BIANCHINI, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIANCHINI, Bartolomeo

Fabia Borroni

Nacque a Firenze il 6 genn. 1634, da Matteo, orologiaio, e da Cristina Renard. Allievo di Simone Pignoni, cominciò a dipingere quadri con minute figurine, "con grande spirito e con buona disposizione" (Baldinucci). Frattanto studiò musica e contrappunto con Alberto del Vinaio, con tali rapidi risultati da sostituirlo per qualche tempo come organista e maestro di cappella della chiesa di S. Marco e da diventar noto nell'ambiente fiorentino come ottimo dilettante suonatore di cembalo e liuto e compositore di canzonette. Nel 1666 andò a Roma per continuare lo studio della pittura con Ciro Ferri, che poi seguì nell'Italia settentrionale. Attratto specialmente dalle opere di Paolo Veronese, soggiornò per qualche mese a Venezia; quindi, lasciato il Ferri, ma presumibilmente istradato da lui che già aveva avuto rapporti con l'ambiente bergamasco, andò a Bergamo. Ospite dei conti Martinengo, dipinse per essi numerosi ritratti, "per la maggior parte di naturale grandezza a cavallo"; dipinse inoltre scene storiche e baccanali commissionati da amatori locali e quadri di soggetto religioso, fra cui una Adorazione dei Magi e un Martirio di s. Lucia (non identificati). Una tela, già nel soffitto di una sala di casa Rota di Rocca, raffigurante il Trionfo di Bergamo con il Colleoni e il Tasso, firmata "Bart. Bianchini Flore. inv. e f.", è ora nella Biblioteca Civica di Bergamo. Indubbiamente l'attività del B., nei diciannove anni in cui stette a Bergamo, fu assai più complessa di quanto non appaia dal Baldinucci: si può aggiungere che ebbe degli allievi, fra cui il più noto, dal 1670 al 1675, fu Vittore Ghislandi (Fra Galgario).

Dopo la morte della moglie, la quale era figlia di un modesto pittore bergamasco, e dei figli, il B. ritornò a Firenze "portando seco disegni e modelli in quantità con alcuni suoi quadri" (Baldinucci). Sistematosi nelle vicinanze della chiesa di S. Biagio, continuò a lavorare in quadri storici e religiosi, fra cui un S. Donato per la famiglia Soldani (chiesa di S. Donato in Collina) e una Flagellazione per la Compagnia di Pianfranzese, e in ritratti, specie per gli Alamanni e i Ricasoli, "molto ben rifiniti contro lo stile suo ch'era il non finire quasi mai perfettamente alcuna opera sua" (Baldinucci). Nei locali già di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano aprì una scuola di pittura, a cui affiancò anche l'insegnamento della musica e della scultura. Uscirono di lì bassorilievi in terracotta, statuette in cera e in marmo, fra cui una Giuditta, un David e un busto di Filippo Franci (passato poi in casa Ginori). La sua natura irrequieta e stravagante lo portava a indebitarsi, fra gli altri con l'Oste dell'Inferno a cui cedette numerosi quadri (Storie del Vecchio e Nuovo Testamento, secondo il Sagrestani), e a dover espatriare, quando si rifiutò di allontanare una modella che viveva con lui. Nel 1697 partì per la Tunisia al seguito di Ramedan, fratello di Maometto, bey di Tunisi, che a Firenze aveva radunato un gruppo di "belli ingegni". Nel maggio 1698, dopo un fortunoso viaggio per mare, era a Tunisi, dove dal suo protettore, frattanto divenuto pascià, ebbe una pensione annua e l'incarico di dipingere scene di feste e di folclore locale. Verso il 1701, perduti disegni, statue e strumenti musicali durante un'ondata di xenofobia, ritornò a Firenze, dove riprese a frequentare l'ambiente degli artisti e letterati: le esperienze del periodo tunisino gli diedero spunto per quadri di genere satirico "riguardanti il modo di vivere dei Turchi" (Baldinucci) e storico, fra cui una Festa dei lottatori turchi e una serie di dodici Feste e usanze dei Turchi per la villa di Poggio a Cajano (attualmente non identificabili). Offertosi quale organista e pittore per l'abbazia di Vallombrosa, vi rimase dal 1708 e dipinse tra l'altro Scene della vita di s. Giovanni Gualberto (quattro lunette del chiostro, non più in loco), e lì morì, il 26 febbr. 1710.

Fonti e Bibl.: Fonte principale per la vita del B. è F. S. Baldinucci,Vita di B. B., in Vite di artisti del sec. XVII, ms. Pal. 565 II, cc. 43r-51v, della Bibl. Naz. di Firenze; una vita assai compendiata, rispetto a quella del Baldinucci, ma con qualche variante ed aggiunta, è quella di C. C. Sagrestani,Vita di B. B., in Vite de' pittori, ms. Pal. 451, cc. 15r-16r, sempre alla Nazionale di Firenze (un riassunto si trova in A. Orvieto,Un Vasari minuscolo ed inedito, in Il Marzocco, XXXVI [1931], n. 28, p. 2, e da qui riportato in Bergomum, XXV [1931], pp. 224 s.). Per gli ultimi anni si veda: Arch. dell'abbazia di Vallombrosa,Ricordanze di Vallombrosa (dal 1707 al 1743), ms. B. III, 1, cc. 16r, 34v. Si veda ancora: F. M. Tassi,Vite de' pittori,scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, II, p. 58 (per i rapporti con Fra Galgario); C. Caversazzi,V. Ghislandi, in Il ritratto italiano dal Caravaggio al Tiepolo alla Mostra... nel MCMXI, Bergamo 1927, p. 148; A Locatelli Milesi,Un dipinto che glorifica il Colleoni e il Tasso nella Civica Biblioteca, in Bergomum, n. s., IV (1930), p. 258; Id.,Fra Galgario, Bergamo 1945, pp. 14 s.; B. Belotti,Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, V, p. 158.

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