Belgio: la crisi del debito

ATLANTE GEOPOLITICO (2012)

L’attuale governo ad interim ha come obiettivo primario di politica economica quello di rientrare dal deficit di bilancio, riconducendo il debito pubblico entro dimensioni sostenibili. Proprio la parabola delle finanze statali del paese può essere presa ad indizio delle difficoltà del sistema politico.

Nel 2000 il governo aveva infatti raggiunto il pareggio di bilancio per la prima volta in cinquant’anni; bilancio che restò in leggero surplus fino al 2003. Nonostante un primo deterioramento delle finanze pubbliche nel 2004, l’adozione di misure una tantum ha consentito, fino al 2007, di chiudere ogni successivo bilancio annuale in una posizione sempre vicina al pareggio.

Dal 2008 la crisi finanziaria ha però colpito in maniera estremamente dura i principali istituti di credito belgi. I più colpiti sono stati KBC, Dexia e Fortis – tanto che quest’ultima compagnia è stata costretta ad accettare l’acquisizione da parte di BNP Paribas.

La crisi è stata aggravata da due fattori: da una parte, i dissidi interni alla maggioranza del primo ministro Yves Leterme, che tra il 2008 e il 2010 è stata composta da cinque partiti (tre francofoni e due fiamminghi), hanno generato una pioggia di veti incrociati sui tagli e le misure di emergenza da adottare. Dall’altra, l’esistenza di uno stabilizzatore automatico dei salari all’inflazione (la scala mobile) ha fatto sprofondare il rapporto debito/ pil al 6,1% nel 2009, mentre il debito pubblico ha sfondato la soglia psicologica del 100% del pil.

Il recente tira e molla di competenze tra governo federale e regioni è stato un ulteriore ostacolo alla conclusione di un accordo per ridimensionare la spesa pubblica, attualmente sovradimensionata rispetto alle prospettive di crescita economica del paese. In un contesto tanto grave, l’obiettivo del governo sarebbe quello di riportare il bilancio pubblico in pareggio entro il 2015, ma la situazione finanziaria resta così complicata che nel settembre 2010 il paese è stato costretto a concordare un piano di risanamento con l’Unione Europea.

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