; V. Martinelli, Il cinema muto italiano 1922-23, Roma 1996, pp. 49 s., 106-108, 244 s., 305 s.; Id., Il cinema muto italiano 1924-1931, Roma 1996, pp. 128-130, 198-200, 211-213, 231-233.

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