CALATAYUD

Enciclopedia Italiana (1930)

CALATAYUD (A. T., 41-42)

Ferdinando Rodizza

Città della Spagna di NE., nell'Aragona, in provincia di Saragozza, a 522 metri sul mare, nella valle del río Jalón presso la confluenza dello Jiloca, sulla ferrovia da Madrid a Saragozza, con 12.000 ab. Fu costruita dagli Arabi e conserva tuttora le rovine delle fortificazioni del sec. VIII. Conquistata agli Arabi da Alfonso I di Aragona nel 1119, passò ai re di Castiglia nel 1362; ma ritornò alla dinastia catalano-aragonese nel 1366. Ebbe allora il titolo di città, e parte notevole nelle vicende del regno. La collegiata di Santa Maria, antica moschea araba ingrandita da Alfonso il Battagliero nel 1120, che ha una facciata "plateresca" di Juan de Talavera e del francese Étienne Veray, a tre navate, restaurata nel 1907, mostra ancora tracce dell'antica moschea. La chiesa del Santo Sepolcro, eretta nel 1141, rinnovata nel 1613 da Gaspar de Villaverde, appartenne all'ordine dei Templari, dei quali fu un tempo la principale chiesa in Spagna. La regione, che ha un clima rigido, essendo esposta ai venti glaciali delle vicine montagne, produce molte frutta, legumi, cereali, canapa. La città ha varie industrie: fabbriche di tessuti di tela e cotone, saponifici, concerie. Sulla roccia che sovrasta alla città si osservano numerose grotte artificiali, che servivano di dimora, già al tempo degli Arabi, agli abitanti più poveri; questo quartiere trogloditico porta il nome di Morería.

A tre km. verso est, presso l'attuale Bambola, si trovano le rovine della città celtibera Bilbili (v.), patria di Marziale.

Bibl.: J. Quadrado, Aragon, in España, sus monumentos y artes, su naturaleza e historia, Barcellona 1886; J. F. Rafols, Arquitectura del Renacimiento Español, Barcellona 1929, pp. 124, 126.

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