Netanyahu, Benjamin

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Uomo politico israeliano (n. Tel Aviv 1949). Leader del partito Likūd, nel 1996 divenne il più giovane primo ministro dello Stato di Israele. Come capo del governo si oppose alla nascita di uno stato palestinese in Cisgiordania e sul piano economico ha adottato una politica di ispirazione liberista, impegnandosi a realizzare un ampio programma di privatizzazioni. Contribuì, inoltre, a ridurre il terrorismo all'interno del Paese e firmò con Y. ̔Arafāt un importante accordo di pace.

Vita e attività

Avvicinatosi, fin da giovane, alle idee del sionismo revisionista di V. E. Jabotinskij, N. fece parte dell'esercito dal 1967 al 1972. Rappresentante israeliano presso l'ONU (1984-88), nel 1988 entrò alla Knesset come esponente del Likud. Leader del partito dal 1993, fu eletto di misura primo ministro nel maggio 1996 e costituì un governo di coalizione formato dal Likūd, da alcuni partiti religiosi e da alcune formazioni di destra. Come capo del governo sottolineò la propria opposizione alla nascita di uno Stato palestinese in Cisgiordania, limitando la proposta israeliana a una forma di autogoverno per la popolazione palestinese. Contrario alla restituzione delle alture del Golan alla Siria, rilanciò inoltre la costruzione di insediamenti israeliani nei territori occupati. Tale politica portò a un lungo stallo del processo di pace avviato dai suoi predecessori, contribuendo a far riemergere la tensione fra Israele e i Palestinesi. Soltanto alla fine del 1998 fu rilanciato il dialogo con l'Autorità nazionale palestinese e il 23 ottobre Y. ̔Arafāt e N. firmarono a Washington un'intesa sul ritiro israeliano dalla Cisgiordania. Ma la scelta di N. di non dare immediata attuazione agli accordi presi con i Palestinesi provocò un rallentamento dei tempi del ritiro degli Israeliani dai territori occupati. Le elezioni anticipate del maggio 1999 videro il successo del laburista E. Barak e il tracollo del Likūd, che passò da 34 a 19 seggi. Nel 2002, dopo un periodo di lontananza dalla vita politica, N. assunse la carica di ministro degli Esteri e, nel 2003, quella di ministro delle Finanze nel governo guidato da A. Sharon. In disaccordo con il piano di ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza fortemente voluto dal premier, si dimise quindi dal suo incarico nel 2005. A seguito dell'uscita di Sharon dal Likūd (2005), N. ne assunse nuovamente il ruolo di leader, portando la politica del partito su posizioni più estremiste. Portavoce ufficiale dell'opposizione nella Knesset dal 2006, nel marzo 2009 ha formato un governo di coalizione nel quale è entrato anche il partito laburista. Anche dopo le elezioni del 2013 la Knesset si è divisa in due schieramenti di pari forza, centrodestra e centrosinistra, e N. è stato chiamato a formare un nuovo governo dovendo intavolare trattative con partiti che non facevano parte del precedente esecutivo ma che si sono imposti alle elezioni, come il partito di centro Yesh Atid «C'è un futuro»; nel dicembre 2014 accese divergenze interne su questioni centrali di politica economica e sull'approvazione di una legge, voluta da N., che avrebbe definito Israele come «stato-nazione degli ebrei» hanno spinto il premier a sciogliere la coalizione e a indire elezioni anticipate; le consultazioni, tenutesi nel marzo 2015, hanno registrato l'affermazione del Likud, che ha ottenuto 30 dei 120 seggi della Knesset, mentre la formazione dei Sionisti uniti, composta dai laburisti e dai centristi di Livni, ne ha guadagnati 24. Il partito di N. ha riportato la vittoria anche alle elezioni per il rinnovo della Knesset dell'aprile 2019, conquistando 35 seggi allo stesso modo della formazione politica Blu e Bianco di B. Gantz. Non essendo N. riuscito a raggiungere la maggioranza entro i termini del mandato esplorativo, a maggio la Knesset ha votato il proprio autoscioglimento e la convocazione di nuove elezioni; svoltesi a settembre, esse hanno nuovamente registrato l'impossibilità di creare un governo di unità nazionale. Rivlin ha affidato al premier uscente l'incarico di formare il nuovo esecutivo, ma nell'ottobre 2019, dopo un infruttuoso tentativo di N., il presidente ha incaricato Gantz l’incarico di trovare una maggioranza alla Knesset. Incriminato per corruzione, frode e abuso di ufficio, nel dicembre 2019 l'uomo politico è stato comunque confermato leader del Likud dalle primarie del partito. Dopo un ulteriore, infruttuoso tentativo del premier uscente di formare il governo, nell'ottobre 2019 Rivlin ha affidato a Gantz l’incarico di trovare una maggioranza alla Knesset, ma il mese successivo l'uomo politico ha rinunciato a formare una coalizione di governo e rimesso il mandato; le nuove consultazioni del marzo 2020 hanno visto il Likud tornare primo partito del Paese con 37 seggi, mentre i centristi del partito Blu e Bianco di Gantz hanno ottenuto 32 seggi. Nello stesso mese di marzo Rivlin ha affidato l'incarico di formare il governo a Gantz; fallito anche tale tentativo, ad aprile N. e Gantz si sono accordati per alternarsi alla guida del Paese, ma a dicembre l'ennesima crisi politica ha portato all'indizione di nuove consultazioni; non avendo neanche le elezioni del marzo 2021 consentito di ottenere una maggioranza di governo, il mese successivo Rivlin ha affidato a N. l'incarico di formare un nuovo esecutivo, ma l'uomo politico ha rimesso il mandato inducendo il presidente del Paese ad affidarlo a Y. Lapid del partito Yesh Atid. La firma nel maggio 2021 di un accordo di coalizione tra Lapid, il leader del partito sionista di destra HaBayit HaYehudi (La casa ebraica) N. Bennett e il capo della formazione islamica M. Abbas, ricevuto a giugno il voto di fiducia della Knesset, ha di fatto estromesso N. dalla scena politica, prevedendo un'alternanza nella carica di premier tra Bennett per il biennio 2021-23 e Lapid per il biennio successivo. Le elezioni anticipate del novembre 2022, indette dopo le dimissioni di Bennett rassegnate a giugno, hanno registrato però una netta vittoria del blocco di partiti guidato dal Likud di Netanyahu, che ha ottenuto una maggioranza di 65 seggi su 120, seguito dai centristi di Lapid (24 seggi) e dalla formazione Partito sionista religioso (14 seggi), terza forza politica del Paese; nello stesso mese Netanyahu ha nuovamente assunto la carica di premier, ciò suscitando vaste manifestazioni di piazza contro la riforma giuridica sostenuta dal nuovo esecutivo, che prevede gravi limitazioni ai poteri della Corte Suprema. Nel luglio 2023 l'approvazione in Parlamento del primo provvedimento, che prevede misure per sottrarre alcuni poteri alla Corte Suprema e affidarli al governo, ha prodotto una ferma reazione dell'opposizione, suscitando violenti scontri di piazza e manifestazioni contro l'esecutivo; nel gennaio dell'anno successivo uno storico verdetto della Corte di giustizia ha invalidato l’emendamento Reasonableness Bill in quanto incostituzionale. In un Paese dagli equilibri sociopolitici instabili, nell’ottobre 2023 Hamas ha lanciato una offensiva senza precedenti nella storia del conflitto contro diverse città attraverso incursioni via terra e raid aerei dei miliziani palestinesi dalla Striscia di Ghaza – supportati dal Libano con reiterati lanci di razzi di Hezbollah –, cui Israele ha risposto con un assedio totale dell'area della Striscia. Dopo la dichiarazione dello stato di guerra, i partiti della maggioranza di governo hanno dato mandato a Netanyahu di formare un governo di emergenza nazionale con esponenti dell'opposizione.

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