brahmanesimo Fase di sviluppo della storia religiosa dell’India, iniziata nel 2° millennio a.C. e durata fino alla metà del 1° d.C., in cui l’elemento culturale predominante è dato dalla religiosità e dalla speculazione, mentre l’istituzione dell’ordinamento castale assicura la supremazia dei sacerdoti ( brahmani). Questi soli potevano rendere efficace il sacrificio che, concepito quale sostegno del cosmo e carico di capacità demiurgica e creativa, era al centro degli interessi speculativi. In seguito, con il sorgere della credenza nella trasmigrazione (saṃsāra), regolata per ogni nuova incarnazione di ciascun essere vivente dalla somma delle azioni (karman) buone o cattive compiute nelle esistenze precedenti, e per effetto del processo speculativo compiutosi sulla sacra formula sacrificale ( brahman) – che viene a essere identificata con l’Uno-Tutto, l’Anima dell’universo che tutto può e a cui soggiacciono tutti gli esseri viventi compresi gli dei – sacerdoti e sacrificio perdono la loro importanza.
L’Uno-Tutto esclude infatti ogni altro esistente, degradando
Questa dottrina di salvazione, già trattata nelle Upaniṣad, è elaborata più tardi nel sistema Vedānta. Altri indirizzi speculativi e sistemi filosofici battono ulteriori vie nell’interpretazione del mistero dell’universo e nel ricercare la verità liberatrice dalla rinascita. Su queste basi, nel periodo di tempo che precede di poco e poi è coevo all’avvento del buddhismo (6° sec. a.C.), si compie un vasto movimento di ricerca filosofico-speculativa, che dà origine ai sei sistemi brahmanici considerati ortodossi.