BANDINI, Giovanni, detto Giovanni dell'Opera

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BANDINI, Giovanni, detto Giovanni dell'Opera

Luisa Marcucci

Figlio di Benedetto, nacque a Castello (Firenze) nel 1540 circa. Fu scolaro del Bandinelli, alla morte del quale, nel 1560, continuò i rilievi per la balaustra del coro del duomo, iniziata nel 1547- Il B. li finì nel 1572, ma seguitò a lavorare per il duomo con le statue di S. Iacopo e di S. Filippo, sistemate in tabernacoli nei piloni della cupola, la prima nel 1576, l'altra nel 1577. Dalla permanenza ventennale in una bottega della stessa Opera del Duomo prese il soprannome di Giovanni dell'Opera, che gli rimase per tutta la vita. Socio dal 1563 dell'Accademia del Disegno, nel 1564 ebbe l'incarico dagli accademici di eseguire le figure allegoriche dell'Architettura per la parte superiore e del Tevere per la base del catafalco eretto nelle onoranze funebri a Michelangelo Buonarroti. La statua dell'Architettura piacque tanto al granduca Cosimo I, che nello stesso anno la medesima figura gli fu allogata per la tomba di Michelangelo in Santa Croce. Finì nel 1574 la statua, che è certamente fra le opere più alte da lui compiute: ne esiste anche il bozzetto preparatorio in terracotta nel Victoria and Albert Museum di Londra (per esso si è però anche avanzata l'ipotesi [Middeldorf, 1929], a causa della posizione della figura, che fosse per l'analoga figura del catafalco). Contemporaneamente, nel 1573, fece un'altra opera particolarmente riuscita, la Giunone in bronzo dello studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio, molto aderente al gusto del bronzo di limitate proporzioni tipico del maestro Bandinelli. Ma specialmente interessanti sono i due rilievi eseguiti per la cappella Gaddi in S. Maria Novella, costruita dal Dosio fra il 1575 e il 1577: la Visitazione,conuna simmetrica semplicità di composizione che si rifà agli esempi di fra' Bartolomeo e di Andrea del Sarto, e la Presentazione al Tempio, dove la scena principale è posta nello sfondo: spunto d'interesse spaziale-atmosferico, che dimostra l'influenza della pittura contemporanea e che troverà grande sviluppo a Firenze nella scultura del più tardo Cinquecento e del Seicento. In Firenze il B. fu ricercato soprattutto come ritrattista: egli portò la classicità di origine bandinelliana a una semplicità chiarificatrice che rese particolarmente efficaci, e persino di un'ufficialità rappresentativa, i suoi ritratti. Numerosi sono quelli dei granduchi Cosimo I e Francesco I, ma alcuni vanno considerati copie di scalpellini da suoi modelli. Invece sono da notare il busto di Cosimo, collocato sulla porta esterna dell'Opera del Duomo nel 1572, quello di Francesco, sopra una porta della Zecca Vecchia nel 1577, e il busto, idealizzato con gusto quattrocentesco, del Brunelleschi (Firenze, Museo dell'Opera); pure nei rilievi a figure isolate in riquadri della balaustra del duomo sono molti ritratti di personaggi contemporanei. Evidentemente era l'interesse a aderire alla realtà genuina delle cose, come accadeva contemporaneamente in pittura con Santi di Tito, a renderlo così incline al ritratto. La semplicità formale del B. ha un sapore di riforma arcaistica, che lo distacca tanto da Michelangelo quanto dal classicismo dottrinale di Baccio Bandinelli. Eppure, come tutti gli scultori del Cinquecento, anch'egli non seppe sfuggire alla suggestione di Michelangelo: e lo dimostra la statua in stucco di S.Pietro per la cappella dei Pittori nella SS. Annunziata, dove nella figura seduta il B. tentò di imitare il movimento potenziale del Giuliano de' Medici di Michelangelo nella Sacrestia Nuova di S. Lorenzo.

Nonostante la stima acquistata in Firenze specialmente come ritrattista, il B. ebbe a sostenere molte lotte nell'ambiente artistico, a causa della prevalente fama del Giambologna, e dovette anche affrontare pesanti difficoltà economiche. Pertanto molto volentieri accettò l'invito di Francesco Maria II Della Rovere a recarsi a Urbino, nel 1582, con la presentazione di Simone Fortuna, fiduciario del duca: fu preferito al Giambologna, forse perché questo era troppo impegnato in Firenze. In Urbino si svolse la migliore attività dell'artista, con maggiore indipendenza dallo stile del Bandinelli.

Molte sculture di questo periodo sono andate perdute, ma restano il busto di Francesco Maria I (1582-'83, Firenze, Museo Naz. del Bargello), un altro di Francesco Maria II (Firenze, villa di Poggio Imperiale), la statua di Francesco Maria I (1587)per la villa imperiale di Pesaro, poi donata nel 1624 alla Serenissima (Venezia, cortile del Palazzo ducale), e, capolavoro di questo periodo, la bella Pietà (1583-'86),probabilmente destinata alla tomba del duca (Urbino, Oratorio della grotta del duomo).

Durante la permanenza a Urbino il B. non interruppe i rapporti con Firenze, dove si recò più volte, specie per commissioni di ritratti, molti dei quali furono inviati all'estero. Si sa che fu invitato a partecipare all'esecuzione delle porte del duomo di Pisa, ma non risulta che la sua collaborazione abbia avuto luogo (v. Supino, 1899). Invece eseguì la statua di Ferdinando I de' Medici, commessagli nel 1595, per la piazza della Darsena Vecchia di Livorno, posta sulla base con i Quattro Schiavi (o Mori) di Pietro Tacca.

Morì a Firenze il 18 apr. 1599.

Tra le altre sue opere sono da ricordare il bel busto in terracotta policroma di S. Maria Maddalena (Firenze, Museo dell'Opera del Duomo) e un Meleagro,di cui esistono repliche, nella Galleria Davis di Londra, firmato e datato: "Iohannes Bandinus Florentinus f[ecit] 1598".

L'arte del B. fu particolarmente apprezzata in epoca neo-classica, certo per la purezza e semplicità della forma, tanto che L. Cicognara ne trattò a lungo e con entusiasmo nella sua Storia della scultura... (V, Prato 1825, pp. 221-224).

Bibl.: G. Vasari, Le vite…, a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, pp. 298, 304, 317, 638; R. Borghini, Il riposo [1584], Firenze 1730, pp. 522-524; F. Baldinucci, Notizie de' Professori del disegno... con... aggiunte da G. Piacenza, III,Torino 1813, p. 133; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli stati estensi, Modena 1855, p. 31; I. B. Supino, Le porte del duomo di Pisa,in L'Arte, II (1899), pp. 388 s.; P. Rotondi, Contributi all'attività urbinate di G. B. detto dell'Opera (estr. d. riv. Urbinum),Urbino s. d.; E. Maclagan, Notes on some sixteenth and seventeenth cent. Ital. Sculptures…, in The Burlíngton Magazine, XXXVI (1920), pp. 234-239; C. Ricci, Per la storia della statua di Francesco Maria I della Rovere, in Rass. d'arte ant. e moderna,VII (1920), p. 304; U. Middeldorf, G. B., in Riv. d'arte, XI (1929), pp. 481-518; N. Pevsner, Einige Regesten aus Akten der florentinen Kunstakademie,in Mitteilungen des kunsthistorischen Instituts in Florenz, IV (1933), p. 128; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, X, 2, Milano 1936, pp. 241-270;U. Middeldorf, Drawings by Giovanni dell'Opera, in The Art Quarterly,II (1939), pp. 386-393; Mostra del Cinquecento Toscano in Palazzo Strozzi (catal.), Firenze 1940, pp. 87, 89, 188; U. Thienie-F. Becker, Künstler-Lexikon,II, p. 442; Enc. Ital., XVII, p.250, sub voce Giovanni Bandini detto dell'Opera.

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