PULCI, Bernardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PULCI, Bernardo

Alessio Decaria

PULCI, Bernardo. ‒ Nacque a Firenze l’8 ottobre 1438 da Iacopo di Francesco e Brigida de’ Bardi; dal matrimonio nacquero anche Luca e Luigi.

Niente sappiamo della sua formazione. Di sicuro cominciò presto a scrivere versi: nella canzone Laxo quando per forza Amor da prima, datata al 1468, afferma che corrono dieci anni dall’inizio della sua carriera poetica. Nella lettera dedicatoria della traduzione delle Bucoliche virgiliane afferma di avere «il preterito anno la bucolica di Virgilio assai accuratamente udita», il che, se ci si riferisce alle stesse lezioni seguite dal fratello Luigi, farebbe pensare che questo esercizio di traduzione vada collocato nel 1461. I due epicedi per Giovanni (novembre 1463) e Cosimo de’ Medici (agosto 1464) documentano la sua precoce affiliazione al circolo mediceo, confermata dalla canzone Giovane bella, che dogliosa e stanca, composta per la vittoria di Piero contro i fuoriusciti guidati da Bartolomeo Colleoni (1468).

Nel 1466 si recò, non sappiamo per quale motivo, in Sicilia: da lì mandò una canzone a Lorenzo de’ Medici sugli importanti fatti politici di quell’anno; il viaggio di ritorno fu turbato da una violenta burrasca che lo spinse a Vulcano. Viene da pensare che la decisione di allontanarsi da Firenze non fosse slegata dalle drammatiche vicissitudini finanziarie dei fratelli Pulci; è del resto documentata già dal 1363 la presenza di esponenti di questa casata a Messina per ragioni commerciali. A due amici giudici in Sicilia (Paolo Pieri e Iacopo da Pilaia) Pulci indirizzò delle rime di corrispondenza.

Dalle lettere del fratello Luigi a Lorenzo de’ Medici riusciamo a ricostruire qualche altro momento della biografia di Pulci. Alla fine degli anni Sessanta era socio di Luca nel suo banco fiorentino; fra i loro clienti più assidui troviamo Francesco Castellani, in stretti rapporti con Luigi; nelle sue Ricordanze, però, Castellani mostra di ricorrere a «Bernardo de’ Pulci banchiere» già nel 1460.

Nel 1470 Pulci sposò Antonia di Giannotto Tanini, autrice di sacre rappresentazioni di soggetto agiografico ed evangelico. La coppia non ebbe figli, il che indusse Pulci, tre anni dopo, a sollecitare le nozze del fratello Luigi per garantire una discendenza alla famiglia (l’unico maschio era Raffaello Maria, figlio di Luca). La morte di Luca (occorsa il 29 aprile dello stesso anno) portò dure conseguenze per i due fratelli superstiti, costretti ad accollarsi il mantenimento della vedova e degli orfani.

Al fratello Luigi si legò anche negli anni successivi: il 19 luglio del 1472 lo troviamo a Camerino, verosimilmente per coltivare il commercio di panni che in quegli anni aveva portato il fratello più volte nella Marca; due anni dopo si trovava a Roma, dove scrisse due sonetti contro la corruzione della Chiesa. Nei primi anni Settanta, il duro scontro di Luigi con Marsilio Ficino coinvolse anche Pulci, che probabilmente frequentava l’accademia di Careggi. Il filosofo indirizzò proprio a lui un’epistola durissima nei confronti di Luigi, con la quale tentava chiaramente di separare il destino dei due fratelli (proprio dal contrasto fra i suoi costumi e quelli del fratello spiccherebbero le virtù di Pulci, secondo Ficino); e anche nella disputa di Luigi con Matteo Franco il nome di Bernardo è evocato, forse come possibile paciere fra i due contendenti (Libro dei sonetti, LIV, vv. 9-11).

A differenza dei fratelli, Pulci, rimasto a Firenze, ottenne alcune cariche di un certo rilievo: nel marzo del 1477 fu eletto per un anno camerario del contado di Mugello, poi, nel dicembre del 1481, dopo un periodo di non buona salute (nella portata al Catasto del 1480 dice di essere stato «infermo anni tre»), divenne provveditore degli Ufficiali dello Studio fiorentino e pisano, carica che mantenne fino alla morte con un salario di quattro fiorini al mese. Nello svolgimento di questo incarico, ben documentato, godeva di un largo mandato per l’ordinamento dello Studio e la scelta dei docenti (era il rappresentante a Pisa dei cinque Ufficiali dello Studio, operanti a Firenze). In quegli anni si spostò continuamente tra Firenze e Pisa; fra l’altro, gli fu assegnato l’incarico di individuare il luogo che avrebbe dovuto accogliere l’edificio dello Studio.

Afflitto da tempo da problemi di salute, Pulci morì l’8 febbraio 1488 a Firenze, suscitando il rimpianto di molti. È celebre la lettera scritta da Bartolomeo Dei allo zio Benedetto all’indomani della morte: «Hora non mi acade dirvi altro se non dolermi con voi della morte del nostro Bernardo Pulci, che ne è suto gran danno e doluto a ognuno et morto con buona gratia et sempre pare che la fortuna spenga e tolga via el meglo. Erono tre fratelli: dotati tutti dalla natura di tale virtù quale voi sapete et l’uno dopo l’altro sono morti giovani, che n’è suto per certo danno et maxime al nostro Studio dove era Provveditore che governava tale ufficio con quella diligentia quale pochi si troveranno simili» (Verde, 1985-1994, V, p. 498). Fu sepolto in Santa Croce.

Il volgarizzamento delle Bucoliche virgiliane è certamente opera giovanile, ma ebbe tanta fortuna da essere collocato in apertura della celebre silloge delle Bucoliche elegantissimamente composte stampate da Antonio Miscomini nel 1481 (e poi nel 1494), dove furono anche incluse le due elegie per la morte di Cosimo de’ Medici e di Simonetta Cattaneo e il sonetto scritto in persona di quest’ultima per Giuliano de’ Medici. L’opera appartiene senza dubbio all’età prelaurenziana e il proemio inquadra l’esperimento versorio nella cornice delle possibilità del «materno idioma» di esprimere «la artificiosa elegantia del rusticano metro». Le scelte espressive di Pulci, che premette a ciascuna ecloga un breve argomento, si collocano entro una estrema fedeltà al testo latino e si caratterizzano per una singolare sobrietà: si accoglie il metro della terzina, divenuto ormai canonico per la poesia pastorale, ma si rifiutano le rime sdrucciole che pure saranno caratteristiche del genere; il proemio, che ripercorre la storia della poesia bucolica, si limita a ricordare le sue fasi antiche (Teocrito e Virgilio), trascurando tutte le moderne riprese.

Le numerose rime di Pulci rivelano un’aggraziata imitazione dei moduli petrarcheschi, scelta non scontata, soprattutto nella Firenze prelaurenziana. Nonostante il suo corpus lirico attenda ancora un’accurata sistemazione filologica, si può affermare che la presenza del Canzoniere non si applica, com’era prassi nella lirica coeva, solo al dettato delle rime, ma anche al macrotesto. Delle rime pulciane possediamo infatti due distinte raccolte: una, più breve, nel codice miscellaneo Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plutei XLI.34, consta di 35 sonetti (più quattro dei corrispondenti), due canzoni e due capitoli ternari; ispirata a un percorso sostanzialmente cronologico (i componimenti databili coprono grosso modo il periodo che dai primi anni Sessanta arriva almeno al 1468), essa segue una storia amorosa coerente, segnata da alcuni degli elementi che risulteranno connotativi del genere canzoniere (testi di anniversario, di rievocazione del giorno dell’innamoramento, connessioni stilistiche e tematiche fra testi contigui). Al tema amoroso si affiancano e si intrecciano le vicende pubbliche o le varie occasioni della vita (epicedi, poesie di viaggio, doni ricevuti) o la conversazione poetica con gli amici (Niccolò da Risorbole, Iacopo da Pilaia, Paolo Pieri).

L’altra raccolta, tradita dal ms. Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano VII.1137 (codice rivisto dall’autore, che aggiunse alla fine alcune rime, databili fino al 1476), contiene diversi testi che mancano nel manoscritto laurenziano (in tutto 55 sonetti, cinque canzoni e quattro capitoli ternari). Anche questa silloge testimonia una volontà di organizzazione autoriale, già evidente dall’intitolazione autografa: Sonecti cançone et versi di Bernardo de’ Pulci fiorentino. Al blocco tradito dal laurenziano, che resta abbastanza riconoscibile, si aggiungono altri testi, anche cronologicamente più avanzati, che spostano progressivamente il centro dell’opera verso tematiche moraleggianti e religiose, con il progressivo affiorare del tema del pentimento.

Non sussistono elementi sicuri per riconoscere a Pulci la paternità della corona di 39 sonetti, indirizzati a Lorenzo de’ Medici, trasmessi in altra sezione del codice laurenziano: la serie è aperta da un sonetto a Lorenzo esplicitamente attribuito e da un altro, inviato a Cafaggiolo, che contiene la ‘firma’ dell’autore; si resta però incerti sulla possibilità di estendere questa attribuzione a tutti i sonetti seguenti, indubbiamente tra loro collegati, ma adespoti. Non paiono da aggiungere al corpus le quattro poesie ritrovate da Franca Ageno e assegnate a Pulci solo sulla base di labili indizi.

La produzione di Bernardo di argomento religioso – fatta eccezione per i due lunghi ternari sulla Passione e sulla Vergine, compresi nel canzoniere magliabechiano – ci è nota soltanto dalla tradizione a stampa, interamente postuma. La Rappresentazione di Barlaam e Josafat, che fu probabilmente rappresentata dalla Compagnia della Purificazione nel 1474, racconta in poco più di cento ottave la storia di Siddartha, ben nota nel Medioevo soprattutto tramite la Legenda aurea di Iacopo da Varazze. Sul piano dello stile, va rilevato che l’ottava semplice e scarna tipica del genere tradisce spesso filigrane dotte, dantesche o petrarchesche. Altre rappresentazioni, adespote nelle stampe, sono state attribuite a Pulci da alcuni studiosi (in particolare quella dell’Angelo Raffaello e di Tobia e la Santa Teodora), che del resto compose anche poemi sacri (una Passione di Cristo in ottave e un Pianto di Maria Maddalena in terzine).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, f. XXIX, n. 922; Catasto, 695, cc. 17r-20r; 798, cc. 213r-218v; 911, cc. 499r-500v; 1002, cc. 64r-65r; Notarile antecosimiano, 7220, fasc. 8, cc. 13r-14r; Tratte, 904 (uffici estrinseci), c. 131v; Sacre rappresentazioni dei secoli XIV, XV e XVI, a cura di A. D’Ancona, II, Firenze 1872, pp. 141-186; Lettere di Luigi Pulci a Lorenzo il Magnifico e ad altri, [a cura di S. Bongi], Lucca 1886, pp. 179 s.; F. Flamini, La vita e le liriche di B. P., in Il Propugnatore, n.s., I (1888), pp. 217-248; Id., La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, pp. 144 s., 358-360, 380, 382, 413 s., 448, 465, 471, 524, 535-537, 713-722, 762; L. Pulci - M. Franco, Il “Libro dei Sonetti”, a cura di G. Dolci, Milano-Genova-Roma-Napoli 1933, p. 58; F. Ageno, Contributo all’edizione delle liriche di B. P., in Studi di filologia italiana, XX (1962), pp. 93-98; L. Pulci, Morgante e Lettere, a cura di D. De Robertis, Firenze 1962, pp. 939-941, 956, 960, 962, 964, 971, 982, 990; A.F. Verde O.P., Lo Studio fiorentino 1473-1503. Ricerche e documenti, Firenze 1985-1994, ad ind.; M. Ficino, Lettere, I, Epistolarum familiarium liber I, a cura di S. Gentile, Firenze 1990, p. 198; S. Carrai, Lorenzo e l’umanesimo volgare dei fratelli Pulci, in Lorenzo de’ Medici. New perspectives. Proceedings of the International Conference Held at Brooklyn College... 1992, New York 1992, pp. 1-21; All’ombra del lauro. Documenti librari della cultura in età laurenziana, a cura di A. Lenzuni, Milano 1992, p. 80; A. Lanza, La letteratura tardogotica. Arte e poesia a Firenze e Siena nell’autunno del Medioevo, Anzio 1994, pp. 828-838; F. Castellani, Ricordanze, a cura di G. Ciappelli, II, Firenze 1995, ad ind.; S. Villari, Una bucolica “elegantissimamente composta”: il volgarizzamento delle egloghe virgiliane di B. P., in Filologia umanistica. Per Gianvito Resta, a cura di V. Fera - G. Ferraù, III, Padova 1997, pp. 1873-1937; Teatro del Quattrocento. Sacre rappresentazioni, a cura di L. Banfi, Torino 1997, pp. 427-469; S. Stallini, Du religieux au politique: la Sacra Rappresentazione chez Antonia et B. P., in Arzanà, XI (2005), pp. 327-376; G. Cicali, L’occultamento del principe. Lorenzo il Magnifico e il Barlaam e Josafat di B. P., in Quaderni d’italianistica, XXVII (2006), 2, pp. 57-70; A. Pulci, Saints’ lives and Bible stories for the stage, a cura di E.B. Weaver, Toronto 2010, pp. 5-30; F. Barricalla, Le rime di B. P.: per l’edizione critica, in I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del XXI secolo, Roma 2014, http://www.italianisti.it/upload/userfiles/files/2013%20Barricalla-1(1).pdf (16 marzo 2016).

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