BISERTA

Enciclopedia Italiana (1930)

BISERTA (fr. Bizerte; A. T., 112)

Attilio MORI
Stéphane GSELL

Città e porto della Tunisia, posta sulla costa del Mediterraneo a 6 km. a sud del Capo Bianco e a 65 km. in linea d'aria da Tunisi, sulla destra del canale per cui il retrostante lago omonimo comunica col mare. Biserta occupa il luogo dell'antica città fenicia d'Hippo Diarrythus (v. sotto); ma nessun avanzo conserva del suo più vetusto passato. Prima dell'occupazione francese era una misera cittaduzza di forse 5000 abitanti, addensati entro una cadente cortina di mura dominata da un'antica "Kasba" (Qaṣbah) e che vivevano principalmente del prodotto della pesca fruttuosissima del lago e dell'adiacente costa marina. L'importanza eccezionale della sua posizione, a mezza via tra Gibilterra e Porto Said, e soprattutto il valore strategico, derivante, oltre che dalla sua postura, dalla possibilità di usufruire del suo vasto e profondo lago come porto militare, avevano richiamato l'attenzione delle potenze mediterranee; e specialmente l'Italia, come più direttamente interessata, aveva cercato di opporsi alla sua utilizzazione in questo senso. Ma poco dopo la dichiarazione del protettorato, la Francia, nonostante le date assicurazioni, iniziò l'utilizzazione del possesso tanto a scopo commerciale che a scopo strategico. Nel 1889 fu iniziata la costruzione del nuovo porto che fu aperto nel 1895, e nel 1891 si pose la prima pietra della nuova città. La nuova Biserta, dalle vie ampie e regolari, è sorta a sud-est dell'antica, entro un recinto di circa 2 kmq. Le grandiose caserme che vi furono costruite le imprimono un carattere spiccatamente militare, accentuato dalle fortificazioni erette sulle alture adiacenti. Il nuovo porto è costituito da un avamporto formante un bacino di 86 ettari, di cui circa la metà con profondità di 10 m., limitato da due gettate di 1220 e 900 m. rispettivamente, e dal porto proprio formato dalla parte nord-est del lago. Un canale lungo 2 km. e mezzo, largo 200 m. e profondo 10, scavato in sostituzione dell'antico completamente interrato, mette in comunicazione l'avamporto col lago: questo misura 110 kmq., di cui 2/3 a una profondità non inferiore a 10 m. onde le maggiori navi vi possono trovare rifugio. Sulla sponda sud del lago, presso il marabutto di Sīdī ‛Abdallāh, è sorta la nuova città di Ferryville con l'arsenale militare e i relativi bacini, collegata a Biserta con una ferrovia di 5 km. La città di Biserta conta oggi 21.000 ab., dei quali, senza tener conto della numerosa guarnigione militare, 6738 Europei e di questi 2437 Italiani regnicoli e 563 Maltesi. L'importanza economica della città si accrescerà ancora notevolmente quando potranno essere meglio sfruttati i depositi minerarî, dei quali il suo territorio abbonda. Un tronco ferroviario aperto nel 1885 lega Biserta a Mateur e a Tunisi.

Biserta è capoluogo di un controllo civile che misura un'area di 3500 kmq. e ha una popolazione di 131.900 ab., dei quali 17.200 Europei. Il "caidato" di Biserta conta una popolazione indigena di 61.378 ab., di cui 1035 Ebrei.

La città antica (Hippo Diarrhytus). - S'ignora l'origine dell'antico nome della città, probabilmente non semitico, che presso i Latini era Hippo, e di cui la forma usata dai Fenici non è conosciuta con certezza. Però non vi può essere dubbio che un'antichissima colonia fenicia sia esistita in questo luogo, favorevolmente situato all'estremità nord-est della Tunisia, sul passaggio che si apre fra i due bacini del Mediterraneo. La città si stendeva fra il mare e il vasto Lago di Biserta (lacus Hipponensis), a cavaliere d'un canale (ora colmato), che serviva di emissario al lago e la cui estremità costituiva un porto, facilmente chiudibile con una catena. Di qui il soprannome di ("traversato da un'acqua corrente"), che i Greci dettero alla città e che i Romani adottarono: Hippo Diarrhytus (quest'ultimo termine è spesso alterato nei testi antichi pervenutici).

Però questa colonia fenicia è menzionata sotto un'altra designazione dagli scrittori greci contemporanei della prima Cartagine: "Ιππου ἄκρα, nome che forse fu da principio applicato a un promontorio vicino.

Alla fine del sec. IV a. C. Hippou Akra, che era caduta senza dubbio sotto la dipendenza di Cartagine, fu presa da Agatocle, durante la sua spedizione in Africa. Riconoscendo l'importanza di questa località, egli ne volle fare una piazzaforte e un porto militare. La città ridivenne in seguito vassalla di Cartagine, che, in un momento di sfiducia, essa abbandonò durante la rivolta dei mercenarî, ma a cui rimase fedele durante le guerre puniche: resistette per due volte, nel 203 e nel 148, ai tentativi fatti dai Romani per prenderla.

Giulio Cesare vi fondò una colonia, la colonia Julia Hippo Diarrhytus. Una città indipendente, che figura come Hippo libera sulle monete, esisteva nei primi tempi dell'impero, presso questa colonia, e poi si sarà certamente fusa con essa.

Troppo vicina a Cartagine per poter avere un largo sviluppo economico, Hippo Diarrhytus rimase una città calma e modesta, ma non senza una certa cultura: un Terenzio Sabiniano, filosofo e retore, sapiendo opimus et dicendo splendidus, vi esercitò brillantemente la sua professione, se si deve credere al suo epitafio. Verso la metà del sec. I. d. C., questa piccola città si rese celebre per un certo tempo grazie a un delfino, che appariva nelle sue acque e dimostrava agli uomini una meravigliosa amicizia. Gli abitanti di Hippo finirono con l'ucciderlo per far finire l'affluenza dei curiosi che turbavano la loro pace e li obbligavano a gravi spese di ospitalità. Al principio del sec. V la grande attrattiva di Hippo era un uomo che non aveva che due dita ad ogni mano e ad ogni piede. Ecco press'a poco tutto quel che sappiamo sulla storia di questa colonia nell'età romana.

Se ne conoscono alcuni vescovi, dal sec. III fino al VII. Sant'Agostino vi era venuto diverse volte e vi ha predicato in varie chiese.

Il nome antico, quello di Hippone Zarito, divenne Benzert nell'epoca araba, poi Biserta. La continuata esistenza di una città in questo luogo spiega la sua estrema povertà dal punto di vista archeologico: non vi sono rovine romane, e sono molto rare le iscrizioni latine.

Bibl.: Atlas archéologique de la Tunisie, Parigi 1900 segg., foglio n° 63; Dessau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, coll. 1721-22; S. Gsell, Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, I, pp. 362-63; II, pp. 146-48; III, pp. 47-48, 106, 112, 116-17, 123, 236, 369; VII, p. 117; VIII, pp. 179-180; J. Mesnage, l'Afrique chrétienne, pp. 39-40; Corpus Inscr. Lat., VIII, pp. 152, 1391, 2520.

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