ORIOLI, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORIOLI, Bartolomeo

Mattia Biffis

ORIOLI, Bartolomeo. – Primogenito dell’orefice Giovanni Maria detto Zerbino e di una certa Laura, nacque a Treviso attorno al 1568 (Manzato, 1985) da una famiglia di buone tradizioni letterarie.

L’omonimo avo Bartolomeo (notizie dal 1536 al 1557: Pastore Stocchi, 1987), con il quale il nipote è stato talora confuso (Cortelazzo, 1971), fu infatti prolifico autore di poemi in lingua rustica di soggetto cavalleresco, tra cui spiccano soprattutto i Quattro canti di Ruggiero (Venezia, G.A. Vavassore detto Guadagnino et Florio fratello, 1543), più volte ristampati nel corso del Cinquecento. Lo stesso Bartolomeo iunior praticò la poesia da dilettante, pubblicando nel 1622 – a cura della moglie Lucrezia Sartori, sposata nel 1600 (Manzato, 1985, p. 448) – una breve raccolta di versi encomiastici dedicati a Cornelia Corner (Lodi all’ill.ma sig.a Cornelia Cornara Bragadina. Podestaressa et capitania di Trevigi, Treviso 1622).

Non si conoscono molti dettagli sulla sua prima attività artistica, che risulta già avviata nel 1598 quando un atto notarile lo qualificava come «pictore» (Bampo, sec. XIX, ad vocem). Interessanti notizie sulla sua formazione si possono tuttavia ricavare dagli atti di una causa arbitraria che nel luglio 1606 lo vide opposto al padre «per occasione di spese fatte mentre che han vissuto insieme» (ibid.). Nel corso del processo infatti Giovanni Maria Orioli sostenne di essersi adoperato in prima persona per il tirocinio artistico del figlio, provvedendo in particolare a fornirgli «opere buone da valentuomini pittori per copiarle, acio che lui facesse buona pratica» (ibid.). Da questa testimonianza è stato dedotto che l’artista avesse avuto un prevalente tirocinio da autodidatta, plausibilmente condotto su prototipi pittorici o grafici disponibili a livello locale. L’analisi della sua copiosa produzione, composta in prevalenza da pale d’altare, testimonia comunque il rapido accostamento alle poetiche figurative tardomanieriste di artisti attivi nella Terraferma veneziana quali Giacomo Lauro, Cosimo da Castelfranco (Paolo Piazza), Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino (Andrea Michieli), la cui influenza si avverte già nelle opere giovanili; irrilevante risulta invece l’apporto della componente nordica, diffusa a Treviso attraverso il magistero del fiammingo Ludovico Pozzoserrato (Lodewijk Toeput).

La prima opera nota risale al 1602, quando Orioli firmò e datò un’Assunzione della Vergine e santi commissionata dalla badessa Girolama da Spilimbergo per l’altare maggiore della chiesa dell’Assunta di Noale (Venezia), opera che manifesta ancora evidenti incertezze sul piano della resa espressiva, bilanciate tuttavia da una gestione già matura delle dinamiche strutturali. I medesimi caratteri si possono rintracciare anche nei successivi dipinti prodotti per il territorio trevigiano nel corso del primo decennio, contrassegnati in generale da uno spirito didascalico in linea con i dettami spirituali della Controriforma. Tra questi si possono segnalare la pala con le Ss. Elena, Orsola e Apolonnia, firmata e datata 1603 (Monigo, parrocchiale), la Vergine col Bambino e quattro santi del 1607 (Montebelluna, chiesa prepositurale di S. Maria) e il palmesco Martirio di s. Bartolomeo dello stesso anno (Merlengo, parrocchiale di S. Bartolomeo apostolo). A questo periodo si fanno tradizionalmente risalire anche altre opere ricordate dalle fonti (Federici, 1803), come la S. Lucia nella chiesa di S. Vito a Treviso, il S. Gregorio in cattedra e quattro santi nella Biblioteca capitolare della medesima città (Fossaluzza, 2011), nonché la Madonna del Carmelo e i ss. Francesco e Carlo Borromeo nella parrocchiale di S. Vito ad Altivole; possono inoltre essergli assegnate su base stilistica la Vergine in gloria e quattro santi nella chiesa di S. Nicolò a Treviso e una Madonna del Rosario nell’arcipretale di Castagnole, eseguita per la locale famiglia dei Contenti (Fondazione Cassamarca, 1999). Sono invece andate perdute nel bombardamento del 1944 le vaste decorazioni pittoriche su tela dell’organo e del coro della chiesa di S. Paolo a Treviso, per le quali Orioli ottenne 260 ducati nel 1608-10, così come le due lunette eseguite per la Scuola del Sacramento del duomo della stessa città, pagate 20 ducati nel marzo 1609 (Liberali, 1950).

Al 1610 risale la pala, firmata, con S. Ambrogio e i ss. Giovanni Battista e Luca per la parrocchiale di Fiera, nella quale si avverte un progressivo smarcamento dalla maniera chiaroscurale dei primi anni, sostituitada una resa cromatica più luminosa e a campiture più ampie. Tale specifico carattere ha suggerito di collocare agli inizi del secondo decennio opere come il Riposo nella fuga in Egitto (Paderno di Ponzano Veneto, parrocchiale) oppure la Madonna del Rosario e santi nella chiesa di S. Alberto a Zero Branco (Fossaluzza - Torresan, 2012). Ancora al 1610 risale un Ritratto virile, datato e firmato, eseguito alla maniera di Leandro dal Ponte detto Bassano (Treviso, Musei civici), da ritenersi l’unico esemplare superstite di una tipologia in cui l’artista dovette riscuotere un certo successo, come testimonia la perduta galleria con i Ritratti ditrenta domenicani illustri ricordata dalle fonti nella Biblioteca capitolare di S. Nicolò a Treviso (Federici, 1803).

A queste notizie fa seguito un breve periodo di silenzio documentario, in apparenza privo di opere pittoriche. È possibile che tale lacuna debba essere messa in relazione con la notizia di un improvviso trasferimento a Ferrara – dovuto a non meglio precisati «certi suoi lievi accidenti» – di cui informa una lettera inviata nel 1616 dal trevigiano Fulvio Anselmi a Girolamo Magnanini, principe dell’Accademia estense degli Intrepidi (Campori, 1866). È certo tuttavia che Orioli doveva trovarsi ancora a Treviso nei primi mesi di quell’anno, quando ricevette da Nestore e Sigismondo Avogadro l’incarico di redigere l’inventario delle loro collezioni (Dezuanni, 2005).

L’attività pittorica pare riprendere all’inizio degli anni Venti, periodo a cui viene fatta risalire l’esecuzione della pala con la Vergine e santi commissionata dalla famiglia Onigo per la parrocchiale di Trevignano (Liberali, 1950); di poco successivo è invece il perduto Ritratto di Bartolomeo Burchelati davanti all’immagine della Madonna Granda (ripr. in Manzato, 1985, fig. 10), datato 1624, anno della morte della moglie dell’umanista trevigiano, il quale ne dettò anche la lunga iscrizione latina (cfr. G.B. Cervellini, Inventario dei monumenti iconografici d’Italia. Treviso, Trento 1933, pp. 7 s.). All’esecuzione di questo ritratto, che segnala la piena integrazione del pittore ai vertici della vita culturale trevigiana, si lega anche la prestigiosa commissione dei dipinti con le Storie della S. Croce per la chiesa dell’ospedale dei Battuti di Treviso. Il ciclo, alla cui pianificazione non fu estraneo lo stesso Burchelati, si compone di quattro figure di Sibille (una delle quali dispersa) e di tre grandi teleri raffiguranti S. Elena che ritrova la Croce, Paolo da Sassoferrato che dona la reliquia della Croce alla Scuola – questi due completati entro il maggio 1625 – e la Processione cittadina con la reliquia, che forse il pittore fece a tempo solo a impostare anche per via delle ragguardevoli dimensioni, superiori ai 15 metri lineari di estensione.

Quest’ultima tela in particolare, nonostante il precario stato di conservazione, si distingue ancora per una più netta caratterizzazione naturalistica, evidente nel gran numero dei ritratti e nella puntuale descrizione del contesto urbano, per la quale si è pensato a un contatto con i modi di Pietro Damini (Pallucchini, 1981).

Si trattò, probabilmente, dell’ultima impresa di Orioli, morto a Treviso tra la fine del 1627 e i primi mesi del 1628 (Manzato, 1985, p. 450).

Gli sopravvisse di qualche mese il figlio e collaboratore Deifilo, al quale si deve probabilmente buona parte dell’esecuzione del telero raffigurante la Processione eseguito per i Battuti e che fu autore anche di un Miracolo dell’Eucarestia, firmato, già nella chiesa di S. Lorenzo a Treviso e ora nella parrocchiale di Arcade, completato prima della sua prematura scomparsa avvenuta a Treviso nel 1629 all’età di 24 anni (ibid.).

Fonti e Bibl.: Treviso, Biblioteca comunale, ms. 1410: G. Bampo, Pittori fioriti a Treviso e nel territorio. Documenti inediti dai secc. XIII al XVII tratti dall’archivio notarile di Treviso (sec. XIX), II, ad vocem; D.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno dal 1100 al 1800…, II, Venezia 1803, pp. 86 s., 228; L. Crico, Lettere sulle belle arti trevigiane, Treviso 1833, pp. 59, 61, 126, 291; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 85 s.; L. Coletti, Catalogo delle cose d’arte e d’antichità d’Italia. Treviso, Roma 1935, ad ind.; G. Liberali, La memoria-Meolo sul Crocifisso di Jacomo dal Ponte di Bassano in S. Teonisto di Treviso, in Archivio veneto, XLVI-XLVII (1950), pp. 104 s.; M. Cortelazzo, Un raro testo dialettale cinquecentesco, in Studi di filologia romanza offerti a Silvio Pellegrini, Padova 1971, pp. 59-73; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, I, Milano 1981, p. 346; E. Manzato, Un pittore tardomanierista trevigiano: B. O., in Sitientes venite ad aquas, Treviso 1985, pp. 445-460; M. Pastore Stocchi, Pittori e letterati epigoni dell’Ariosto a Treviso, in Paris Bordon e il suo tempo. Atti del Convegno internazionale di studi… 1985, Treviso 1987, pp. 235-242; E. Manzato, Il ciclo di tele con le storie della reliquia della S. Croce, in Treviso, 1625: seguendo la Croce (catal.), in Dove Sile a Cagnan s’accompagna, X (1992), n. speciale, pp. 18-24; Fondazione Cassamarca. Opere restaurate … 1996-99, a cura di G. Fossaluzza, Treviso 1999, pp. 246 s., 314 s.; Fondazione Cassamarca. Opere restaurate … 2000-04, a cura di G. Fossaluzza, Treviso 2004, pp. 292-295; E. Dezuanni, Lorenzo Lotto da Venezia a Treviso, Treviso 2005, pp. 35, 86; Noale città d’arte. Il patrimonio pittorico dal XIV al XVII secolo, a cura di F. Pigozzo, Cittadella 2007, pp. 78-81; G. Fossaluzza, I dipinti della chiesa di S. Gregorio Magno. Temi d’arte trevigiana dal Quattrocento al primo Ottocento, in La chiesa di S. Gregorio Magno a Treviso, Zero Branco 2011, pp. 148-201; G. Fossaluzza - C. Torresan, La chiesa di S. Alberto. La storia, le opere, Zero Branco 2012, pp. 58-77; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, p. 46.

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