Alighieri, Bellincione

Enciclopedia Dantesca (1970)

Alighieri, Bellincione

Renato Piattoli

Figlio di Alighiero I, nato probabilmente alla fine del sec. XII come possiamo arguire considerando che le ultime menzioni di lui vivo risalgono al 1269.

In un atto del 1246 i suoi figli Bello e Gherardo affermarono di aver superato i diciotto anni; Donato, altro figlio, dichiarò - e la sua dichiarazione fu suffragata dal padre e dai fratelli - di aver superato i quindici anni. Da ciò si può concludere che i rimanenti figli di B., cioè Alighiero, Brunetto e Drudolo, avevano superato i diciotto anni, e poiché in altri documenti dello stesso anno vengono detti emancipati senza richiamo allo strumento notarile di emancipazione, si può supporre che " emancipatus " in questi atti significhi maggiorenne, e quindi che avevano superato non solo i ventuno ma i venticinque anni. Con il che siamo venuti a dire che i figli di B. nacquero tutti in un periodo all'incirca compreso tra il 1220 e il 1230, e che il matrimonio di B. doveva aver avuto luogo tra il 1215 e il 1220.

Si avviò ben presto al traffico del danaro, il quale si esplicava mediante il prestito e operazioni di compra e vendita di terre, di crediti, di canoni enfiteutici, di affitti, forse anche di prodotti agricoli. Il migliore teatro di operazioni, B. lo trovò a Prato e nel territorio circostante, procurandosi un giro di affari anche con membri dell'aristocrazia locale, sia del partito guelfo come i Pugliesi, sia di fede ghibellina come i Barcosi e i Dagomari. E a Prato è datato il primo documento che parli di B., alla fine del 1232. Allora egli, da qualche anno, si doveva essere accasato con una donna di cui ignoriamo tutto, la quale gli generò almeno sei figli maschi, le cui età si possono approssimativamente determinare da un documento del marzo 1246.

A Prato condusse B. i figli per compiere insieme con loro operazioni commerciali e finanziarie, e, presumibilmente, per avviare i più piccoli verso i traffici; e qui si svolse, nel marzo e aprile 1246, l'operazione di cui si possiede la più ampia documentazione, consistente nella vendita di alcuni terreni e di diritti enfiteutici su altre terre fatta a Toringo del fu Pugliese per il prezzo di 140 lire di danari pisani, somma che B. e i figli concessero in mutuo quinquennale, con l'interesse che il padre stesso avrebbe determinato, ad Alighiero, il figlio maggiore, certamente per dargli modo di mettersi a lavorare in proprio o di allargare la propria cerchia di affari. Gli affari degli Alighieri del ceppo di B. in Prato durarono nel tempo, pur rarefacendosi dopo il 1250; quelli di Gherardo, Belluzzo e Donato duravano ancora nel 1270, di Brunetto nel 1275, di Alighiero nel 1257; quelli di B. non sono più documentati dall'aprile 1246. L'unica testimonianza di cariche pubbliche ricoperte da B. è del novembre 1251, quando egli partecipò al Consiglio che approvò l'alleanza tra Firenze, Lucca e Genova. Pare che B. fosse ancora vivo nel 1269 quando venne redatto il libro dell'estimo dei danni subiti dai guelfi, nei loro immobili, durante la supremazia degli avversari. Dopo il 1270 divengono molto più abbondanti, rispetto a quelli concernenti gli Alighieri del ceppo di B., i documenti sugli Alighieri del ramo del Bello.

Bibl. - V. Nicastro, L'avo di D. in Prato, in " Arch. Stor. Pratese " IV (1921) 1-9; R. Piattoli, Gli A. a Prato nel sec. XIII, in " Studi d. " XVII (1933) 55-96; ID., Codice 6, 8, 9, 10, 26, 27, 35; O. Brattö, Liber Extimationum, Göteborg 1956, 71 n. 379.

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