BIANCHI, Federico Vincenzo Ferreri, duca di Casalanza

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIANCHI, Federico Vincenzo Ferreri, duca di Casalanza

Bruno Di Porto

Nacque a Vienna il 1º febbr. 1768 da padre comasco, ivi trasferitosi come intendente dei beni del principe di Liechtenstein, e da madre austriaca. Rimasto orfano, fu ammesso all'Accademia di ingegneria, da dove uscì ufficiale del genio nel 1788. Combatté nel 1789 contro i Turchi e nel 1792, allo scoppio della guerra contro la Francia rivoluzionaria, passò tra le truppe del principe di Hohenlohe, battendosi poi a Landau (1792), a Valenciennes (1793), Landrecy (1794), e restando ferito a Charleroi (1794). Conseguito il grado di capitano, si distinse nel 1795 all'assedio di Mannheim, e l'anno seguente prese parte alla conquista di Brescia; si impegnò quindi negli scontri di Arcole e Rivoli, finendo però prigioniero nella successiva ritirata (1797). Liberato poco dopo, combatté al Tagliamento con l'esercito dell'arciduca Carlo e rimase in Italia anche dopo la pace di Campoformio, come aiutante d'ala del principe d'Oranges.

Col grado di generale, partecipò a tutte le battaglie in Germania contro i Francesi. Nel 1812 prese parte, col contingente del principe di Schwarzenberg, alla campagna di Russia, imposta da Napoleone all'Austria, ma allorché questa insorse contro l'egemonia francese, egli tornò ad affrontare gli eserciti napoleonici nelle battaglie di Dresda e di Lipsia, contrapponendosi con la sua divisione al corpo di J. Poniatowski. Passò quindi all'inseguimento oltre il Reno delle forze francesi e, dopo la caduta di Lione, alla quale contribuì, avanzò verso l'Italia per minacciare l'esercito di Eugenio di Beauharnais. Terminate le operazioni, il B. fu chiamato a far parte del Consiglio aulico di guerra in Vienna, ma nel marzo 1815, in seguito all'improvvisa avanzata del re di Napoli Gioacchino Murat verso il nord, assunse in Italia il comando delle truppe collocate sulla destra del Po.

Sostenuto il 4 aprile, al ponte di Sant'Ambrogio sul Panaro, il primo urto delle truppe murattiane, il 10 passò alla controffensiva avanzando, con successivi combattimenti, fino a Bologna. Essendo frattanto partito il generale Frimont per combattere Napoleone tornato in Francia, il B. assunse il comando delle forze austriache in Italia (l' "armata di Napoli"): con un piano ardito le scisse in due masse, affidando la minore al Neipperg per un diretto inseguimento dei Napoletani, accompagnato da azioni di disturbo, mentre lui stesso muoveva con l'altra in direzione di Firenze, per poi proseguire verso Perugia e Foligno, passare gli Appennini a Colfiorito e Serravalle e quindi, per la valle del Chienti, Tolentino e Macerata, piombare su Ancona, tagliando la ritirata al Murat. Tale strategia era così azzardata che il re, non credendo alla sua attuazione, desistette, per diffidenza, dall'attaccare le isolate forze del Neipperg e si scontrò, invece, con il grosso delle truppe austriache, che, agli ordini diretti del B., avevano compiuto la vasta manovra, nella decisiva battaglia di Monte Milone, presso Tolentino (2-3 maggio 1815). Conclusasi questa, dopo alterne vicende, con la vittoria austriaca, il B. mosse all'inseguimento dell'esercito napoletano, rientrato, il 6 maggio, nei confini del Regno, e in un proclama emesso il 15 da Sulmona annunciò il ritorno di Ferdinando IV sul trono. Il 20, in una casa di proprietà della famiglia Lanza di Capua, a circa tre miglia dalla città, fu firmato il trattato, detto di Casa Lanza, tra il B. che rappresentava l'Austria, lord Burghersh che rappresentava l'Inghilterra e i generali Carascosa e Colletta che rappresentavano Murat. All'intransigente richiesta dell'abdicazione di re Gioacchino il B. unì un leale comportamento di vincitore, dando precise garanzie per la conservazione dell'esercito, il mantenimento dell'ordine, il rispetto delle cose e delle persone. Il restaurato sovrano borbonico, con decreto 15 ott. 1815, lo nominò duca di Casalanza e stabilì per lui un assegno annuo di 9.000 ducati; l'imperatore Francesco I lo decorò con la Gran Croce dell'Ordine della Corona di Ferro, di recente istituzione, e lo creò (5 agosto) barone.

Terminata la campagna d'Italia, il 16 giugno il B. partì per la Francia, dove si collegò con le truppe inglesi. Nel 1822 riprese il suo posto nel Consiglio aulico, uscendone nel 1824 in seguito a una malattia che lo costrinse anche ad allontanarsi dal servizio. Si stabilì allora nelle sue proprietà di Mogliano Veneto, presso Treviso, dove, durante l'insurrezione veneziana del 1848, ormai vecchio, fu tratto in arresto, come sospetto di sentimenti austriaci, tanto più che i suoi figli militavano tuttora nelle armi imperiali. Dopo due mesi di prigionia, durante i quali ricevette un rispettoso trattamento, fu liberato il 15 giugno dalle truppe del generale Welden, entrate in Treviso.

Il B. morì di colera il 21 agosto del 1855 a Sauerbrun (Rohitsch) in Slavonia, dove si era trasferito per tentar di sfuggire all'epidemia.

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