Bertoldo

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Bertoldo

Ermanno Detti

Un sagace contadino

Il personaggio di Bertoldo trae le sue origini dal modello popolare dell'uomo rozzo, incolto, non nobile, ma dotato di naturale intelligenza e di cervello fino. Egli vuole rivendicare la dignità umana di tutti i contadini, soggetti a millenarie umiliazioni. Questo modello era già presente nel Medioevo, soprattutto nelle novelle narrate dai cantastorie nelle piazze, nelle fiere e durante le feste

Vita e morte di un saggio contadino

Siamo alla corte di Verona nel 6° secolo. Un villano, basso e grasso, testa grossa, bocca storta, naso adunco, orecchie asinine, gambe pelose e piedi larghi, passa dinanzi a nobili e dame senza chiedere permesso, senza salutare, senza togliersi il cappello e va a sedersi a fianco di Alboino, re dei Longobardi. Sorpreso, il re comincia a rivolgergli domande e si rende conto che quel contadino non è un villano qualunque, ha la risposta pronta a tutto e le sue affermazioni sono sensate, argute, piccanti. Spesso colpiscono i vizi del re e della corte, ma è difficile dire che non siano giuste. Perché Bertoldo ‒ questo il nome del villano ‒ è uomo saggio, ha l'intelligenza acuta e ama dire la verità.

Ecco alcune delle prime battute del dialogo tra il re e Bertoldo: "Qual è la cosa più veloce che ci sia?" "Il pensiero! "; "Qual è quel mare che non s'empie mai?" "L'ingordigia dell'uomo avaro!"; "Qual è il più gran pazzo che ci sia?" "Colui che si tiene il più savio"; "Perché sei venuto qui?" "Perché credevo che un re fosse più grande di tutti gli altri uomini, come i campanili che stanno sopra tutte le case. Ma io vedo che tu sei un uomo come gli altri, anche se sei un re".

Le vicende continuano. La corte si diverte, tranne la regina che non ama la sincerità di Bertoldo. Così il re alla fine condanna a morte il povero villano. Ma Bertoldo, con un'altra trovata di genio, chiede che venga esaudita la sua ultima volontà: quella di poter scegliere la pianta a cui essere impiccato. Dopo una lunga ricerca, sceglie una pianta di ceci alta solo qualche centimetro. Allora il re decide di tenerlo sempre a corte. Ma, ahimè, questa sì che è una vera condanna a morte! Il villano è abituato a mangiare solo erbe e legumi e il suo debole stomaco non regge ai cibi raffinati della corte. Così muore davvero per non poter mangiare rape e fagioli.

La dinastia di Bertoldo

La storia di Bertoldo ci è narrata da Giulio Cesare Croce nel libro Le sottilissime astuzie di Bertoldo, pubblicato nel 1606. Lo stesso Croce aggiunse due anni dopo un secondo libro, Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino, figliuolo del già astuto Bertoldo, dove narrava le gesta di Bertoldino, figlio di Bertoldo, e della madre, la saggia Marcolfa; Bertoldino però, a differenza del padre, è sempliciotto e stupido, tiene allegra sì la corte del re, ma grazie alle sue sciocchezze.

Dopo la morte di Croce, avvenuta nel 1609 a Bologna (era nato a San Giovanni in Persiceto nel 1550), l'abate Adriano Banchieri scrisse la Novella di Cacasenno, figlio del semplice Bertoldino. Nel 1620 le tre opere furono pubblicate insieme.

Croce era un cantastorie e la storia di Bertoldo ha origini medievali, tanto che abbiamo in lingua latina la Disputa di Salomone con Marcolfo, scritta nel 12° secolo. In quest'opera, Marcolfo aveva caratteristiche identiche a quelle di Bertoldo e d'altra parte Croce chiamerà Marcolfa la moglie di Bertoldo. Il Bertoldo è l'unica opera della letteratura italiana in cui la vena popolare è portata in primo piano, con autentiche battute colorite e comiche.

Le varie edizioni della storia

Le vicende di Bertoldo sono state continuamente ripubblicate in varie edizioni. Egli è diventato un vero e proprio eroe, più famoso del suo stesso autore, cosicché molti conoscono il personaggio e pochi sanno chi lo ha inventato. Le arguzie di Bertoldo sono state riadattate in racconti per ragazzi, sono diventate spettacoli teatrali e nel Novecento sono state il tema di ben tre film (l'ultimo, Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, è del 1984 ed è stato portato sullo schermo con la regia di Mario Monicelli). Insomma quelle di Bertoldo sono vicende che piacciono ancora oggi che la civiltà contadina è quasi scomparsa. Forse perché costituiscono una sorta di riscatto agli stenti e ai patimenti delle persone povere e brutte contro la bella vita dei ricchi e la loro bellezza artefatta.

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