MISEFARI, Bruno

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MISEFARI, Bruno

Giuseppe Masi

, Bruno Nacque a Palizzi (Reggio di Calabria) il 17 genn. 1892 da Carmelo e da Francesca Autelitano, primogenito di una famiglia numerosa (otto figli).

Conseguita la licenza elementare, fu ospitato a Reggio dallo zio materno Vincenzo, il quale gli consentì di frequentare le scuole superiori e poi, una volta ottenuta la maturità tecnica, gli assicurò anche i mezzi per iscriversi alla facoltà d’ingegneria a Napoli (1911).

Il periodo trascorso a Reggio fu determinante per la sua formazione. Negli anni degli studi universitari, oltre ad applicarsi con profitto nello studio delle materie curriculari (in particolare la matematica), si dedicò alla filosofia e alla letteratura, avendo come guida un singolare ma colto professore di fisica, G. Berti, un libertario venuto dalle Marche. Tramite lo zio entrò in relazione con diversi operai e artigiani, e con alcuni di essi fondò la sezione giovanile «A. Bebel», aderente al Partito socialista italiano. Collaborò al periodico della locale Camera del lavoro, Il Lavoratore (1910-14), al settimanale socialista di Messina Il Riscatto, diretto da F. Lo Sardo, e al foglio anarchico Il Libertario di La Spezia. Oltre a pubblicare in quest’ultimo giornale le sue prime prove poetiche, nel numero del 28 marzo 1912 un suo articolo su Maria Rygier, allora militante anarchica, destò l’attenzione del prefetto di Reggio, che decise di sorvegliarlo «convenientemente» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale Pubblica sicurezza, Casellario politico centrale, ad nomen).

In una delle sue molte conferenze, celebrativa del cinquantenario dell’Unità d’Italia, fu fermato dalla polizia per aver lanciato invettive contro le istituzioni. Il 22 ott. 1911, nelle giornate di protesta contro l’impresa libica, fu accusato di aver distribuito alle reclute volantini inneggianti alla diserzione e fu condannato dal tribunale di Reggio a due mesi e mezzo di reclusione. La pena, confermata in appello, fu sospesa per cinque anni e in considerazione della sua giovane età non fu registrata nel cartellino penale.

Con l’inizio della prima guerra mondiale la sua azione contro la politica militarista dell’Italia si fece più incisiva. Nel settembre del 1914, in risposta a una manifestazione interventista, il M. propose un ordine del giorno «deplorante le condizioni funeste del conflitto ed invocante l’amnistia per tutti i condannati politici» (Corriere di Calabria, 22 sett. 1914). Negli stessi giorni le autorità di polizia, che lo controllavano attentamente, sequestrarono nell’ufficio postale numerose stampe a carattere pacifista, inviate dagli anarchici di Ancona. Il 1° maggio 1915 partecipò a una dimostrazione contro il conflitto, svoltasi alla Borsa del lavoro di Napoli.

Chiamato alle armi, al pari di altri anarchici indecisi se disertare o guadagnare l’esercito alla rivoluzione, il M. scelse la prima opzione per cui, dichiarandosi obiettore di coscienza, si rifiutò di espletare il corso allievi ufficiali a Benevento. Scontata ad Acireale una condanna a sette mesi di carcere, la sera del 5 marzo 1916, indossando la divisa, parlò in pubblico a Reggio contro la politica bellicista dell’Italia. Il giorno dopo, data dell’effettiva diserzione, si diresse verso la frontiera con la Svizzera, ma il 31 marzo fu arrestato a Cannobio, e subito condotto a Napoli per essere messo a disposizione del tribunale militare. Rientrato in caserma a Benevento e ottenuta in tal modo la sospensione del procedimento penale a suo carico, il 25 agosto disertò nuovamente. Attraversato a Chiasso il confine «legato sotto un vagone ferroviario» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale), fu trattenuto dalla gendarmeria svizzera e rimesso in libertà solo quando dall’Italia arrivò la documentazione sulla motivazione politica della fuga.

Dopo qualche giorno le autorità consolari italiane lo individuarono a Zurigo, dove viveva sotto il falso nome di Furio Sbarnemi. In quella città risiedeva anche F. Misiano, amico d’infanzia, dal quale fu introdotto nell’ambiente del fuoruscitismo internazionale e in casa di una famiglia anarchica di origine bellunese, gli Zanolli, dove conobbe Pia, sua futura compagna che sposò civilmente nel maggio 1931. Ebbe così modo di frequentare le riunioni dei sovversivi e degli esuli italiani, continuando a divulgare le ideologie libertarie.

In contatto con i maggiori esponenti italiani dell’anarchismo, E. Malatesta, C.L. Berneri e altri gruppi elvetici, svolse settimanalmente conferenze e inviò articoli e brevi cronache ai periodici anarchici, in particolare a Il Risveglio anarchico di Ginevra. Sospettato di essere un agente della propaganda bolscevica, il 16 maggio 1918 fu arrestato, insieme con altri renitenti italiani e francesi, per l’affare delle bombe di Zurigo (la moglie Pia, nelle memorie, scrisse che fu imprigionato perché amico di Misiano, più coinvolto nella vicenda: P. Zanolli Misefari, p. 115). Prosciolto dopo sette mesi di carcere preventivo, il 17 dic. 1918 il governo federale gli notificò un provvedimento di espulsione, che fu rinviato di quattro mesi per una malattia contratta dal M. in prigione.

Procuratosi un passaporto per la Germania, nel luglio 1919 il M. raggiunse Stoccarda, dove prese contatti, tra gli altri, con Clara Zetkin, una dei fondatori del partito comunista tedesco. Nel novembre, in seguito alla concessione dell’amnistia da parte del governo italiano, accompagnato dalle sorelle Zanolli (Pia e Antonietta), il M. decise di far ritorno in Calabria, ma trattenuto per alcuni giorni a Domodossola, fu rilasciato solo in seguito all’interpellanza che l’11 dicembre il neodeputato Misiano rivolse al ministero dell’Interno.

Ripresa la propaganda politica in Calabria, Puglia e Campania, guidò anche il movimento contadino nell’entroterra ionico reggino, collaborò a Umanità nova e all’Avvenire anarchico di Pisa. A Napoli diresse con G. Imondi Anarchia, il quindicinale della federazione locale, il cui primo numero, non reperito fino a oggi, uscì il 17 giugno 1920. L’anno seguente, eletto segretario della Camera del lavoro di Taranto, diresse uno sciopero di tre mesi per la riapertura del cantiere navale; nel 1921 si impegnò nel Napoletano per la campagna a favore di N. Sacco e B. Vanzetti.

Laureatosi in ingegneria industriale nell’agosto del 1923, il M. rientrò definitivamente a Reggio Calabria, dalla quale si allontanò solo per alcuni viaggi di lavoro o per motivi familiari. Pur esercitando la professione libera, continuò per qualche anno nel suo attivismo politico. Il 14 dic. 1924, con il compagno di fede N. Malara, stampò a Reggio il quindicinale L’Amico del popolo, destinato in prevalenza alla propaganda tra gli abitanti delle campagne. Questo periodico, nel quale il M. pubblicò i capisaldi del programma anarchico, fu soppresso però dopo il quarto numero. Il 22 sett. 1925, accusato insieme con altri intellettuali di aver ipotizzato un attentato ai poteri dello Stato, fu messo agli arresti a Reggio e scagionato dopo venticinque giorni. Diffidato nel dicembre 1926 come fervente e irriducibile anarchico e invitato ad astenersi da qualsiasi azione politica diretta a sovvertire gli ordinamenti statali, fu anche incluso nell’elenco delle persone pericolose da imprigionare in determinate contingenze.

Nello svolgimento del suo lavoro influì molto il suo status di oppositore del regime. Ciò è, fra l’altro, dimostrato dal rifiuto opposto dal regio commissario del Comune di Palizzi all’offerta, senza fini di lucro, del progetto per realizzare la conduttura dell’acqua. Specializzatosi nel frattempo in geologia, nel 1926 a Villa San Giovanni, con l’ex deputato del partito popolare N. Siles, il M. fondò la prima azienda vetraria calabrese, finalizzata allo sfruttamento del quarzo nel territorio di Cannitello. L’impresa, nella quale egli assunse la funzione di direttore tecnico, pur apprezzata dalla società francese Saint-Gobain, intenzionata ad acquisirla, non durò molto. Servendosi di espedienti di vario genere, il consiglio d’amministrazione dapprima ottenne la sua espulsione dall’ordine degli ingegneri e poi se ne liberò definitivamente. Ciò accadde dopo l’ennesimo arresto, avvenuto il 25 marzo 1931, che gli valse la condanna a due anni di confino da scontare nell’isola di Ponza.

La presenza del M. nell’isola, dove arrivò il 3 luglio 1931, e la notorietà che per la sua militanza aveva acquisito negli ambienti anarchici, ravvivarono tra i confinati i legami associativi, cementati peraltro dalla costituzione di una piccola biblioteca e da assidue conversazioni teoriche. Nel tempo libero, intercalato da alcuni mesi di carcere perché accusato di aver rivolto ingiurie al duce, gli fu consentito di esercitare il lavoro di ingegnere e dal Comune ottenne l’incarico di redigere alcuni progetti, regolarmente retribuiti.

Condonata la pena il 14 nov. 1932, nella ricorrenza del decennale della marcia su Roma, il 2 dicembre, lasciata Ponza, il M. si trasferì a Davoli, in provincia di Catanzaro, dove fin dal 1930 aveva scoperto la silice. Reperiti in Svizzera i mezzi finanziari, nel 1935 realizzò la S.p.a. Davoli Quarzo e Silice, uno stabilimento per l’estrazione del minerale, che raggiunse una produzione annuale di 30.000 tonnellate, inviata ai laboratori di precisione dell’esercito a Roma e ad alcune società private, come la Richard Ginori. Anche questa nuova iniziativa, protrattasi fino agli anni della guerra, incontrò numerosi ostacoli a livello locale.

Nel frattempo l’aggravarsi delle sue condizioni di salute (nel 1933 gli era stato diagnosticato un tumore al cervello) lo costrinse a ricoverarsi in una clinica a Roma, dove morì il 12 giugno 1936.

Tra le opere del M. si ricordano: Chi sono e cosa vogliono gli anarchici, Napoli 1921; Commemorazione di Francisco Ferrer, Zurigo 1917. Gli scritti del M. sono stati pubblicati postumi a cura della moglie: F. Sbarnemi (pseud. del M.), Diario di un disertore, Firenze 1973 (la prima ed. nel 1918); Utopia? No! Scritti scelti di Bruno Misefari, a cura di P. Zanolli-Misefari, Roma 1975; Schiaffi e carezze, ibid. 1969 (nuova ed.: Schiaffi, carezze e altro, a cura di P. Vermiglio, Reggio Calabria 2009); Prosa e poesie. Tutto è vero, Carrara 1978; Ruota del mondo, Roma 1965.

Fonti e Bibl.: Roma, Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco, Bruno Misefari; Amsterdam, Internationaal Instituut voor sociale geschiedenis (Istituto internazionale di storia sociale), Archive, ad nomen (1918-36); Reggio Calabria, Archivio Vincenzo Misefari, bb. 339-349; Archivio di Stato di Latina, Questura di Latina, Fascicoli personali di confinati a Ponza e Ventotene, ad nomen; P. Zanolli-Misefari, L’anarchico di Calabria, Milano 1967 (nuova ed. con presentazione di G. Mancini, Firenze 1972); E. Misefari, Bruno, biografia di un fratello, Milano 1989; U. Fedeli, Giornali, riviste, numeri unici anarchici stampati in italiano dal 1914 al periodo clandestino, in Movimento operaio, II (1950), 9-10, pp. 291-296; Id., L’ora nostra verrà, in L’Adunata dei refrattari, XXXVIII (1959), 42, pp. 4 s.; A. Copetti, Ricordi zurighesi, in L’Agitazione del Sud, X (1966), 2, pp. 3 s.; M. Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli, Firenze 1971, ad ind.; L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo, I, 1, Periodici e numeri unici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972, pp. 297, 321; F. Spezzano, Fascismo ed antifascismo in Calabria, Manduria 1975, ad ind.; S. Carbone, Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Calabria, Cosenza 1977, pp. 246-248; G. Masi, Socialismo e socialisti di Calabria (1861-1914), Salerno-Catanzaro 1981, ad ind.; G. Cingari, Storia della Calabria dall’Unità ad oggi, Roma-Bari 1982, ad ind.; N. De Ianni, Operai e industriali a Napoli tra Grande Guerra e crisi mondiale: 1915-1929, Genève, 1984, ad ind.; E. Misefari, Il socialismo in Calabria nel periodo giolittiano, Soveria Mannelli 1985, ad ind.; G. Cingari, Reggio Calabria, Roma-Bari 1988, ad ind.; Insuscettibile di ravvedimento. L’anarchico Alfonso Failla (1906-1986), a cura di P. Finzi, Ragusa 1993, ad ind.; E. Misefari, Anarchismo in Calabria, in Studi in onore di Antonio Piromalli, a cura di T. Iermano - T. Scappaticci, Napoli 1993, pp. 570-586; G. Errigo, Protagonisti del Novecento jonico, Ardore Marina 1993, pp. 144-160; N. Malara, Antifascismo anarchico 1919-1945, Roma 1995, pp. 17-19; G. Sacchetti, Gli anarchici contro il fascismo, Livorno 1995, pp. 11, 14; A. Orlando, Un rapporto epistolare. La corrispondenza tra Errico Malatesta e Bruno Misefari, in La Città del sole, Rosarno, V (1998), settembre, p. 23; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del ministero dell’Interno, Catania 2002, ad ind.; N. Criniti, La stampa politica di Reggio Calabria e provincia (1860-1926), Soveria Mannelli 2007, ad ind.; Tra Calabria e Mezzogiorno. Studi storici in memoria di Tobia Cornacchioli, a cura di G. Masi, Cosenza 2007, pp. 264-267; Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, III, ad nomen; Dizionario biografico degli anarchici italiani, II, ad nomen.

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