PALLASTRELLI, Bernardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PALLASTRELLI, Bernardo

Daniela Morsia

PALLASTRELLI, Bernardo. – Nacque a Piacenza nel 1807 da Gottardo, di famiglia nobile, e da Teresa dei conti dal Verme.

Si formò a Parma nel Collegio dei nobili, dove si distinse nello studio delle umane lettere e della matematica. Tornato nella città natale si dedicò agli studi storici sotto la guida prima dello zio Giuseppe dal Verme e poi del canonico Benedetto Bissi, prevosto della cattedrale e vicario generale della diocesi, uomo di vasta cultura, che gli trasmise la grande passione per il collezionismo bibliografico, numismatico e antiquario e dal quale acquistò una preziosa collezione di manoscritti e di opere a stampa di interesse piacentino.

Nel 1837 sposò la milanese Caterina dei conti Calvi e per una decina d’anni a Milano, dove passava lunghi periodi dell’anno, frequentò assiduamente le biblioteche Ambrosiana e di Brera e le botteghe dei più importanti librai e antiquari. Una delle passioni più vive e costanti in Pallastrelli fu quella per la numismatica. Nel 1846 pubblicò sul Piacentino istruito (XXII, pp. 6-14) i Cenni storici intorno alle Zecche patrie. Due anni dopo sulle colonne dell’Archivio storico italiano (VI [1848], pp. 7-135) uscì un esteso contributo dedicato all’analisi delle Lettere di mons. Goro Gheri, governatore di Piacenza, scritte nel 1515 a Giuliano, Giulio e Lorenzo de’ Medici e ad altri. Lo studio, iniziato tre anni prima, gli era stato sollecitato da Angelo Pezzana, direttore della Biblioteca Palatina di Parma, sulla base di un manoscritto ricevuto dal marchese Gino Capponi contenente le lettere del governatore di Piacenza in età prefarnesiana.

Queste prime ricerche gli permisero di definire una metodologia scientifica e una prassi di ricerca caratterizzate dalla necessità di scandagliare il terreno storico. Abbandonata la tradizione sei-settecentesca di Pietro Maria Campi, Cristoforo Poggiali e Vincenzo Boselli, dedita alle grandi sintesi generali della storia piacentina, Pallastrelli preferì dedicarsi a lavori monografici, aprendosi ai contributi che i più recenti sviluppi della cultura europea, e specialmente quella tedesca, avevano dato sia nel campo della ricerca storica sia in quello della ricostruzione critica delle fonti.

Legato agli ambienti intellettuali di Piacenza orientati verso l’impegno risorgimentale, nell’aprile 1848 fu chiamato dai membri del Governo provvisorio, con in testa Pietro Gioia, a dirigere, all’interno di un gruppo composto da Carlo Fioruzzi, Pietro Salvatico, Angelo Genocchi e Carlo Giarelli, il foglio Eridano, nato per celebrare la conquista della libertà e dell’indipendenza. A Pallastrelli si deve la cronaca dettagliata degli avvenimenti che segnarono la vita politica di Piacenza nella primavera del 1848. Sostenitore della soluzione unitaria, che vedeva come sbocco della rivoluzione l’annessione di Piacenza al Regno Sardo attraverso il plebiscito, fu incaricato di presiedere la Commissione per il ristabilimento delle scuole. In quei mesi ricostituì anche la Sala di lettura, fondata da Pietro Giordani nel 1820 e sciolta nel 1831, e promosse l’apertura dell’Archivio storico comunale, di cui fu nominato direttore onorario.

Con la restaurazione del potere borbonico, si allontanò dall’impegno pubblico per dedicarsi all’amministrazione e alla conduzione delle proprietà agricole di Celleri di Carpaneto. Tuttavia, nel 1854, quando gli venne offerta la carica di vicepreside dell’istituto del Magistrato agli studi, accettò.

Nel suo lavoro di erudito si collegò ad associazioni di cultura e a periodici non solo emiliani, ma di tutta Italia. Nel 1854 sorse la Società storica parmense. L’organismo, dedito a solidi studi eruditi cui non faceva velo la volontà di esaltare le memorie patrie, si proponeva l’edizione sistematica, con metodi critici, dei più significativi documenti medioevali degli Stati parmensi. Animatore dell’impresa, destinata a sfociare nell’edizione dei Monumenta ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia, fu Angelo Pezzana, che per le fonti piacentine si rivolse a Pallastrelli, uno dei tre editori locali assieme con i fratelli Giuseppe e Antonio Bonora. A Pallastrelli, che aveva iniziato a recepire in modo sempre più consistente i contributi della scuola filologica tedesca della prima metà del secolo e che negli anni precedenti era andato raccogliendo un vasto materiale documentario relativo al periodo medioevale, fu affidata in particolare l’edizione delle cronache medioevali piacentine. L’impresa editoriale fu piuttosto travagliata, anche a causa della coeva pubblicazione a Parigi di antiche cronache medievali conservate in due manoscritti, ancora sconosciuti agli storici italiani, l’uno alla Biblioteca imperiale di Parigi e l’altro alla British Library di Londra (Jean Louis Alphonse Huillard-Bréholles, Chronicon Placentinum et Chronicon de rebus in Italia gestis historiae stirpis imperatoriae suevorum illustrandae aptissima, Parigi 1856). Modificato il piano di edizione già pronto, Pallastrelli concepì il disegno di pubblicare assieme tutte e tre le cronache più antiche: il testo di Parigi, che attribuì al notaio piacentino Codagnello, quello di Londra, ancora oggi anonimo, e il Guarino che, in successione cronologica, abbracciavano tutto il periodo 1031-22. Nel 1859, uscì Chronica tria Placentina, in Monumenta historica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia, XI, Parma 1859, opera fondamentale, che può dirsi uno dei migliori frutti della storiografia piacentina dell’Ottocento e che ebbe da subito un grande plauso, pure a livello europeo.

Seguirono le edizioni di altri importanti testi medioevali sulla storia cittadina: gli Statuta artis lanificii civitatis et episcopatus Placentiae (Parma 1869) e gli Statuta Castri Arquati inter annos 1445 et 1449 e vetustioribus descripta (Piacenza 1876). Quando, nel febbraio 1860, Carlo Luigi Farini, governatore delle Regie Province dell’Emilia, istituì la Deputazione di storia patria per le province parmensi senza apportare modifiche sostanziali all’ordinamento della Società parmense, Pallastrelli fu nominato vicepresidente per la sezione di Piacenza.Continuò a pubblicare i suoi lavori negli Atti della Società, tra i quali: Lucio Calpurnio Pisone, I [1863], pp. 223-230; Il giureconsulto piacentino, IV [1868], pp. 221-227; Il suocero e la moglie di Cristoforo Colombo, VI [1872], pp. 29-59; Moneta piacentina di Desiderio, ultimo dei re Longobardi, VIII [1876], pp. 329-335. Di lunga durata furono gli interessi di Pallastrelli per la numismatica e la genealogia (pubblicò saggi sulla Rivista numismatica italiana, Numismatica e sfragistica e Giornale araldico genealogico) e l’araldica (fondamentale resta ancora oggi lo studio Lo stemma della città di Piacenza: memoria storica, Piacenza 1869).

Divenuto consigliere comunale e provinciale di Piacenza, continuò a dedicare gli ultimi anni della vita allo studio. Nel 1861 entrò in contatto con lo studioso Alexander Wolf, tedesco di nascita naturalizzato americano, che, arrivato a Piacenza per studiare le circoscrizioni plebane della diocesi, si indirizzò poi alla scoperta della misteriosa città chiamata Umbria sita al confine tra i comuni di Bardi e di Varsi. Gli scavi per rintracciare l’antico insediamento furono editi da Pallastrelli attraverso un’accurata documentazione grafica e fotografica (La città d’Umbria nell’Appennino piacentino, Piacenza 1864). Le ricerche di Wolf e la pubblicazione di Pallastrelli contribuirono ad alimentare un grande fervore di studi su Umbria e in generale sui castellieri dell’Appennino.

Durante il soggiorno piacentino di Wolf, venne anche maturando in Pallastrelli l’idea della costituzione a Piacenza di un museo che non solo custodisse adeguatamente il ricco patrimonio artistico cittadino, ma fosse anche un polo di attrazione per un turismo che in quegli anni muoveva in Italia i primi passi. Nel 1868 fu nominato presidente della neo costituita Commissione per lo stabilimento di un Museo civico e per gli scavi di Veleia. In quello stesso anno la sua raccolta archeologica venne esposta all’interno di una mostra organizzata a Palazzo Mandelli e tre anni dopo fu scelta a rappresentare la provincia di Piacenza al Congresso internazionale di archeologia preistorica di Bologna.

Pallastrelli morì a Piacenza nel 1877, lasciando alla città natale le proprie collezioni.

Con legato testamentario donò alla Biblioteca comunale un patrimonio librario comprendente centinaia di manoscritti (statuti, cronache, opere letterarie di autori locali) e una pregevole raccolta di edizioni piacentine, spesso oggi esemplari unici. Tra i manoscritti pregevoli della sua raccolta, segnati Fondo Pallastrelli, si segnalano la Vita Beatae Virginis di Antonio Cornazano (n. 185), il Necrologium Sancti Savini (n. 16), la Raccolta dei Monumenti di antichità che col mezzo dei regi scavi si sono tratti dalle viscere della città dei veleiati (n. 12), la corposa documentazione raccolta dallo storico Pier Maria Campi (1569-1649) per la canonizzazione del pontefice Gregorio X (nn. 82-93) e le Cronache di cui si servì Cristoforo Poggiali (1721-1811) per la redazione delle Memorie storiche della città di Piacenza e delle Memorie letterarie (n. 414). Donò alla Biblioteca anche un numero considerevole di medaglie e di monete, in particolare quelle coniate dalla Zecca cittadina, e una buona raccolta archeologica destinata al costituendo museo, che sarebbe stato aperto presso la Biblioteca pochi anni dopo la sua morte (la collezione archeologica è ora conservata presso i Musei civici di Palazzo Farnese). Nella Biblioteca comunale di Piacenza si conservano numerosi autografi, tra cui una corposa documentazione che avrebbe dovuto portare alla pubblicazione di una Storia della Zecca di Piacenza.

Fonti e Bibl.: A. Bonora, Il conte B. P., Piacenza 1877; A.G. Tononi, Necrologia di B. P., in Archivio storico italiano, XXV (1877), pp. 147-149; G. Nasalli, Commemorazione di B. P., in Archivio storico lombardo, IV (1877), pp. 380-388; G. Nasalli, Commemorazione del conte B. P., in Strenna piacentina, IV (1878), pp. 9-27; E. Nasalli Rocca, La storiografia piacentina dell’Ottocento, in Aeveum, XXXI (1957), pp. 327-333; Id., Rapporti scientifici tra Celestino Cavedoni e B. P., in Bollettino storico piacentino, LXI (1966), pp. 31 s.; P. Castignoli, B. P.: un uomo dell’Ottocento tra impegno politico e servizio culturale, in Cultura piacentina tra Sette e Novecento. Studi in onore di Giovanni Forlini, Piacenza 1978, pp. 171-200; C.E. Manfredi, B. P., in Dizionario biografico piacentino, Piacenza 2000, s. v.; A. Carini - A. Ghiretti, Gli anni piacentini di Alexander Wolf (1861-1862) e il sodalizio con B. P., in Alexander Wolf tra Piemonte e Friuli: archeologia, linguistica, storia e cultura nel secondo Ottocento. Atti del Convegno nazionale di studi… Cividale del Friuli-Udine....2007, a cura di L. Di Lenardo, Udine 2009, pp. 31-57; A. Carini, La fanciulla dei boschi tra immaginario popolare e realtà storica, in Giace sepolta la città d’Umbria il più grande tesor che al mondo sia, a cura di M. Catarsi, Fornovo 2012, pp. 37-48; D. Morsia, I fondatori: B. P., Antonio Bonora e Giuseppe Nasalli, in Bollettino storico piacentino, CVII (2012), pp. 6-16.

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