BIGORDI, Domenico, detto Ghirlandaio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIGORDI, Domenico, detto (del) Ghirlandaio

Marco Chiarini

Nacque a Firenze nel 1449 da Tommaso e da una Antonia. Il cognome Bigordi compare costantemente nei documenti relativi alla famiglia, mentre il cognome Corradi, col quale egli verrà designato da alcuni autori (per esempio Baldinucci, Orlandi, Lanzi), non è che il patronimico del padre.

Tommaso, nato a Firenze nel 1424da Corrado di Doffo (o Dosso) e da Caterina di Francesco Gherucci, è citato nei documenti (Mather, 1948, pp. 47 s.) come cuoiaio, setaiolo al minuto, ghirlandaio, sensale, ma in nessuno si fa menzione di un'attività d'orafo, di cui invece parla il Vasari (III, p. 254): "di sua mano erano la maggior parte de' voti d'argento che già si conservavano nell'armario della Nunziata, e le lampade d'argento della cappella...". Il Vasari spiega anche che Tommaso fu "il primo che trovassi e mettessi in opera quell'ornamento del capo delle fanciulle fiorentine che si chiamano ghirlande; donde ne acquistò il nome del Ghirlandaio, non solo per esserne lui il primo inventore, ma per averne anco fatto un numero infinito e di rara bellezza; talché non parea piacessino se non quelle che della sua bottega fussero uscite". Mortagli la prima moglie, Antonia, nel 1462(da essa aveva avuto, oltre a Domenico, anche David, Benedetto, entrambi pittori, e Giovan Battista: cfr. Mather, p. 47), si risposò con Antonia di Filippo di Francesco del Puzzola, dalla quale ebbe Alessandra, nata nel 1475e andata sposa a Bastiano Mainardi in prime nozze, quindi all'orafo Antonio di Salvi (vedi, per l'albero genealogico dei Bigordi, Milanesi, in Vasari, III, p. 282). Non conosciamo l'anno della morte di Tommaso.

Il Vasari (III, p. 254) asserisce che il giovane B. "fu posto dal padre all'arte sua dell'orafo", notizia che appare ora confermata dal Libro dei morti della Compagnia di S. Paolo (Levi d'Ancona,Miniatura..., 1962, p. 90); ma, sempre secondo lo storico aretino, il B. doveva interrompere questa attività, spinto dalla sua passione per il disegno e la pittura, nella quale presto manifestò la sua abilità. Non abbiamo alcuna prova concreta di un alunnato del B. presso qualche maestro fiorentino, se non una nota dei Ricordi di Francesco Baldovinetti, che lo dice "discjepolo" di Alessio (Fabriczy, 1905).

Tale notizia può difficilmente essere verificata sulle opere, dato che fin dagli inizi il B. sembra aperto alle più varie esperienze del mondo fiorentino. Di fatto il problema della formazione del Ghirlandaio, che pure ha appassionato la critica, non è ancora definito: alcuni vedono nelle sue opere giovanili un mutarsi di orientamento che starebbe a indicare il trapasso dall'alunnato presso il Baldovinetti a uno stretto contatto con la bottega del Verrocchio, che in quell'epoca dominava il mondo artistico fiorentino e dove, accanto a Leonardo, confluivano gli ingegni più vivaci del tempo: da Francesco di Simone Ferrucci, a Lorenzo di Credi e al Perugino. E, anzi, al Perugino viene attribuita una serie di tavole (E. Camesasca,Tutta la pittura del Perugino, Milano 1959, p. 14) che indica una comunanza di problematica col B. che noi riteniamo degna di essere approfondita. Certo è che il B., stabilizzatosi il suo stile in una maniera sicura, ma "accademica", lasciò cadere tutta una serie di schemi e stilemi verrocchieschi per acquistare un fare illustrativo e narrativo che pur entro la tradizione formale fiorentina - che è quella masaccesca - lo pone in una sorta di limbo, a mezza strada tra le istanze intellettuali e storiche del gruppo che faceva capo ai Medici (Botticelli, Pollaiolo, Verrocchio, ecc.) e la completa assenza di problematica, nei limiti della pratica devozionale di un Neri di Bicci.

Distrutto il tabernacolo affrescato con la Storia di san Paolino da Nola in S. Croce, e che, a detta del Vasari, procurò "fama grandissima" al B., la prima opera che possa darci un'idea degli inizi dell'artista è l'affresco con i SS. Gerolamo,Barbara e Antonio Abate, dipinto nell'absidiola destra della chiesa di S. Andrea a Cercina presso Firenze, per il quale appare plausibile una data attorno al 1470 (nel 1470 il B. entrò nella Compagnia di S. Paolo). Il 1472 è l'anno di consacrazione della cappella Vespucci in Ognissanti la cui decorazione a fresco (Madonna di Misericordia; Pietà e santi; due figure di Angeli entro nicchie), ricordata particolareggiatamente dal Vasari, fu certo condotta in quell'anno. Nello stesso periodo, o poco prima, il B. fu iscritto nella Compagnia di S. Luca (Mather, p. 49, doc. 5 e nota). Nel 1473 un "Domenico da Firenze" è ricordato per la prima volta a San Gimignano: forse da questa data ha inizio la decorazione pittorica della cappella di S. Fina, nella collegiata di quella città, che i fratelli da Maiano avevano eretto e decorato di marmi, lasciando la data 1475 sul sarcofago marmoreo della santa: probabile data anche del termine degli affreschi (Estasi della santa; Funerali; Evangelisti e Profeti nella volta) eseguiti dal B. con un aiuto non ancora identificato. Da documenti (Baldoria, 1890, p. 59) sappiamo che il B. e Piero da Firenze ricevettero nello stesso anno pagamenti per la decorazione della volta della navata maggiore. Nel 1475-76 il Ghirlandaio è a Roma con il fratello David per decorare con figure di Filosofi e Profeti la Biblioteca Vaticana, decorazione oggi scomparsa (Milanesi, in Vasari, III, p. 259 nota). Ha inizio, così, quella vita raminga che lo stesso Tommaso annotava nella portata del 1480 dichiarando che il figlio Domenico "non a luogho fermo" (Mather, p. 48). Col fratello David costantemente al fianco, soprattutto in veste di amministratore oltre che di aiuto, il B. affresca un'Ultima Cena (ricordatadal Vasari e ancora esistente) nel refettorio della badia di Passignano: un tema che il B. ripeté con successo numerose volte. L'affresco nella chiesa di S. Andrea a Brozzi, con la Madonna in trono tra i ss. Giuliano e Sebastiano, sembra appartenere a questo periodo (l'altro affresco soprastante, col Battesimo di Cristo, è da attribuirsi alla bottega su idea del B.) e indica già l'indirizzo prevalente nell'arte del B., riflesso da opere che vanno situate nel secondo lustro del decennio, come la Madonna fra i ss. Stefano,Lorenzo,Caterina e Fina (Pisa, Museo Nazionale), la tavola nella sacrestia del duomo di Lucca e soprattutto quella, rammentata dal Vasari tra le opere capitali dell'artista, dipinta per la chiesa di S. Giusto alle Mura a Firenze e oggi agli Uffizi. A questo momento risale anche l'altra tavola oggi nel Museo di Pisa,Madonna in trono col Bambino, s. Girolamo, s. Romualdo e altri due santi; in questa città il Ghirlandaio si trattenne tra il dicembre 1478 e il febbraio 1479 (documenti in P. Bacci, 1911-18). Nel 1480 il B. data due opere a fresco che segnano la conclusione del primo periodo fiorentino: il Cenacolo nel refettorio del convento di Ognissanti e il S. Girolamo nello studio, nella chiesa del convento. Il 31 maggio 1481 le monache del convento di S. Donato in Polverosa pagavano il B. e David per una Cena nelloro refettorio (distrutta: cfr. Milanesi, in Vasari, III, p. 272 nota 2).

Nel 1482 il B. viene chiamato a Roma dalla corte papale e si vede affidare l'incarico che segna l'affermazione ufficiale della sua carriera artistica: due scene da dipingere a fresco nel ciclo ideato per le pareti della Cappella Sistina, oltre alle figure di papi da porre tra le finestre della zona superiore.

Il contratto relativo, nel quale accanto al Ghirlandaio sono nominati anche Cosimo Rosselli, Sandro Botticelli e Pietro Perugino, fu steso il 27 ottobre di quell'anno (Steinmann, 1901, p. 633). Il fratello David è costantemente citato nei documenti relativi a questa impresa. Dei due affreschi l'Ascensione, sulla parete d'ingresso, andò distrutta nel Cinquecento: resta la Vocazione di Pietro e Andrea, dipinta sulla parete destra. Il Vasari rammenta che durante il soggiorno romano il B. avrebbe dipinto la decorazione della cappella eretta dal marito a Francesca Tornabuoni in S. Maria sopra Minerva: opera oggi scomparsa.

Connessi con i soggiorni del B. a Roma sono i disegni del Codex Excurialensis (Húlsen-Michaelis, 1905-1906), copie di bottega di quelli eseguiti dal B. a Roma dall'antico (Dacos, 1962).

Il 5 ott. 1482 il Ghirlandaio riceve la prima commissione ufficiale da parte della Signoria fiorentina: l'incarico di decorare la Sala dei gigli in Palazzo Vecchio, opera condotta con i fratelli e gli aiuti di bottega. Sempre per la Signoria (20 maggio 1483) viene incaricato di eseguire la pala d'altare per la cappella del palazzo, tuttavia mai compiuta (Milanesi, in Vasari, III, p. 270 nota). Nello stesso anno firma il contratto per la decorazione, su commissione di Francesco Sassetti, della cappella in S. Trinita, con Storie di s. Francesco e una tavola con la Natività.

Il B. e il fratello affrescarono anche la "facciata" della cappella con Augusto e la Sibilla al di sopra dell'arco d'entrata e, sopra il pilastro sinistro, a grisaille, una figura di David. Il complesso reca la data del 15 dic. 1485. La tavola d'altare è datata nello stesso anno e fu probabilmente compiuta per la consacrazione della cappella, avvenuta il 25 dic. 1485 (vedi per la questione della data, Tolnay 1961, p. 237 nota). Anche qui è evidente l'intervento della bottega, soprattutto nelle parti decorative (volta) e negli affreschi laterali, in particolare quelli delle zone più alte (Sandström, 1963).

Come narra il Vasari, il B. non rifiutò mai qualsiasi lavoro gli venisse richiesto, e si adattò a farne fare anche dei più umili alla sua bottega (Milanesi, in Vasari, III, p. 270 nota): di fatto, riuscì a svolgere contemporaneamente lavori di gran mole e impegno grazie agli aiuti numerosissimi, tra i quali contava i fratelli David e Benedetto e il cognato Sebastiano Mainardi.

Nel 1485 il B. firma la lunetta con l'Annunciazione sullaporta dell'Ospedale di Orbatello (odierna via della Pergola). L'anno seguente è giudice, per la Mercanzia, del lavoro di mosaico eseguito dal Baldovinetti nel battistero (Kennedy, 1938, p. 191) ed esegue col fratello Benedetto l'Incoronazione della Madonna per i frati di S. Girolamo a Narni (ora nel Museo Comunale di Narni), finita prima del giugno 1486 (G. Eroli,La coronazione... del Ghirlandaio..., Narni 1880, pp. 33 s.). Intanto, il 1º sett. 1485, il B. aveva sottoscritto il contratto più importante e impegnativo della sua carriera: la decorazione a fresco della cappella maggiore di S. Maria Novella, di patronato dei Tornabuoni, commissionatagli da Giovanni, per la quale doveva eseguire anche la pala d'altare e il disegno delle vetrate.

L'opera, dedicata a Storie della Madonna e del Battista, condotta nel giro di circa quattro anni - fu inaugurata, infatti, il 22 dic. 1490 (Milanesi, in Vasari, III, p. 261 nota) - rappresenta il massimo sforzo del B. e della sua bottega, come era già riconosciuto dal Vasari, che ne dava una descrizione molto dettagliata, soprattutto per i numerosissimi ritratti di contemporanei che vi compaiono (per l'uso delle grottesche vedi Ch. e G. Thiem,Andrea di Cosimo Feltrini und die Grotesckendekoration der florent. Hochrenaissance, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXIV [1961], p. 19).

Questo lavoro non impedì al B. di assumere altri impegni, anche rilevanti, che egli poteva portare a compimento grazie all'intervento più massiccio degli aiuti. Dai documenti (commissioni per la decorazione di Badia a Settimo e per la pala d'altare per il convento del Palco presso Prato) appare evidente che spesso l'intervento diretto dell'artista si limitava all'idea generale e all'esecuzione di alcune parti rilevanti, come le teste. Sono di questi anni il tondo con la Natività, oggi agli Uffizi, datato 1487, e la commissione (4 giugno dello stesso anno) di affreschi sulla facciata della cappella maggiore della Badia a Settimo (distrutti: cfr. Fabriczy, 1906, p. 257). Nel 1488 il Ghirlandaio data due delle sue opere di cavalletto più celebri: l'Adorazione dei Magi ordinata nell'ottobre 1486, oggi nel Museo dell'Ospedale degli Innocenti (documenti in Küppers, 1916, pp. 86-89), eseguita con l'aiuto di Bartolomeo di Giovanni, che ne dipinse la predella e parte dello sfondo, e il ritratto di Giovanna Tornabuoni, oggi nella collezione Thyssen di Castagnola. Nello stesso anno Lodovico Buonarroti mette il figlio Michelangelo a bottega dai Ghirlandaio, per un periodo di tre anni (P. Barocchi, in G. Vasari,La vita di Michelangelo..., Milano-Napoli 1962, II, pp. 68-70). Del 10 luglio 1489 è la commissione da parte degli operai di S. Maria del Fiore per la lunetta a mosaico con l'Annunciazione per la porta della Mandorla, eseguita, su cartoni del B., da David e datata 1490 (Poggi, 1909, pp. LXXII s.). Nello stesso anno il B. decorò gli sportelli dell'organo della cattedrale di Pisa. Legato in particolare ai Tornabuoni, eseguì, con l'aiuto probabile di Bastiano Mainardi, la Visitazione (Parigi, Louvre) per la cappella di Lorenzo in S. Maria Maddalena dei Pazzi (Fabriczy, 1906, p. 258). Nel 1490, il 20 agosto, il B. sottoscriveva un contratto per la pittura di una pala d'altare con predella per il convento di S. Francesco al Palco (Guasti, 1888, pp. 111 ss.). Dal documento risulta evidente che il disegno d'insieme doveva essere di Domenico, il quale poi s'impegnava a colorire le teste delle figure. Comunque, sia la pala, smarrita, sia la predella erano in massima parte di David e degli altri aiuti. È stato proposto (F. Gamba, Di una predella..., in Studi in onore di Matteo Marangoni, Firenze 1957, pp. 197-201) d'identificare la predella con quella unita alla pala di Filippino Lippi nella Alte Pinakothek di Monaco, proveniente anch'essa dal convento del Palco.

Anche l'attività di mosaicista del B. - messa in opera soprattutto dal fratello David - si andava facendo più complessa, nel quadro della "rinascita" voluta da Lorenzo il Magnifico (Haftmann, 1940-41, pp. 102 s.; A. Chastel,Arte e umanesimo a Firenze..., Torino 1964, pp. 167-171): nel 1491 fu chiesto al B. e al fratello David il modello per la decorazione in mosaico di due delle vele della volta soprastante l'altare della cappella di S. Zanobi in duomo (ma sarà in seguito preferito quello di Monte del Fora: cfr. Poggi, 1909, p. CII); nel 1492 il Ghirlandaio restaurò il mosaico cimabuesco del duomo di Pisa e nel 1493, unitamente al fratello David, quello dell'abside della cattedrale di Pistoia, andato distrutto nel sec. XVI. È certo che in questa attività l'esempio del Baldovinetti fu determinante, anche dal punto di vista stilistico: col Baldovinetti il B. dovette avere buoni rapporti se ne giudicò l'opera in battistero e se con lui fece parte di una commissione, insieme con Neri di Bicci e Filippo, di Giuliano, che doveva dirimere una controversia nata nel 1491 fra la Compagnia di S. Andrea e Francesco Botticini.

Nelle opere degli ultimi anni l'intervento della bottega divenne prevalente, anche per commissioni importanti come la pala della cappella Tornabuoni in S. Maria Novella, che, forse ideata dal B., fu condotta a termine dopo la morte dell'artista dai suoi collaboratori (è dispersa in vari musei: cfr. Scharf, 1949). Anche nella pala per S. Giusto di Volterra, commissionata da Giusto Bonvicini che vi compare come donatore, si avverte la stesura, su disegno del Ghirlandaio, da parte della bottega. L'ultima opera nella quale - forse per l'importanza della commissione - si avverte ancora un impegno diretto dal maestro è la tavola, con predella, rappresentante S. Vincenzo Ferrer tra i ss. Sebastiano e Rocco (e inoltre Elisabetta Aldrovandini con i figli Pandolfo e Carlo Malatesta, bastardi di Roberto, e la futura moglie di Pandolfo, Violante Bentivoglio; queste ultime figure, in genere ritenute di un pittore emiliano, ora sono state attribuite a fra' Bartolomeo: cfr. E. Fahy,The beginnings of Fra Bartolomeo, in The Burlington Magazine, CVIII [1966], pp. 456-463) e destinata alla chiesa di S. Domenico di Rimini (oggi nel Museo Civico: cfr. M. Salmi,Una eco di Michelangelo giovane, in Atti del Convegno di studi michelangioleschi..., 1964, Roma 1966, pp. 255-258).

Il B. morì di peste l'11 genn. 1494 a Firenze e fu sepolto in S. Maria Novella.

Dalla prima moglie, Costanza di Bartolomeo Nucci, gli nacquero: nel 1481 Bartolomeo (astronomo e filosofo che, monaco al convento degli Angeli, ne divenne priore nel 1522; morì nel 1543); nel 1483 Ridolfo, pittore; nel 1484 Antonia e l'anno dopo Francesca. Morta di parto Costanza, il B. sposò nel 1488 Antonia di ser Paolo Paoli, vedova, da San Gimignano. Da lei ebbe altri figli, tra cui Antonio che pure fu monaco e nel 1507 entrò nel convento degli Angeli col nome di Michelangelo (per tutte queste notizie vedi l'albero genealogico: Milanesi, in Vasari, III, p. 282 e pp. 277 s. nota 2).

Le sostanze del B., piuttosto floride, passarono per eredità al figlio Ridolfo, l'unico che lo seguì nel mestiere (Gaye, I, p. 268).

L'opera del Ghirlandaio fu instancabile, sorretta da una bottega fedele e disciplinata, e da mestiere e capacità indubbie; anche se la rapidità di concezione e la prestezza di esecuzione finirono per andare certo a detrimento della qualità dei prodotti. In poco più d'un ventennio egli compì un numero grandissimo di lavori, il più delle volte di decorazione di ambienti; la gran mole di lavoro ci è attestata, oltre che dalle opere sopravvissute, anche da quelle perse ma rammentate dalle fonti: e la possibilità a lui data di poter far fronte alle innumerevoli commissioni è compendiata in vari passi aneddotici della biografia a lui dedicata dal Vasari, al cui testo si rimanda per la descrizione di alcune opere di minore importanza perdute e qui non ricordate.

La figura dell'artista e la sua parte nell'ambiente fiorentino della seconda metà del Quattrocentò sono state discusse e riesaminate soprattutto dal Sabatini e dal Marchini, che ne hanno giustamente rivalutato taluni aspetti importanti, contro la valutazione troppo negativa datane dal Berenson (1961). Come già osservò il Sabatini, il giudizio vasariano appare sempre il più equilibrato e imparziale: pur non negando nella sua arte una certa corriva superficialità, il Vasari considera il B. uno "de' principali e più eccellenti maestri dell'età sua": è evidente che lo considera l'ultimo rappresentante della gloriosa tradizione della pittura murale toscana; e del resto un contemporaneo dell'artista, agente di Lodovico il Moro alla ricerca di un pittore che sopperisse alle necessità della sua corte, scriveva: "...Domenico de Chirlandaio bono maestro in tavola e più in muro. Le cose sue hano bona aria, et e homo expeditivo et che conduce assai lavoro" (in L'Arte, III[1900], p. 147).

Indubbiamente l'arte del B. soffrì, alla lunga, del lavoro di routine e dell'eccesso di sforzo, oltre che del sopravvento della bottega a partire dal 1485 circa. Ma non possiano non ammirarne la certezza tecnica, la franchezza del segno, la penetrazione psicologica di taluni ritratti. Sul problema della partecipazione della bottega alla produzione del B. la critica non ha raggiunto risultati definitivi, soprattutto per l'impossibilità o quasi di ricostruire come autonome le personalità minori dei fratelli David e Benedetto (vedi in particolare G. de Francovich, Benedetto Ghirlandaio, in Dedalo, VI [1925-26], pp. 708-739; Id.,David Ghirlandaio, ibid., XI [1930-31], pp. 65-88; 133-151) e di individuare quelle degli aiuti.

Il Vasari, nella vita di Stefano pittore fiorentino (I, Firenze 1878, p. 452), cita, come sua fonte di informazione, un libro di Ricordi del B. che si deve considerare perduto e al quale non si trova altro riferimento nella letteratura artistica.

Fonti e Bibl.: Oltre alla esauriente bibliografia in U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, XIII, pp. 553-560,sub voce Ghirlandaio Domenico, e in R. van Marle,The development of the Italian schools of painting, XIII, The Hague 1931, pp. 1-268, si veda: G. Gaye,Carteggio inedito d'artisti..., I, Firenze 1839, pp. 266-268, 577 s., 580; G. Vasari,Le vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 253-283,passim (per gli altri volumi vedi Indici); E. Steinmann,Die Sixtinische Kapelle, I, München 1901, pp. 633 s.; R. G. Mather,Documents..., in The Art Bulletin, XXX (1948), Dp. 47-49; G. Guasti,I quadri della Galleria... di Prato, Prato 1888, pp. 111 ss.; N. Baldoria,Mon. artistici in San Gimignano, in Arch. storico dell'arte, III (1890), pp. 56-61; E. Steinmann,Ghirlandaio, Bielefeld-Leipzig 1897; G. Poggi,Appunti d'archivio, in Misc. d'arte, I (1903), p. 193, doc. 967; C. von Fabriczy,Aus dem Gedenkbuch F. Baldovinettis, in Rep. für Kunstwissenschaft, XXVIII(1905), p. 539; Id.,Mem. sulla chiesa di S. Maria Maddalena dei Pazzi... e sulla Badia di S. Salvatore a Settimo, in L'Arte, IX (1906), pp. 256-262,passim; Ch. Hülsen-A. Michaelis,Codex Excurialensis... aus der Werkstatt D. Ghirlandajos, I, 2, Wien 1905-06; G. S. Davies,Ghirlandaio, London 1908; H. Hauvette,Ghirlandaio, Paris 1908; G. Poggi,Il Duomo di Firenze, in Italienische Forsch., II (1909), pp. LXXII s., CII; A. Venturi,Storia dell'arte ital., VII, 1, Milano 1911, pp. 713-770; P. Bacci,Doc. toscani per la storia dell'arte, II, Firenze 1912, p. 113; P. E. Küppers,Die Tafelbilder des Domenico Ghirlandajo, Strassburg 1916; P. Bacci,Il primo saggio di Domenico Ghirlandaio a Pisa, in Riv. d'arte, X (1917-18), pp. 127 s.; E. Berti,Un affresco di Domenico Ghirlandaio, in Boll. d'arte, VI (1926-27), pp. 26-32; A. Warburg,Bildniskunst und fiorentinisches Bürgertum, in Gesammelte Schriften, Leipzig-Berlin 1932, pp. 5-37 (estr.); C. L. Ragghianti,La giovinezza e lo sviluppo artistico di Domenico Ghirlandaio, in L'Arte, XXXVIII(1935), pp. 167-198, 341-373; R. W. Kennedy,Alesso Baldovinetti, New Haven-London 1938, v. Indice; W. Haftmann,Ein Mosaik der GhirlandaioWerkstatt aus dem Besitz des Lorenzo Magnifico, in Mitteilungen des Kunsthist. Institutes in Florenz, VI (1940-41), pp. 98-108; J. Lauts,Ghirlandaio, Wien 1943; A. Sabatini,Domenico Ghirlandaio, in Illustrazione toscana, marzo-maggio 1944, n. 2, pp. 1-24; H. S. Francis,A sixteenth cent. drawing..., in The Bull. of the Cleveland Museum of art, XXXV(1948), pp. 15-18; A. Scharf,Notes on the high altar from S.ta Maria Novella at Florence, in The Burlington Magazine, XCI(1949), pp. 214-217; M. W. Brockwell,Two Albizzi family portraits, in The Connoisseur, CXXIX (1952), pp. 92 s.; G. Marchini,The Frescoes in the Choir of Santa Maria Novella, in The Burlington Magazine, XCV(1953), pp. 320-331; Id.,Le vetrate italiane, Milano 1956, pp. 43 s., 231 s. note 64 s.; B. Berenson,I disegni dei pittori fiorentini, Milano 1961, I, pp. 195-207; II, pp. 161-168; Ch. de Tolnay, Two frescoes by Domenico and David Ghirlandajo in S. Trinita in Florence, in Wallraf-Richartz Jahrbuch, XXIII(1961), pp. 237-250; M. Chiarini,Il Ghirlandaio alla cappella Sassetti in Santa Trinita, Milano 1961; Id.,Una citazione della "Sagra" di Masaccio nel Ghirlandaio, in Paragone, XIII(1962), n. 149, pp. 53-56; N. Dacos,Ghirlandaio et l'antique, in Bull. de l'Inst. historique belge de Rome, XXXIV (1962), pp. 419-455; M. Levi d'Ancona,Una miniatura firmata di Domenico Ghirlandaio e un'altra qui attribuita a Benedetto Ghirlandaio, in Scritti di storia dell'arte in on. di Mario Salmi, II, Roma 1962, pp. 340-361 (l'attribuzione a Domenico si basa su una firma evidentemente falsa); Id.,Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI sec., Firenze 1962, pp. 88-90; S. Sandström,Levels of unreality. Studies in structure and Construction in ital. mural painting..., in Figura, IV (1963),passim; L. D. Etthnger,The Sistine Chapel before Michelangelo, Oxford 1965, v. Indice; Enciclopedia Ital., XVI, pp. 919-921,sub voce Ghirlandaio; Enciclopedia Univ. dell'arte, VI, coll. 24-29,sub voce Ghirlandaio Domenico.

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