DA VERONA, Bonifacio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)

DA VERONA, Bonifacio

Anthony Luttrell

Nacque probabilmente intorno al 1270 da Francesco figlio di Giberto, uno degli originari terzieri, che insieme con la famiglia Dalle Carceri, anch'essa di Verona, si stabilirono nell'isola di Negroponte, l'Eubea classica, in seguito alle conquiste del 1204. Il padre del D., Francesco, in quanto cadetto, non ereditò il diritto al terzo dell'isola e lo stesso D. non fu mai un terziero. Non si conosce il nome della madre.

Secondo il cronista catalano Ramon Muntaner il D. vendette l'unico castello ricevuto dal padre, assoldò dieci cavalieri e scudieri e si diresse alla corte di Guy de la Roche, duca di Atene., che lo ricevette splendidamente, accogliendolo nella sua "famiglia" e nel suo consiglio e munendolo di grandi ricchezze. Dopo sette anni, Guy de la Roche, al momento di essere armato cavaliere in una grande festa a Tebe, il 24 giugno 1294, si fece investire dal D., gli assegnò una rendita di So.000 soldi tomesi e lo autorizzò a tenere i suoi castel' li in libero allodio (en francalou). Fece sposare il D. con una donna ricca e lo designò come reggente del ducato in caso di sua morte. Il Muntaner, che definì il D. come "il più savio e il più cortese nobile che fosse mai vissuto", deve averlo conosciuto bene durante la permanenza nel ducato di Atene. La sua cronaca fu composta entro i dieci anni successivi alla morte dei D. cosicché, nonostante i frequenti errori nei dettagli, il racconto della carriera del D. che la cronaca stessa ci offre deve contenere elementi di verità.

È ben possibile che il D. fosse un cavaliere povero che giunse alla corte di Guy de la Roche intorno al 1287. fu favorito dal duca, ricevette in moglie una pupilla di questo - la quale forse si chiamava Simona - e grazie al matrimonio rivendicò la signoria di Caristo (Káristos) nel sud del Negroponte. Successivamente, forse nel 1296, sottrasse Caristo ai Bizantini, che l'avevano occupata per qualche tempo: più tardi esercitò il dominio su Caristo come vassallo della sua congiunta Beatrice Da Verona, terziere della parte meridionale del Negroponte. Il D. aveva anche la signoria di Gardiki nella Tessaglia meridionale, probabilmente concessagli da Guy de la Roche nel 1294, che egli sembra aver esercitato a partire dal 1302 come vassallo del duca d'Atene. Dal 1313 fu anche signore delle isole di Egina e Salamina, nonché pretendente di Zetnio o Lamia, anch'essa nella Tessaglia meridionale.

Il D. fu coinvolto nelle vicende del ducato di Atene e del Negroponte, i signori dei quali erano vassalli del principe di Acaia. Come vassallo di Guy de la Roche il D. lo seguì con cento cavalieri nella sua campagna nella Tessaglia nel 1302, i Veneziani sospettavano che egli incitasse Guy ad intervenire nel Negroponte e ad estendere lì il suo potere, ma Guy morì senza un erede diretto il 5 ott. 1308. lasciando il D. come reggente del ducato di Atene fino all'agosto, o al settembre del 1309. Il nuovo duca fu Gualtieri di Brienne, che si trovò minacciato dai validi combattenti della Compagnia catalana, i quali erano penetrati nella Grecia centrale dall'Anatolia attraverso Costantinopoli e la Tracia. Il nuovo duca guidò l'aristocrazia militare dell'Acaia franca contro i Catalani e i Turchi loro alleati. Il D. fu testimone del testamento di Gualtieri di Brienne redatto a Zetunio il 10 marzo IPI: cinque giorni dopo ad Almiros in Tessaglia i Catalani massacrarono il duca e la maggior parte delle forze franche. Il D. fu tra i pochissimi che si salvarono, secondo il Muntaner, perché era amico dei Catalani, che lo riconobbero nella battaglia e gli risparmiarono la vita.

La battaglia di Almiros mutò completamente l'equilibrio politico nella Grecia latina. L'antico elemento dominante, in gran misura franco, fu decimato. I Catalani controllavano Atene e Tebe, ma dovevano costituire lì un governo che potesse funzionare. Dopo la battaglia il D. fu tenuto prigioniero per breve tempo; ben presto i Catalani gli offrirono di divenire loro governatore, ma egli rifiutò, evidentemente per timore di una vendetta dei Veneziani, dei signori del Negroponte, degli alleati franchi dei parenti di Gualtieri di Brienne che ancora reclamavano il ducato, degli Angioini d'Italia, signori di Acaia, o dei Bizantini, nemici dei Catalani. Il D. era abbastanza saggio da rendersi conto che era ancora troppo presto per essere sicuri della stabilità del regime catalano.

Egli rimaneva, comunque, un personaggio importante, accettato dai Catalani, ma guardato con sospetto dai Veneziani, che volevano conservare il possesso della loro base strategica nel Negroponte. Nel 1313 essi descrissero il D. come il titolare del maggior numero di domini in quell'isola. Durante la breve prigionia del D. nel 1311 gli abitanti di una delle sue isole avevano attaccato e depredato una nave veneziana; il D. promise di pagare i danni, ma ritardò così a lungo il risarcimento della somma che Lodovico Morosini, bailo veneziano nel Negroponte dal 1310 al 1312, decise di confiscargli varie merci che si trovavano in mano di mercanti veneziani. E adottò di nuovo il medesimo provvedimento quando il D., pur essendo il più ricco tra i Latini del Negroponte, rifiutò di fornire un contributo finanziario per la difesa della città di Negroponte; per questa decisione il D. inoltrò a Venezia una protesta. Nel 1317 il D. venne in contrasto con il veneziano Andrea Corner, signore di una sesta parte del Negroponte, e il Corner chiese aiuto ai Catalani, che inviarono più di duecento uomini nella città di Negroponte.

I Catalani di Atene ancora non avevano una guida autorevole. Nel 1317 Alfonso Fadrique di Aragona, figlio naturale del re Federico di Sicilia, arrivò in Grecia per prendere il comando. Il D. accettò questa nuova situazione e combinò il matrimonio di sua figlia Marulla con Alfonso Fadrique. Subito dopo, fra il 28 marzo 1317 e l'8 maggio 1318, il D. morì. Aveva avuto un'altra figlia, Elena, - che aveva sposato un certo Guglielmo de Castri [Dalle Carceri ?], un cittadino di Negroponte, intorno al 1313 - e un figlio, Tommasaccio, che avrebbe dovuto succedergli come signore di Caristo e Larmena nel Negroponte. Ma Alfonso Fadrique occupò questi luoghi in nome di Marulla e ottenne la conferma delle sue pretese contro Tommasaccio da una sentenza dei terzieri del Negroponte. Questa azione costituì la base di una nuova minaccia alle posizioni veneziane nell'Egeo, in cui - e in particolare nel Negroponte - i Catalani e i loro alleati Turchi stavano rafforzando i loro stanziamenti. Tommasaccio ricorse al re di Sicilia, il quale convenne che il D. aveva tenuto quei luoghi in feudo da Jean de Noyer de Maisy coterziere in quanto secondo marito di Beatrice Da Verona: ma l'eredità del D. passò ai governatori catalani del ducato di Atene.

Fonti e Bibl.: Le principali fonti sono R. Muntaner, Crónica, in Les Quatre Grans Cróniques, a cura di F. Soldevila, Barcelona 1971, parr. 240, 243, 244; M. Sanuto, Istoria dei Regno di Romania, in C. Hopf, Chroniques grécoromanes inédites ou peu connues, Berlin 1873, pp. 119, 130 s.; Livre de la conqueste de la princée de l'Amorde, a cura di J. Longnon, Paris 1911, parr. 876, 879, 896; A. Rubió i Lluch, Diplomatari de l'Orient catald; 1301-1409, Barcelona 1947, nn. 43, 60, 86, 94, 103 s., 130 ss.; R.-J. Loenertz, Les Ghisi: Dynastes vénitiens dans l'Archipel (1207-1390, Firenze 1975, pp. 200 s., 300-303. I vecchi e poco accurati scritti di K. Hopf (Geschichte Griechenlands vom Beginn des Mittelaters bis auf unsere Zeit, in Allgemeine Encyklopädie der Wissenschaften und Kunste, LXXXV [1867] e di W. Miller (Essays on the Latin Orient, Cambridge 1921), e quelli che ne derivarono, non vanno presi in considerazione. La biografia è ricostruita in D. jacoby, La Féodalité en Grèce médiévale: les "Assises de Romanie", sources, application et diffusion, Paris-Haguc 1971, pp. 194, 196 s.; Id., Catalans, Turcs et Vénitiens en Romanie (1305-1332): un nouveau témoignage de Marino Sanudo Torsello, in Studi medievali, s. 3, XV (1974), pp. 227, 238-244, 248-250; K. Setton, Catalan Domination of Athens: 1311-1388, London 1975, pp. 14, 27-30; R.-J. Loenertz, Les Ghisi, cit., pp. 36, 120, 121 n., 123 s., 136-141, 148, 442, 476; Id., Les seigneurs tierciers de Nékropont de 1205à 1280, in Byzantion, XXXV (1965), pp. 265 s., 269 n.

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