BATTISTERO

Enciclopedia Italiana (1930)

BATTISTERO (gr. βαττιστήριον; lat. baptisterium; fr. baptistère; sp. bautismal; ted. Baptisterium; ingl. baptistery)

Carlo CECCHELLI

Il battesimo si amministrativa nei due riti dell'immersione e dell'infusione. In entrambi i casi v'era bisogno di una conca (pelvis) per tener l'acqua, o per raccogliere quella che cadeva sul capo del battezzando. Dopo il rito battesimale aveva luogo quello della cresima o confermazione (consignatio) e infine il neofito riceveva l'Eucaristia. Per tutta questa serie di riti dovevano esistere ambienti separati ed era pur necessario che il battistero fosse, per maggiore libertà, separato, ma non lontano dalla basilica ove si celebrava la funzione eucaristica.

Si vedrà in proposito l'ordinaria collocazione e la distribuzione interna dei battisteri dal sec. IV in poi. Per l'epoca anteriore non abbiamo dati sicuri. Ma si sa con certezza che il rito si riduceva in origine a qualcosa di molto semplice. Perciò in questo primo tempo non esiste un edificio battesimale e anche per i primi tre secoli del Cristianesimo non se ne hanno tracce evidenti. Si sono additati alcuni battisteri nelle catacombe romane, ma di essi l'unico autentico è quello del cemeterio di Ponziano sulla via Portuense. Appartiene però a epoca posteriore all'età della pace della chiesa e fu decorato (sec. VI) con la rappresentazione del battesimo di Cristo e con la figura della crux florida paradisiaca fiancheggiata dai simbolici candelabri. Si è creduto d'identificare un altro battistero vicino alla basilichetta di S. Silvestro nel cemeterio di Priscilla. Questo avrebbe utilizzato una conserva di acqua della soprastante villa degli Acilii. Ma prove esaurienti di una attività battesimale in questo luogo non vi sono e anche l'inciso di un documento relativo al ministerio battesimale che avrebbe esercitato papa Liberio in un luogo d'eccezione nel corso delle sue note controversie, lascia molto incerti, non solo sull'autenticità del fatto, ma anche sul sito preciso indicato dal testo. Pur ammettendo che si tratti del battistero di Priscilla, ci si troverebbe sempre in epoca posteriore all'età della pace e in un periodo che vedeva già in opera numerosi battisteri pubblici, primo fra tutti quello in Roma accanto al palazzo lateranense.

Gli ultimi scavi permettono di dire una parola nuova su questo battistero. Si è creduto che la costruzione ottagona esistente sopra terra fosse quella originaria, tutt'al più profondamente rimaneggiata al tempo di Sisto III (432-440). Ora invece si sa che essa rappresenta una terza fase. In un primo momento (che potrebbe anch'essere subito dopo il passaggio del palazzo lateranense a Fausta, moglie di Costantino imperatore) vi furono degli adattamenti del bagno privato della casa in cui si apri una grande sala absidata con un pavimento in pendio per il deflusso delle acque. In un secondo momento, sempre in epoca costantiniana, abbandonati questi ripieghi, si demolì fino a poco più d'un metro d'altezza l'edificio e vi s'impiantò un vero battistero che ebbe la forma di una sala termale circolare con nicchie nel giro della parete affiancate da grandi colonne (forse le stesse di porfido rosso che ora si veggono al centro). La copertura doveva essere a cupola. In mezzo stava il bacino, cioè la pelvis. Dell'insieme dell'edificio potrebbe forse dare un'idea l'interno del mausoleo di Diocleziano a Spalato. Il Liber pontificalis romano nella vita di papa Silvestro ci dà molte notizie sulle decorazioni del battistero lateranense, ma sulla descrizione del Liber bisogna fare una considerevole tara poiché lo scrittore della Vita Silvestri viveva alla distanza di quasi due secoli dai fatti che narrava e aveva sott'occhio il battistero ricostruito da Sisto III. L'accenno che egli fa alla circostanza che nel battistero lateranense sarebbe stato battezzato Costantino (circostanza questa non rispondente a verità) mette in sospetto sulla scrupolosità delle informazioni di questo redattore. Vi è poi un'altra constatazione d'ordine archeologico. Gli ultimi scavi hanno provato che la costruzione costantiniana, bella ma eseguita affrettatamente, cadde dopo circa un secolo. Si aggiungano le invasioni barbariche e si vedrà come nella prima metà del sec. VI fosse necessaria molta fantasia per rievocare lo stato del battistero lateranense all'età costantiniana.

La costruzione di Sisto III fu, come si è detto, ad ottagono. E l'adozione di questa forma dovette partire più da considerazioni pratiche che da concetti simbolici, ai quali senza dubbio alludeva un poeta (erroneamente identificato con S. Ambrogio) relativamente al battistero di S. Tecla in Milano: hoccachorum sanctos templum surrexit in usus - octagonus fons est munere dignus eo - hoc numero decuit sacri baptismatis aulam - surgere quo populus vera saius rediit (De Rossi, Inscript. christianae, II, 161). Questo octachorum o basilica baptisterii o fons Theclae milanese in cui fu amministrato il battesimo a S. Agostino, venne distrutto da gran tempo (U. Monneret de Villard, Note d'archeologia lombarda, in Archiv. stor. lomb., 1914, p. 5 segg.). Certo è che la forma ottagona da indi in poi è la preferita nelle costruzioni battesimali, ma non bisogna per ciò credere che sia esclusiva. Vi son pure battisteri circolari e quadrati. Né, come taluno suppose, bisogna pensare a un influsso orientale rilevando come l'Oriente abbia preferito le costruzioni poligonali. Anche i Romani, adottando più di frequente il tipo circolare, non trascurarono il poligonale. La costruzione poligonale offriva maggiori vantaggi sia di semplicità costruttiva e di rapidità di tracciato e di costruzione dei muri e della vòlta (ché si poteva costruire su una forma a superficie rigata) sia di utilizzazione o di decorazione delle pareti interne; e fu quindi preferita non solo là dove, come in Siria, la pietra da taglio era materiale comune, ma anche ovunque prevalsero ragioni pratiche ed economiche.

Il battistero ricostruito da Sisto III, che ancora esiste, è sostenuto al centro da un giro di colonne attorno al fonte: colonne di porfido sanguigno che dovettero appartenere anche all'antico edificio di Costantino. Corre sull'epistilio una dedica metrica in cui Sisto III distingue sottilmente il peccato originale (crimen patrium) dall'attuale (crimen proprium) e dice che ambedue sono cancellati dall'acqua del battesimo: l'architrave su cui è incisa questa dedica è del più bel marmo greco ed è ornato da una decorazione che risente ancora del gusto classico. In alto si eleva, sorretta da otto colonne in corrispondenza con le sottostanti, ma più piccole, una svelta cupola a spicchi centrata da una lanterna. Il raccordo fra la parte centrale e la perimetrale è ottenuto con imbotti alternate con volticelle che però non sono originarie. La vasca era polilobata poiché aveva quegl'incavi che servivano per luogo dei battezzatori. All'ingresso di questo battistero esiste una specie di narthex con grandi nicchie opposte una delle quali conserva ancora la decorazione musiva (verdi volute d'acanto e fiori dorati su fondo turchino), l'altra la perdette (doveva esservi raffigurata una scena pastorale). Questo nartece si apre sull'esterno con un portico a grandi colonne di porfido rosso (anch'esse tratte altrove) sorreggenti un ornatissimo architrave. Ai lati del battistero papa Ilario (461-468) aggiunse tre cappelle delle quali due sole esistono tuttora, come pure esiste l'oratorio di S. Venanzio eretto da papa Giovanni IV (640-642) a fianco dell'atrio.

Così noi abbiamo nel battistero lateranense l'esempio d'un antichissimo centro battesimale contornato da tutti gli ambienti per la preparazione e per gli sviluppi successivi del rito. Che questi ambienti risalgano a età posteriori, non importa; giacché non si è fatto altro che sostituire costruzioni più indicate ad altre che senza dubbio preesistevano. Giova notare come al tempo del primo adattamento nella domus Faustae dovevano servire anche le sale adiacenti a quella della piscina, poiché vi si vedono alcuni graffiti cristiani. Anche il secondo battistero, quello circolare (la cui forma esterna doveva non troppo differire dal tipo figurato in un noto sarcofago romano cristiano del sec. IV), aveva presso di sé le antiche aule della domus e un vasto cortile circondato da portici che lo collegava alla grande basilica costantiniana del Salvatore, detta poi di S. Giovanni.

Ma il battistero lateranense è anche significativo come esempio dell'utilizzazione di un bagno privato a piscina della mistica lustrazione iniziatica cristiana. Senza dubbio quest'esempio deve aver avuto dei precedenti nelle case private ove si riuniva la comunità durante le persecuzioni (v. titulus). Poiché il grande bacino dei bagni privati aveva il nome di baptisterium (ricordare il passo della lettera di Plinio il Giovane: cella frigidaria in qua baptisterium amplum atque opacum est; Ep. V, 6) ne viene di conseguenza che l'utilizzazione ordinaria di questo bacino per le necessità del rito deve avere influito sulla denominazione di tutto l'edificio estendendosi l'appellativo dalla piscina all'aula che la contiene.

Nelle denominazioni dei battisteri che si trovano negli antichi testi cristiani ve ne sono alcune che materialmente accennano al carattere dell'oggetto e cioè: concha, fons, nympheum (alludendosi alla somiglianza con le costruzioni circolari, o poligonali romane ad uso di bagni o di conserve di acqua), tinctorium (da tinctio, sinonimo di baptismum), κολυμβήϑρα (vasca natatoria), ϕιάλη (bagno), ϕωτιστήριον (conserva d'acqua); altre invece alludono alla funzione mistica: ϕωτιστήριον (cioè illuminatorium, luogo dove si riceve la illuminazione dello spirito, dato che Cristo è lux mundi), piscina (vasca per i pisciculi che, secondo la nota immagine tertullianea, sono i Cristiani), lavacrum (alludendosi alla purificazione da tutte le macchie del peccato attraverso l'acqua del battesimo. Gli autori delle iscrizioni metriche apposte nelle varie parti dei battisteri chiamano il fonte anche amnis, lacus, gurges e simili.

La decorazione di questi edifici rispecchia le idee qui esposte.

Uno degli esempî più completi di battisteri decorati ci è offerto da quello di Neone a Ravenna (battistero degli ortodossi) del V secolo. Anzitutto l'edificio è una specie di grande sala termale poligonale ricoperta da grande cupola, illuminata da finestroni a tutto sesto e movimentata in basso da grandi nicchie. Il sistema decorativo delle pareti è il seguente: in basso, nelle campate interposte fra nicchia e nicchia, sono magnifici intarsî marmorei (pochi ne rimangono degli originarî); al disopra delle arcate del primo ordine, negli estradossi, si svolge una ricca decorazione musiva a volute d'acanto con figurette di profeti in corrispondenza degli angoli. Nell'ordine secondo, tra le finestre, si veggono edicole con statue di personaggi sacri modellate in stucco e colorite. Nei timpani di queste edicole e nei soprarchi delle finestre altri piccoli bassorilievi di stucco con figure d'uomini, o d'animali. E nei lunettoni superiori di ogni campata, snelle figure di cervi che, tra un rameggiare di cespi vitinei, si avvicinano ai cantari per bere avidamente l'acqua della salute. Questi bassorilievi di stucco furono distrutti intorno al 1880 da chi li credette barocchi; ora sono stati riprodotti in lieve tinteggiatura sulla scorta di fotografie.

Indi comincia il rivestimento musivo della cupola, distinto in tre zone. Nel disco centrale si vede effigiato S. Giovanni che battezza Gesù immerso per metà nelle acque del fiume Giordano espresso dalla classica figura del vecchio reggente la canna palustre. Nella zona che cinge il disco, corrono i dodici apostoli ad adorare il trono vuoto col simbolo della croce (etimasia). Finalmente nella zona inferiore, otto tempietti d'un'architettura che sembra una lontana reminiscenza del quarto stile pompeiano, proteggono cattedre crucigere e altari con i libri degli Evangeli. E la visione apocalittica che ha ricevuto questa fantasiosa versione in cui confluiscono il senso romano del rilievo e l'eleganza, il capriccio dell'arte ellenistica.

Circa un secolo dopo, nel battistero degli ariani (pure in Ravenna) si ripetevano, ma in modo bolso e freddo, il tema del collegio apostolico e la scena del battesimo di Gesù.

Che anche nei battisteri romani vi fosse dovizia di marmi e di musaici lo dimostrano, oltre le vestigia esistenti ed esistite del lateranense, anche la testimonianza letteraria relativa alle costruzioni del tutto scomparse. Per es. Prudenzio (Peristephanon, XII, 33-34) ci parla del primitivo battistero vaticano.

Questo battistero vaticano aveva un luogo per la cresima, cioè il consignatorium. E in esso il redattore della raccolta epigrafica esistente ora a Verdun, copiò alcuni versi, con la premessa: Isti versiculi scripti sunt, ubi pontifex consignat infantes (va notato che la parola infans, come pure iuvenis, puer e simili, può designare anche un uomo maturo perché il neo-battezzato è come fosse appena nato alla vera vita). Seguono i versi Istic infantes, caelesti flumine lotas, ecc. (De Rossi, Inscript. christ. urbis Romae, II, 139).

Anche presso il battistero di Salona (in Dalmazia) esisteva (anzi esiste poiché se ne vedono ancora le vestigia) un consignatorium del sec. VI e in esso un pavimento a musaico ha la figurazione dei cervi tendenti verso il cantaro e la scritta: Sicut cervus desiderat ad fontes aquarum ita desiderat anima mea ad te, Deus (Salmo XLI, 1). Presso questo battistero v'è pure un altro ambiente destinato alla vestizione (vestiarium) e un altro che serviva per le istruzioni e gli scrutinî dei catecumeni (cathecumenion). Le iscrizioni rivelano alcuni particolari della disposizione interna degli antichi battisteri. Per esempio da una epigrafe composta da Ennodio si sa che nel battistero di S. Stefano in Milano l'acqua scaturiva dalle fauci di un leone (Mai, Scriptor. veter. nova collectio, V, 177). E nello stesso battistero un'altra epigrafe del medesimo autore parla dell'acqua che cadeva sul capo dei nati, cioè dei battezzati (Mai, op. cit., 176, n. 3); S. Paolino (Ep. XXXII, 5) accenna a colombe da cui si faceva discendere l'acqua.

Talvolta il fonte era coperto da un'edicola che, nella forma poligonale, ripeteva quella del recinto del battistero. Un esempio di questi tegurî esiste a Cividale. Ora si conserva nella cattedrale e serve a coprire la vaschetta dell'acqua per il rito dell'infusione prescritto dal sec. XVI in poi; ma prima stava nel distrutto battistero avanti alla stessa chiesa, risalente, nella sua forma ultima, all'età longobarda. È composto di otto archivoltini retti da colonnine che basano su parapetti (cancelli). Gli archivolti hanno barbariche sculture di piatto rilievo e un'iscrizione che ci parla del patriarca aquileiese Callisto (intorno al 737) e che allude alla trasformazione operata dall'acqua del battesimo e al "vibrante schema" marmoreo del tegurio. Le sculture raffigurano cervi, pesciolini, e inoltre dragoni e leoni, per metter sott'occhio al neofito le potenze infernali da cui le anime sono state sottratte e nel cui dominio ricadranno se cederanno alle lusinghe del peccato o al desiderio di tornare alla sconfessata idolatria.

Nell'ambito di quest'antico battistero forogiuliese (che il patriarca Siguald, fra il 762 e il 776, nuovamente adornò) vi era anche un altare dedicato dal duca longobardo Ratchis (prima del 744) in memoria del padre Pemmone (v. ora in S. Martino di Cividale). Altro altare, nel battistero ortodosso di Ravenna.

Un particolare della città di Cividale è d'aver avuto in un certo periodo (come anche in Ravenna) un battistero per gli ortodossi e un altro per i barbari ariani. Quello degli ariani doveva forse trovarsi accanto alla basilica nazionale di S. Giovanni. Altri centri longobardi dell'Italia settentrionale avevano questa duplicità di fonte.

Il sito dell'edificio battesimale talvolta è a destra e sinistra della basilica, talvolta sul davanti. Il lateranense è a fianco, quello di Parenzo (sec. VI) è sul davanti, separato dalla basilica soltanto dall'atrio.

Così pure in Aquileia il battistero è posto sul davanti, ma bisogna notare che esso appartiene ad età relativamente tarda, cioè al sec. X; il primitivo (lo si è riveduto nei nuovi scavi) era a fianco della basilica teodoriana e nello spazio che la divideva dalla sua parallela. Pure a fianco dell'antichissima basilica di S. Marcello a Roma si trovarono tracce d'un battistero che risale al secolo IV o V.

Elencate così le caratteristiche generali dei battisteri, ecco un breve cenno di alcuni edifici battesimali.

Un'importante costruzione del sec. V è ad Albenga nella Liguria. Essa è di forma poligonale e ha un piccolo oratorio nella cui vòlta si conserva un musaico con l'esaltazione del chrismon (monogramma del nome di Cristo) nei cieli e dodici colombe adoranti (gli apostoli). A Nocera dei Pagani vi è una costruzione battesimale a cerchio. La cupola del mezzo (ovoidale) è sostenuta da colonne abbinate (come nel mausoleo di S. Costanza in Roma). Attorno gira una galleria anulare con setto sostenuto da diaframmi arcuati. Di questa singolare costruzione che forse palesa influenze orientali (specialmente nel garbo della cupola che ricorda quella del battistero di S. Giorgio d'Esra in Siria) non si saprebbe offrire una datazione precisa; potrebbe ritenersi del sec. VI.

A Napoli il battistero di Sotero (inizî del sec. V) presenta la particolarità di una cupola elevata su pianta quadrata a mezzo di raccordi angolari a cuffia. Alcuni tratti della splendida decorazione musiva originaria sono conservati. E così in una cuffia si vede il simbolo evangelico del leone e, nell'archetto sopra la cuffia, scene pastorali. Sul montante della cupola appare la scena del Signore che dà la legge ai Ss. Pietro e Paolo e la pesca miracolosa. Poi vi sono altre scene minori e alcune figure di martiri, fra le più belle dell'arte musiva di quel periodo.

Fra questi battisteri più antichi va ricordato fuori d'Italia quello della basilica di Tiro in Fenicia elevato nel 314 dal vescovo Paolino. Lo descrive vagamente Eusebio di Cesarea il quale dice che vi erano delle fontane per lavarsi le mani, disposte in un atrio. Il battistero di Dar Kita nella Siria centrale esiste ancora. È di forma quadrata e fu elevato nel 422 accanto alla basilica di S. Sergio. Il battistero già nominato di S. Giorgio d'Esra nel Ḥawrān è del 515. La sua pianta consta di due ottagoni regolari concentrici inscritti in un quadrato. L'ottagono centrale sopporta un tamburo e una cupola. Contro la facciata orientale dell'ottagono esterno il coro è fiancheggiato dalle sue due sacrestie. Ogni angolo del quadrato reca un'absidiola, e all'edificio si accede per cinque passaggi. La cupola è elevata su otto pilastri con l'intermediario d'un tamburo e con pietre cantonali di raccordo. La navatella presso questa parte centrale ha un'abside al cui emiciclo si ascende per tre gradini. Sulla piattabanda della porta principale è una curiosa iscrizione che parla della consacrazione di un luogo oscurato da pratiche idolatriche e dice il nome del fondatore: il notabile Giovanni, ponendo la data. Questa di Esra presenta la particolarità di essere, per così dire, una basilica battesimale inquantoché la sua navata è fusa col battistero.

Passando all'Africa, si trovano altre numerose tracce di battisteri delle quali sarebbe lungo discorrere. Alcune notevoli dell'età giustinianea sono nella Libia, specialmente a Leptis Magna e a Sabratha. Sono state scavate di recente.

Fra i secoli IX e XII si trova una serie importante di battisteri, su alcuni dei quali sono stati sollevati importanti quesiti e che debbono necessariamente essere ricordati.

Il battistero di Concordia, affiancato alla cattedrale, è a pianta triabsidata con parte centrale in rialzo (tamburo circolare) e fronte munita di piccolo atrio dov'è la tomba del vescovo di Concordia, Rempozio, al quale sembra si debba la costruzione dell'edificio (inizî sec. XII). Una particolarità dell'interno del tamburo è di avere una decorazione ad archetti con piccole colonne. Si nota pure la decorazione a nicchie allungate come in altri edifici veneti del secolo XI-XII.

Il battistero di Biella, della fine del sec. X, consta di un tamburo ottagono assai sopraelevato e impostante su una base quadrata con un'abside semicircolare su ogni lato.

Il battistero di Galliano presso Cantù fu costruito o riedificato nel rinnovamento della chiesa plebana di S. Vincenzo per opera di Ariberto d'Intimiano. È quindi opera di poco anteriore al 1007 (una pittura, ora staccata e trasferita all'Ambrosiana di Milano, raffigura lo stesso Ariberto nell'atto di offrire la chiesa e il battistero). La pianta è costituita d'un quadrato da cui si staccano quattro emicicli, e ai cui angoli sono disposti quattro pilastri ottagoni isolati su cui si svolgono gli archi destinati a sostenere il loggiato superiore e la cupola. Nello spessore del muro dell'emiciclo di ponente è ricavato un nartece preceduto da un atrio quadrato donde per due scale si accede al matroneo. Finestrelle semplici o bifore a sensibile strombatura illuminano questo singolare edificio. La gabbia centrale si muta nell'ottagono da cui, mediante raccordo a cuffie, parte la costruzione della cupola (Rivoira, Origini dell'architettura lombarda, 2ª ed., Milano 1908, p. 233 segg.).

Il battistero di S. Pietro in Gonzavia in Asti è di forma internamente rotonda ed esternamente ottagona. I vertici sono rafforzati da contrafforti. Sopra un giro interno di otto colonne a strati alterni di cotto e calcare poggiano sei pesanti capitelli cubici imbutiformi e due altri che, pur presentando lo stesso tipo, ci offrono delle varianti decorative non prettamente lombarde. Dai capitelli partono in senso longitudinale degli archi a intradosso conico rinforzati da un semitoro concentrico, sui quali si eleva un tamburo ottagonale chiuso in alto da una volta a padiglione, e fregiato esternamente da una cornice di cotto a sega, cui sottostà un giro di archetti pensili anch'essi di cotto. Dai capitelli si svolgono anche robusti arconi di pietra concia su cui poggiano vòlte a vela con lunette a generatrice conica in corrispondenza degli archi. L'età di questo originale battistero è molto discussa. La più probabile (cfr. Bevilacqua Lazise, Asti medievale, Milano 1912, p. 10) è da riportarsi alla fine del sec. XII quando, per donazione del vescovo Guglielmo, i frati ospedalieri di S. Giovanni eressero qui una commenda dell'ospedale che una volta era annesso alla chiesa. Notevole, per particolarità costruttive, come la galleria d'alleggerimento e la spiovenza dei tetti, il battistero d'Ascoli Piceno.

Il "bel S. Giovanni" di Firenze è una costruzione ottagona provvista in un lato d'abside (la cosiddetta scarsella) che originariamente era semicircolare e più tardi (forse a tempo di papa Nicola II nel 1059) fu cambiata in rettangolare. Entro l'edificio (che ha una copertura a settori triangolari piegati a garbo di cupola nell'interno e a rigidi triangoli all'esterno) vi sono colonne tutte in giro sorreggenti architravi su cui s'elevano i brevi matronei (ricavati nello spessore delle muraglie) aperti sulla navata per mezzo di finestre bifore. Nel pianoterra vi corrispondono pareti piene (dietro le colonne) ovvero atrî ristretti. Il primitivo fonte battesimale stava al centro e sopra un ripiano cui si accedeva per alcune scalette. Negli angoli del fonte dovevano essere alcune nicchie dove stavano i battezzatori, nicchie ricordate da Dante nel canto XIX dell'Inferno. Attorno correva un recinto a lastre scolpite testé ritrovato in frammenti e ricomposto. Questo fonte fu distrutto nel 1556. L'odierno è anche fuori posto e fu dapprima collocato dove oggi è l'altare della Maddalena. Nel centro dell'abside è la sedia vescovile e l'altare volto a oriente. I musaici della cupola furono eseguiti nel 1225 da maestro Apollonio, dall'enigmatico Andrea Tafi e da un fra Iacopo il cui nome appare nei peducci della vòlta. Furono restaurati nel 1402 e 1404, nel 1455 e nel 1481. L'arte romanica toscana aggiunse la bella decorazione policroma delle pareti a lastre marmoree e il pavimento intarsiato. Tralasciamo di parlare di tutti gli abbellimenti del periodo del Rinascimento. La questione sulle origini di questo edificio ha per base gl'indizî qui appresso sommariamente indicati. Come documentazione storica si sa che un placito dell'897 tenuto in Firenze parla d' una chiesa di S. Giovanni. E vi allude anche un diploma berengariano dell'899 in cui si accenna (ma la notizia pare interpolata) al contitolare S. Miniato. Una carta del 909 parla della chiesa intra florentinam civitatem. I cronisti fiorentini del tardo Medioevo (Giovanni Villani) parlano di un tempio di Marte trasformato nel S. Giovanni. Come testimonianza archeologica, sappiamo dagli scavi recenti che nella costruzione furono impiegati frammenti romani dell'Anfiteatro e del Teatro. Si trovò anche il resto di una casa romana del periodo repubblicano ridotta nei bassi tempi (verso il sec. V) a ricovero dei poveri. Fra le rovine si rinvennero monete, una delle quali col nome dell'imperatore Onorio, e anche una tomba dell'età barbarica. Sappiamo inoltre che l'edificio sorgeva sopra un alto basamento. È dunque accertato che il S. Giovanni non fu tempio romano, poiché si servì di resti romani e occultò avanzi di abitazioni utilizzate fino nel Basso Impero. Non possiamo neppure attribuirlo al sec. V e forse neanche alla prima metà del VI, date le tracce tardo-romane e barbariche riscontratevi. Bisogna quindi restringersi all'ultimo periodo del sec. VI e venire in avanti. I fondamentali rifacimenti dell'età romanica hanno così mutato l'aspetto di questa costruzione, che è estremamente difficile giudicarla dal punto di vista stilistico. Ci sembra peraltro che, come schema generale originario (un ottagono con abside semicircolare ad un lato), si possa paragonare al battistero gradense che è della fine del sec. VI. È anche storicamente giustificato pensare al sec. VII come parve al Davidsohn. Ma questo, ripetiamo, come schema generale, perché in quanto all'applicazione delle colonne dipendente dall'erezione del matroneo (assolutamente insolito in questi edifici battesimali) bisogna senz'altro discendere al periodo romanico, quando si dovettero rimettere in opera colonne e trabeazioni di edifici romani.

Il battistero di Pisa iniziato nel 1153 fu proseguito nella seconda metà del sec. XIII e terminato nel sec. XIV. Il suo interno mostra bene il trapasso dall'arte romanica alla gotica, specie ove si confronti il primo con il second'ordine. Originale la copertura a cupola conica che poggia sul doppio ordine di pilastri e colonne intermedio e che è raccordata alle pareti perimetrali circolari da un settore anulare di cupola semisferica. L'esterno di queste pareti è tutto adorno di pinnacoli e d'altri fregi gotici.

"L'ideatore del battistero di Parma, forse lombardo - scrive P. Toesca nella sua Storia dell'arte italiana (I, p. 701) - iniziò (nel 1196) la grande mole con linee e membrature che logicamente si compiono nella cupola, leggiero padiglione steso su costoloni; compose un interno ch'è gotico per slancio verticale, benché avvolto e sostenuto in modi romanici dalla muratura massiccia, ornata dentro e fuori di loggette romaniche che cercano di modularla goticamente in parti dinamiche e in parti inerti". Splendido esempio della pittura del sec. XIII è la decorazione di questo battistero che nei sedici spicchi della cupola rappresenta, su varie zone, le scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, la leggenda del Battista, i profeti intorno alla δέησις, gli apostoli e i simboli degli evangelisti; e nell'esedra dell'altare il battesimo di Cristo, e poi, in minori riquadrature, gli elementi, le stagioni, le tre dimensioni, i quattro fiumi celesti, le virtù. Vanno ricordati, infine, i battisteri di Cremona e di Padova, l'uno per la bellezza architettonica, l'altro per la decorazione pittorica.

Dopo questi esempî medievali di battisteri che sono o si possono considerare indipendenti dalla basilica, bisognerebbe trattare di quelli compresi nel corpo della chiesa. Il battistero della basilica di S. Marco in Venezia non è che un vano della basilica stessa, decorato di musaici nel secolo XIV quando il doge Andrea Dandolo, che vi è sepolto, lo fece costruire a sue spese. Il fonte fu ricostruito nel 1545 ed ebbe splendide decorazioni in bronzo eseguite su disegno di Iacopo Sansovino. Di un battistero anteriore al Dandolo è testimonianza un musaico con il battesimo di Cristo (opera forse del sec. XII) che è sulla parete della stessa cappella, incontro alla finestra che sta sulla porta aperta sulla piazzetta.

Dopo il sec. XIV l'edificio battesimale è definitivamente unito alla chiesa. Gli artisti gareggeranno nell'ornare il fonte posto nel mezzo della cappella del battistero. Nella seconda metà del sec. XVI furono cancellate dal rito le ultime tracce del battesimo per immersione e rimase soltanto la piccola infusione d'acqua che si pratica ancor oggi. Ecco quindi venuta meno la necessità di ampie costruzioni, bastando al rito una semplice riservetta d'acqua con una conveniente protezione per impedirne l'inquinamento. Qui è opportuno accennare in breve all'evoluzione del tipo del fonte. Il quale in un primo tempo è circolare od ottagonale ed è circuito da parapetti con nicchie per uso dei battezzatori. Il fonte del battistero ortodosso di Ravenna ha da un lato dei parapetti l'elevazione d'una specie di pulpito.

Va pure notato che sul fonte s'innalzava talune volte un tegurio a colonnine ed archetti. Quello di Cittanova d'Istria aveva negli archetti strane figurazioni zoomorfiche d'ispirazione barbarica. I parapetti ricevettero anch'essi degli adornamenti, come appare dai resti del fonte di S. Giovanni di Firenze. Fra il sec. XII e il XIV questa vasca battesimale assume le forme delle fonti gotiche con la pila centrale per la riserva d'acqua, pila che si orna di bassorilievi. Poi col cambiamento del rito resterà solo la pila che si volgerà nelle sagome del barocco e che avrà ricche coperture metalliche. Dell'età barocca si ricordano gli esempî di S. Maria Maggiore e di S. Pietro in Roma. In S. Maria Maggiore il battistero è nella grande sala (eretta su disegno di Flaminio Ponzio a tempo di Paolo V) che precede la sacrestia. Il fonte è una squisita opera di Luigi Valadier, ultimata nel 1825.

A S. Pietro in Vaticano il battistero occupa la prima cappella a sinistra di chi entra. Questa cappella fu architettata da Carlo Fontana sul finire del sec. XVII. Per il fonte egli adoperò la copertura del sarcofago di Ottone II già nell'atrio dell'antica basilica. Su tale coperchio rovesciato e posto sopra un piede, l'architetto adattò un coperchio di bronzo con figurazioni eseguite da lui stesso nel 1698. Nella parete di fondo della cappella grandeggia un magnifico quadro in musaico con la scena del battesimo di Cristo copiata dall'originale di Carlo Maratta che è in S. Maria degli Angeli.

Con questo esempio monumentale si può chiudere la serie dei battisteri degni di nota. Ora il battistero è per lo più ridotto al solo fonte, posto in una cappelletta, o anche in una semplice nicchia all'ingresso della chiesa (v. fonte battesimale).

(V. Tavv. CV-CX).

Bibl.: Oltre alle opere citate nel corso dell'articolo, si veda la voce Baptistère, compilata da H. Leclercq in Dictionnaire de l'Archéol. chrétienne del Cabrol, e la buona trattazione di F. Grossi Gondi nel volume: I monumenti cristiani iconografici ed architettonici dei sei primi secoli, Roma 1923, p. 443 segg.; G. B. Giovenale, Il battistero lateranense, in Atti del Pont. Istit. d'Arch. crist., 1929.

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