CENNINI, Bartolommeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CENNINI, Bartolommeo

Bruno Santi

Figlio del fonditore fiorentino Giovanni Battista, si ignora quando egli sia nato, e non si conoscono neanche i termini cronologici della sua prima attività. Il fatto comunque che esercitasse la professione di fonditore come suo padre è indicativo di un primo tirocinio presso di lui. Secondo le fonti, egli fu a bottega presso lo scultore carrarese Pietro Tacca, allievo del Giambologna e uno degli epigoni della corrente manieristica in scultura a Firenze (Baldinucci). Ancora secondo la testimonianza del Baldinucci, il C. era giunto a Roma col suo maestro per l'anno giubilare 1625 e qui venne subito impiegato con il Bernini nei lavori in bronzo che questi andava compiendo per la fabbrica di S. Pietro. Nel periodo in cui il Bernini gettava in bronzo il baldacchino della basilica (a cui si dedicò dal 1624 al 1633), il C. lavorò con lui come esperto di fusione.

Parallelamente agli impegni di fonditore che aveva col Bernini, il C. è ricordato come autore di alcune statue in stucco - peraltro non identificate - che con quelle di altri autori fanno parte della decorazione degli archi delle cappelle nella navata della basilica vaticana (Titi). Secondo altre fonti, egli doveva esser di nuovo in Toscana verso il 1640, perché nel 1643 era impegnato a Prato, nella collegiata (oggi duomo), per il restauro di due mezzi rosoni della cancellata in bronzo della cappella della Cintola (Marchini). Nel 1648 è testimoniata la sua presenza in Firenze, dove eseguì il ciborio in pietre dure per l'altare marmoreo completamente rinnovato nella cosiddetta chiesa del Chiarito (attualmente conservatorio delle mantellate) in via S. Gallo. Per tale lavoro, che appare eseguito secondo gli stilemi tipici del tardo Cinquecento fiorentino diffusi nel campo degli intarsi dall'Opificio granducale delle pietre dure, cioè a piccoli specchi policromi e pannelli mistilinei, ricevette 661 scudi (Richa). Il suo ritorno a Roma avvenne verso il giubileo del 1650: qui egli eseguì (la testimonianza si ricava dall'iscrizione presente nell'opera) una statua in marmo raffigurante S. Sebastiano, commissionatagli da Leonardo Agostini, esperto di glittica e numismatica, poi commissario di papa Alessandro VII Chigi per le antichità del Lazio; la statua venne posta nella chiesetta di S. Sebastiano a Boccheggiano, paese natale dell'Agostini e piccolo centro minerario nei pressi di Massa Marittima, dove è tuttora conservata. Gli impegni romani continuarono per il C. nella collaborazione che certamente egli ebbe come fonditore col Bernini nell'esecuzione della cattedra di s. Pietro, testimoniata negli anni dal 1656 al 1661.

In questo stesso anno il C. dovette far ritorno a Firenze, dove eseguì il busto del granduca Ferdinando II de' Medici (morto nel 1670), posto poi sotto il balcone della facciata dell'ospedale di S. Maria Nuova, in pieno centro cittadino (Bocchi-Cinelli). Sue opere - secondo le fonti - sono anche una statua di un Santo in una delle nicchie dell'interno della chiesa dei SS. Michele e Gaetano, in piazza Antinori, e un bassorilievo (oggi perduto) raffigurante l'Arcangelo Raffaele con Tobia sul prospetto della chiesa del convento dell'Arcangelo Raffaello (Richa). Il 3 ag. 1669 l'artista iniziò il suo capolavoro, cioè il Crocifisso bronzeo che doveva sostituire, sull'altare maggiore della chiesa francescana fiorentina di S. Salvatore in Ognissanti, un ciborio dorato da trasferirsi nella chiesa (appartenente allo stesso Ordine) di S. Salvatore al Monte alle Croci. Una serie di pagamenti testimonia le fasi di lavoro fino al 14 luglio 1674, data in cui l'opera doveva esser finalmente compiuta, perché in questo stesso giorno essa venne innalzata sull'altare con la sua croce di legno di castagno e la base marmorea.

A proposito dello stile del C., si è affermato che, nonostante l'apprendistato presso il Tacca, le sue sculture se ne differenziano in modo molto deciso: quelle del carrarese appaiono invero molto più unitarie come concezione e meno dispersive. Nel C. si dovrebbe avvertire, invece, nei piani larghi, e nelle profondità chiaroscurate dei panneggi, un'eco dell'arte del Bernini (Lewy). In ogni modo, egli si rivela come un esecutore accurato ma privo di fantasia: in definitiva un ripetitore dei motivi tradizionali della scultura fiorentina del primo Seicento, a cui non apporterà nessun elemento nuovo: è stata comunque notata la sua maggiore energia rispetto al Tacca (Lankheit).

Il Crocifisso di Ognissanti fu molto probabilmente l'ultima opera del C., perché il 24 ag. 1674 è registrata la sua sepoltura presso il convento fiorentino delle monache di S. Francesco. Un suo erede, Francesco, figura nei pagamenti postumi a saldo del lavoro di Ognissanti (25 nov. 1677 e 15 febbr. 1678), ma non è menzionato come suo figlio.

Bibl.: F. Bocchi-G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze..., Firenze 1677, p. 399; L. Del Migliore, Firenze città nobiliss. illustrata..., Firenze 1684, pp. 346, 443; F. Titi, Ammaestramento... di pittura, scoltura e architettura...,Roma 1686, p. 7; G. Richa, Not. istor. delle chiese fiorentine..., IV,2, Firenze 1756, p. 269; V, ibid. 1757, pp. 212-213; VIII, ibid. 1759, p. 200; IX, ibid. 1761, p. 133; F. Titi, Descriz. delle pitture, sculture e architetture…,Roma 1763, p. 5; F. Baldinucci, Notizie dei profess. dei disegno..., X, Firenze 1771, pp. 179, 189; L. Biadi, Notiziesulle antiche fabbriche di Firenze..., Firenze 1824, p. 148; R. Razzoli, La chiesa d'Ognissanti inFirenze, Firenze 1898, pp. 22-24; Firenze, Bibl. nazion.: A. Cirri, Necrologio fiorentino [ms. del sec. XX], V, c. 210v; [G. Carocci], I busti deiGranduchi medicei, in L'Illastrat. fiorentino, n. s., V (1908), p. 9; O. H. Giglioli, Il crocifisso in bronzodi B. C. nella chiesa di Ognissanti, in Riv. d'arte, IX(1916-1918), pp. 269-272; E. Lewy, P. Tacca...,Köln s. d. [ma 1929], pp. 100 s.; W. ed E. Paatz, Die Kirchen von Florenz…, I,Frankfurt am Main 1940, pp. 465-466; IV, ibid. 1952, pp. 12, 423; K. Lankheit, Florentin. Barockplastik... 1670-1743. München 1962, pp. 29, 71; G. Marchini, Il tesorodel duomo di Prato, Prato 1963, pp. 77, 109; A. Pellegrini, Due grandi nomi legati ad un'operad'arte: L. Agostini e B. C.,in Boll. della Soc. storica maremmana, gennaio-giugno 1969, pp. 31-35; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 281 s.

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