Accolti, Benedetto

Enciclopedia Dantesca (1970)

Accolti, Benedetto

Marcello Aurigemma

, Umanista (Arezzo 1415 - Firenze 1464), designato come ‛ il Vecchio ', per distinguerlo da ‛ il Giovane ', letterato e soprattutto uomo politico vissuto nella prima metà del Cinquecento. Cancelliere della repubblica fiorentina in sostituzione di Poggio Bracciolini (1458 - 1463), partecipante al Certame Coronario (1441), l'A. fu autore dell'opera storica De bello a Christianis contra barbaros gesto pro Christi sepulchro et Iudaea recuperandis libri quattuor. Nelle sue liriche di argomento amoroso e morale vi sono evidenti influssi danteschi; ma il suo nome si lega alla figura di D. soprattutto per il giudizio ch'egli ne diede nella sua opera Dialogus de praestantia virorum sui aevi, composta dal 1459 al 1464 (stampata a Parma nel 1689), nella quale rivendicò i meriti dell'età a lui contemporanea e anche di quella immediatamente precedente, eccessivamente deprezzate da coloro che consideravano perfetta nelle lettere soltanto l'antichità.

Nell'ambito di questa difesa, formulò su D. (e sul Petrarca) questo giudizio: " Verum si modernos Poetas inspicimus, qui materno sermone suum poema descripserunt, dicere audeo, fuisse imprimis duos, Dantem, videlicet, et Franciscum Petrarcham, quorum neminem elegantia suavitate et sententiarum copia Virgilio atque Homero postponendum arbitrarer. Quid enim dulcius,quid ornatius, quid varietate rerum illustrius, quam eorum versus excogitari potest? Atque hi, quamquam eo, quem dixi, sermone conscripserunt, doctissimi tamen et eruditissimi fuere, ad Latinum Carmen minime inepti. Unde ambo Buccolicum opus, alter etiam Africani res gestas heroico carmine posteris reliquerunt: opera quidem non contemnenda, sed non quae antiquorum quibusdam libris aequiparentur " (ed. cit. 49). Il giudizio risulta non originale, e presenta i tipici caratteri di molti altri del Quattrocento: affermazione della grandezza di D., nelle opere volgari, non inferiore a quella di Omero e di Virgilio; generico giudizio di inettitudine nella poesia latina, senza presentazione di motivazioni specifiche; accenno al fatto che scrisse in versi eroici (se l'espressione va riferita a D. e al Petrarca, e non al solo Petrarca, com'è pur possibile).

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