Boro

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Elemento chimico, simbolo B, numero atomico 5, peso atomico 10,82 (costituito per l’81,17% dall’isotopo 115B e per il 18,83% da quello 105B, densità variabile da 1,73 (b. amorfo) a 2,34 g/cm3 (b. cristallino), fonde a circa 2300 °C e bolle a 2550 °C, ha durezza, se cristallino, di poco inferiore al diamante; appartiene al 3° gruppo del sistema periodico degli elementi. È un non metallo; la sua anidride dà con acqua acido borico. La forma cristallina è particolarmente inerte, quella amorfa reagisce con il fluoro a temperatura ambiente, mentre a caldo si combina sia con l’ossigeno sia con l’azoto; è attaccato dagli alogeni. I composti del b., come il borace (➔), sono noti sin dall’antichità; il b. elementare fu preparato per la prima volta da H. Davy (1808) in Inghilterra e quasi contemporaneamente da J.-L. Gay-Lussac e L.-J. Thenard in Francia.

Produzione

La California è considerata, sia per condizioni geologiche sia per il clima desertico, il deposito naturale dei minerali borici: la scoperta di grandi giacimenti di borato di sodio, sotto forma di kernite, ha reso possibile la creazione di un grande complesso industriale a Boron (contea di Kern), che sfrutta con la massima razionalità, mediante coltivazioni a cielo aperto, i giacimenti stessi e ha portato gli USA al primo posto tra i produttori mondiali di composti di boro. Questa però non è l’unica importante sorgente di tali prodotti negli USA; un’altra, sempre in California, è rappresentata dalle acque salate del lago di Searles a San Bernardino, dalle quali si ricavano, mediante evaporazione e cristallizzazione frazionata, quantitativi notevoli di borace. Giacimenti minori del tipo borato di calcio e sodio ( ulexite) esistono in Cile, in Argentina e recentemente altri sempre di notevole importanza, costituiti da borato di calcio ( colemanite), sono stati scoperti in Turchia. Una fonte di b. è rappresentata in Italia dai soffioni boraciferi presenti nella zona di Larderello. Noti infine i ritrovamenti di minerali borici nella zona di Karachstan (Caucaso) e in Asia, nel Kashmir. Suscettibile di sviluppo sembra essere anche l’estrazione del b., sotto forma di acido borico, come sottoprodotto degli impianti di produzione del magnesio dalle acque marine.

Preparazione

Il b. si prepara riducendo l’anidride borica con polvere di magnesio o di alluminio, o i suoi alogenuri per mezzo di idrogeno; con quest’ultimo metodo si ottiene b. particolarmente puro. Per l’ottenimento dell’isotopo 105B si utilizza un processo basato sulla distillazione frazionata di complessi del trifluoruro di b. con etere metilico o etilico, per mezzo del quale si ottiene la separazione di un complesso arricchito in 105B. Questo, mediante aggiunte di fluoruro di potassio, è trasformato poi in fluoborato di potassio dal quale, dopo essiccamento, per elettrolisi in bagno fuso con fluoruro di potassio, si separa 105B. L’elettrolisi viene eseguita in un crogiolo di grafite che funziona da anodo, mentre il catodo, sul quale si deposita 105B, è costituito da una lamina di nichel e rame.

Utilizzi. Il b. comune si usa in metallurgia perché, in piccole quantità, aumenta negli acciai lo spessore degli strati di tempra, facilita la malleabilizzazione di ghise legate, accelera la ricottura di getti ecc. Per questi impieghi si usano leghe di b. e ferro, b. e manganese, b. e nichel ecc., ottenute per riduzione al forno elettrico dell’anidride borica in presenza del metallo legante. Gli acciai con alto tenore in b., essendo caratterizzati da un elevato potere assorbente per i neutroni termici, vengono utilizzati soprattutto dall’industria nucleare. Nel campo delle materie plastiche il b. può apportare miglioramenti sia come elemento funzionale sia come stabilizzante. L’isotopo 105B, per effetto del bombardamento di neutroni, dà luogo alla reazione:

105B + n → 73Li + 42He + 2,5 MeV,

la qual cosa lo rende particolarmente interessante per alcune applicazioni nucleari.

Composti stabili

Il b. presenta nei suoi composti stabili lo stato di ossidazione +3 formando legami covalenti attraverso ibridazioni di tipo trigonale piano del tipo sp3. Anidride borica (B2O3) Si ottiene riscaldando l’acido H3BO3; si presenta come una massa vetrosa, incolore, igroscopica che viene impiegata in metallurgia e nella analisi quantitativa della silice. Borosilicati Sali metallici di acidi ottenuti combinando l’anidride silicica con l’anidride borica, entrano nella costituzione di alcuni vetri.

Carburo di b. (B4C) Cristalli neri di durezza vicina a quella del diamante ottenuti riscaldando B2O3 con carbone al forno elettrico, è usato come abrasivo e come componente delle barre di controllo e degli schermi protettivi nei reattori nucleari. La possibilità di ottenere pezzi sagomati in carburo di b. mediante sinterizzazione ha permesso la produzione di vari manufatti: ugelli per sabbiature, piastre e pezzi resistenti a usura ecc. Alogenuri di b. (cloruro, BCl3, fluoruro, BF3 ecc.) Si formano per reazione diretta degli elementi e si usano come catalizzatori in chimica organica.

Fluoruro di b. Forma complessi con molti composti inorganici (ossidi e idrossidi metallici, sali ecc.) e organici (ammine, alcoli, acìdi ecc.).

Azoturo di b. (BN) Composto molto refrattario, isolante elettrico anche per alte temperature, si ottiene riscaldando anidride borica e fluoruro di ammonio in presenza di carbone; nella modificazione cristallina cubica, l’azoturo di b. prende il nome di borazon. Per gli idruri di b. ➔ borani.

Sono noti anche numerosi derivati organici del b., fra i quali i complessi degli alogenuri di b. con leganti ossidrilati organici; i composti di addizione del trifluoruro con numerosi eteri; i complessi con numerosi leganti azotati (ammoniaca, ammine, piridina ecc.); gli esteri borici ottenuti per sostituzione degli idrogeni dell’acido borico con radicali alifatici o aromatici (quelli di metile e di etile sono impiegati per il dosaggio e per il riconoscimento del b., altri trovano impiego in farmacologia).

Il b. in natura

Il b. si ritrova in natura in molti composti (borati, acido borico ecc.), è presente in composti organici (albume dell’uovo, latte ecc.) ed è un elemento diffusissimo nelle piante, tanto da ritenersi indispensabile per la loro vita. Esse l’assorbono dal terreno in misura molto ridotta; la deficienza o carenza del b. determina vari disturbi e particolarmente alterazione della ramificazione e delle cellule dei meristemi e del floema, accumulo abnorme di amido nelle foglie; nelle leguminose i noduli radicali non si sviluppano o, se sono sviluppati, non si ha fissazione di azoto da parte dei rizobi; altre piante mostrano arresto di sviluppo e i loro tessuti diventano fragili. Alcune specie sono particolarmente sensibili al b. che, anche in quantità minime, induce diverse alterazioni (il limone soffre, se assorbe 0,5 parti di b. per un milione di parti di acqua).

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