BORBONE, Carlo, cardinale di

Enciclopedia Italiana (1930)

BORBONE, Carlo, cardinale di

Federico Chabod

Figlio di Carlo di Borbone duca di Vendôme e di Francesca di Alençon, nacque il 22 dicembre 1523 al castello di La Ferté-sous-Jouarre. Creato vescovo di Nevers nel 1540, otteneva nel 1544 anche il vescovato di Saintes e nel 1546 quello di Carcassona, oltre a due o tre abbazie; nominato cardinale il 9 gennaio 1548 e assunto il titolo di cardinale di Vendôme per distinguersi dallo zio cardinale Luigi di Borbone, diveniva arcivescovo di Rouen nel 1550, finché alla morte dello zio, nel marzo 1557, ne ereditava titolo, rango e gran parte dei benefici, divenendo cardinale di Borbone. Sino alla morte di Enrico II la sua esistenza trascorreva così placidamente: uomo allora di scarso interesse per i problemi politici, nonché per quelli religiosi, si compiaceva soprattutto della vita gioconda di corte, senza curarsi delle proprie diocesi; né alcune mansioni affidategli dal re, che nel 1551 lo aveva nominato suo luogotenente generale a Rouen e nel 1554 a Parigi, avevano determinato una vera attività politica da parte sua. Ma il suo atteggiamento mutò con l'inizio dei grandi contrasti di religione, fin dal regno di Francesco II; sebbene, debole di volontà com'era e incapace di energica azione personale, egli dovesse subire per tutta la vita l'influsso decisivo di caratteri più temprati del suo, lasciandosi dominare e da Caterina de' Medici e soprattutto, a partire dal 1580, dai Guisa. Già nel 1560 egli faceva, inconsciamente, il gioco di questi ultimi, recandosi a Nérac per indurre i fratelli Antonio, re di Navarra, e Luigi, principe di Condé, a recarsi a corte: giacché il Condé, appena giunto, veniva arrestato (31 ottobre). Nel 1561 nuovamente serviva da strumento e ai Guisa e allo stesso Filippo II di Spagna, nel tentativo di staccare il fratello Antonio dal partito calvinista. Sì che alla morte di quest'ultimo (novembre 1562), Filippo II e il papa cercarono di fargli avere la luogotenenza generale del reame, dopo che egli nel marzo del 1562 era già stato, per poche settimane luogotenente generale a Parigi e poi in Piccardia: la proposta non sortiva effetto per la recisa opposizione di Caterina de' Medici, la quale riusciva tuttavia egualmente a tenersi amico il cardinale. E in realtà nel periodo seguente Carlo coadiuvava la regina nel suo esperimento di politica di conciliazione, cercando a più riprese di staccare il principe di Condé e gli altri Borboni dal partito ugonotto, avvicinandosi in ultimo perfino a Giovanna d'Albret e favorendo il matrimonio tra il nipote Enrico di Navarra e Margherita di Francia: con un atteggiamento tutt'altro che esente da titubanze, e anche da improvvisi mutamenti, ma nel complesso determinato soprattutto dall'affetto per la famiglia Borbone e dal desiderio di accrescerne il prestigio. Intanto, accresceva la sua autorità e la sua potenza personale: il 1 aprile 1565 veniva nominato legato papale in Avignone, e nel settembre 1569 otteneva il vescovato di Beauvais.

Ma gli avvenimenti seguiti ai massacri dell'agosto 1572 dovevano provocare un deciso mutamento nella sua linea di condotta. Viste fallire le sue speranze di strappare i nipoti, il giovane principe di Condé ed Enrico di Navarra, al calvinismo, egli si staccava infatti dalla famiglia, preoccupandosi soltanto di salvare il cattolicesimo francese ed irrigendosi in una intransigenza assai lontana dal contegno dei suoi primi anni di vita a corte; con ciò egli trapassava pure mano a mano, grazie alle abili manovre dei Guisa, nel campo dell'opposizione politica a Enrico III, opposizione ch'egli legittimava come principe del sangue. Già aderente alla prima "Ligue" del 1576; postosi in urto aperto con il re sulla fine del 1583 in una assemblea di notabili a Saint-Germain-en-Laye, passava decisamente in primo piano sulla scena politica dall'inizio del 1584, quando la malattia del duca di Alençon, erede presuntivo della corona, e la possibilità che in caso dì morte glì succedesse come tale Enrico di Navarra, offriva il destro ai Guisa di proporlo eventuale erede. La morte del duca intensificava la macchinazione; e il 31 dicembre 1584, il duca di Guisa d'accordo con Carlo firmava il trattato segreto di Joinville con Filippo II di Spagna, stringendo alleanza offensiva e difensiva e facendo riconoscere Carlo erede presuntivo al trono di Francia. Poi, compiuta l'organizzazione della nuova "Ligue", il cardinale sottoscriveva il 31 marzo 1585 il manifesto di Péronne, con cui egli e i suoi amici cercavano di giustificare la loro condotta; e, nonostante l'accordo di Nemours del 7 luglio con Caterina de' Medici, rinnovava nel settembre il trattato di Joinville con Filippo II. Ancora nel 1586 e nel 587 continuò a premere sulla corte per evitare qualsiasi trattativa con Enrico di Navarra; poi, quando nel maggio 1588 Enrico III venne in palese contrasto con la "Ligue", egli entrò in Parigi e assunse formalmente il potere nella città. Il 17 agosto veniva infine riconosciuto da Enrico III come il suo più prossimo parente; e ciò determinava i "Ligueurs" a dichiararlo esplicitamente erede al trono, per quanto il re non lo avesse ancora affermato. Ma il 23 dicembre di quello stesso anno, il giorno in cui Enrico di Guisa veniva assassinato, il cardinale era arrestato a Blois per ordine del re; condotto prima ad Amboise, fu poi trasportato nuovamente a Blois, e infine a Chinon.

Da quel momento egli non doveva ricuperare più la sua libertà: inutilmente Sisto V protestò, intimando la liberazione anche con un monitorio; inutilmente si cercò di farlo evadere: alla morte di Enrico III, Enrico di Navarra fu pronto ad assicurarsi della persona dello zio, facendolo condurre prima a Maillezais, poi a Fontenay-le-Comte. Prigioniero, il cardinale divenne ad un tempo re: e dopo di essere stato già riconosciuto come tale in più di un luogo sin dalla morte di Enrico III (agosto 1589), egli era proclamato ufficialmente re di Francia, col nome di Carlo X, il 21 novembre 1589 dal Parlamento di Parigi, che nuovamente il 5 marzo 1590 ordinava a tutti di riconoscerlo in qualità di sovrano, rinnovandogli il giuramento di fedeltà. Vennero coniate monete con la sua effigie; papa Sisto V gli indirizzò un breve come "re cristianissimo": ma il suo doveva essere un regno senza base ed effimero. Il 9 maggio 1590 infatti moriva a Fontenay-le-Comte.

Bibl.: E. Saulnier, Le rôle politique du cardinal de Bourbon (Charles X; 1523-1590), Parigi 1912; cfr. inoltre H. de L'Epinois, La Ligue et les papes, Parigi 1886; Robiquet, Paris et la Ligue, Parigi 1886; H. Mariéjol, Cahterine de Médicis, 2ª ed., Parigi 1920; Van Dyke, Catherine de Médicis, New York 1922, voll. 2; F. Rocquain, La France et Rome pendant les guerres de religion, Parigi 1924.

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