BATTISTA Genovese

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BATTISTA Genovese

Angela Codazzi

Sappiamo assai poco di questo navigatore del sec. XVI, che partecipò alla spedizione di Ferdinando Magellano. Il nome è ricordato con diverse forme: le più semplici sono quelle di "Juan Bautista" (secondo Antonio de Brito, portoghese, governatore delle Molucche, in due lettere dell'11 febbr. e del 6 maggio 1523 a Giovanni III di Portogallo) e di "Bautista Genoês" (usata dal Barros, storico delle scoperte portoghesi).

Il savonese Leone Pancaldo, che fu compagno di B. nel viaggio e ne divise le traversie, lo chiama "Bautista da Ponceró". Nell'elenco dei partenti da Siviglia con le navi comandate dal Magellano è ricordato con altri ventidue italiani un "Juan Bautista de Punçorol, natural de Çestre, que es en la ribera de Génova". Varianti del nome "Punçorol" sono, in altri elenchi, "Puncerol" e "Punceron"; ma in due lettere sottoscritte dal navigatore stesso il nome è "Batista da Ponçorón" e "Baotista da Poncorón". Queste varie forme lasciano supporre che B. sia stato di famiglia, originaria da Pontecurone (sul torrente Curone fra Staffora e Scrivia) trasferitasi forse dall'Appennino a Sestri Levante, dove il navigatore può esser nato.

Il de Brito nella lettera citata più sopra asserisce che B. navigò su navi portoghesi, distinguendosi per grande perizia. Imbarcato come maestre, ossia primo sott'ufficiale di bordo, direttamente dipendente dal pilota, sulla nave "Trinidad", comandata dal Magellano, B. prende qualche maggiore evidenza dopo la morte del comandante. È noto che delle cinque navi che componevano la gloriosa flotta, dopo la perdita della "Santiago", la diserzione della "San Antonio" e la distruzione della "Conception", erano rimaste la "Victoria" e la "Trinidad". Queste, al giorno 8 nov. 1521, avevano raggiunto a Tidor le tanto desiderate Molucche e avevano colmato di spezie le stive. Avrebbero potuto spiegare le vele per la Spagna insieme, ma la "Trinidad" per una grave avaria non poté partire; salpò solo il 6 apr. 1522, prendendo non la via di ponente per il capo di Buona Speranza, ma quella di levante per la Nuova Spagna e lo stretto di Magellano. Senonché la nave, che aveva per capitano Gonzalo Gomez de Espinosa, per pilota Leone Pancaldo e per maestre B., partita da Tidor, costeggiata Gilolo, scoperte quattordici isole ben popolate, fu indotta per le avverse condizioni del mare, che la privarono di trentasette uomini dei cinquantatré che erano alla partenza, a tornare là donde era partita. I superstiti appresero alle Molucche che nel frattempo vi erano giunte sette navi portoghesi agli ordini di Antonio de Brito e che si stava costruendo una fortezza a Ternate. Il Gomez de Espinosa, troppo fiducioso, mandò a chiedere aiuti al de Brito, che si impadronì della "Trinidad" e fece portare l'equipaggio a Ternate. Dopo quattro mesi esso fu fatto proseguire per Banda, Malacca, dove sostò cinque mesi, per arrivare poi a Cochin in India, che fu la dimora dei disgraziati per dieci mesi e dove sarebbero morti di fame se non fossero stati aiutati da stranieri. B. e il Pancaldo si imbarcarono clandestinamente su una nave che tornava in Europa e che svernò a Mozambico. Scoperti, dovevano venir rispediti in India con una nave giunta dal Portogallo, ma ciò non poté effettuarsi e i due Italiani furono riportati a Mozambico senza roba né denari.

Queste tristi vicende sono narrate in due lettere firmate da entrambi: una, in data 20 ott. 1525, è diretta a un dignitario ecclesiastico, forse il Fonseca, vescovo di Burgos, che aveva caldeggiato presso Carlo V l'impresa di Magellano, e l'altra, del 25 ott. 1525, all'imperatore stesso, nella quale, mentre si dava notizia delle molte ricchezze delle Molucche, di cui si affermava il diritto di appartenenza alla Spagna, si invocava aiuto per conseguire la liberazione dalla prigionia. Le lettere non giunsero mai a destinazione; furono ritrovate nel secolo scorso nell'archivio della Torre do Tombo a Lisbona.

Dei due mittenti si sa, per una successiva attestazione del Pancalder, che B. morì poco dopo a Mozambico di stenti, mentre il Pancaldo riuscì a raggiungere l'Europa nel 1526.

Un roteiro o giornale di bordo della prima metà del sec. XVI, in portoghese, ma tradotto, secondo un manoscritto di esso, da un quaderno di un pilota genovese della "Trinidad", fu ritenuto un tempo opera di B., che però non fu mai pilota, oppure nato dalla collaborazione di B. e del Pancaldo; pare che la paternità di esso spetti al Pancaldo. Il "Baptista Ianuensis", autore della carta nautica del 1514, conservata a Wolfenbüttel, non è il maestre della "Trinidad", come a torto si suppose, ma il ben noto cartografo Battista Agnese.

Battista Genovese è pure il nome di due marinai imbarcati nella quarta spedizione di Cristoforo Colombo, come risulta da un elenco dei partecipanti, una dozzina dei quali furono italiani.

Fonti e Bibl.: Le due lettere, opera collettiva di B. e Leone Pancaldo, e quelle del De Brito sono edite da P. Peragallo, Sussidi documentari per una monografia su Leone Pancaldo, in Raccolta di documenti e studi pubblicati dalla R. Commissione colombiana, pel quarto centenario della scoperta dell'America, V, 2, Roma 1894, pp. 265-304; L. Hugues, Juan Bautista Genovese. Notizie sommarie, ibid., pp. 253-262; G. Barros, De Asia, Dec. III, l. V, cap. X, Lisbona 1777, pp. 652, 654; Il primo viaggio intorno al mondo di Antonio Pigafetta, seguito dal roteiro di un pilota genovese, a cura di Camillo Manfroni, Milano 1928; F. Noberasco, Un compagno savonese di Ferdinando Magellano, in Atti d. Soc. savonese di storia patria, IV(1921), pp. 3-37; Sui due Battista genovesi del quarto viaggio di Cristoforo Colombo, vedasi R. Almagià, I primi esploratori dell'America, Roma 1937, p. 186.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE