BUGLIONI, Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BUGLIONI, Benedetto

Emma Micheletti

Nacque a Firenze nel 1461 circa da Giovanni di Bernardo, scalpellino, e da una Caterina. Secondo il Vasari "da una donna, che uscì di casa d'Andrea della Robbia, ebbe il segreto degl'invetriati di terra". Probabilmente giovane allievo nella bottega di Luca e di Andrea della Robbia, egli se ne allontanò per portare questa tradizionale tecnica fiorentina fuori di Firenze: è attribuibile infatti a lui lo stemma di papa Innocenzo VIII, databile negli anni fra il 1484 e il 1492, ora nelle stanze Borgia in Vaticano, mentre probabilmente dello stesso periodo è la Discesa di Cristo al Limbo, per S. Maria dei Servi (Annunziata) a Firenze. Questa è forse la sua prima opera di maestro indipendente: ne rimane solo il ricordo in un documento del 1484, nei libri del convento dei Servi (Fabriczy; cfr. anche Marquand, pp. 4-6).

A partire dal 1487 il B. fece lavori in terracotta per il duomo e per la chiesa di S. Pietro a Perugia; nel 1487 i busti di Isaia e di David per la cappella di S. Giuseppe nella cattedrale perugina, stimati da Ambrogio da Milano e Filippo di Giovanni il 6 sett. 1488 (Rossi); nel 1487-1488, ancora per S. Pietro, tre medaglioni, con S. Pietro, il Monogramma di Gesù e S. Benedetto, e una pala con Cristo e la Samaritana (docc. in Marquand, pp. 12 s.).

Queste opere ci sono rimaste a testimonianza della sua maniera giovanile, piuttosto pura e semplice, che già rivela in lui non solo consuetudine con le sculture dei della Robbia, ma una certa matura esperienza di molta attività scultorea fiorentina. Resta invece solo un documento a testimonianza di una Pietà già nel palazzo dei Priori, sempre a Perugia (cfr. Rossi, p. 251 n. 2, e Fabriczy, p. 140). Forse fu il B. che nel 1489 riparò uno stemma di Alberto Leoncini nel palazzo comunale di Amelia ed eseguì un lavabo già nel palazzo perugino dei Priori (Marquand, pp. 22, 25).

Il B. era a Firenze nel 1504, dato che faceva parte, il 25 gennaio, della commissione che doveva scegliere il luogo dove collocare il David di Michelangelo (Marquand, pp. XXVI s.).

L'attività toscana lo riavvicina all'ultimo della Robbia, Giovanni, al quale indubbiamente si ispira nella lunetta della badia fiorentina, con la Vergine e il Bambino. Già qui, però, il B. si rivela più elegante e raffinato del maestro: i mazzi di fiori e la frutta della ghirlanda hanno un più lieve, aereo respiro, felicemente distinti dal fondo pure chiarissimo, e gli angeli adoranti hanno una sdutta eleganza nella guaina delle vesti di seta che li fasciano morbidamente, mentre morbido, levigato, dolcissimo è il nudo paffuto del Bambino, carezzato, quasi tornito, dalla luce.

Il capolavoro del B. è la statua di Santa Cristina nella collegiata di Bolsena, eseguita probabilmente fra il 1503 e il 1508: la santa giace sul suo sarcofago, delicata e armoniosamente composta nel suo dolce sonno di morte e di pace cristiana. Con ogni probabilità per la collegiata di Bolsena l'artista eseguì anche il ciborio, che, ingrandito dalla ricca ghirlanda e dalla predella, costituisce la pala d'altare: nella fuga prospettica dell'arco e nel Gesù benedicente richiama la grande tradizione della scultura fiorentina, quella legata particolarmente al nome di Desiderio da Settignano (Marquand, pp. 63-65). Nella chiesa di S. Pietro a Radicofani si conserva un Crocifisso con la Maddalena che si può attribuire al B. per la dolcezza di certi passaggi, per quel suo iscriversi in un paese di alberi prospetticamente studiato e slontanante (Marquand, pp. 67 s.). Altre e numerose sono le opere attribuite al B., già prima considerate di Giovanni della Robbia: così la lunetta con S. Maria Egiziaca (ibid., p. 19), ora conservata nel Museo dell'Opera del duomo a Firenze, dove i contorni della figura femminile e del paese sono morbidi, quasi vibranti con valore addirittura pittorico, e danno a quest'opera una labilità di visione evanescente, unica, forse, nel pur vasto campo della ceramica. È questo tutto un mondo di immagini, espressioni, sentimenti sconosciuti a Giovanni della Robbia, ben più comune divulgatore dell'industria robbiana. Ancora del B. si possono con sicurezza ritenere le statuette di S. Romolo e dei suoi compagni nel duomo di Fiesole, la Madonna col Bambino sulle nubi del Bargello, lo stemma dello Spedale del Ceppo di Pistoia, che gli fu pagato il 26 marzo 1515 (Marquand, pp. 95, 109 s., 111-113). E per lo stesso Spedale eseguì la lunetta con l'Incoronazione di Maria, opera testimoniata da numerosi documenti di pagamento (Fabriczy; Marquand, pp. 91-94). A questa si lega stilisticamente la lunetta di Ognissanti a Firenze, anch'essa rappresentante l'Incoronazione di Maria, in uno scenario più ampio e con un maggior numero di figure (Marquand, pp. 94 s.). Al B. si attribuisce anche il Crocifisso dell'altare maggiore di S. Miniato al Monte e, nella stessa chiesa, una Madonna adorata da due monaci (ibid., p. 101).

Dal 1515 al 1517 il B. operò per chiese casentinesi: una Madonna col Bambino e quattro santi, per Badia Tedalda (pagam. 1517; Mather, pp. 194 s.; A. Marquand, Unpubl. doc. relating to the work of B. and Santi B. for Badia Tedalda, in American Journal of Archaeology, XXII[1918], pp. 310-318), e una Natività per le agostiniane di Poppi (attribuzione; Marquand, pp. 124 s.). Dello stesso periodo è, a Firenze, una Santa Lucia adorata dagli angeli, per S. Lucia dei Magnoli (attr.; ibid., p. 136). Nel 1520 eseguì, in maniera forse più stanca, nel ripetersi dei moduli e degli atteggiamenti, una Madonna e santi per l'ospedale degli Innocenti e una Madonna col Bambino in una mandorla, ornata da una ghirlanda di teste di cherubino (probabilmente parte di un complesso più grande), nel Camposanto di Pisa (attr.; ibid., pp. 141 s.), assai vicina a quella del Ceppo di Pistoia, di undici anni precedente.

Il B. morì nel 1521 a Firenze, lasciando erede della sua arte Santi Buglioni. Aveva sposato il 21 agosto del 1489 Lisabetta Mori.

Fonti e Bibl.: Catal. ragionato delle opere in A. Marquand, B. and Santi Buglioni, Princeton-London 1921 (pp. IX-XXXII biogr. con trascr. di docc.); ma vedi anche: G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 375 s. (v. anche la nota del Milanesi nel II vol., ibid. 1878, pp. 184 s.); A. Rossi, Docum. per la storia della scultura..., in Giorn. di erud. Artistica, II(1873), pp. 250-54; P. Bacci, Una Resurrezione di B. B., in Riv. d'arte, II (1904), pp. 49-63; C. de Fabriczy, B. B., ibid., pp. 139-142; R. G. Mather, Nuovidocum. robbiani, in L'Arte, IXXI (1918), pp. 193-95; D. Neri, La nuova Gerusalemme di S. Vivaldo in Toscana,Scuola della Robbia,B. B., in Misc. stor. della Valdelsa, XLIX (1941), pp. 83-88; W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, Frankfurt a. M. 1940-53, I, pp. 135, 290-311, 465; II, pp. 516, 609, 614; III, p. 422; IV, pp. 418, 572, 577, 636; V, p. 72; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 208 s.; Encicl. Ital., VIII, p. 60.

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