BRUGHIERA

Enciclopedia Italiana (1930)

BRUGHIERA (dal gallico *brucus "erica")

Augusto BEGUINOT
Giovanni Negri
Ugo Pratolongo

Questo termine e le voci corrispondenti di vauda (canavese), barraggia (biellese), groana (Lombardia), indicano una speciale consociazione vegetale caratterizzata dalla dominanza su larghe superficie della Calluna vulgaris (o brugo) e da alcune specie accompagnatrici molto note, quali il ginestrone (Sarothamnus scoparius) e simili; inoltre da terreno costantemente povero di sali solubili (geloide), spesso argilloso e povero di humus, quale i ferretti degli altipiani diluviali della pianura padana e dei cordoni morenici prealpini o anche dei pendii di molti tratti della zona submontana e delle colline incluse nella pianura padana; talora anche arenoso e più o meno unificato come in talune stazioni glaciali e alluvionali. Il brugo è un piccolo frutice cespuglioso-diffuso della famiglia Ericacee, con foglie squamiformi embriciate e a minuti fiori disposti in racemi fogliosi unilaterali con calice scarioso, quadripartito, roseo, e corolla quadripartita e rosea, bianca o porporina. Le brughiere tipiche sono quelle della porzione occidentale della Padania; a oriente la cintura calcare delle Prealpi determina la costituzione di terreni troppo ricchi di sali solubili (aloidi) per lo sviluppo della Calluna, salvo che nei punti nei quali si è verificato un forte processo di decalcificazione. Nelle zone calcari la brughiera è quindi largamente sostituita da magredi rivestiti da una vegetazione graminosa più o meno densa laddove il suolo è asciutto, e da prati a fondo naturale più o meno floridi o addirittura da acquitrini laddove il suolo presenta condizioni di umidità permanente. La brughiera occidentale tipica presenta spesso anche una vegetazione arborea più o meno sporadica (Quercus sessiliflora, Betula alba); e questa è anzi probabilmente la sua condizione originaria. In altri casi sono stati praticati rimboschimenti di Pinus silvestris; e finalmente, dove la brughiera è stata posta a pascolo con relativa intensità, la Calluna ha ceduto su larghi tratti, anche nella Padania occidentale, il posto a consociazioni di graminacee, in rapporto con la nitrificazione del suolo consecutiva all'accumularsi delle deiezioni degli armenti,e anche con l'azione diretta del calpestio e morso degli animali. Che la brughiera possa del resto assumere tipi abbastanza varî è dimostrato dallo studio molto accurato che di consorzî analoghi, se non identici, è stato fatto nell'Europa centrale (la Heide della Germania settentrionale).

Da un punto di vista strettamente economico-agrario e forestale, la brughiera, nei suoi aspetti diversissimi, ha sempre un valore economico assai limitato. Lo sfruttamento della flora spontanea non dà in genere che produzioni affatto esigue. Nelle brughiere lombarde si raccoglie talora periodicamente il brugo e lo si usa come lettiera di pregio infimo. Talora anche la Molinia coerulea var. altissima, viene raccolta e usata per fare spazzole. Negli scopeti mediterranei (ericeti), dove l'Erica arborea prende il luogo della Calluna vulgaris, la raccolta dei ceppi d'erica, destinati principalmente alla fabbricazione delle pipe, assume in Italia e specie in Calabria qualche importanza economica. Nei vaccinieti montani e negli albatreti litoranei la raccolta dei frutti si fa talora sistematicamente per il consumo diretto o per la preparazione di conserve. All'infuori di tali utilizzazioni parziali, le brughiere subalpine e dell'Italia meridionale non costituiscono che poveri pascoli.

Nelle vaste brughiere nordiche (calluneti) l'allevamento delle api assume talora qualche importanza; in Italia l'apicoltura brughiera trova evidentemente condizioni economiche meno propizie.

Quando la brughiera, perdendo l'aspetto di tipico ericeto, venga popolandosi, naturalmente o artificialmente, di piante legnose, una esigua produzione legnosa vi può essere ottenuta a periodi assai lunghi; ché l'incremento legnoso è sempre tenuissimo. Dove il clima lo consenta, i terreni brughieri possono sorreggere sughereti più o meno fiorenti: tale è il caso della Sardegna e di alcune plaghe dell'Italia centrale. Le pinete di pino silvestre, che per opera dell'uomo sono sorte su alcuni terreni brughieri lombardi (zona delle groane), e le pinete di pino da pinoli vegetanti su alcuni terreni brughieri litoranei sono esempî assai notevoli di trasformazione forestale delle brughiere; tuttavia assai raramente il loro reddito è proporzionale alla spesa di trasformazione.

La redenzione agraria della brughiera è opera per lo più difficile e costosa, in ragione dei vizî stessi di fertilità inerenti ai terreni brughieri. Primeggiano per importanza in Italia le trasformazioni delle brughiere in campi o in prati irrigui, a coltura cereale o a coltura foraggera (p. es. i prati iemali lombardi e l'estesa zona a coltura risiera che si stende fra le Dore e l'Adda e fra le Alpi e il Po). Altrove (Emilia, Toscana, ecc.), la coltura della patata, del tabacco e di alcuni ortaggi fiorisce su terreni di origine brughiera. Sono infine largamente diffusi in tutta Italia i vigneti allevati con opera industre su tipici terreni brughieri. Sul litorale calabro i terreni acidi di origine brughiera sorreggono talora ricche coltivazioni di bergamotto.

In linea di massima, la mancanza o anche solamente la deficienza di acqua d'irrigazione rende assai difficile la redenzione agraria dei terreni brughieri. La pratica delle calcitazioni e delle marnature, che ha preso così grande sviluppo in alcuni paesi nordici, in Italia è ancora agli inizî, e ciò ostacola grandemente la redenzione agraria delle brughiere e delle formazioni analoghe là dove manchi l'ausilio delle acque d'irrigazione.

Bibl.: R. Gräber, Die Heide Norddeutschlands, in Die Vegetation der Erde, V, Lipsia 1901; C.F. Parona, Trattato di Geologia, Milano 1924; F. Luzzatto, E. Artini, U. Brizi, L. Fenaroli, U. Pratolongo, V. Alpe, A. Pavari, Le Brughiere, Piacenza 1927.

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