BRUTO, Decimo Giunio, Albino

Enciclopedia Italiana (1930)

BRUTO, Decimo Giunio, Albino (D. Junius Brutus Albinus; il secondo cognome fu preso dopo l'adozione da parte di Aulo Postumio Albino)

Gaetano Mario Columba

Probabilmente fu figlio di D. Giunio Bruto console nel 77 a. C. Non si sa quando sia nato, ma doveva essere press'a poco coetaneo di Marco Bruto (v.). Prese parte con onore alle campagne di Cesare nelle Gallie. Tornato a Roma, quando scoppiò la guerra civile, nel 49, Decimo B. fu agli ordini di Cesare, che gli diede il comando della squadra navale destinata a bloccare Marsiglia, divenuta piazzaforte dei pompeiani e difesa da Lucio Domizio. Ma le sue navi, nonostante due buoni successi, non riuscirono a impedire la fuga di Domizio, che, favorito dal cattivo tempo, si dileguò poco prima che la città si arrendesse.

Nell'anno seguente, 48, Decimo B. ebbe la carica di pretore e fu da Cesare delegato al governo della Gallia Transalpina, compito ch'egli assolse egregiamente, con capacità militare e politica. Al terminare della guerra civile, nel 45, Decimo B. s'era pienamente guadagnato l'animo di Cesare, che gli diede singolari prove di fiducia e di affetto: gli assegnò come provincia la Gallia Cisalpina per il 43, il consolato per il 42, e lo iscrisse perfino nel suo testamento come secondo erede. Nonostante ciò, Decimo B. fu tra gli attori della congiura contro il dittatore. Anzi, nel mattino del 15 marzo del 44, quando il colpo era preparato, e Cesare tardava a venire nella Curia ove i congiurati lo aspettavano, Decimo B. accettò l'incarico di andarlo a trovare per esortarlo a non farsi attendere ancora. Dopo l'uccisione del dittatore, egli fu perciò uno di quelli designati in particolar modo all'odio del popolo e dei veterani. Dovette uscire da Roma, in preda allo sconforto. Tuttavia, convintosi che Antonio mirava a strappargli il governo della Gallia Cisalpina, si mise risolutamente in possesso della sua provincia, e diede opera a raccogliere un esercito. Il senato riprese animo, sapendo di aver così delle forze da opporre a quelle dei suoi avversarî. Ma Antonio si fece assegnare dai comizî la Gallia Cisalpina con la facoltà di trasportarvi le legioni ch'erano in Macedonia. Un conflitto armato con Decimo B. appariva inevitabile, ed era allo stesso tempo conflitto col senato, che dichiarò nulla la legge votata dai comizî, e confermò a Decimo B. la Cisalpina. Intanto, l'erede e figlio adottivo di Cesare, Ottaviano, raccoglieva per suo conto milizie, da formar due legioni, e riuscì a trarre a sé altre due legioni di quelle venute dalla Macedonia per Antonio. I consoli del 43 Aulo Irzio e Vibio Pansa, erano cesariani, ma stavano dalla parte del senato; il quale, dopo forti riluttanze, decise anche di legalizzare la posizione di Ottaviano, conferendogli i poteri di pretore e diede poi ai due consoli e a Ottaviano il compito di muovere in armi contro Antonio. Fu questa la guerra detta di Modena (bellum Mutinense), dove B. si era rinchiuso e Antonio lo teneva assediato. La guerra fu decisa dalle due battaglie, una a Foro dei Galli (Castelfranco), l'altra sotto Modena, terminate entrambe con la disfatta di Antonio. Questi abbandonò l'assedio e si ritirò alla volta delle Alpi occidentali. Decimo B. era così liberato. Sennonché i due consoli erano caduti entrambi, Pansa nella prima battaglia, Irzio nella seconda. Rimaneva solo Ottaviano, il quale non si mostrò disposto ad accordarsi con B.

In Roma le vittorie di Foro dei Galli e di Modena avevano suscitato grande entusiasmo. Il senato dichiarò Antonio nemico pubblico, poi affidò a Decimo B. il compito di continuare la guerra, e gli conferì gli onori del trionfo. Ma Ottaviano non si lasciò metter da parte: occupò Roma, si fece eleggere console; e fece proporre la legge che sottoponeva a processo gli uccisori di Cesare. B. fu condannato con gli altri all'esilio e alla confisca dei beni.

Questi avvenimenti ebbero ripercussione di là dalle Alpi, ove Antonio si era avanzato con le sue milizie. I governatori dei territorî romani della Gallia e della Spagna passarono dalla parte di Antonio. Bruto abbandonato dai suoi soldati, decise di raggiungere Marco Bruto in Macedonia, ma capitò presso un principotto, di nome Camalo, in casa del quale morì, non si seppe bene come.

Fonti: v. in generale civili, guerre; inoltre le lettere di Cicerone a D. Bruto e di D. Bruto a Cicerone e ad altri in Ad Fam., XI.

Bibl.: M. Paulus, De Decimo Iunio Bruto Albino comm. historica, Münster 1889; B. C. Bondurant, Decimus Iunius Brutus Albinus, Chicago 1907; Drumann-Groebe, Geschichte Roms, I, p. 98 segg.; III, p. 418 segg.; IV, p. 13 segg.; V. Garthausen, Augustus und seine Zeit, I, Lipsia 1891, p. 88 segg.; T. Rice Holmes, Caesars conquest of Gaul, 2ª ed., Oxford 1911, pp. 90 seg., 564 seg.; id., The architect of the Roman Empire, Oxford 1928, passim.

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