BATTERIO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

BATTERIO (VI, p. 383; App. I, p. 247; II,1, p. 366.)

Giulio Alfredo MACCACARO
Luigi CAVALLI-SFORZA
C. Arn.

Sistematica. - Le definizioni e delimitazioni degli ordini, famiglie, generi e specie nella classe degli Schizomiceti-raggruppante i batterî - sono periodicamente oggetto di revisione, soprattutto ai livelli tassonomici inferiori, ad opera di commissioni dell'Associazione Internazionale delle Società di Microbiologia. Quella che segue è la più recente classificazione in ordini con l'indicazione di alcuni tratti caratteristici degli stessi (D.H. Bergey, Manual of determinative bacteriology, 7ª ed., Baltimora 1957).

Morfologia. - Per una più agevole comprensione degli approfondimenti di cui è stata oggetto la morfologia dei b. si premette un cenno sommario sui lineamenti morfologici generali.

Il citoplasma batterico è delimitato da una membrana citoplasmatica, contenuta in un involucro rigido, la parete cellulare, in alcune specie avvolta da una capsula; nel citoplasma, non vacuolato, sono evidenziabili gli equivalenti morfologici del nucleo delle cellule superiori e, talvolta, inclusioni citoplasmatiche di altra natura. Dalla cellula emergono due tipi di appendici filamentose: le ciglia o flagelli, organelli locomotori, e le fimbrie che hanno particolari proprietà adesive. Alcuni batterî possono trasformarsi in una forma fisiologicamente latente e resistente detta spora.

Citoplasma. - un sistema colloidale complesso, costituito per il 75-85% di acqua libera o legata e per il resto di proteine (50-80% peso secco), carboidrati (10-30%), lipidi (10-40%), acidi nucleici (10-15%), vitamine, pigmenti e una larga varietà di altri componenti organici e inorganici. L'omogeneità ottica ed elettronica, in assenza di inclusioni, del citoplasma batterico non esclude una strutturazione submicroscopica dello stesso, che sembra essenziale al coordinamento temporale e spaziale delle attività metaboliche. Questa considerazione ha stimolato, nell'ultimo decennio, la ricerca nella cellula batterica di formazioni analoghe a quelle (mitocondrî, microsomi, ecc.) che, nelle cellule superiori, sono considerate centri di attività enzimatiche organizzate. Così, S. Mudd ed altri hanno dimostrato la presenza di aree cellulari con notevole capacità riduttrice di indicatori di ossido-riduzione, quali trifeniltetrazolio e neotetrazolio. La riduzione di questi indicatori alla forma colorata e insolubile (formazani) induce a riconoscere un sistema enzimatico "cicloforasico" simile a quello trovato in mitocondrî di cellule superiori. Anche la sedimentazione frazionata di estratti cellulari è usata per la separazione di unità subcellulari enzimaticamente attive. In molti casi sembra che le particelle così ottenute siano in larga misura frammenti della membrana citoplasmatica, sede di molte attività enzimatiche (P. Mitchell e J. Moyle) e della stessa sintesi proteica (G.D. Hunter e coll.).

Membrana citoplasmatica. - Essenzialmente lipoproteica, è la sede della permeabilità differenziale e di molte attività enzimatiche. Pertanto non è dissimile, strutturalmente e funzionalmente, da quella di altre cellule. Per effetto della pressione osmotica intracellulare aderisce alla faccia interna della parete ripetendone la forma. Quando la parete è rimossa in mezzo ipertonico la cellula batterica, avvolta dalla sola membrana, assume forma sferica (protoplasto). Il protoplasto conserva molte capacità biologiche della cellula integra.

Parete cellulare. - È l'involucro rigido che definisce la forma della cellula batterica. La possibilità di avere preparazioni pure di pareti cellulari ha stimolato lo studio della loro struttura. Questa varia da specie a specie, prevalendo in alcune polisaccaridi di tipo cellulosico o emicellulosico e in altre composti azotati coniugati con carboidrati, lipidi o ac. nucleici. La parete delle cellule gram-positive manca di amminoacidi aromatici e solforati ed ha un più basso contenuto lipidico. Da studî recenti sembrano avere particolare rilievo nell'architettura della parete batterica sostanze come l'ac. muramico, l'acido teicoico e l'ac. α-ε-diamminopimelico. Trattamenti enzimatici (lisozima), inibizione di sintesi (crescita in presenza di penicillina), deficienze per costituenti della parete (acido diamminopimelico) possono rimuovere la parete o impedirne la formazione, trasformando la cellula in protoplasto (v. sopra). La parete cellulare è vettrice di antigeni e di recettori per i batteriofagi.

Capsula. - Non sempre presente né sempre morfologicamente definita, è per lo più costituita da polisaccaridi ma talvolta (es.: B. anthracis) da polipeptidi o da polimeri complessi. Non ne è chiara la funzione, certamente non essenziale. Può rappresentare l'accumulo di materiale di riserva o di eliminazione e costituire un ulteriore involucro genericamente protettivo. È, per alcune specie patogene, un fattore di virulenza nella misura in cui rende le cellule meno fagocitabili.

Nucleo. - Come unità morfologica definita è tuttora indimostrato, nonostante l'ottimismo di alcuni studiosi. Colorazioni elettive (R. Feulgen) per l'ac. desossiribonucleico (DNA), previa degradazione (per idrolisi acida o enzimatica) del mascherante ac. ribonucleico (RNA) citoplasmatico, portano ad evidenza strutture sferiche o allungate costituite da DNA. Non è ancora chiaro se tali formazioni vadano riconosciute come nuclei, cromosomi o figure di coartazione di un materiale cromatinico naturalmente più diffuso. Alcuni studiosi (E. D. De Lamater) si sono spinti negli ultimi anni a indicare in cellule batteriche figure cariocinetiche con cromosomi distinti e un fuso mitotico, ma tali osservazioni non sono state confermate. A sua volta la microscopia elettronica di sezioni ultrasottili (G. B. Chapman e J. Hillier, E. Kellenberger) di cellule batteriche ha messo in evidenza un' "area nucleare" all'interno del citoplasma, ma senza segni di membrana limitante e di interna struttura. Pertanto sembra attualmente ragionevole ritenere (con E. F. Gale) che nella cellula batterica l'organizzazione e le relazioni tra DNA e citoplasma sono più semplici che nelle cellule superiori. Funzionalmente, però, il DNA batterico è, come quello di altri organismi, il vettore sufficiente dell'informazione genetica (v. oltre). Chimicamente verifica il modello generale di V. D. Watson e F. H. C. Crick: anzi, è da studî condotti sui batterî che tale modello ha avuto recentemente conferma sperimentale (M. Meselson e F. W. Stahl, A. Kornberg).

Inclusioni citoplasmatiche. - Inclusioni citoplasmatiche di varia natura (carboidrati, grassi, volutina, solfo, ecc.) sono reperibili in alcune specie, in rapporto all'età delle cellule e all'ambiente in cui si sono moltiplicate. Il loro significato è talora oscuro ma per lo più sembra trattarsi di accumuli di materiale metabolizzabile.

Ciglia e flagelli. - Appendici filamentose non presenti in ogni specie e in numero variabile da una o poche unità ad alcune diecine per cellula. Il diametro medio è intorno a 15 mμ e la lunghezza media tra i 15 e i 20 μ. Sono costituite da proteine fibrose-elastiche analoghe cheratina, miosina e fibrinogeno (W. T. Astbury e C. Weibull). In certe ciglia batteriche la microscopia elettronica ha messo in evidenza una periodicità di struttura interpretabile come il risultato dell'avvolgimento elicoidale sinistrorso di tre filamenti (M. P. Starr e R.C. Williams). Il flagello, organo di locomozione della cellula batterica, emerge attraverso la parete cellulare da un granulo basale, citoplasmatico; può essere rimosso o spezzato ma si riforma con notevole rapidità (B.A.D. Stocher). Gli antigeni flagellari sono diversi da quelli somatici e in alcune specie possono trovarsi alternativamente in due fasi.

Fimbrie. - Si tratta di appendici filamentose distinte dalle ciglia per essere più corte (1-2 μ), sottili (5-8 mμ), numerose (200-300 per cellula), rigide e per non avere alcun rapporto con la mobilità attiva della cellula. Sinora sono state trovate solo in batterî Grame ne è ignota la struttura. Le cellule fimbriate si distinguono dalle altre per essere capaci di agglutinare globuli rossi di varie specie (J.P. Duguid e coll.), avere una più bassa mobilità elettroforetica (C.C. Brinton e coll.), essere agglutinabili da molecole dipolari e avere diverse attività metaboliche (G. A. Maccacaro e R. Dettori).

Spora. - Ha in genere la forma di un ovoide, molto rifrangente, poco colorabile, più resistente della forma vegetativa ad agenti lesivi di varia natura. Si costituisce per addensamento citoplasmatico, contenente gli equivalenti nucleari e delimitato da uno o più involucri, secondo la specie. Nella spora è presente (6-12%!) una sostanza del tutto assente nella corrispondente cellula: l'ac. dipicolinico (DPA), un prodotto di ciclizzazione dell'ac. α-ε-diamminopimelico. Molte proprietà della spora e, in particolare, la termoresistenza sono funzione della concentrazione di DPA. La spora è fisiologicamente latente ma non inerte: in essa sono stati dimostrati almeno quattro enzimi: catalasi, alanina-racemasi, adenosina-deaminasi e nucleosido-ribosidasi. Le condizioni di germinazione variano da specie a specie. Una concentrazione ottimale di CO2, uno shock termico, la presenza di ioni divalenti (Mn++), di esosi e di nucleosidi sono stimoli alla germinazione. Particolare interesse ha un analogo effetto di alcuni amminoacidi e segnatamente della Lalanina.

Fisiologia. - Respirazione e fermentazione. - Anche per la cellula batterica il processo di deidrogenazione è la sorgente fondamentale di energia. Quando l'accettore finale di idrogeno è l'O2 il processo ossidativo, aerobio, che si conclude con la produzione di CO2 e H2O, è detto respirazione; reazioni di deidrogenazione possono, però, avvenire, anche in assenza di O2, nel corso di processi che prendono il nome di fermentazione. In quest'ultimo caso l'accettore di idrogeno non è l'O2 ma una molecola organica.

La respirazione è un processo ossidativo a molti stadî e, quindi, a molti enzimi. Nei batterî è stata accertata la presenza dei tipi di enzimi respiratori già noti in altre cellule, quali: deidrogenasi (es.: glutammico-deidrogenasi, succinico-deidrogenasi che è risultata recentemente costituita da 4 fattori enzimatici distinti [T. P. Singer e coll.) e altre), flavoproteine (es.: D- e L-amminoacidossidasi), ferro porfirine (es.: citocromi, citocromoossidasi, catalasi, perossidasi) e altri. L'energia liberata dai processi di deidrogenazione è accumulata nel sistema "adenosindifosfato (ADP) - adenosintrifosfato (ATP)". La trasformazione ADP→ATP corrisponde all'accumulo e quella ATP→ADP alla liberazione di energia.

I substrati ossidati dai batterî sono numerosissimi e variano con la posizione tassonomica del microorganismo, le condizioni ambientali, ecc. Coerentemente variano le prime tappe del processo respiratorio. Ma da alcuni fondamentali tipi di substrato, carboidrati, acidi grassi, amminoacidi, si giunge a un comune termine intermedio a 2 atomi di C, l'ac. acetico: da questo termine ha inizio la respirazione terminale. L'ac. acetico (C2) è condensato con l'ac. ossalacetico (C4) a formare ac. citrico (C6) dal quale, per una serie di idratazioni e deidratazioni, ossidazioni e decarbossilazioni, si rigenera ac. ossalacetico chiudendo la sequenza ciclicamente (ciclo degli ac. tricarbossilici o ciclo di Krebs), mentre l'ac. acetico è completamente ossidato a CO2 e H2O. La dimostrazione di questo ciclo nei batterî è un'acquisizione dell'ultimo decennio (L. O. Krampitz, S. Y. Ajl, H. L. Kornberg), ma sono stati proposti anche schemi alternativi per l'ossidazione dell'ac. acetico (W. W. Umbreit, E. S. G. Barron).

La fermentazione è pure un processo produttore di energia e comprende reazioni ossido-riduttive; non porta, però la demolizione del substrato sino a CO2 e H2O ma si conclude con la formazione di composti organici a minor numero di atomi di C. Anche l'energia che si libera nel corso di tale processo è accumulata nel sistema ADP-ATP. La fermentazione dei carboidrati conduce, attraverso varie tappe enzimatiche che comprendono la fosforilazione dello zucchero e successivamente la rimozione dei gruppi fosfatici con formazione di ATP, alla formazione di ac. piruvico. Questo è poi convertito nei prodotti finali della fermentazione con una sequenza di reazioni intermedie di tipo riduttivo che variano da specie a specie. Così, dal prodotto finale, si distinguono varî tipi di fermentazioni: alcolica, lattica, formica, acetica, ecc.

Fotosintesi. - E la conversione in energia chimica di energia radiante, fissata da pigmenti, clorofille e carotenoidi, che agiscono come assorbenti di luce. È un'altra sorgente di energia accessibile ad alcune specie batteriche. Lo studio della fotosintesi in questi microorganismi ha portato a un'interpretazione più generale del processo (C. B. van Niel), formulabile con la seguente equazione:

dove R è in luogo di radicali diversi, atomici o molecolari. Se R rappresenta un atomo di ossigeno si ha la fotosintesi delle piante, se rappresenta un atomo di solfo si ha la fotosintesi dei "solfobatterî" e così via.

Nutrizione. - Le esigenze nutritive di un batterio sono rappresentate dalle sostanze che esso deve assumere dall'ambiente, per usi non solo energetici ma plastici.

Tra tali sostanze vi sono composti assunti come sorgenti di C, altri come sorgenti di N, fattori di crescita, ioni metallici, ecc. Le esigenze nutritive delle singole specie variano su una stessa gamma che va da batterî autotrofi capaci di utilizzare il CO2 come sola sorgente di C a germi eterotrofi che sanno utilizzare solo C organico. I primi crescono in terreni completamente inorganici; dei secondi ad alcuni è sufficiente l'N inorganico, ad altri occorre l'N organico. Alcuni batterî, talora associati al sistema radicolare delle leguminose, sono capaci di fissare l'N2 atmosferico e sono detti azotofissatori.

Oggetto di studî particolari in epoche relativamente recenti sono stati i fattori di crescita propriamente detti, cioè quei composti organici che il batterio non sa sintetizzare ma che gli sono necessarî per la crescita, in genere come costituenti essenziali di sistemi enzimatici. Tra essi le vitamine del gruppo B, quali: tiammina per la decarbossilazione ossidativa degli a-cheto-acidi, acido nicotinico e riboflavina per i processi di deidrogenazione, acido pantotenico per le acetilazioni, cianocobalammina (vit. B12) per la sintesi dei desossiribosidi, ed altre sostanze di varia natura. Tra le più recentemente studiate l'acido lipoico, che ha un ruolo importante nella decarbossilazione ossidativa di a-cheto-acidi.

Dagli studî sui fattori di crescita si è sviluppata una nuova dottrina, quella detta dell'antagonismo competitivo tra metaboliti e composti chimicamente analoghi (D.D. Woods, D.W. Woolley e altri). Si è capito che l'azione batteriostatica di alcune sostanze dipende semplicemente dalla loro somiglianza strutturale con certi metaboliti essenziali: pertanto esse competono antagonisticamente per gli stessi recettori enzimatici, bloccandone le normali funzioni. Un esempio ormai classico è l'antagonismo competitivo fra sulfanilammide e ac. paraminobenzoico.

Le esigenze nutritive di un batterio sono definite dal suo genotipo. Lo sviluppo di tecniche per l'isolamento di mutanti batterici con esigenze nutritive diverse (J. Lederberg, B. D. Davis) ha permesso di approfondire lo studio di molti processi biosintetici, stabilendo la sequenza delle mutazioni diverse che determinano la stessa incapacità di sintesi, analogamente a quanto era stato fatto in Neurospora.

Corollario di questi studî e delle moderne acquisizioni sulla nutrizione batterica è anche il crescente sviluppo di metodi di dosaggio microbiologico che utilizzano come misura, assai sensibile, della quantità di una certa sostanza in un mezzo lo sviluppo di una coltura di un microorganismo incapace di sintetizzare quella sostanza.

Ma il progresso più importante compiuto recentemente in tema di nutrizione batterica sembra essere la dimostrazione che l'entrata nella cellula di certe sostanze non è un fenomeno passivo ma implica un sistema di trasporto specifico. A loro volta queste acquisizioni sono il risultato di studî condotti in un altro grande campo della fisiologia batterica, l'adattamento enzimatico. La cellula batterica è fornita di enzimi costitutivi, invariabilmente presenti, e di enzimi adattativi, prodotti solo quando la cellula è posta in presenza di un induttore che può essere il substrato o un suo analogo (J. Monod e coll.). Così l'E. coli idrolizza il lattosio ed altri β-galattosidi ad opera di un enzima inducibile, la β-galattosidasi. Ma il trasporto e l'accumulo intracellulare del substrato è opera di un altro enzima, pure inducibile, la β-galattosido-permeasi. Nello stesso E. coli sono già state dimostrate permeasi per glucosidi, metionina, prolina, valina e fenilalanina.

L'adattamento enzimatico per l'attacco di un substrato può determinare una simultanea risposta enzimatica per i prodotti di successiva demolizione di quel substrato. Si tratta in tal caso di un adattamento simultaneo (Y.R. Stanier). L'accertamento di adattamento simultaneo è considerato criterio di verifica di una sequenza metabolica.

Moltiplicazione. - Una coltura batterica è ad ogni momento la statistica delle moltiplicazioni, non sincrone, degli individui cellulari che la compongono, ed ha un limite naturale al suo sviluppo nella quantità di terreno disponibile. Nuove possibilità di studio sono state aperte con la messa a punto di dispositivi per ottenere colture sincronizzate e colture continue.

Le colture sincronizzate, nelle quali tutte le cellule, o la grande maggioranza, si dividono contemporaneamente, sono ottenibili con varî metodi, dei quali il più usato è il raffreddamento, una tantum o periodico, seguito da una nuova incubazione. Anche la successione alternante di luce ed oscurità o di digiuno e rifornimento possono produrre sincronizzazione delle colture.

Le colture continue sono fondate su uno di questi due principî: 1) regolare l'aflusso di terreno fresco nella coltura in modo da mantenere costante la densità della popolazione batterica (metodo turbidostatico di V. Bryson); 2) mantenere costante la popolazione regolando il rifornimento di un fattore limitante della crescita (metodo chemostatico di A. Novick e L. Szilard).

Bibl.: C.A. Werkmann e P.W. Wilson, Bacterial physiology, New York 1951; R. Davies e E.F. Gale (ed.), Adaptation in microorganisms, Cambridge 1953; C. Lamanna e M.F. Mallette, Basic bacteriology, Baltimora 1953; A.J. Kluyver e C.B. van Niel, The Microbe's contribution to biology, Cambridge Mass. 1956; E.T.C. Spooner e B.A.D. Stocker (ed.), Bacterial anatomy, Cambridge 1956; D.H. Bergey, Manual of determinative bacteriology, 7ª ed., Baltimora 1957; C.E. Clifton, Introduction to bacterial physiology, New York 1957; Annual reviews of microbiology, Annual Reviews, Inc. Stanford, California.

Genetica.

La genetica dei b. si è sviluppata principalmente negli ultimi 15-20 anni, soprattutto grazie all'introduzione dei concetti e delle tecniche della genetica classica. Ma ben presto, le situazioni particolari che si verificano nei b. (organismi unicellulari a rapida velocità di riproduzione, la cui osservazione richiede solitamente l'impiego di popolazioni composte di moltissimi individui), hanno dimostrato la necessità di estendere ed integrare questi concetti e di adattare opportunamente le tecniche.

Mutazione. - La mutazione, cioè il cambiamento di un carattere ereditario, è il più comune modo di variazione della cellula batterica. Normalmente si tratta di mutazione genica, sebbene in alcuni casi la mutazione consista in una perdita di un segmento cromosomico relativamente lungo (delezione), che si estende a più di un gene. Altri tipi classici di mutazione cromosomica (traslocazione, inversione, ecc.) non pare siano ancora stati osservati.

Nella maggior parte dei caratteri esaminati, la frequenza di mutazione è bassa: da 1 mutazione su 100.000 fino a 1 su un miliardo (e meno) per cellula per generazione. La rivelazione di mutanti richiede quasi obbligatoriamente tecniche selettive, che sopprimono la crescita del tipo parentale permettendo solo quella dei mutanti. Questo fatto ha generato all'inizio numerosi scetticismi sull'origine per mutazione della resistenza, ad esempio agli antibiotici, ed in generale agli agenti antibatterici. Metodi statistici introdotti da S. Luria e M. Delbrück ed estesi da H. Newcombe, ed il metodo della selezione indiretta di mutanti resistenti (cioè senza fare ricorso diretto all'agente antibatterico: "replica plating" di J. Lederberg e E. Lederberg; arricchimento dei mutanti in colture liquide secondo L. L. Cavalli e J. Lederberg) hanno dimostrato che di regola l'origine dei mutanti resistenti agli agenti antibatterici è spontanea, e che l'agente antibatterico agisce solo in quanto seleziona mutanti preesistenti. Sono note mutazioni per un grandissimo numero di caratteri: morfologici, biologici, biochimici, ecc. La frequenza di mutazioni può essere aumentata con agenti mutageni: radiazioni ionizzanti e ultraviolette, agenti chimici come l'azotoiprite e numerosi altri tra cui particolarmente importanti gli analoghi delle purine e pirimidine, e l'acido nitroso.

Le cosiddette "mutazioni dirette", cioè mutazioni specificamente indotte nella maggioranza degli individui componenti una coltura, ad opera di un agente esterno (chimico o fisico) sono, in tutti i casi noti finora, il risultato della soppressione di un virus, o agente virus-simile, che è simbionte del batterio, determinata dall'agente esterno.

Scambî genetici. - Cicli cromosomici. - I ceppi batterici finora esaminati sembrano essere aploidi, anche se una singola cellula batterica può essere multinucleata (ad esempio 2-4 nuclei nelle cellule in crescita normale di E. coli). I dati genetici finora esistenti non hanno permesso di concludere in modo sicuro se vi siano uno o più cromosomi per nucleo; l'ipotesi più probabile per la specie più studiata (E. coli) è che vi sia un unico cromosoma per nucleo, un dato che non è in contrasto con le osservazioni citologiche, peraltro assai vaghe.

Esistono stadî, solitamente brevi, in cui la cellula batterica, o meglio uno o più nuclei della cellula, sono diploidi per una parte o per tutto il corredo cromosomico. Una cellula parzialmente diploide può originarsi attraverso diversi meccanismi, quali la "ricombinazione", la "trasduzione" e la "trasformazione". Il ritorno allo stato aploide comporta la segregazione dei corredi cromosomici presenti, solitamente accompagnata da scambio genetico fra i corredi.

Trasformazione. - La dimostrazione, ad opera di F. Griffith, che pneumococchi in fase S uccisi possono donare a pneumococchi in fase R la perduta capacità di sintetizzare la capsula, e ritornare quindi in fase S, è stata seguita dalla prova (O. Avery, C. MacLeod, M. McCarthy) che il principio trasformante" contenuto nei pneumococchi uccisi è acido desossiribonucleico (DNA). Successivamente veniva dimostrato, sempre in pneumococchi (R. Hotchkiss) che qualunque carattere ereditario può venire trasmesso mediante il DNA, e la stessa possibilità è stata in seguito confermata per specie diverse dallo pneumococco (Hemophilus, B. subtilis). Perché la trasformazione avvenga sono spesso richieste condizioni particolari ("competenza" delle cellule ricevitrici, inibizione della DN-asi, ecc.). Le molecole di DNA ad attività trasformante hanno peso molecolare elevato (intorno a un milione).

Trasdumone. - Molti b. sono portatori di batteriofago (v. virus in questa App.) allo stato latente. Il fago capace di infettare un b. senza distruggerlo è detto lisogeno, o temperato. Il fago lisogeno distrugge la cellula ospite solo eccezionalmente, o sotto lo stimolo di agenti particolari (agenti "inducenti"). Alcuni fagi lisogeni sono capaci di trasportare frammenti di cromosoma dell'ospite, su cui si sono riprodotti con lisi della cellula, a nuove cellule ospiti che non sono lisate (M. D. Zinder e J. Lederberg). Si ha così il passaggio di caratteri ereditarî da un b. all'altro. Alcuni fagi lisogeni trasportano solo un segmento di cromosoma determinato (esempio: il fago λ in E. coli), altri trasportano qualunque o quasi qualunque frammento di cromosoma, ma sempre un piccolo frammento (meno di 1/100 dell'intero genoma batterico). Solo geni assai vicini sul cromosoma possono in tal modo essere trasdotti congiuntamente (dalla stessa particella fagica); altrimenti geni diversi sono trasdotti separatamente. Poiché la frequenza di trasdizione è bassa (1/100.000 ÷ 1/1.000.000 tranne che con ceppi speciali), due geni lontani sul cromosoma non sono praticamente mai trasdotti congiuntamente. La trasduzione è stata descritta in molti generi di Eubacteriales (Escherichia, Shigella, Salmonella, Pseudomonas, ecc.).

Conversione. - Distinta dalla trasduzione è la conversione, che è l'acquisizione di nuovi caratteri da parte di un b. congiunta con la lisogenizzazione. Mentre la trasduzione di un gene batterico ad opera di fago lisogeno è un fenomeno raro, che avviene anche senza che il b. infetto del fago trasducente ne sia lisogenizzato (cioè acquisti la capacità di trasmettere ereditariamente il fago), la conversione è un cambiamento di uno o più caratteri del b. che accompagna sempre la lisogenizzazione. Ad esempio, alcuni fagi di Shigella determinano un cambiamento del tipo sierologico all'atto della lisogenizzazione (Luria e altri). Sono stati osservati varî cambiamenti morfologici, e fisiologici per conversione; così la produzione di tossina in Corynebacterium diphteriae è legata alla presenza di un determinato fago lisogeno (M.B. Groman). Un altro fenomeno di conversione legato ad una particella, detta F, induce la capacità di ricombinare (vedi oltre Ricombinazione).

Ricombinazione batterica. - La "ricombinazione batterica" è il fenomeno, descritto per primi da J. Lederberg e E. Tatum, per cui due cellule di genotipo adatto possono scambiarsi il patrimonio genetico. Lo scambio è di solito parziale e avviene in senso determinato: dal "maschio" alla "femmina"; il primo funziona da donatore, la seconda da ricevitrice di materiale cromosomico e quindi di caratteri ereditarî (W. H. Hayes). Lo scambio avviene attraverso un ponte sottile che permette il passaggio di DNA, ma probabilmente di una quantità minima o nulla di citoplasma. Il "genotipo" maschile o femminile è ereditario ed è nei casi finora studiati dovuto ad una particella con caratteristiche particolari, detta F (L. L. Cavalli, J. Lederberg e E. Lederberg). F è presente solo nei ceppi di tipo maschile, che si distinguono in F+ ed Hfr (interconvertibili per "mutazione"). I primi hanno bassa capacità di scambio genetico con cellule femminili (dette F−), ma sono capaci di donare ereditariamente la proprietà F+ a cellule F− con elevata frequenza. I ceppi di Hfr invece hanno proprietà opposte, dimostrano cioè alta frequenza di ricombinazione con ceppi F−, mentre sono incapaci di donare la capacità F+ o Hfr per semplice e breve contatto. La particella F+ può essere eliminata dal batterio F+, che diviene quindi F−, per trattamento chimico (per es. con acriflavina, Y. Hirota). Invece il trattamento con acriflavina non altera il tipo maschile Hfr. Si ritiene che la particella F sia in sede citoplasmatica in F+, ed in sede cromosomica in Hfr. Quest'ultimo fatto è dimostrato anche dal comportamento in incroci.

Il cromosoma sarebbe trasmesso da Hfr ad F− con una progressione regolare, iniziando in un punto determinato, specifico del ceppo Hfr usato. La coniugazione può essere interrotta a diversi tempi dall'inizio, frammentando così il segmento di cromosoma introdotto in punti diversi (E. Wollman e F. Jacob). Ciò permette di ricostruire le mappe cromosomiche con un metodo diverso (analisi temporale) da quello solitamente impiegato (analisi del "linkage") ed i risultati concordano.

Lo stadio diploide o parzialment ediploide, se, come avviene di solito, non è stato trasmesso l'intero cromosoma, ha nella maggioranza delle cellule una durata di poche generazioni (J. Lederberg) ed è seguito da aploidizzazione con segregazione.

La ricombinazione in E. coli è limitata ad un numero non elevato di ceppi. Peraltro, è stato ottenuto l'incrocio fra coli e Shigella, e fra coli e Salmonella. La ricombinazione è stata osservata anche in Pseudomonas (B. W. Holloway), e, con caratteri forse diversi, anche in Streptomyces (G. Sermonti, D. Hopwood).

Eterocariosi. - La fusione fra cellule dà origine a eterocarionti se non è accompagnata dalla fusione tra i nuclei. Lo stato eterocariotico potrebbe avere durata di numerose generazioni in diverse specie di Streptomyces (Bradley).

Azione e struttura dei geni. - Lo studio dei mutanti cosiddetti "biochimici", in particolare di quelli che richiedono fattori di crescita (amminoacidi, vitamine, ecc.) per crescere, è stato di grande aiuto nel ricostruire le catene metaboliche, in particolare quelle che si riferiscono alla sintesi di amminoacidi, vitamine, purine e pirimidine.

L'analisi di mutazioni biochimiche condotta inizialmente nell'ascomicete Neurospora ha trovato numerose applicazioni nei batterî. La teoria: "un gene - un enzima" ne ha tratto numerose conferme e precisazioni. Un aspetto importante della struttura dei cromosomi batterici è emerso dagli studî di trasduzione in Salmonella e simili organismi (M. Demerec): enzimi che catalizzano passi successivi della stessa catena di reazioni metaboliche sono determinati da geni che si trovano assai spesso vicini l'uno all'altro sul cromosoma, e sovente nello stesso ordine delle reazioni da essi catalizzate.

Lo studio della struttura fine dei geni batterici non ha finora portato a risultati sostanzialmente diversi da quelli ottenuti negli organismi meglio studiati, in particolare il fago. I maggiori sviluppi sono attesi dalla possibilità che offrono i b. di manipolarne i geni, per così dire, "nudi" e di poterne ancora seguire l'attività biologica in esperimenti di trasformazione.

È noto che la molecola di DNA ha struttura lineare a "doppia elica" (J. Watson e F. Crick); l'unità elementare della catena è costituita da un paio di basi puriniche e pirimidiniche, (adenina + timina) e (guanina+ citosina). Si ritiene che la sequenza di queste coppie determini la specificità ereditaria del DNA, e quindi dei geni. La riproduzione del gene è la formazione di una "nuova" molecola di DNA che copia la sequenza di basi presente nella molecola "vecchia"; gli errori di copia sono sorgente di mutazione. D'altra parte, il DNA serve come matrice per la sintesi di una catena polipeptidica (con meccanismo ancora ignoto). Il "messaggio" contenuto nella sequenza di basi del DNA viene quindi tradotto in un nuovo "messaggio" che è una molecola di proteina, la cui specificità risiede nella sequenza degli amminoacidi che la compongono e che riflette quella del DNA. In tal modo i geni possono costruire proteine specifiche, che con le loro capacità enzimatiche e non enzimatiche creano le strutture cellulari e ne determinano le funzioni.

Variazione di popolazioni batteriche. - Nello studio della variabilità di una popolazione batterica è importante distinguere le variazioni ereditarie da quelle non ereditarie; e le variazioni di una popolazione da quelle delle cellule che la costituiscono. Sono variazioni non ereditarie quelle che accompagnano le fasi di sviluppo, le reazioni a stimoli chimici dell'ambiente (come l'adattamento enzimatico), le variazioni grossolane di morfologia cellulare e di colonia dovute a difetti della parete cellulare (forme L, ecc.: J. Lederberg).

La variazione ereditaria di una intera popolazione batterica è dovuta al sovrapporsi di due fenomeni: il cambiamento attraverso uno dei processi cui si è accennato (mutazione, segregazione) di una o più delle cellule che la compongono, seguito dalla riproduzione preferenziale o esclusiva delle cellule così modificate, a danno del tipo non modificato (o parentale). Si tratta cioè del sovrapporsi di un processo di selezione a quello della variazione genetica, che interessa una o poche cellule.

Alcuni fenomeni di selezione sono stati studiati con cura particolare, ad esempio la variazione S-R in Brucella (W. Braun) e il fenomeno della selezione periodica (F. Ryan). Si è dimostrato che l'adattamento graduale ad antibiotici è il risultato della selezione in un sistema poligenico (M. Demerec, L.L. Cavalli-Sforza e G.A. Maccacaro).

Genetica e tassonomia. - La possibilità di incrociare fra loro specie ritenute lontane dimostra che queste specie, classificate magari in generi e famiglie diverse, sono in realtà abbastanza affini tra loro tanto da avere conservato estese omologie cromosomiche. È chiaro che la classificazione dei batterî subirà in futuro una influenza profonda da queste indagini: È bene ricordare a questo punto anche un'altra tecnica che si basa su concetti genetici: il rapporto tra (adenina+timina) e (citosina+guanina) nel DNA è utile indice di somiglianze e dissomiglianze tra specie.

Bibl.: Papers in microbial genetics, a cura di J. Lederberg, University of Wisconsin Press, Madison 1951; Settimo congresso internazionale di microbiologia, Recent progress in microbiology, Stoccolma 1958.

Applicazioni delle attività batteriche all'industria.

Le attività batteriche utilizzate o utilizzabili a scopo industriale consistono in processi trasformativi di sostanze organiche (fermentazioni lattica, propionica, acetonbutilica, ecc. e biossidazioni acetica, della sorbite, degli steroidi, ecc., produzione di destrano, ecc.) e processi di sintesi (preparazione di vitamine, di antibiotici, di amminoacidi, di enzimi, ecc.).

Applicazioni pratiche delle trasformazioni batteriche. - Steroidi. - Talune specie di microrganismi sono in grado di operare trasformazioni su alcuni steroidi (ormoni sessuali, ormoni surrenali, acidi biliari, ecc.), mediante processi ossidativi e riduttivi analoghi a quelli ottenibili con mezzi chimici. Tali processi microbici hanno avuto applicazioni industriali. Le principali reazioni operate dai batterî sugli steroidi consistono in ossidazioni e riduzioni: introduzione di gruppi ossidrilici (per es. Proactinomyces roseum trasforma il colesterolo in 7ξ-idrossiderivato), deidrogenazioni (per es. Flavobacterium dehydrogenans produce testosterone da androstenediolo), rottura di legami fra atomi di carbonio (per es. Proact. erithropolis che dà acido etiocolenico da colestenone), introduzione di un doppio legame (es. trasformazione del cortisone e dell'idrocortisone rispettivamente a prednisone e prednisolone ad opera di Corynebacterium simplex), ecc. Anche sulle saponine sono state dimostrate azioni microbiche specifiche che determinano l'idrolisi di tali sostanze (per es. Bacterium sp. dalla digitonina dà luogo a digitogenina più due molecole di galattosio più due molecole di glucosio).

Destrano. - La produzione di questo polisaccaride si effettua generalmente per opera di Streptococcus mesenterioides da saccarosio. Il destrano trova applicazioni come stabilizzante negli sciroppi e altri prodotti alimentari; in soluzione fisiologica può essere usato, secondo Gronwall e Ingelmann, per sostituire il plasma sanguigno nelle trasfusioni.

Sorbosio. - Produzione per deidrogenazione della D-sorbite e L-sorbosio ad opera essenzialmente di Acetobacter suboxydans. Questa trasformazione conosciuta fin dagli inizî del secolo, ha assunto in seguito grande interesse industriale per il suo uso nella sintesi della vitamina C. Azione analoga viene svolta da Ac. gluconicum nella preparazione dell'acido gluconico dal glucosio.

Applicazioni pratiche delle sintesi batteriche. - Produzione di vitamine. - Alcuni b. sono in grado di sintetizzare le vitamine. Questa attitudine è stata sfruttata a scopo industriale per le sintesi microbiologiche delle vitamine B2 e B12. La sintesi della vitamina B2 avviene ad opera di diversi microrganismi tra cui alcune specie appartenenti al genere Clostridium (es. Cl. acetobutylicum). In questi ultimi anni si è rapidamente sviluppata la preparazione industriale della vitamina B12 di larghissimo impiego terapeutico e nell'allevamento degli animali. Sono stati descritti processi di biosintesi della vitamina B12 ad opera di numerose specie batteriche (Bacillus megathenium, Streptomyces olivaceus, Fl. devorans, Fl. solare, Proteus vulgaris, Pseudomonas sp., Propionibacterim freudenreichii, ecc.), coltivate in substrati a base di glucosio o melasse, idrolizzati proteici, cloruro di cobalto e altri sali.

Produzione di antibiotici. - Tra le numerosissime sostanze prodotte dai b., capaci di impedire lo sviluppo di determinati microrganismi patogeni o saprofiti, alcune presentano elevata attività e trovano, per l'assenza di azioni tossiche, largo impiego nella cura delle malattie infettive. La produzione industriale di antibiotici da batterî è assai estesa (streptomicina da Str. griseus, cloramfenicolo da Str. venezuelae, aureomicina da Str. aureofaciens, terramicina da Str. rimosus, subtilina da Bacillus subtilis, ecc.).

Produzione di amminoacidi. - Sono di notevole interesse quelle della lisina e dell'acido glutammico. In terreno costituito da corn-steep liquor, glicerina e sali, alcuni batterî (es. Escherichia coli) producono acido diaminopimelico che viene in un secondo tempo decarbossilato a L-lisina da diversi batterî (es. Aerobacter aerogenes). Alcune specie batteriche (es. Ps. fluorescens, Serratia marcescens, Micrococcus sp.) in terreno costituito da esosi o idrolizzati di amido e sostanze azotate, producono acido a-chetoglutarico, precursore dell'acido glutammico. La trasformazione dell'acido chetoglutarico in acido glutammico avviene successivamente sempre ad opera di batterî.

Produzione di enzimi. - Particolarmente interessanti sono le amilasi batteriche prodotte da Bac. subtilis e da Bac. mesentericus, usate per la saccarificazione dei mosti amilacei, nella preparazione di colle e adesivi, ecc. e le proteasi batteriche estratte da Bac. subtilis e utilizzate nell'industria delle pelli, nel campo fotografico, ecc.

Applicazioni analitiche dei batteri. - Dosaggi di antibiotici. - Basandosi sulla loro sensibilità a determinati antibiotici si impiegano varie specie di batterî per i dosaggi microbiologici di tali sostanze (es. penicillina con Microc. pyogenes, streptomicina con Klebsiella pneumoniae, cloramfenicolo con Sarcina lutea, ecc.).

Dosaggi di vitamine. - Vengono utilizzati per le loro esigenze vitaminiche: Lactobacillus leichmannii per il dosaggio microbiologico della vitamina B12, Lact. fermentum per la vitamica B1, Lact. casei per la vitamina B2, Lact. arabinosus per la vitamina PP, ecc.

Dosaggi di amminoacidi. - Es. Lact. arabinosus per il triptofano.

Applicazioni lattiero-casearie. - Applicazioni di notevole portata pratica si sono attuate anche nelle industrie lattiero-casearie. Istituti e laboratorî specializzati (tra gli altri: Istituto federale di Liebefeld in Svizzera, Laboratorio di Poligny in Francia, Laboratorî Hansen in Danimarca, Centro sperimentale del latte in Italia), preparano colture particolari. destinate a razionalizzare i processi di maturazione dei prodotti casearî. Le specie più comunemente impiegate con modalità varie sono: Str. lactis, Str. thermophilus, Lact. casei, Lact. bulgaricus, Lact. helveticus, e specie diverse appartenenti al genere Propionibacterium.

Azioni batteriche sugli idrocarburi. - Numerosissimi b. (genere Pseudomonas, Nocardia, Flavobacterium, Corynebacterium, Achromobacter, Azotobacter, ecc.) sono in grado di mineralizzare sia idrocarburi alifatici che aromatici ed i loro diretti derivati. Queste specie batteriche sono molto diffuse in natura nella microflora del terreno e quando si ha un accumulo di tali sostanze nel suolo (es. terreni petroliferi, marcite, ecc.) si produce un arricchimento dei batterî capaci di metabolizzarle. Recenti ricerche sperimentali hanno reso noti, nelle loro linee essenziali, i processi degradativi attraverso i quali si compiono queste trasformazioni ossidative.

Bibl.: M. Welsch, Le dosage microbiologique des vitamines, Liegi 1947; C. Arnaudi, A microbiological process discussion researches on the microbiological degradation of sterols, in Applied microbiology, II (1954), p. 274; C. Arnaudi, V. Treccani, L. Canonica, Sulle ossidazioni microbiche di idrocarburi e composti aromatici, in La Ricerca Scientifica, XXV (1955), p. 3244; H. Frank Stodola, Chemical transformations by microorganisms, New York 1957; Biochemistry of steroids, Atti del IV Congresso Intern. di Biochimica, Vol. IV, Simposio IV, Vienna 1958; V. Treccani, Il significato microbiologico delle ossidazioni dei composti aromatici, in Ann. microbiol., IX (1959), p. 161; S. Cate Prescott, C. Gordon Dunn, Industrial microbiology, New York, Toronto, Londra 1959; Raccolta della rivista Le lait, Parigi (dal 1920 in poi).

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