CAISSOTTI DI CHIUSANO, Paolo Maurizio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CAISSOTTI DI CHIUSANO, Paolo Maurizio

Pietro Stella

Figlio di Francesco Antonio, conte di Chiusano, Cinaglio e Pontedassio, e Maria Teresa Orsini di Rivalta, nacque a Torino il 1º dic. 1726. Dopo essere stato educato presso l'Accademia reale (1736-42), passò all'università, dove divenne successivamente dottore in utroque iure (13 ag. 1746), avvocato collegiato (14 luglio 1747), dottore in teologia (12 giugno 1749) e teologo collegiato (giugno 1750). Ordinato sacerdote a Torino il 5 giugno 1751, si trasferì a Roma per perfezionarsi nelle scienze ecclesiastiche. Qui entrò nell'oratorio filippino di S. Maria in Vallicella, sembra per suggerimento del domenicano Daniello Concina (Nouv. eccl., 22 maggio 1787) e anche attrattovi dai conterranei Marc'Aurelio Balbis Bertone, poi vescovo di Novara (1756), e Ottavio Borghesi, vicario generale di Torino dal 1777 al 1797 (Stella, I, 2, pp. 21 348). Dopo un periodo di noviziato (1752-53) fu ammesso nell'oratorio l'8 maggio 1754: ricevette la prima approvazione il 7 giugno di quell'anno, la seconda il 6 giugno del 1755 e la terza il 21 giugno del 1757. Come già il Bertone, il C. venne segnalato al sovrano come capace di reggere una diocesi dal conte di Rivera, ministro sardo a Roma (Arch. di Stato di Torino, Lett. min. Roma, mazzo 248, Rivera a Ossorio, Roma 17 ott. 1761).

Il suo gradimento entrava nel quadro della politica inaugurata da Vittorio Amedeo II nel campo delle nomine vescovili e continuata coerentemente da Carlo Emanuele III: nell'intento di favorire la coesione dello Stato, a vescovi filogesuiti venivano fatti succedere prelati formati all'università di Torino, tendenti al rigorismo, gallicaneggianti e perciò sensibili agli interessi subalpini piuttosto che a quelli della Curia romana. Ma la nomina del C. a vescovo di Asti (10 febbr. 17670 suscitò le apprensioni del cardinale protettore Alessandro Albani. Una visita di cortesia tra il C. e l'Albani si tramutò in tempestoso contraddittorio, perché il C. si mostrò contrario alla recente condanna del Mésenguy, reticente nell'ammettere le prerogative papali, non del tutto lineare nel disapprovare gli appellanti, fautore della versione italiana della Bibbia; in una parola, secondo l'Albani, si mostrò di "massime francesi" (Stella, I, 2, pp. 182-184).

Preconizzato, il 19 apr. 1762 insieme a mons. Carlo Morozzo, vescovo di Fossano, fu consacrato a Roma dal card. Acciaiuoli il 23 maggio e il 10 agosto prese possesso della diocesi.

Gli inizi dell'attività pastorale del C. furono di fatto caratterizzati da una spiccata tendenza al rigorismo. Tanto era stato "ami des jésuites" il suo predecessore, altrettanto "poco" lo fu il C. nell'estimazione della cerchia giansenista torinese (Bentivoglio a Ducoudray, luglio 1765). Avvisaglia rigorista fu il quaresimale predicato in duomo dal camilliano Ignazio Porro nel '63, concluso con una contestata predica sui teatri moderni (Stella, I, 2, p. 154). Il C. difese il predicatore e a sua volta sostenne una campagna contro un teatro locale fino a ottenerne la chiusura (Bentivoglio a Ducoudray, 21 ott. 1767, da cui desumono le Nouv. eccl., 18 nov. 1767). La compilazione dello status ecclesiae tra il '63 e il '66 gli permise un primo valido controllo della situazione della diocesi; nel '68 compì la visita pastorale dell'intera diocesi. Nel contempo approfittò del fatto che i gesuiti non avevano collegi in Asti, per non permettere più che essi venissero chiamati da confraternite per esercizi spirituali o altro ministero pastorale. Si adoperò invece per il trasferimento degli oblati di S. Elena da Villafranca nel seminario vescovile di Asti, onde disporre di ecclesiastici preparati e influenti (regio brevetto del 10 marzo 1764). Sull'esempio del Bertone e di mons. Casati vescovo di Mondovì, curò il riordinamento della formazione ecclesiastica. A tale seopo provvide alla costruzione del nuovo seminario, iniziato il 18 maggio 1763 e ultimato nel 1773. Sul giovane clero stabilì un severo controllo usufruendo dell'esame per l'ammissione al ministero delle confessioni. Dalle stesse lettere del C. si ricava che ai chierici e ai sacerdoti era suggerita La regola de' costumi, operetta rigorista di Gabriel Gerberon (Napoli 1764 e Torino 1767: cfr. Stella, I, 2, pp. 243, 250), e forse anche Le verità della grazia e della predestinazione, opera di Nicolas Hugot, di chiara ispirazione giansenista, tradotta in italiano dal camilliano Giuseppe Capizucchi e posta all'Indice con decr. 1º marzo 1768 (Stella, I, 2, pp. 249, 302). Egli stesso per i seminaristi pubblicò anonime Istruzioni alla gioventù ecclesiastica (Torino 1774), dove tra l'altro suggerisce il Theologus christianus (Torino 1769) di J. Opstraet e attinge varie considerazioni agli Essais di Pierre Nicole.

La crescente ondata rigorista mise in contrasto nel 1773 il vecchio vescovo di Saluzzo, mons. Giuseppe Porporato, e i prelati di nuova formazione. Quell'anno una pastorale benignista di mons. Porporato venne pubblicata furtivamente nella stessa Asti. I vescovi di Pinerolo, Novara, Asti, Nizza, Fossano e Ivrea, riuniti a Torino in occasione dei funerali di Carlo Emanuele III, inviarono una lettera al loro collega di Saluzzo deplorando che questi ostacolasse il maturare di una disciplina uniforme nei punti essenziali e rispondente alla "santa severità delle antiche regole" (Torino, 1º apr. 1773; cfr. Stella, I, 2, p. 269). Tale lettera ebbe subito una certa risonanza e provocò la disapprovazione sovrana. Il C. in una sua protesta personale al ministro degli Affari Interni sottolineò la coerenza della propria posizione con quella di non pochi vescovi e di autorevoli professori dell'università di Torino (ibid., I, 2, p. 272).

Frattanto, tramite l'elemosiniere di corte Michele Bentivoglio e il bibliotecario dell'università Francesco Berta, il C. e altri prelati del Piemonte vennero coinvolti nelle sfortunate trattative di conciliazione tra la Chiesa di Utrecht e Roma. Durante il pontificato di Clemente XIII il C. più che interventi isolati propose una lettera collettiva di vescovi degli Stati sardi patrocinata dallo stesso sovrano: sarebbe stato - scriveva - il mezzo "il più proprio per riuscire o almen per non tirare più in dosso senza alcun frutto qualche e persecuzione e bolla e indignazion della corte, per mostrare i nostri veri sentimenti di pace, di unità con quella chiesa e di amor della verità" (a Bentivoglio, 31 ott. 1767; cfr. Stella, I, 2, p. 242): ma il progetto non ebbe seguito. Sperando in tempi più propizi, come altri vescovi, inviò una lettera a Clemente XIV il 9 maggio 1770 e un'altra dopo la soppressione dei gesuiti il 1º giugno 1774, quando ormai le trattative erano giunte in fase di stanchezza (de Vries; Stella, I, 2, pp. 245-248, 251-253).Il C. favorì negli ultimi anni il sorgere di opere caritatevoli. La "Mendicità istruita", inaugurata ad Asti nel 1775 anche per suo interessamento, rispecchiava il sistema di carità pubblica instaurato da Vittorio Amedeo II. Di carattere più religioso e più privato era l'Opera Caissotti istituita nel 1784, recante il nome del vescovo, ma dovuta soprattutto all'iniziativa del conte Carlo Giacinto Alfieri e della contessa Monica Maillard de Tournon.

Nel luglio 1784 il C. cedette al sovrano i feudi della mensa vescovile ottenendone in compenso il titolo di principe per il vescovo di Asti. Celebrò il sinodo dal 28 giugno al 1º luglio 1785 (Prima synodus dioecesana, Asti [1785]).

Il discorso sinodale riflette la reazione degli ambienti tradizionali subalpini contro il deismo e le critiche razionalistiche al cristianesimo (pp. XIX s., XLIII, LXI s.), ribadisce inoltre temi cari al C., come l'antibenignismo (p. LXXVIII) e l'esortazione a diffondere tra i laici la Bibbia ormai tradotta in italiano da Antonio Martini (p. LXXIV). Ma in complesso gli atti sinodali sono ben lontani dallo spirito riformista ehe pervaderà il sinodo di Pistoia; rispecchiano piuttosto la preoccupazione di semplificare la disciplina e sfoltire le disposizioni date nei sinodi precedenti dei vescovi Migliavacca (1699) e Todone (1730).

Ultima fatica del C. fu la visita pastorale intrapresa per la seconda volta nel 1786. Morì nel palazzo vescovile in Asti l'8 ag. 1786.

Fonti e Bibl.: Asti, Archivio d. Curia vescovile, Status ecclesiae astensis, 1763-66, 3 voll.; Visita pastorale, 1768; Asti, Bibl. del seminario: S. incisa della Rocchetta, Giornale d'Asti (1776-1818), specie XI e XII (in append. al t. XI: Relaz. sullo stato della diocesi inviata alla S. Sede in data 22 maggio 1775; XII, pp. 59-66: 10 ag. 1786, profilo biografico di mons. C.); Parigi, Biblioteca di Saint-Sulpice, Carteggio Ducoudray (lettere di Gaspare Nizzia e Giacomo Michele Bentivoglio a Ducoudray); Roma, Archivio dell'Oratorio di S. Maria in Vallicella, cod. C. 1. 17, f. 43; Arch. di Stato di Torino, sez. I, Lettere vescovi, Asti;Torino, Bibl. Reale, ms. var. 266, inserti 124 s.; Utrecht, Rijksarchief, Arch. de Port-Royal, fasc. 2066 e 2106; Nouvelles ecclèsiastiques, 1º maggio e 4 dic. 1765; 18 nov. 1767, 5 giugno 1775, 22 maggio 1787; [V. M. Fassini], Vita del p. Daniello Concina, Brescia 1768, p. 194; G. A. Carretta, Ne' funerali di.. mons. P. M. C., Asti 1786; Annali ecclesiastici (Firenze), 1º dic. 1786; L. A. Canale, Ne' funerali, Asti 1787; Annali ecclesiastici (Genova), 8 giugno 1799; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, I-III, Firenze 1941-42, ad Ind.;G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIV, Venezia 1858, p. 127; A. Manno, Bibl. storica degli stati della monarchia di Savoia, II, Torino 1891, pp. 356 s., 360, 375, 395; G. Bosio, Storia della Chiesa d'Asti, Torino 1894, pp. 175 s., 480 s.; E. Préclin, Les jansénistes du XVIIIe siècle et la constitution civile du clergé, Paris 1929, p. 434; F. C. de Vries, Vredes-pogingen tusschen de Oud-Bisschoppelijke Cleresie van Utrecht en Rome, Assen 1930, pp. 203, 210-212; P. Savio, Devozione di mgr. A. Turchi alla Santa Sede, Roma 1938, passim;E. Codignola, Il giansenismo piemontese, in F. Ruffini, I giansenisti piemontesi e la conversione della madre di Cavour, Firenze 1942, pp. XXVII-XXXIV e passim;Id., Illuministi, giansenisti e giacobini nell'Italia del Settecento, Firenze 1947, ad Ind.;M. Vaussard, Jansénisme et gallicanisme aux origines relig. du Risorgimento, Paris 1959, pp. 15, 26, 49; E. Appolis, Entre zelanti et jansénistes, Paris 1960, pp. 432 s.; A. Bianco, Asti ai tempi della Rivoluz. e dell'Impero, Asti 1964, pp. 36, 43-50; P. Stella, Giansenisti piem. nell'Ottocento, Torino 1964, ad Ind.;L. Gai, La valle del Mastodonte e di Musanzia, Asti 1967, pp. 354-358; P. Stella, Ilgiansenismoin Italia, I, 1-2, Zürich 1966-70, passim;V.Mazzorolli, P. M. C. di C. vescovo di Asti (1762-1786), tesi di laurea, univ. di Torino, fac. di lett. e filosofia, anno accad. 1969-70; J. Bruggeman-A. J. von de Van, Invent. des pieces d'archives françaises se rapportant à l'abbaye de Port-Royal…, La Maye 1972, pp. 81 s., 104, 334.

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