Borsa

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Borsa

Luca Filippa

La nascita e lo sviluppo di mercati per lo scambio di titoli azionari e obbligazionari rispondono a una fondamentale esigenza delle economie capitalistiche: assicurare condizioni efficienti per il finanziamento delle imprese e l'allocazione del risparmio delle famiglie in un contesto disciplinato da regole certe e caratterizzato da liquidità e modalità di negoziazione efficienti. Nate in Europa nel Medioevo (il termine stesso viene fatto risalire al nome della famiglia Van der Burse, nel cui palazzo di Bruges i mercanti si riunivano per le contrattazioni), le b. si sono affermate a partire dall'inizio del Novecento come uno dei cardini dei sistemi economici dei Paesi capitalistici. All'inizio del 21° sec. quasi tutte le principali imprese internazionali sono quotate in b. e oltre 200 milioni di persone investono direttamente in azioni, mentre un numero analogo vi è coinvolto indirettamente con fondi comuni di investimento e fondi pensione.

Gli strumenti finanziari negoziabili in b. facevano storicamente riferimento a due classi: le azioni, rappresentative di diritti di proprietà delle società quotate, e le obbligazioni, rappresentative del debito degli emittenti (società, enti locali, imprese pubbliche, Tesoro). A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso si sono progressivamente affermati anche i derivati finanziari, che hanno ampliato la gamma a disposizione degli investitori.

Dopo le profonde innovazioni organizzative e regolamentari degli anni Novanta, le principali b. internazionali sono strutturate come organismi autonomi che gestiscono l'ammissione a quotazione degli strumenti finanziari, disciplinano l'accesso degli intermediari finanziari autorizzati a negoziare gli strumenti in conto proprio o per conto della clientela, definiscono le modalità di negoziazione e di diffusione delle informazioni sugli scambi (prezzi, quantità, indici) e sugli strumenti ed emittenti quotati. Di regola l'attività borsistica è controllata da autorità di vigilanza (come la CONSOB italiana: v. oltre), che disciplinano gli ambiti di azione delle b., gli obblighi di trasparenza degli emittenti in merito ai loro dati di bilancio, alle informazioni in grado di influenzare l'evoluzione dei corsi azionari e alle modalità di offerta al pubblico degli strumenti finanziari, e che vigilano sulla correttezza dei rapporti tra gli intermediari e la loro clientela finale. Le banche centrali sono di solito responsabili della vigilanza sulla stabilità degli intermediari e sui sistemi di pagamento.

La borsa italiana: profilo storico-normativo

La nascita della b. in Italia può essere datata al 1808, quando il 13 febbraio veniva aperta la b. di commercio di Milano. Il primo inquadramento normativo organico ebbe luogo con la l. 20 marzo 1913 nr. 272, che disciplinava il funzionamento delle b., il ruolo degli agenti di cambio, l'ammissione a quotazione dei titoli e la redazione di un listino ufficiale.

Nel 1974 l'ambito borsistico fu oggetto di un'importante innovazione con la l. 7 giugno 1974, nr. 216, che istituì la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), attribuendole compiti di organizzazione e funzionamento delle b., e disciplinò il controllo contabile e la certificazione di bilancio delle società quotate.

All'inizio degli anni Novanta, l'esigenza di innovare il mercato finanziario adeguandolo alle nuove esigenze del sistema economico, portò a un processo di profonda riforma che investì l'intera architettura dei mercati e dell'intermediazione finanziaria (l. 2 genn. 1991, nr. 1), introdusse norme relative all'uso di informazioni privilegiate e repressione dell'insider trading (l. 17 maggio 1991 nr. 157) e disciplinò le modalità di offerta al pubblico di vendita, sottoscrizione e acquisto di strumenti finanziari (l. 18 febb. 1992 nr. 149). Il processo di riforma dei primi anni Novanta pose le basi per la ristrutturazione del sistema borsistico, ponendo fine al monopolio degli agenti di cambio con la progressiva apertura dell'operatività sul mercato borsistico a società specializzate (le SIM, Società di Intermediazione Mobiliare) e - successivamente - alle banche, determinando un'incisiva riorganizzazione del mercato (con il passaggio dalla negoziazione alle grida a quella telematica e la centralizzazione delle dieci b. locali in un unico sistema nazionale) e dotandolo dei necessari requisiti di trasparenza, vigilanza e completezza degli strumenti finanziari (con l'introduzione della possibilità di negoziare derivati finanziari).

Nella seconda metà degli anni Novanta il quadro normativo - ulteriormente modificato dall'adozione della Direttiva comunitaria sui servizi di investimento, che ha esteso all'ambito finanziario i consueti principi di libertà di prestazione dei servizi finanziari e mutuo riconoscimento, determinando un ulteriore allargamento dell'assetto degli intermediari con l'apertura a banche e operatori esteri, e dalla decisione di privatizzare l'organismo di gestione del mercato, con la creazione di Borsa italiana S.p.A., operativa dal 1998 - fu oggetto di un nuovo importante intervento di razionalizzazione, con il d. lgs. 24 febb. 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), che ha ridefinito in modo organico l'intenso processo di produzione legislativa del decennio, introducendo significative innovazioni in materia delle offerte pubbliche di acquisto.

Lo sviluppo del mercato borsistico in Italia

Nell'ambito dei Paesi più industrializzati, l'Italia è caratterizzata da un relativo ritardo nello sviluppo del mercato azionario, ascrivibile all'effetto congiunto delle scelte delle imprese (fino agli anni Novanta con una forte presenza della componente pubblica), delle famiglie, del sistema bancario e degli intermediari finanziari. Se confrontato con quelli di Paesi simili per dimensione e grado di sviluppo economico, il numero di società quotate appare inoltre limitato.

Anche a partire dagli anni Novanta, interessati dalle profonde innovazioni normative e organizzative che lo hanno uniformato agli altri mercati europei e hanno visto crescere significativamente la quota dell'investimento in azioni da parte delle famiglie, il trend di crescita è risultato esiguo, mantenendo il numero complessivo delle società sotto le 300 unità. In realtà il listino è stato interessato da una profonda ricomposizione, che tra privatizzazioni e accesso al mercato di nuove realtà industriali indipendenti e di piccola dimensione (le ammissioni dal 1998 al 2005 sono state 178) ha visto mutare significativamente la mappa delle società quotate. Le ragioni della limitata estensione del listino italiano, che si distingue soprattutto per l'assenza di società di medio-piccola dimensione, sono in ultima analisi riconducibili alla dimensione contenuta che caratterizza le imprese italiane e alla limitata propensione all'apertura a soci esterni da parte degli imprenditori.

Un percorso diverso è stato seguito dalla capitalizzazione di b., che misura il valore di mercato di tutte le società quotate e il cui rapporto con il PIL può essere usato come un indicatore sintetico della rilevanza della b. all'interno dei sistemi economici. Rimasto a lungo al di sotto del 20%, il suo livello ha iniziato a crescere verso la metà degli anni Novanta a causa dell'effetto concomitante delle privatizzazioni, dell'afflusso di nuove società e della crescita dei corsi azionari, muovendosi verso il 50%, un dato molto elevato in prospettiva storica italiana ma ancora inferiore a quello prevalente nelle principali economie internazionali.

Un'evoluzione analoga ha interessato il controvalore degli scambi azionari, cui le innovazioni strutturali avviate negli anni Novanta e la crescente partecipazione da parte degli investitori hanno impresso una fortissima crescita, che fa della b. italiana una delle più liquide in ambito europeo e internazionale. Nella specifica realtà italiana va inoltre menzionata la presenza di un secondo mercato di matrice borsistica, specializzato nelle negoziazioni all'ingrosso (e quindi solo tra intermediari specializzati) di titoli di Stato e obbligazionari. Si tratta di MTS S.p.A., un mercato telematico costituito nel 1988 (e anch'esso privatizzato nel 1997), che ha acquisito una posizione di rilievo a livello internazionale, ampliando la sua articolazione operativa e il novero dei suoi partecipanti, e ha reso più liquida ed efficiente la procedura relativa alla negoziazione di titoli di Stato.

L'evoluzione delle borse internazionali

A partire dagli anni Ottanta, gli effetti delle innovazioni tecnologiche e finanziarie, della globalizzazione dei flussi finanziari, dell'adozione di nuovi orientamenti regolamentari e della progressiva istituzionalizzazione del risparmio hanno profondamente modificato la natura e l'organizzazione dei mercati borsistici, le modalità operative degli intermediari e degli investitori, i rapporti reciproci tra queste due categorie e quelli verso il mercato.

Gli avanzamenti della tecnologia nell'ambito delle telecomunicazioni e dell'informatica hanno inizialmente consentito un'ampia diffusione in tempo reale di dati e informazioni relativi agli scambi. Successivamente - il primo esempio è l'adozione del CATS (Computer Assisted Trading System) alla b. di Toronto nel 1976 - hanno guidato la trasformazione della microstruttura delle b., con l'abbandono dei sistemi di negoziazione alle grida a favore di quelli elettronici adottati alla fine del 20° sec. nella quasi totalità delle b. internazionali, con la parziale eccezione di alcuni mercati statunitensi (tra cui il New York Stock Exchange, il più grande mercato mondiale). In Europa, in particolare, il flusso di innovazione è stato particolarmente intenso e, a partire dal 1986, ha visto in poco più di un decennio tutte le principali b. adottare sistemi di negoziazione elettronica.

Il nuovo quadro regolamentare e operativo ha condizionato pesantemente tipologia e qualità dei servizi offerti e aspetti organizzativi dei mercati borsistici, spingendo lungo due direttrici contrapposte. In un senso i guadagni di efficienza assicurati dai sistemi di scambio elettronici hanno amplificato le esternalità di rete positive della produzione di liquidità tipiche delle b., rafforzandone ruolo e dimensione. Nell'altro, la sostanziale omogeneità dei modelli organizzativi e la diffusione delle applicazioni informatiche stanno progressivamente rimuovendo le barriere all'entrata che presidiavano l'industria borsistica, minando la centralità delle b. all'interno dei sistemi finanziari nazionali e aprendo la strada a una tendenziale concorrenza non solo tra le b., ma anche tra queste e gli intermediari finanziari.

In Europa, al quadro descritto, devono essere aggiunti gli effetti determinati dalla spinta all'omogeneità imposta dalla normativa comune delle direttive comunitarie e dall'adozione dell'euro in un ampio numero di Paesi. Ne è derivata una progressiva integrazione del sistema borsistico europeo, che si è tradotta in una forte crescita della partecipazione degli intermediari esteri ai sistemi nazionali e degli scambi transfrontalieri.

Nei primi anni del 21° sec., anche a seguito di importanti scandali finanziari che hanno scosso le basi della fiducia di buona parte degli investitori, è cresciuta la spinta verso una ridefinizione del quadro normativo e regolamentare cui devono essere assoggettati emittenti e intermediari, finalizzato a escludere il ripetersi di situazioni di collusione e abusi a danno degli investitori. In ambito europeo, per il maggior livello di concorrenza, ha iniziato anche ad affermarsi la rilevanza delle autorità antitrust accanto al ruolo tradizionale delle commissioni di vigilanza sulle società e sul mercato e delle banche centrali.

Il sistema borsistico ha reagito al mutare delle condizioni di fondo con importanti cambiamenti che sono giunti a interessarne la stessa natura istituzionale. Al crescere delle funzioni e delle dimensioni, le tradizionali strutture di matrice pubblicistica o cooperativa si sono dimostrate sempre meno adeguate a garantire una risposta efficace alle crescenti esigenze e alla gestione dei legittimi conflitti tra i diversi attori del mercato. Nella seconda metà degli anni Novanta è così iniziato un processo di demutualizzazione/privatizzazione che si è rapidamente esteso dall'Europa anche alle b. nordamericane. Quasi tutte le b. si sono pertanto mosse verso l'assetto istituzionale di società per azioni for profit, in molti casi quotata sullo stesso mercato da essa gestito, e hanno preso il via processi di integrazione che hanno visto, tra gli altri, la nascita di Euronext (società che controlla i mercati azionari belga, francese, olandese e portoghese, oltre al mercato londinese dei derivati) e di OMX, che controlla i mercati danese, finlandese, svedese e delle tre repubbliche baltiche.

bibliografia

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I mercati e gli strumenti finanziari, a cura di A. Banfi, Torino 2004.

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