CECCHETTI, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CECCHETTI, Bartolomeo

Paolo Preto

Nacque a Venezia il 2 sett. 1838 da Rosa Pancrazio e da Pietro, uomo colto e collaboratore di periodici cittadini; in un ambiente familiare aperto all'amicizia e influenza di letterati ed eruditi frequentò dal 1848 al 1855 il liceo-ginnasio "S. Caterina", uscendone a diciassette anni per iniziare con la qualifica di apprendista il lavoro presso l'Archivio generale dei Frari. Frequentò quasi subito la scuola di paleografia istituita il 18 luglio 1854 e diretta da C. Foucard, il cui magistero tecnico e ideale esercitò su di lui una profonda impressione educandolo all'amore per gli studi storici e gli ideali liberali e patriottici.

Il C., conseguita l'abilitazione all'insegnamento e il diploma di perito paleografo giudiziario, dopo un breve periodo di lavoro presso l'Ufficio registratura della luogotenenza e la contabilità dello Stato (10 genn. 1857-16 ott. 1861) ritornò all'Archivio nel 1860 a sostituire il Foucard, destituito dall'impiego per le sue troppo aperte idee liberali, nella carica di docente di paleografia; la conservò sino al 1872, integrando l'insegnamento con una serie di lezioni sulla storia di Venezia.

La sua scrupolosa dedizione all'attività di docente produsse una serie di monografie paleografico-storiche, pubblicate sotto il titolo di Programma dell'I. R. Scuola di paleografia in Venezia (Venezia 1861-62) e il saggio Il Doge di Venezia (Venezia 1864), ampia e minuziosa ricostruzione dell'origine e dell'evoluzione della carica dogale, pregevole per l'uso abbondante, anche se un po' farraginoso e disorganico, di un ricco materiale archivistico e interessante perché delinea la sua futura interpretazione della storia della Repubblica "governo perfettissimo" retto da un'aristocrazia non "dei titoli e delle ricchezze" ma solo dell'"ingegno" (p. 270).

Attivo bequentatore dei più vivaci circoli culturali di Venezia e collaboratore del periodico Il Pensiero di Venezia, il C. vi conobbe la moglie Anna Mander, donna colta e sensibile, poetessa e giornalista, con cui condivise un'esistenza dedita all'amato lavoro d'archivio, alla ricerca storica e agli ideali liberali, affermati e vissuti con dignità e fierezza anche nei momenti più difficili. Abbandonata nel 1863 la contabilità di Stato, il C. entrò definitivamente all'Archivio, vi assunse la direzione della sezione storico-diplomatica e percorse rapidamente tutti i gradi della carriera.

Le sue aperte simpatie liberali e l'esclusivo amore per il patrimonio storico-culturale conservato ai Frari lo spinsero a un netto contrasto col governo austriaco proprio nei giorni che precedettero l'unione all'Italia del Veneto. Quando il 21 luglio 1866 il benedettino Beda Dudik si presentò con una lettera di Francesco Giuseppe, che imponeva di trasferire a Vienna i documenti più preziosi, egli si oppose e così nella notte tra il 7 e l'8 agosto venne arrestato, rinchiuso nell'isola di S. Giorgio e poi deportato a Trieste sino al 23 settembre, quando lo liberò l'intervento del ministro plenipotenziario Menabrea.

Rientrato a Venezia e ripreso immediatamente il servizio (25 ottobre), il C. vide ufficialmente riconosciuto dal governo italiano il suo coraggioso impegno per la tutela dell'integrità dell'Archivio con la nomina, insieme con il deputato G. Giacomelli e T. Gar, a membro della commissione incaricata di definire coll'Austria la lista dei documentie delle opere d'arte che erano state sottratte dal Veneto sino al 1866.

Collaboratore successivamente di tre direttori di elevato livello culturale, G. Dandolo, T. Gar e T. Toderini, nel 1876 ottenne ancor giovane la nomina a direttore e soprintendente degli Archivi del Veneto, carica che conservò sino alla morte. L'attività di riordinamento e ampliamento dell'Archivio divenne per lui una delle ragioni essenziali della sua vita, cui sacrificò tempo, relazioni personali e fors'anche un più completo arricchimento culturale e scientifico che gli sarebbe stato prezioso nella sua ampia ma non sempre felice produzione storiografica. Già negli anni precedenti, come funzionario subalterno, aveva dato un notevole apporto al lavoro di catalogazione e classificazione di molti fondi delle antiche magistrature veneziane; nel 1871, insieme col Toderini, diede alle stampe a Venezia un volume su Il Regio Archivio generale di Venezia, in cui tracciava una storia degli archivi veneti antichi, dei fondi acquisiti dopo il 1797, ed un rapido profilo delle fonti essenziali per la storia delle province di terraferma.

Il lungo, paziente e talvolta frenetico lavoro di ordinamento e inventariazione condotto dai funzionari dell'Archivio, prima sotto la guida del Toderini e poi dal 1876 sotto la sua diretta responsabilità, è illustrato nel volume L'Archivio di Stato di Venezia nel decennio 1866-1875 (Venezia 1876)e nella Statistica degli Archivi della Regione veneta (1820-1880) (Venezia 1881), in cui il C. raccolse i risultati di quel censimento generale degli archivi veneti da lui Più volte richiesto e finalmente realizzato a partire dal 1877grazie all'energica e intelligente sollecitazione delle autorità periferiche.

L'attività del C., come funzionario e poi direttore dell'Archivio, fu volta per anni al duplice obiettivo di riordinare i fondi dell'età repubblicana e incrementare il patrimonio documentario con nuove acquisizioni, senza peraltro trascurare la necessaria opera di pressione sulle autorità ministeriali per il miglioramento dei locali dei Frari e per l'ampliamento dell'organico del personale. Anche se oggi è facile muovere appunti al suo metodo di riordinamento dei fondi antichi sulla base del principio della conservazione integrale della disposizione e dei criteri adottati dalle vecchie magistrature, non si può non osservare col Carbone che, nonostante limiti e difetti, la sua opera ha consentito ad un modesto numero di funzionari di sistemare nel giro di pochi anni una massa enorme di documenti sino ad allora quasi inutilizzabili (Carbone, B. C. ..., pp. 255-257). Per il C. l'Archivio era uno strumento di arricchimento culturale e civile da mettere a disposizione di tutti gli storici desiderosi di ricostruire le linee essenziali della civiltà veneziana. In questo spirito si comprendono le sue iniziative di potenziamento: l'allestimento, in collaborazione con R. Tredelli, del Museo paleografico della regione veneta e della Sala diplomatica "Regina Margherita", preziosa raccolta di autografi, codici e documenti, la sistemazione della Biblioteca legislativa, iniziata anni prima dal Legnani e da lui arricchita di numerose raccolte di leggi e pubblicazioni ufficiali italiane e straniere, e infine l'acquisizione, il 5 genn. 1889, della raccolta dei pesi e misure della Serenissima e dei successivi governi.

Vanto e gloria della sua lunga attività è la lunga e fortunata battaglia per trasferire allo Stato, e quindi alla disponibilità degli studiosi, gli atti notarili della Repubblica veneta, che un'antiquata legislazione e un malinteso spirito privatistico trattenevano nelle mani di singoli notai. In una serie di articolisull'Archivio veneto e negli Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti il C. condusse negli anni che vanno dal 1866 al 1882 una vivace campagna di stampa affinché la nuova legge sul notariato in discussione alla Camera recepisse il principio che le carte notarili rappresentano "le memorie della vita sociale, come gli atti custoditi negli Archivi di Stato conservano quelle delle vicende politiche e della vita pubblica di un popolo". Ottenuto finalmente, il 13 maggio 1884, il versamento all'Archivio di tutti gli atti dei notai deceduti prima del 1830, il C. si accinse subito al lavoro di ordinamento dell'immenso materiale e stampò quella Statistica degli atti custoditi nella sezione notarile (Venezia 1886), sussidio prezioso e insostituibile. Senza un'adeguata conoscenza paleografica gli atti notarili rischiavano di restare incomprensibili e il C. si impegnò personalmente a potenziare la scuola di paleografia, fucina di attivi e preparati funzionari e palestra di utile iniziazione per gli studiosi di storia veneziana. Ad uso degli impiegati e degli storici compilò un Saggio di un dizionario del linguaggio archivistico veneto (Venezia 1888), forse troppo smilzo e sommario per soddisfare le esigenze degli studiosi, ma comunque sicura testimonianza della sua profonda conoscenza della storia veneziana e unica e concreta realizzazione a livello regionale di quel più vasto dizionario del linguaggio archivistico italiano da lui proposta al ministero della Pubblica Istruzione sin dal 1885 (Archivio veneto, XXIX, pp. 469-477).

L'apertura del C. a interessi culturali alieni da angustie e limitazioni provinciali sialimentò dell'amicizia con molti studiosi italiani e stranieri che si succedettero a Venezia per studiarvi la storia della Repubblica: basterà ricordare che tra questi frequentatori dell'Archivio dei Frari figurano uomini come Barozzi, Berchet, Cantù, Cibrario, Correnti, Fulin, Musatti, Sagredo, Tommaseo, Villari, Lamansky, Baschet, Mas-Latrie, Thomas, Simonsfeld e Gregorovius, per capire non solo l'origine dei numerosi riconoscimenti di accademie e istituti scientifici, ma anche le salde radici italiane ed europee delle sue opere storiche.

Quando nel 1871 R. Fulin, insieme a G. Berchet e F. Stefani, fondò l'Archivio veneto con l'ambizione di farne lo strumento privilegiato per ricostruire la "storia vera" di Venezia, "in luogo della tradizionale, che si è andata di secolo in secolo ripetendo", il C. si offrì subito come uno dei più competenti e attivi collaboratori, tanto che nel 1884 gli verrà affidata anche la direzione del periodico. Per quasi vent'anni sulle colonne degli Atti dell'Istituto veneto e dell'Archivio veneto egli pubblicò regolarmente schede, notizie, saggi e articoli, ora brevi ora di largo respiro, con un'assiduità veramente incredibile ma anche con un'eccessiva dispersione ed eterogeneità che gli impedì ogni tentativo di scavo archivistico secondo filoni unitari e omogenei. La storia della chimica e della medicina medievali, il sistema tributario, i prezzi delle vettovaglie, il mercato delle erbe, il dominio veneziano in Albania, la storia della Carnia, l'arte tipografica sono alcuni dei molti temi di ricerca da lui abbozzati in brevi e mai conclusive ricerche.

Il motto nulla dies sine linea, premesso al saggio La vita dei Veneziani nel 1300. Le vesti (Venezia 1886), se dà ragione della frettolosità e incompiutezza di molti suoi lavori, è però anche il simbolo di quel suo ideale dell'archivista visto come laborioso preparatore dei materiali per le ricerche degli storici, nella convinzione che "l'erudizione non s'improvvisa, come un lavoro di lettere" e se "non è certo la storia" ne "è l'immancabile fondamento e il contorno" (Archivioveneto, XXXI[1886], p. 34). Molti scritti eruditi del C. non attingono il livello della sintesi lucida e coerente di un problema storico, ma sono preziosi strumenti di avvio alla ricerca e non di rado mettono in luce nuovi e suggestivi temi di indagine. Così se il saggio Sulla storia dell'arte vetraria muranese (Venezia 1865) e la Monografia della vetraria veneziana e muranese, scritta insieme con V. Zanetti ed E. Sanfermo per l'Esposizione universale di Vienna del 1874, si mantengono nel solco del tradizionale interesse per una delle più tipiche glorie artistiche veneziane, gli articoli su Le industrie di Venezia nel secolo XIII, La medicina in Venezia nel 1300, La vita dei Veneziani nel 1300 e La donna nel Medioevo a Venezia (Archivio veneto, IV [1872], pp. 211-257; XXV[1883], pp. 361-381; XXVI [1883], pp. 77-111,251-270; XXVII [1884], pp. 5-105, 321-337; XXVIII [1884], pp. 5-29, 267-296; XXIX [1885], pp. 9-48, 235-304; XXX [1885], pp. 27-96, 279-333) affrontano temi come quelli della vita quotidiana e della civiltà materiale nel Medioevo di grande attualità scientifica e culturale.

Cattolico sincero, ma deciso avversario di ogni ingerenza del clero nella vita politica, il C. toccò i livelli più alti di partecipazione alle vicende civili dell'Italia proprio negli anni postunitari quando il problema dei rapporti tra Chiesa e Stato condizionava pesantemente la vita del giovane Stato e lacerava le coscienze di molti credenti. Sensibile alle esigenze di un'opinione pubblica ancora agitata dalle polemiche suscitate dalla legge delle guarentigie, pubblicò nel 1874 a Venezia i due volumi de La Repubblica di Venezia e la Corte di Roma nei rapporti della religione, scritti per un concorso bandito nel 1873 dall'Istituto veneto per il premio Querini Stampalia e successivamente stampati dalla commissione, nonostante molte riserve, "in vista dell'importanza e copia dei documenti".

L'opera è ampia, documentata e ricchissima di fonti, ma manca di una linea organica di sviluppo e disperde e frammenta la narrazione in troppi rivoli, sacrificando a un tumultuoso allineamento dei materiali ogni tentativo di disegno unitario. Venezia è proposta a modello a tutti i governi per la felice soluzione del problema dei rapporti con la Chiesa, frenata e trattenuta, talvolta anche con drastica severità, nei limiti rigidi e invalicabili del dominio spirituale, contro ogni tentativo di prevaricazione ed invadenza nel campo politico.

Fu questo l'unico tentativo del C. di realizzare un'ampia sintesi storica attorno a un tema unitario e l'esito poco brillante lo confermò nella sua decisione di dedicarsi all'umile ma preziosa opera di archivista e suggeritore di notizie e proposte di ricerca. La sua ultima fatica doveva essere la raccolta di documenti e memorie per il centenario della nascita di Colombo e proprio nell'espletamento di questo lavoro, cui era stato chiamato dal ministero della Pubblica Istruzione insieme a G. Berchet, il C. moriva a Roma il 16 marzo 1889.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Direz. dell'Archivio, anni 1863, 1966-67, 1869-70, 1872-1876, 1879-80, 1883; Ibid., Stato del personale del 1888; Ibid., Miscell. Cecchetti; Ibid., Presidenza della Luogotenenza Lombardo-Veneta, 1852-1856, II 9/2, II 7/32; 1862-1866, II 7/12; Padova, Bibl. civica, mss. n. 2513 (2), 352 (2); Firenze, Bibl. nazionale, Carte de Gubernatis, cass. 63, fasc. 62; G. Dandolo, Il benedettino Beda Dudik nell'Arch. generale di Venezia. Memoria documentata, Venezia 1866; N. Barozzi, Parole pronunc. inanzi al feretro di B. Cecchetti, in Archivio veneto, XXXVII(1889), pp. 3-4; G. Giorno, B. C., ibid., XXXVIII(1889), pp. 197-232; G. Federici, In morte di B. C., Venezia 1889; Discorso pronunciato da P. Fambri nel giorno 20 marzo 1889 sulla bara di B. C., in L'Ateneo veneto, s. 4, XIV (1890), 1, pp. 259-261; R. Predelli, B. C., ibid., pp. 304-324; G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del sec. XIX, VI, La cultura veneta ..., in La Critica, XX(1922), 3, pp. 210-218; M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, I, Roma 1941, p. 151 (sub voce Cecchetti Mander Anna); S. Carbone, B. C. e l'Archivio di Stato di Venezia, in Rassegna degli Archivi di Stato, XVII (1957), pp. 243-266; L. Briguglio, Correnti polit. nel Veneto dopo Villafranca (1859-1866), Roma 1965, pp. 153-159; G. E. Ferrari, Saggio di un catal. storico-descrittivo della pubblicistica venez. del Sessantasei, in L'Ateneo veneto, fasc. speciale per il centenario dell'unione del Veneto all'Italia, 1966, pp. 346-347. Un elenco completo degli scritti del C. nel contributo citato a pp. 260-266: ma vedi anche l'ottima rassegna ragionata di M. F. Conte, Contributi alla storia della storiografia. Il veneziano B. C. (1838-1889) archivista ed erudito, tesi di laurea, università di Padova, facoltà di magistero, anno acc. 1963-1964, pp. 57-502.

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