ABBRACCIAVACCA, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ABBRACCIAVACCA, Bartolomeo (Meo)

Ghino Ghinassi

Nacque probabilmente a Pistoia, non sappiamo in quale anno, da un Abbracciavacca di Guidotto, appartenente alla famiglia pistoiese dei Ranghiatici, del quale si hanno notizie tra il 1236 e il 1283.

Se si identificasse con lui un "Meus Guidocti", che compare in un atto di vendita del 1280 (il che però non è del tutto sicuro), si avrebbe la certezza che in quell'anno si trovava in Pistoia; se così, gli sarebbe stata risparmiata, forse in considerazione della sua giovane età, la condanna all'esilio che in quegli anni aveva colpito, in quanto ghibellini, altri membri della sua famiglia, tra i quali il padre e lo zio, Forese.

A un suo viaggio in Francia allude l'A. in un sonetto di risposta a Guittone d'Arezzo, che gli aveva scritto in occasione del suo ritorno ("Vacche né tora piò neente bado").Ancora vivo nel dicembre del 1300, è dato come defunto in un documento del dicembre 1313.

L'A. appartiene a quel gruppo di rimatori toscani anteriori al "dolce stil novo" il cui rappresentante più cospicuo è Guittone d'Arezzo. Come gli altri, con alcuni dei quali lo vediamo in contatto, deriva dai provenzali molti elementi della lingua e della tecnica poetica e anzi la continua ricerca di artifici letterari, suggerita dalla poesia trovadorica, rende molto spesso oscure le sue composizioni poetiche.

Delle sue rime ci rimangono tre canzoni d'argomento amoroso: "Sovente aggio pensato di tacere", "Madonna vostr'altèra canoscenza", "Considerando l'altèra valenza" (quest'ultima è rimaneggiamento di un'altra del rimatore pisano suo contemporaneo Panuccio del Bagno: "Di si alta valenz'a signoria", ediz. Zaccagnini-Parducci, pp. 145-147); un sonetto pure di contenuto amoroso: "Amore amaro, a morte m'hai feruto"; e alcuni altri sonetti di corrispondenza con i quali l'A. per lo più partecipa a tenzoni su argomenti dottrinali: a Guittone (oltre il già ricordato, anche "Se il filosofo dice: È necessaro"; "Poi sento ch'ogni tutto da Dio tegno", con lettera accompagnatoria; "Pensando ch'ogni cosa aggio da Dio", preceduto da lettera), a Dotto Reali "A scuro loco conven lume clero"; "Parlare scuro, dimandando, dove", preceduto da lettera), a Monte Andrea ("Vita noiosa pena soffrir làne") e infine a un giovane Bindo (probabilmente Bindo d'Alessio Donati) per dargli alcune esortazioni morali ("Non volontà, ma omo fa ragione", con lettera accompagnatoria).

Bibl.: G.Zaccagnini, I rimatori pistoiesi dei secc. XIII e XIV,Pistoia 1907, pp. XLIV-LIV (per la biografia) e pp. LXXXIX-CI (per la poesia); Id., Studi e ricerche di antica storia letteraria pistoiese,in Bullett. stor. pistoiese,XII (1910), pp. 38-40; Id., Per la storia letteraria del Duecento,ne Il Libro e la Stampa,VII (1913), pp. 231-232. Le rime sono stampate in Rimatori siculo-toscani del Dugento,a cura di G. Zaccagnini e A. Parducci, Bari 1915, pp. 3-17.

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