Belgio

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Stato dell’Europa occidentale compreso fra le coste sud-occidentali del Mare del Nord e il massiccio delle Ardenne; confina con i Paesi Bassi (N ed E), la Germania e il Lussemburgo (E), la Francia (S e O).

Dal 1993 è uno Stato federale, nel quale trovano riconoscimento le regioni autonome di Fiandra, Vallonia e Bruxelles e le tre comunità linguistiche francese, nederlandese e tedesca. La comunità tedesca è unita amministrativamente alla Vallonia.

Caratteristiche fisiche

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Il paese è formato a N da un bassopiano alluvionale e a S da mediocri elevazioni (alt. max Botrange, 694 m) di calcari di età primaria. Il rilievo, in buona parte formatosi durante il corrugamento ercinico, è stato quasi interamente demolito e spianato dall’erosione, e poi di nuovo lievemente corrugato in età terziaria, per cui ha oggi forma di dolce altopiano, scavato da larghi avvallamenti aperti dai fiumi. Maggiore fra essi quello corso in direzione O-E dai fiumi Sambre e Mosa, uno degli elementi fondamentali nella struttura della morfologia belga, in prosecuzione del solco francese dell’Oise: importante direttrice di comunicazione lungo una fascia di territorio altamente industrializzata.

L’altopiano è rivestito di foreste con ampie radure (prati e pascoli per bovini), ma a S della valle della Mosa, dove i calcari sono ricoperti da argilla, si hanno zone (Hautes Fagnes) sterili, con lande e torbiere. A NO l’altopiano degrada verso i bacini carboniferi che si estendono lungo la Sambre dal confine francese a Namur e lungo la Mosa nei dintorni di Liegi. Procedendo verso il mare, a una regione agricola con ondulazioni di sabbie e argille terziarie (Brabante) segue la bassa pianura alluvionale (Fiandra), attraverso la quale fluisce la Schelda. Costituita a E da sabbie talora instabili, a O da argille sterili, intersecata da un dedalo di canali, la Fiandra era in origine un paese di lande e di foreste. La parte nord-orientale del Belgio, fra la Mosa e Anversa, comprende la pianura della Campine, con pascoli disseminati di stagni e di acquitrini alternati a boschi di pini e a campi di segala. Lungo la fascia costiera corre una lunga fila di dune (alte fino a 30 m), ora protette dalla demolizione da parte del mare.

Il clima è di tipo oceanico, con forte influenza dei venti occidentali, moderata variazione stagionale nelle temperature (a Bruxelles, in media: gennaio 1 °C e luglio 17,5 °C, a Ostenda, 2 e 17 °C). La piovosità è abbondante (800-1000 mm annui nella pianura, fino a 1500 mm annui sopra le Ardenne) e ben ripartita in ogni mese.

Popolazione

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Dopo i Paesi Bassi il Belgio è lo Stato europeo con maggiore densità di popolazione, ma la distribuzione presenta squilibri particolarmente vistosi fra l’area centro-settentrionale e quella meridionale. È in assoluto uno dei paesi più urbanizzati (la popolazione rurale ammonta intorno al 2,5%) ma mancano metropoli paragonabili per dimensioni a quelle degli Stati vicini e nessuna città del paese, all’interno del proprio aggregato storico, raggiunge il milione di abitanti. Rilevante il movimento pendolare con le adiacenti regioni industriali della Francia. L’immigrazione, non più legata, come in passato, a correnti provenienti da paesi dell’Europa meridionale, è alimentata da Stati extraeuropei, in particolare africani (il flusso più cospicuo è quello dei Marocchini); di ciò si ha traccia pure nella composizione religiosa della popolazione, nella quale si registra anche una quota crescente di musulmani. Rimangono ancora tracce della consistente immigrazione degli anni 1950 e 1960 degli Italiani, che tra gli stranieri formano il gruppo più consistente (183.021 nel 2004). Come composizione etnica, la popolazione belga rivela decisamente due diverse origini, le quali si manifestano nella diversità della lingua, dividendo il paese in due regioni, secondo una linea rimasta quasi invariata nei secoli che, dalla Mosa a valle di Liegi, si profila in direzione O, passando a S di Bruxelles, per terminare al corso alto del Lys. A N di questa linea si parla fiammingo (un dialetto nederlandese) e a S si parla vallone (un dialetto francese, continuazione della parlata di Piccardia). Per superficie è lievemente maggiore l’area vallona, ma per popolazione sono più numerosi (quasi il 60%) i Fiamminghi; la regione di Bruxelles costituisce un’area bilingue. Sono presenti inoltre minoranze di lingua tedesca. Religione prevalente è la cattolica.

Condizioni economiche

Alle caratteristiche generalmente favorevoli del clima e all’abbondanza delle acque, non fa riscontro ovunque il favore del suolo: non più di un terzo del paese è formato di terre coltivabili. All’infertilità di alcune zone ha tuttavia sopperito l’opera umana, come in Fiandra, originariamente sterile e ora fiorente, e a N di essa, nella regione litorale, una volta periodicamente invasa dai ristagni di acque piovane e fluviali esalveate, e ora libera da ogni ritorno delle acque grazie a dighe e sistemi di drenaggio (polder, oltre 100.000 ha). Il settore primario occupa il 2,5% della popolazione attiva e contribuisce per appena l’1,4% alla formazione del PIL. Regioni fortemente granicole sono la Fiandra, il Brabante, l’Hainaut e l’Hesbaye, nelle altre zone di pianura (Campine) prevale la segale, e sui rilievi (Ardenne) l’avena; un forte sviluppo ha avuto anche la coltura dell’orzo. Le piante industriali formano in alcune province una delle risorse più notevoli: la barbabietola da zucchero (85.000 ha nel 2005) in Hainaut e Hesbaye, il lino (19.000 ha ca. nel 2005) in Brabante, Fiandra e Hainaut. Ingente poi la produzione orticola (patate, fave, cavolfiori, pomodori) nei dintorni di Bruxelles, e rinomata la floricoltura industriale nella zona di Gand. Ovunque le colture frutticole: l’Hesbaye ha notevole produzione di mele e pere, il Limburgo di ciliege e susine, i dintorni di Bruxelles di fragole. L’intenso allevamento del bestiame (nel 2005: 2,6 milioni di bovini; 6,3 milioni di suini; 34.000 cavalli ca., di cui pregiatissima la razza da tiro del Brabante) dà notevoli prodotti in carne e formaggi. Particolare segnalazione merita poi l’avicoltura, mentre la pesca (aringhe) si concentra in buona parte a Ostenda, che è uno dei mercati più fiorenti del continente, e ha celebri allevamenti di crostacei e di ostriche.

Il Belgio, per tradizione paese minerario e industriale, ha vissuto con difficoltà l’inevitabile passaggio a un’economia fortemente terziarizzata. La sua nota ricchezza carbonifera, già in declino negli anni 1970 per l’assottigliarsi degli strati, l’aumento dei costi salariali e soprattutto la concorrenza del petrolio, ha di fatto cessato di esistere nei primi anni 1990 (nel 1992 è stata chiusa l’ultima importante miniera). Le sue industrie (soprattutto quelle siderurgiche e meccaniche) sono entrate in crisi (mentre si è avuto un incremento del ramo petrolchimico) con il graduale passaggio a un’economia vieppiù fondata sulla produzione di servizi. Ciò ha posto rilevanti problemi di riconversione, tanto più urgenti in un paese non solo appartenente all’Unione Europea, ma inserito nella sua area più vitale. Alla fine del 20° sec., comunque, il Belgio risultava allineato agli altri paesi dell’area. Anche la forza lavoro occupata nelle attività industriali si è drasticamente ridimensionata nel corso degli anni 1990, scendendo al 24%, mentre quella addetta ai servizi è salita al 74%. I problemi economici del Belgio, peraltro, sono soprattutto problemi di squilibri regionali: la cessazione dell’attività mineraria ha colpito in particolare la Vallonia; la contrazione delle industrie siderurgiche e meccaniche ancora la Vallonia e in misura minore le Fiandre. Lo sviluppo delle attività di servizio e il fatto di essere sede di organismi politici sovrannazionali hanno avvantaggiato soprattutto la regione di Bruxelles, accentuandone il distacco dal paese e la caratterizzazione di metropoli più europea che belga. Per quanto riguarda le infrastrutture di comunicazione, il Belgio è da sempre tra i paesi meglio organizzati del mondo, con una densa ed efficiente rete ferroviaria e idroviaria. Il porto di Anversa, il cui sviluppo è stato oggetto di particolare attenzione e di un piano a lungo termine, occupa il secondo posto tra gli scali d’Europa.

Storia

Lo Stato belga venne costituito ufficialmente nel 1830-31; ma le condizioni ideali e politiche del suo sorgere risalgono alla seconda metà del 16° secolo. Nel 1579 i contrasti religiosi e la lotta contro il dominio spagnolo determinarono la scissione tra Paesi Bassi cattolici (poi Belgio: il nome è già d’uso generale nel 16° sec.) e Paesi Bassi protestanti (Olanda; per la storia di questi territori ➔ Brabante; Fiandra; Gheldria; Hainaut; Liegi; Limburgo; Paesi Bassi). Rimasti sotto il dominio della Spagna, i Paesi Bassi cattolici ebbero una vita assai travagliata perché furono teatro delle continue guerre fra le potenze europee, e perché fecero le spese di non pochi accordi diplomatici (il Trattato di Vestfalia del 1648 segnò la chiusura della Schelda e la morte economica di Anversa). Passati, alla fine della guerra di successione spagnola (1714), sotto il dominio degli Asburgo d’Austria, ebbero una netta ripresa economica, pur non riuscendo a ottenere la riapertura della Schelda; ma le riforme introdotte dall’imperatore Giuseppe II incontrarono l’opposizione del clero e dei conservatori tradizionalisti.

Nel 1789 scoppiò la ‘rivoluzione brabantina’ che costituì il paese nella repubblica degli Stati Uniti del Belgio (États Belgiques Unis): il contrasto tra i conservatori o ‘statisti’, capitanati da Enrico van Nost, e i progressisti, guidati da H.E. Vonck, favorì il ritorno delle milizie austriache, ma le vittorie di Jemappes (1792) e di Fleurus (1794) segnarono ben presto l’annessione del paese alla Francia (confermata dai Trattati di Campoformio e di Lunéville), nonostante la violenta resistenza cattolica e tradizionalista al regime giacobino (guerra dei contadini: 1798-99). Al Congresso di Vienna (1815) le province belghe furono unite a quelle olandesi nel regno dei Paesi Bassi, ma la resistenza cattolico-clericale allo statalismo protestante e al predominio politico olandese si saldò a quella liberale contro il sistema della Restaurazione sfociando in rivoluzione (1830). Si costituì un governo provvisorio che proclamò l’indipendenza ed emanò la nuova Costituzione (1831). Il nuovo re Leopoldo di Sassonia Coburgo accettò le condizioni del Trattato di Londra che, pur sancendo l’indipendenza del paese, imponeva al Belgio un regime di neutralità perpetua. Nel 1847 prese il sopravvento il Partito liberale, che segnò un periodo di floridezza economica, ma anche di lotte tra i liberali e i cattolici.

Gli anni che seguirono la crisi istituzionale del 1865-66, provocata dalla morte di Leopoldo I, videro la formazione di un partito cattolico organizzato (1884) e l’affermazione della sua egemonia (maggioranza assoluta in Parlamento fino al 1919). Esso si fece portavoce, in particolare, degli interessi ecclesiastici in campo scolastico, di quelli dei ceti rurali e del nascente nazionalismo fiammingo, mentre il movimento socialista (costituzione del Partito operaio belga nel 1885) si diffuse soprattutto nella Vallonia industrializzata. Sottoposto a dura occupazione tedesca durante la Prima guerra mondiale (nonostante la resistenza animata dal re Alberto I), il Belgio ottenne l’abolizione del regime di neutralità obbligatoria, i cantoni di Eupen e Malmédy e una parte dell’Africa orientale tedesca (da aggiungere al Congo, colonia dal 1908). L’introduzione del suffragio universale maschile nel 1919-21 (seguito da quello femminile nel 1949) portò una serie di riforme sociali, e il Partito operaio belga divenne il secondo partito del paese. Emergeva intanto il problema dei rapporti tra Fiamminghi e Valloni.

A partire dal 1930 il Belgio venne diviso in due aree linguistiche rigidamente separate: il nederlandese nelle province fiamminghe e il francese in Vallonia. Sul piano internazionale, Leopoldo III proclamò (1936) la necessità di assumere una posizione neutrale che non impedì però al Belgio di subire l’invasione tedesca dal 1940 al 1944. Finita la guerra e costituito un governo di unità nazionale, le forze politiche si divisero sulla ‘questione regia’: comunisti, socialisti e liberali erano contrari al ritorno sul trono di Leopoldo III, sostenuto da cattolici e Fiamminghi, a causa del suo atteggiamento ambiguo nei confronti degli occupanti. Dopo il referendum del 1950 (dove il 57% dei votanti si espresse per il ritorno del re), Leopoldo III abdicò in favore del figlio Baldovino, salito al trono nel 1951. I cattolici (dal 1945 divisi in Partito cristiano popolare, ala fiamminga, e Partito cristiano sociale, ala vallona) riaffermarono la propria egemonia, alternando per anni l’alleanza con liberali e con socialisti o con entrambi. Contemporaneamente il Belgio si inserì nel sistema occidentale con l’adesione all’Unione occidentale (1948), alla NATO (1949) e all’Unione europea occidentale (1954), nonché con la costituzione del Benelux (1948), la partecipazione alla CECA (1951) e infine alla CEE (1957).

Negli anni 1960, dopo le tensioni suscitate dalla difficile decolonizzazione del Congo (accompagnata nel 1962 da quella del Ruanda-Urundi), i contrasti tra Fiamminghi e Valloni divennero sempre più il principale problema del paese, provocando, fra l’altro, la formazione su base etnica di nuovi partiti di ispirazione federalista (come la fiamminga Unione popolare e il Fronte democratico dei francofoni) e la divisione delle stesse forze politiche tradizionali lungo la frontiera linguistica. Dal 1968 i due partiti cattolici guadagnarono una totale autonomia: il Partito della libertà e del progresso (nome assunto nel 1961 dal Partito liberale) divenne esclusivamente fiammingo in seguito al distacco della componente francofona che nel 1979 diede vita al Partito riformista e liberale. Nel 1978 anche il Partito socialista si divise in due organizzazioni indipendenti, l’una vallona e l’altra fiamminga. A ciò corrispose l’avvio di un progetto di riforma dello Stato in senso federale, sancito dal cosiddetto ‘patto di Egmont’ (1977) che prevedeva la formazione di tre regioni autonome (Fiandre, Vallonia e Bruxelles), ma la sua attuazione fu bloccata dall’ostilità dei Fiamminghi per il conferimento a Bruxelles dello status regionale che avrebbe consentito ai Valloni il controllo di due regioni su tre. Nel 1980 vi fu l’approvazione dello statuto di autonomia per le Fiandre e la Vallonia e il rinvio della regionalizzazione di Bruxelles, ma la situazione rimase difficile, soprattutto per le conseguenze della crisi economica e di un’ulteriore accentuazione degli squilibri tra le Fiandre e la Vallonia. Dopo la politica di austerità che caratterizzò i governi degli anni 1980, venne istituita la regione di Bruxelles. Il governo guidato dal cristiano-sociale J.-L. Dehaene riuscì a completare la riforma costituzionale trasformando il Belgio in uno Stato federale (1993). La nuova Costituzione (1994) istituì cinque organismi legislativi, cui corrispondevano altrettanti Consigli esecutivi. Alle amministrazioni regionali fu attribuita la responsabilità delle politiche ambientali, dei trasporti e dei lavori pubblici, mentre agli organismi rappresentativi delle comunità linguistiche spettarono l’istruzione e la politica culturale. La soluzione della questione istituzionale non servì, tuttavia, a ricomporre i contrasti fra le comunità linguistiche e fra le regioni del paese, diversamente toccate dalla recessione e dal conseguente aumento della disoccupazione. Nelle elezioni del 1995 Dehaene fu nominato primo ministro del nuovo governo di centrosinistra che continuò la politica di sacrificio e di contenimento della spesa pubblica. Alcuni scandali che coinvolsero in quegli anni la classe dirigente belga e il governo, e il generale malcontento per la situazione economica portarono, nelle elezioni del 1999, alla crescita della destra del Vlaams blok, del Front national e degli ambientalisti.

G. Verhofstadt, leader del Partito liberale e democratico fiammingo, incaricato di formare un nuovo esecutivo, diede vita a un governo di coalizione fra i due partiti liberali, i due socialisti e i due ecologisti, che per la prima volta in quarant’anni escludeva i cristiano-sociali. Le elezioni politiche del 2003 condussero al rinnovo dell’alleanza di governo tra liberali e socialisti, con Verhofstadt confermato alla guida dell’esecutivo, che mantenne fino alle elezioni del 2007, nelle quali ottenne la maggioranza il partito cristiano-democratico fiammingo di Y. Leterme. La difficoltà di trovare un programma condiviso dai partiti fiamminghi e da quelli francofoni ha impedito a lungo la formazione dell’esecutivo e solo nel marzo 2008 Leterme ha potuto formare un governo di coalizione, già dimissionario in dicembre. Dopo la nomina del nuovo premier, il cristiano-democratico H. Van Rompuy, a presidente del Consiglio europeo, nel 2009 è tornato al governo Leterme; dimissionario nell'aprile 2010, quest'ultimo ha assunto la carica di ministro ad interim nell'ottobre dello stesso anno, perdurando nel paese la fase di profonda instabilità politica. Al termine di una crisi durata sedici mesi, nell'ottobre 2011 fiamminghi e francofoni hanno raggiunto un'intesa sul nuovo assetto del Paese grazie anche al ruolo di mediazione svolto dal socialista francofono E. Di Rupo, il quale ha ricevuto dal re Alberto II l'incarico di condurre i negoziati per la riforma istituzionale che prevederebbe, tra le altre cose, una maggiore autonomia per le regioni federali in materia di fisco e sanità e un riassetto del distretto elettorale di Bruxelles-Halle-Vilvoorde. Nel dicembre dello stesso anno Di Rupo ha presentato al re il testo dell'accordo raggiunto con i partiti della nuova coalizione di governo e assunto la carica di premier, primo leader politico socialista e vallone dal 1974 e capo del nuovo esecutivo dopo una crisi durata 535 giorni. Nel luglio del 2013 il re Alberto II ha abdicato in favore del figlio Filippo.

Alle elezioni federali e regionali tenutesi, in concomitanza con quelle europee, nel maggio 2014 si è nettamente affermato  B. de Wever, sindaco di Anversa e leader della Nuova alleanza fiamminga (N-Va), che ha ottenuto 33 seggi alla Camera, 43 nel Parlamento fiammingo e un quinto dei seggi nel nuovo Senato a elezione indiretta; l’uomo politico ha però rifiutato di formare il governo federale affidatogli da Filippo I, il quale ha dunque assegnato l’incarico a C. Michel, leader del Movimento riformista francofono.

In politica estera il Belgio, paese accogliente e multietnico, dopo la strage di Parigi del 13 novembre 2015 si è impegnato nella lotta al terrorismo arrestando molti foreign fighters, anche responsabili dell'attentato di Parigi, che si nascondevano al suo interno; il 22 marzo 2016 Bruxelles è stata teatro di un attentato alla metropolitana e all'aeroporto rivendicato dall'IS in cui sono morte decine di persone e ferite centinaia. In tema di politiche migratorie, una vistosa faglia interna all'esecutivo si è aperta nel dicembre 2018 rispetto alla scelta di aderire al Global compact for migration: i ministri di N-Va, primo partito della coalizione al governo, hanno rassegnato le dimissioni, costringendo il premier Michel, favorevole al patto, a guidare un governo di minoranza, e a rassegnare egli stesso le dimissioni pochi giorni più tardi, permanendo nella carica per incarico del re fino alle europee fissate al maggio 2019. Le consultazioni hanno registrato la netta affermazione del partito di estrema destra Vlaams Belang, collocatosi con l'11,9% dei consensi come secondo del Paese, preceduto solo da N-va (16%) e seguito dai socialisti (9,5%), entrambi in forte calo come i liberali del premier uscente (7,6%). In ragione dell'elezione del premier Michel alla presidenza del Consiglio europeo, nell'ottobre 2019 gli è subentrata nella carica S. Wilmès; a capo di un governo provvisorio sostenuto da una coalizione di minoranza, la donna politica è stata sostituita nell'ottobre 2020 da A. De Croo, appoggiato da un’alleanza di liberali, socialisti, ambientalisti e democristiani.

Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea dal 1° gennaio al 30 giugno 2024.

Letteratura

Nella letteratura belga si devono distinguere due specifiche letterature secondo la lingua in cui sono scritte: il francese e il nederlandese, lingua colta scritta e parlata dei Paesi Bassi (Nederland). Il termine Vlaams («fiammingo»), che è ancora spesso usato per indicare la lingua odierna del Belgio settentrionale, è meno adatto, perché si riferisce propriamente soltanto al gruppo dei dialetti delle Fiandre.

Letteratura belga di lingua nederlandese

Con la creazione del regno del Belgio la letteratura fiamminga si sviluppò rapidamente, di pari passo con l’azione linguistica, sociale e politica del Movimento nazionalista fiammingo (De Vlaamse Beweging), d’ispirazione romantica. Il termine ‘fiammingo’ accentuava anche nella letteratura il sentimento patriottico dei Belgi di lingua nederlandese di fronte alla preponderanza della lingua francese nella vita ufficiale del nuovo Stato. Tra i poeti romantici vanno menzionati P. van Duyse, K.L. Ledeganck, T. van Rijswijck e J.A. de Laet. Più grande risonanza ebbe la vasta opera narrativa di H. Conscience, i cui romanzi storici di argomento nazionale (De Leeuw van Vlaanderen «Il leone delle Fiandre», 1838) e i racconti campestri di carattere idillico (De loteling «Il coscritto», 1850) sono stati tradotti in molte lingue europee. Di A. Bergmann, che usò lo pseudonimo di Tony, è un libro di bozzetti autobiografici di amabile umorismo, Ernest Staes (1874). Virginie Loveling scrisse in collaborazione con la sorella Rosalie poesie e novelle e approfondì più tardi il romanzo realistico con tesi di attualità. Il poeta J.M. Dautzenberg, vigile cultore della forma, fu un isolato; J. van Beers godette invece di grande popolarità con la sua poesia realistico-idealizzante. Ma soltanto il sacerdote di Bruges G. Gezelle portò con la sua lirica la letteratura fiamminga a un livello che dopo la fioritura medievale non aveva più raggiunto, esprimendo il suo finissimo sentimento della natura in un linguaggio che rende musicalmente le più sottili notazioni. H. Verriest, critico e oratore, sacerdote come Gezelle e suo discepolo, ne diffuse la fama ed ebbe come allievo il poeta A. Rodenbach, ardente propugnatore del Movimento fiammingo, autore di canti romantici e del dramma Gudrun (1882).

Verso la fine del 19° sec. un nuovo spirito anima i collaboratori della rivista Van Nu en Straks («Di oggi e di domani», 1893-94 e 1896-1901), la cui influenza è da paragonare a quella di La Jeune Belgique (1881-97) per la letteratura belga di lingua francese. La personalità dominante fu A. Vermeylen, critico e saggista, autore del romanzo simbolico De Wandelende Jood («L’ebreo errante», 1906), che voleva integrare la cultura delle Fiandre in quella europea. Di Van Nu en Straks fecero parte anche il poeta ‘maledetto’ P. van Langendonck, E. de Bom e A. Hegenscheidt. Il massimo esponente della lirica fra Ottocento e Novecento è il simbolista K. van de Woestijne, poeta decadente, i cui versi di uno splendore barocco esprimono il suo tormento incessante fra ascesi e sensualità. Maestro della prosa è S. Streuvels (pseud. di F. Lateur), che, svincolatosi dal regionalismo realistico dei romanzi paesani, dipinge con stile vigoroso i rapporti tra gli uomini e la natura. C. Buysse, che si staccò più tardi dal gruppo di Van Nu en Straks, è il maggiore scrittore naturalista (Het recht van den sterkste «Il diritto del più forte», romanzo, 1883), H. Teirlinck, scrittore versatile e stilista raffinato (i cui romanzi migliori sono posteriori al 1940), nel primo dopoguerra contribuì al rinnovamento del teatro con drammi d’avanguardia (De vertraagde film «Il film rallentato», 1922). F. Toussaint van Boelaere, fine stilista e critico, scrisse novelle. Estranei all’ambiente di Van Nu en Straks sono gli autori di racconti regionali, M. Sabbe, L. Baekelmans e R. de Clercq, poeta di tono popolare. Una forte influenza sui giovani cattolici tra le due guerre ebbe il sacerdote C. Verschaeve, con una vasta opera saggistica, poetica e teatrale.

I giovani della rivista De Boomgaard («Il frutteto», 1909-11) hanno in comune con Van Nu en Straks la volontà di essere cosmopoliti, ma sono più polemici contro il provincialismo e soprattutto tendono a un’arte più raffinata, estetizzante. Il loro capo fu il critico A. de Ridder. Il poeta J. van Nijlen collaborò al Boomgaard, pur rimanendo un isolato: le sue liriche hanno trovato più tardi il meritato riconoscimento. Durante la Prima guerra mondiale due scrittori incontrarono il favore dei lettori con i loro racconti e romanzi regionali senza riferimenti ai problemi attuali: F. Timmermans e E. Claes, il primo noto anche all’estero con i suoi racconti pittoreschi di gusto fiammingo (Pallieter, 1916; Het Kindeke Jezus in Vlanderen «Il Bambino Gesù nelle Fiandre», 1917), il secondo per l’umorismo bonario che anima i suoi bozzetti di vita paesana (De vitte «Il Biondino», 1920).

La guerra e l’occupazione tedesca segnarono la letteratura fiamminga. L’influenza dell’espressionismo si fece sentire soprattutto nella lirica che ebbe tra le figure d’avanguardia più importanti  P. Van Ostaijen e W. Moens. Contro l’espressionismo insorse la rivista Het Fonteintje («La fontanella», 1921-24), con scrittori di spirito più individualista, semplice, ironico: i poeti R. Minne e Raymond Herreman, il saggista U. van de Voorde e il prosatore M. Roelants. Tra il 1920 e il 1930 il teatro ebbe un periodo di successo con le rappresentazioni di Het Vlaamse Volkstoneel («Il teatro popolare fiammingo»). Verso il 1930 l’espressionismo era tramontato e iniziò una straordinaria fioritura del romanzo, che abbandonò gli schemi della narrativa tradizionale paesana. I nuovi romanzieri sono psicologi più raffinati e sottili: M. Roelants eccelle nell’analisi introspettiva (Komen en gaan «Breve visita», 1927); G. Walschap trasforma radicalmente il modo di trattare i temi della comunità cattolica fiamminga, rappresenta personaggi sconcertanti sotto l’apparente normalità e difende la forza vitale dell’uomo; W. Elsschot (pseud. di A. de Ridder) pubblica già nel 1913 un romanzo (Villa des Roses) in cui sono evidenti tutte le qualità della sua prosa spoglia e della sua ironia raffinata. Un altro osservatore acuto delle debolezze umane è R. Brulez, mentre M. Gilliams, prosatore e saggista, indaga il mondo dei sogni e della propria anima. Anche F. de Pillecijn è più evocatore di stati d’animo che narratore. Buoni prosatori sono L. Zielens, A. van Hoogenbemt e A. Demedts.

Altri scrittori, tra il 1940 e il 1950, rinnovarono la narrativa. Il poeta e saggista M. Gijsen (pseud. di J.A. Goris) dal 1947 si volse alla prosa con romanzi brevi di carattere velatamente autobiografico, ricchi di allusioni ironiche alla morale corrente. La prosa di J. Daisne (pseud. di Herman Thiery) ha un carattere misto di realtà e sogno o allucinazione, che egli definisce «realismo magico» (De trap van steen en wolken «La scala di pietra e di nuvole», 1942; De man die zijn haar kort liet knippen «L’uomo che si fece tagliare i capelli», 1947). H. Lampo rievoca avvenimenti storici scoprendovi analogie con il tempo di oggi (De belofte aan Rachel «La promessa a Rachele», 1952) e introduce elementi soprannaturali nella vita quotidiana (De komst van Joachim Stiller «L’arrivo di J. S.», 1960), mentre P. van Aken tratta problemi sociali (Klinkaart «Il mattone», romanzo, 1954). L.-P. Boon, anch’egli scrittore impegnato, spesso sconvolgente, pone l’accento sulle ingiustizie sociali e morali, con originali procedimenti stilistici e interventi personali e appassionati (De Kapellekensbaan «La strada della cappella», 1953). La poesia, tra il 1930 e il 1950, non denota atteggiamenti eccentrici: P. Buckinx tiene alla disciplina formale; K. Jonckheere, poeta e saggista, si afferma con Spiegel der Zee («Specchio del mare», 1946), B. Decorte si dimostra lirico esuberante in Germinal (1937). Più classico è H. Hensen (pseud. di F. Mielants), che in forme severe esprime una stoica accettazione della vita.

Con H. Claus, romanziere, poeta e commediografo, si entra, dopo il 1950, nella fase dello ‘sperimentalismo’; talento precoce e fecondo, Claus può essere considerato il capo della nuova corrente, la quale s’ispira ai grandi francesi, inglesi e americani del Novecento. Notevole e originale prosatore è anche W. Ruyslinck. La poesia degli ‘sperimentali’ che si sviluppò intorno al 1950 esprime l’atteggiamento dei giovani di fronte al mondo radicalmente cambiato e insicuro: è caratterizzata da un linguaggio associativo e irrazionale e un’immediata percezione sensitiva. Alla rivista Tijd en Mens («Il tempo e l’uomo», 1949-1954) collaborarono oltre Claus, i poeti B. Cami, E. van Ruysbeek e R. van de Kerckhove. J. Walravens fu il teorico della poesia nederlandese moderna. Del gruppo dei Vijfenvijftigers («quelli del 1955») fecero parte P. Snoeck e H.G. Pernath, ambedue poco sensibili alle «grandi miserie del nostro tempo» care alla generazione precedente. Il movimento delle avanguardie si protrasse anche dopo il 1960. Concetti come romanzo, intreccio, personaggio, perdono ogni senso nel formalismo linguistico di I. Michiels, nelle strutture disintegrate di H. Raes, nella scrittura-riflessione dei ‘testi’ di R. Gysen, W. Roggeman, P. de Wispelaere, D. Robberechts. Nel campo della poesia, la sperimentazione linguistica ha il suo apice nelle riviste Labris (1962-75) e De Tafelronde («La tavola rotonda», fondata nel 1956). La poesia concreta, rappresentata da P. de Vree, passa via via attraverso le fasi della poesia audiovisiva, ideografica e visuale (Poëzjen, 1971; Maskers, 1973). Va infine segnalato J. Geeraerts, che ha travasato in una serie di romanzi (tra i quali Ik ben maar een Neger «Sono solo un negro», 1962) l’esperienza di funzionario nell’ex-Congo belga.

Dai tentativi sperimentalistici e neorealistici degli anni 1970 la narrativa nederlandese del Belgio è passata a privilegiare i temi legati all’introspezione. P. de Wispelaere, lontano dai generi letterari tradizionali, è autore di romanzi in cui contrappone alla realtà aggressiva e corrotta l’io autobiografico che aspira a una esistenza nuova e pura. Ispirandosi all’opera di L.-P. Boon, W. van de Broek rivolge la propria attenzione ai problemi dell’individuo, con una connotazione postmoderna che infrange la tradizionale struttura del romanzo (Aantekeningen van een stambewaarder «Appunti dell’erede di un ceppo», 1977). In M. van Paemel, la ricerca dell’io si intreccia a quella del passato recente, investendo in particolare gli anni della Seconda guerra mondiale. I poeti nati agli inizi del Novecento, considerati i rappresentanti della poesia tradizionale, come K. Jonckheere, A. van Wilderode (pseudon. di C.P. Coupé), H. van Herreweghen, continuano a esercitare un notevole ascendente sui giovani. Non tradizionali, ma concordi nel prendere le distanze dalla poesia di Claus, sono T. Lanoye (n. 1958), che fa della sua poesia un’originale manifestazione teatrale in cui il pubblico prende parte attiva, e D. van Bastelaere (n. 1960), che è il portavoce di una poetica postmoderna e intellettualistica, che privilegia lo sperimentalismo di impronta linguistica.

Letteratura belga di lingua francese

La letteratura belga di lingua francese iniziò a diffondersi intorno al 1880, grazie all’azione culturale promossa dalla rivista Jeune Belgique, la quale sosteneva il concetto della teoreticità dell’arte e della sua autonomia dalla sfera della politica e della religione, fondamento dello sviluppo letterario novecentesco. La Wallonie (1886-92) fu invece la rivista del simbolismo, movimento che si diffuse in Belgio proprio perché vi trovò una cultura scevra da condizionamenti dovuti a una lunga tradizione letteraria. Tra i poeti più noti vi furono M. Maeterlinck, E. Verhaeren, M. Elskamp. Numerosi furono anche i narratori che risentirono dell’influsso del naturalismo e del decadentismo, come G. Virrès e E. Delmoder. Dopo la Prima guerra mondiale vi fu un’apertura nei confronti delle correnti letterarie straniere, soprattutto francesi; in particolare penetrarono il surrealismo, il marxismo, l’espressionismo e l’esistenzialismo. Significativa a tal proposito l’opera di A. Baillon, F. Hellens, C. Plisnier, R. Vivier e C. Burniaux.

Due dei maggiori autori nati in Belgio si sono spenti alla fine degli anni 1980: M. Yourcenar, la prima scrittrice a essere accolta all’Académie française, e G. Simenon, i cui scritti hanno continuato a raccogliere un crescente consenso di critica e di pubblico, confermato dalla pubblicazione dell’opera omnia (Tout Simenon, 27 vol., 1989-93). Entrambi espatriati precocemente, sono gli esponenti più illustri di una folta schiera di scrittori di origine o di cittadinanza belga che trovano naturale collocazione nella letteratura francese. D’altra parte, le preoccupazioni indipendentistiche nei confronti della letteratura madre, avvertibili fino agli anni 1960, hanno condizionato sempre meno l’espressione degli scrittori belgi di lingua francese, il cui ruolo all’interno di una cultura nazionale dalla duplice tradizione linguistica e culturale, quella vallona e quella fiamminga, è di fatto potenziato dal riconoscimento di pubblico e di critica ottenuto in Francia. Resta comunque viva la consapevolezza delle proprie origini e radici, come dimostrano i libri autobiografici di Simenon (Je me souviens, 1945; Lettre à ma mère, 1974) o la ricerca della Yourcenar in Souvenirs pieux (1974) e Archives du Nord (1977). Ancora più radicale la ricerca condotta nei romanzi dell’avanzata maturità da D. Rolin (L’infini chez soi, 1980; Deux femmes un soir, 1996; Rénovation, 1998), costruiti secondo le tecniche del nouveau roman, alla cui influenza è sensibile anche J.-G. Linze. Dopo le prime fortunate prove, nessuna evocazione del paese d’origine affiora nell’opera di F. Mallet-Joris (pseud. di F. Lilar), contrassegnata da una progressiva facilità di scrittura; per contro abbondano di dispositivi letterari i romanzi di C. Detrez, ispirati alle sue esperienze di vita, dal seminario alla rivoluzione in America Latina, alla scelta dell’omosessualità. Tra gli scrittori più impegnati si distingue P. Mertens, interprete degli eventi della storia contemporanea. Sulla scia della narrativa fantastica, che aveva avuto il suo iniziatore al principio del Novecento in J. Ray, si muovono gli scrittori della generazione degli anni 1920 J. Sternberg, J. Muno e G. Compère. Esponente del movimento d’avanguardia nato sulla scia del maggio 1968 è J.-P. Verheggen, che abbatte modelli ideologici e stereotipi formali in romanzi d’inesauribile inventiva verbale e prepotente comicità. Tra gli autori più significativi dell’ultimo ventennio del Novecento si distinguono ancora R. Swennen, P. Emond e J.-P. Otte. Un posto a parte occupa H. Bauchau, narratore, poeta e drammaturgo, per il potere suggestivo e la sottigliezza intellettuale della sua opera. In poesia, pur nel venir meno di scuole e movimenti, va segnalata la ricerca di autori quali J. Izoard, animatore a Liegi dell’Atelier de l’agneau; J. Crickillon, autore di raffinati versi barocchi, nonché di novelle. E ancora C. Hubin, la cui poesia si tinge di sfumature intimiste, e W. Lambersy, vicino alle sperimentazioni di R. Queneau.

Una notevole vitalità ha dimostrato in Belgio l’attività teatrale. Essa è dovuta all’intraprendenza di numerosi registi e drammaturghi: H. Ronse, fondatore del Nouveau théâtre de Belgique; M. Liebens, creatore, dopo il fallimento del Théâtre du parvis, dell’Ensemble théâtral mobile; A. Delcampe, direttore dell’Atelier théâtral de Louvain-la-Neuve; i fratelli Charles (più noto con lo pseud. di Frédéric Baal) e Frédéric Flamand, fondatori del Théâtre laboratoire vicinal. Nella drammaturgia, emergono autori quali J. Louvet, interprete delle preoccupazioni del proletariato vallone, J.-M. Piemme, M. Fabien, B. De Coster. Significative, nell’ambito del Jeune Théâtre di Bruxelles, le presenze di M. Delval, M. Dezoteux, P. Sireuil. Una menzione particolare merita la breve e intensa carriera di R. Kalisky, ebreo di origine polacca, il cui teatro, teso a far emergere le violenze e le contraddizioni della storia, si sottrae alle più consolidate convenzioni nell’uso dello spazio e del tempo.

Architettura

All’architettura belga, sul finire del 19° sec., dette impulso il re Leopoldo II che fece innalzare grandiosi edifici pubblici dovuti agli architetti A. Balat, J. Poelaert e H. Beyaert. Le tendenze dell’art nouveau furono espresse originalmente al principio del 20° sec. da V. Horta e P. Hankar, e da H. van de Velde che, in un più complesso approccio all’architettura e al design, fu tra i primi assertori del funzionalismo. Dopo la Prima guerra mondiale giocarono un ruolo significativo nella progettazione urbanistica L. van der Swaelmen, H. Hoste e V. Bourgeois che furono membri dei CIAM (➔). Nel secondo dopoguerra va rilevata una certa mancanza di rispetto per il tessuto urbano (demolizioni di opere quali l’Hôtel Aubecq, nel 1949, e la Casa del popolo, nel 1964, di Horta a Bruxelles), tanto che nel 1968 viene fondato da M. Culot a Bruxelles l’Atelier de la Recherche et de l’Action Urbaine, cui partecipò anche L. Krier. Inoltre si segnalano le forti personalità di L. Stijnen, R. Bastin, R. Braem, i tentativi di innovazione formale di A. Jacqmain nel campus universitario Sart-Tilman presso Liegi (1976-81) e di L. Kroll nella nuova università di Lovanio a Woluwe-Saint-Lambert, presso Bruxelles, e in Louvain-la-Neuve (1973-82). Diverse sono le influenze che si riscontrano nelle opere di S. Beel (casa unifamiliare a Zedelgem, 1993; edificio per uffici in un ex caseificio a Eeklo, 1996; Museo Raveel a Machelen-aan-de-Leie, 1999), uno dei principali rappresentanti del nuovo corso dell’architettura belga, e negli interventi sull’esistente di P. Robbrecht e H. Daem (banca BAC a Kerksken Haaltert, 1991; ristrutturazione di magazzini ad Anversa, 1996). La mancanza di significative eredità culturali ha portato P. Hebbelinck a sviluppare autonomamente la questione della forma nell’espressione architettonica (Maison Heureuse a Montegnée, 1990; uffici e Casa Lecocq a Liegi, 1995; Casa Dejardin a Queue-du-Bois, 1996) e X. de Geyter (casa unifamiliare a Brasschaat, 1992; edificio per abitazione a Sint Niklaas, 1994) a esplorare invece le influenze neomoderniste acquisite con la pratica presso lo studio di R. Koolhaas. La Loge (1934, F. Bodson), che ospita gli Archives d’Architecture Moderne, è stato trasformato in Musée d’Architecture Moderne (2001).

Arte

Per l’arte e l’architettura che dal Medioevo si svolsero nei paesi oggi in parte riuniti nello Stato belga ➔ fiammingo. Dalla costituzione dello Stato, l’arte belga, pur svolgendo un percorso analogo a quella francese, presenta modi originali. Nella prima metà del 19° sec. anche a Bruxelles fu aspra la disputa tra classicisti e romantici; la tradizione di J.-A.-D. Ingres e di J.-L. David è rappresentata da F.G. Navez di Charleroi. La pittura storica per un quarto di secolo fu in voga presso il pubblico e incoraggiata dalle autorità (G. Wappers; E. Leys). Intorno al 1860, si affermarono pittori più liberi ispirati a una vena più intima e raccolta: L. de Winne, F. Willems, J. e A. Stevens, C. Degroux, L. Dubois, C. Meunier, H. de Bracheleer, F. Rops, H. Boulenger. La vivacità del dibattito artistico, in un impegno comune nel rifiuto della tradizione e del potere accademico, è testimoniata dalle mostre del circolo Les XX (1883-93), che annoverò tra i suoi fondatori F. Khnopff, T. van Risselberghe, G. Vogels e J. Ensor, la personalità più imponente dell’arte belga moderna, e del gruppo La libre esthétique (1893-1914), affiancate dalla stimolante opera del critico O. Maus sulla rivista L’art moderne (1881-1914). Accanto alle opere degli artisti belgi, le mostre ospitarono le più recenti e significative esperienze, dal neoimpressionismo al simbolismo, che maggiormente influenzarono l’arte belga. La poetica simbolista e le tematiche dell’art nouveau (in Belgio chiamato Coup-de-Fouet-Stil o Paling stijl o Style des XX) traspaiono nelle ricerche di W. Degouve de Nuncques, di J. Delville e negli artisti che, al volgere del secolo, si stabilirono a Laethem-Saint-Martin (G. van de Woestijne, A. Servaes, V. de Saedeleer, G. Minne). R. Wouter, le cui sculture mostrano un romantico stile impressionista, rivelò nei dipinti una forza cromatica vicina ai fauves. Sempre a Laethem-Saint-Martin si formò poi, con G. de Smet, F. van den Berghe e C. Permeke, il primo nucleo dell’espressionismo fiammingo, la tendenza che dominò la scena artistica in Belgio tra le due guerre, insieme alla corrente surrealista che ebbe protagonisti P. Delvaux e R. Magritte. Non mancarono significative esperienze nel campo dell’arte astratta con V. Servranckx, J. Peeters e G. Vantongerloo che operò soprattutto nei Paesi Bassi e a Parigi.

Nell’immediato dopoguerra (1945) l’associazione Jeune peinture belge raggruppò artisti di tendenze diverse, mostrando ancora la forte eredità dell’espressionismo fiammingo e l’apertura verso correnti quali l’informale: G. Bertrand, L. van Lint, A. Mortier, M. Mendelson, J. Cox, A. Bonnet. All’astrazione geometrica si rifanno le ricerche di J. Delahaut, J. Milo, J. Burssens e P. Bury, che nel 1952 formarono il gruppo Art abstrait, Formes. Il surrealismo, riproposto con autentica forza ancora dalle opere di Magritte, Delvaux e E. L. T. Mesens, influenzò profondamente il gruppo COBRA che ebbe tra i suoi membri più vivaci C. Dotremont e P. Alechinsky. Tra surrealismo e arte concettuale sono da collocare le opere di M. Broodthaers e ancora al surrealismo rimandano le ceramiche di P. Caille e i bronzi di R. d’Haese.

La via di una nuova figurazione, in alcuni casi con precisi agganci alla pop art, è stata intrapresa da R. Raveel, P. Mara, che da una prima fase astrattista è giunto a una fantasmagorica figurazione, M. Maeyer, E. Elias. V. Gentils da un linguaggio pittorico è passato all’assemblaggio di materiali eterogenei per giungere a una scultura nella quale la figurazione si esprime in una sorta di pittura tridimensionale; la scultrice H. van Sumere ha ricercato pure forme, Panamarenko ha elaborato le sue macchine utopiche che associano sperimentazione artistica e tecnologica. In sintonia con le esperienze contemporanee internazionali, le generazioni più giovani hanno sperimentato linguaggi e strumenti espressivi diversi, mentre nelle loro opere spesso affiorano surrealismo, ironia, introspezione e malinconia, caratteristiche costanti della cultura belga. Nel 1993 una mostra organizzata dai Musées royaux des beaux-arts di Bruxelles, accanto ad artisti maturi come l’astrattista R. De Keyser o M. Wéry, che nel rapportare la sua pratica pittorica al contesto architettonico mostra una matrice prettamente concettuale, ha presentato molti giovani che hanno confermato poi la loro validità anche sulla scena internazionale: G. Bijl, con installazioni ironiche su aspetti della civiltà contemporanea; N. Tordoir, autore di monumentali opere modulari; J. Fabre, protagonista di spettacolari performance e autore di installazioni; M. Droste, che ha lavorato con G. Rombouts a un alfabeto originale di immagini e colori; A.V. Janssens, autrice di video e sculture di luce, suono e spazio. Tra gli artisti accolti nelle numerose strutture pubbliche dedicate all’arte contemporanea di Bruxelles (anche le stazioni della metropolitana presentano un significativo panorama dell’arte belga dal 1976), Anversa, Liegi, Gand, Lovanio, alle quali si è aggiunto (2001-02) il Musée des arts contemporains (MAC’s), nella miniera carbonifera del Grand-Hornu, si ricordano ancora: M.-J. Lafontaine, che lavora nel campo della videoarte; M. Desguin, che propone con sculture e installazioni, tematiche legate al tempo e alla memoria; L. Vandevelde, le cui sculture prevalentemente in legno rappresentano frammenti di una totalità naturale e culturale insieme; B. Vandevijvere, la cui ricerca rimane fondamentalmente astratta pur nella suggestione di forme e presenze umane; e infine il Group Z con M. Samyn, che dal 1995 opera nel campo dell’arte elettronica. Nell’ambito del fumetto e dell’illustrazione, che hanno una lunga tradizione in Belgio, accanto a J.-M. Folon, si è particolarmente distinto François Schuiten.

Musica

Fu solo nella seconda metà del 17° sec. che il Belgio conobbe un risveglio creativo tra i musicisti locali, che culminò in un movimento nazionale nel 19° secolo. La scuola moderna belga si può considerare fondata da C. Franck (1822-1890) che, pur vivendo e operando in Francia, seppe conservare i caratteri tradizionali del genio vallone; caratteri che distinguevano anche il suo allievo e compatriota G. Lekeu (1870-1894), immaturamente scomparso. Oltre che a questi due artisti, la scuola vallone ispirata ai francesi C. Debussy e G. Fauré ebbe tra i suoi esponenti: J. e L. Jongen, V. Vreuls, E. Ysaÿe, L. du Bois, S. e A. Dupuis, F. Rasse, R. Moulaert, P. de Maleingreau e molti altri. Dal 1830 al 1850, oltre alla diffusione dell’opera teatrale italo-francese, specialmente da quella detta grand-opéra (il teatro de la Monnaie di Bruxelles era già reputato uno dei migliori d’Europa), si diffusero ovunque società che per numero e preparazione artistica rendono ancora oggi il Belgio uno dei paesi ove quest’arte è più fiorente.

La scuola fiamminga, fondata da P. Benoît, conservava un carattere popolare e amava gli effetti di masse corali e strumentali. Vi appartennero molti musicisti influenzati dal wagnerismo: E. Tinel, J. Blockx, J. Ryelandt, A. De Greef, P. Gilson, M. Brusselmans e, soprattutto, l’operista Blockx e gli autori di corali Tinel e Ryelandt. Le generazioni successive si ispirarono agli esempi di I. Stravinskij, M. Ravel e del Gruppo dei Sei di Parigi, al quale corrispose in Belgio il gruppo dei ‘sintetisti’ di Bruxelles: R. Bernier, G. Brenta, T. Dejoncker, R. Otlet, M. Poot, M. Schoemaker, J. Strens, F. de Bourguignon e altri, gruppo che si richiama alla personalità di P. Gilson, maestro di molti di essi. Tra gli indipendenti ricordiamo J. Absil, A. Souris, P. Froidebise, M. Quinet, V. Legley, R. Chevreuille e H. Pousseur. A quest’ultimo si deve la fondazione del primo studio belga di musica elettronica (Bruxelles, 1958); un’analoga istituzione fu creata nella zona fiamminga (Gand, 1962) da L. de Meester.

Il Belgio è ricco di virtuosi: la scuola belga di violino, fondata da H. Vieuxtemps e culminante con E. Ysaÿe, è illustrata da Mathieu, Cerikboom, A. Duhois, Clochers. Dei quartetti, celebri il Pro arte, lo Zimmer, il Charlier, il Rédelé, il Liegino, il Quartetto belga con pianoforte, il complesso Pro musica antiqua di Bruxelles.

Patrimonio mondiale dell'umanità unesco

Béguinages fiamminghi (1998); Grand-Place di Bruxelles (1998); ascensori idraulici del Canal du Centre (1998); campanili di Belgio e Francia (1998); centro storico di Bruges (2000); principali case progettate a Bruxelles dall'architetto Victor Horta (2000); miniere neolitiche di selce di Spiennes, Mons (2000); cattedrale di Notre-Dame a Tournai (2000); complesso museale con casa e laboratorio di Plantin-Moretus ad Anversa (2005); Casa Stoclet a Bruxelles (2009).

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