Brigantaggio

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Fenomeno, diffuso soprattutto in fasi di squilibrio sociale e politico, per il quale bande di malfattori, riunite e disciplinate sotto l’autorità di un capo, attentano a mano armata a persone e proprietà. Prende nome dai briganti, in età medievale soldati avventurieri a piedi, che facevano parte di piccole compagnie mercenarie.

La pratica del b. divenne, per effetto delle guerre civili, gravissima nel mondo romano della tarda età repubblicana, dilagando soprattutto in Italia e nelle sue isole, in Spagna, Asia Minore, Egitto. La piaga si accrebbe nel Basso Impero, quando gli stessi funzionari parteciparono spesso a imprese brigantesche. Il b. si manifestò di nuovo durante la crisi finale del Medioevo e toccò il suo massimo nella Germania del 15° sec. e dei primordi del 16°, allorché piccoli e grandi feudatari, ma specialmente cavalieri, mescolarono il carattere di capo brigante con quello di capo partito. Nello stesso periodo il b. mise a soqquadro le terre sottoposte alla Spagna, traendo però alimento dai bassi strati delle popolazioni, gruppi di contadini che, oppressi dal fisco e angariati dai padroni, si davano alla macchia costituendo il nerbo del b. catalano, calabrese e abruzzese. Fin dal 16° sec. nelle terre sottoposte all’Impero Ottomano (specialmente in Albania) il b. trovò implicazioni di ordine religioso ed etnico (➔ clefta).

Alla fine del 18° sec. nel Meridione d’Italia il b. fu la rivolta dei contadini contro i borghesi proprietari di terre, ma anche nel 1799 la rivolta delle plebi cattoliche contro i Francesi e i loro fautori locali. Di tutto questo approfittò la monarchia borbonica, che dovette la sua restaurazione del 1799 ai capimassa sanfedisti. L’azione del b. meridionale, spietatamente repressa durante il regno di G. Murat e sporadicamente riapparsa dopo il 1815, si manifestò dopo il 1860 sotto il manto di lealismo verso la casa di Borbone.

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