CALCIO - Brasile

Enciclopedia dello Sport (2002)

calcio - Brasile

Darwin Pastorin

FEDERAZIONE

Denominazione ufficiale: Confederação brasileira de futebol (CBF)

Anno di fondazione: 1914

Anno di affiliazione FIFA: 1923

NAZIONALE

Colori: verde-oro

Prima partita: Buenos Aires, 20 settembre 1914, Argentina-Brasile, 3-0

Albo d'oro: 5 Campionati del Mondo (1958, 1962, 1970, 1994, 2002), 6 Coppe America (1919, 1922, 1949, 1989, 1997, 1999), 3 Giochi Panamericani (1963, 1975, 1987)

Albo d'oro della nazionale giovanile: 3 Campionati del Mondo under 20 (1983, 1985, 1993), 7 Campionati sudamericani under 20 (1974, 1983, 1985, 1988, 1991, 1993, 1995)

Giocatore con il maggior numero di presenze: Cafu (106)

Giocatore con il maggior numero di gol: Pelé (81)

MOVIMENTO CALCISTICO

Formula del Campionato: Torneo Brasileiro, girone all'italiana, le prime 8 ai quarti di finale, fino alla finalissima

Club: 12.890 società, 20.000 squadre

Giocatori tesserati: 932.000 uomini, 4.000 donne

Arbitri: 3.000 uomini, 46 donne

Stadi principali: Maracaná, Rio de Janeiro (122.000 spettatori); Minerão, Belo Horizonte (100.000); Fonte Nova, Salvador (85.000); Arruda, Recife (80.000); Morumbi, San Paolo (80.000)

Primo club fondato: Rio Grande, 1900

Club con maggior numero di presenze: Vasco da Gama, Flamengo, Botafogo, Internacional, Cruzeiro, Atlético Mineiro

Vittorie internazionali dei club: 11 Coppe Libertadores (2 Santos, 2 Cruzeiro, 2 Grêmio, 2 San Paolo, 1 Vasco da Gama, 1 Palmeiras, 1 Flamengo), 6 Coppe Intercontinentali/Toyota (2 Santos, 2 San Paolo, 1 Flamengo, 1 Grêmio)

Campionati nazionali vinti dai club: 4 Flamengo, Palmeiras, Vasco da Gama; 3 San Paolo, Corinthians, Internacional; 2 Grêmio; 1 Atlético Mineiro, Botafogo, Guarani, Bahia, Coritiba, Fluminense, Sport Recife (titolo assegnato dalla Federazione in luogo del Flamengo)

Coppe nazionali (Taça do Brasil e Copa do Brasil) vinte dai club: 5 Santos; 4 Cruzeiro; 3 Grêmio, Palmeiras; 1 Bahia, Botafogo, Flamengo, Corinthians, Criciúma, Internacional, Juventude

Giocatori con il maggior numero di scudetti: Junior (4), Andrade (4), Mauro Galvão (4)

Giocatori con il maggior numero di vittorie nella classifica cannonieri: Damio (3 volte), Tulio (3 volte)

Giocatore con il maggior numero di presenze: Paulo Roberto Curtis da Costa (217)

Giocatore con il maggior numero di gol: Roberto 'Dinamite' (190)

Spettacolo, fantasia, bellezza, fuoriclasse leggendari, questo è il Brasile del calcio: cinque volte campione del mondo (1958, 1962, 1970, 1994, 2002), con assi come Pelé (eletto dalla FIFA miglior giocatore di tutti i tempi), Garrincha, il 'passerotto' che ha ispirato poeti come Carlos Drummond de Andrade e Vinicius de Moraes, Paulo Roberto Falcão, Zico e Ronaldo capaci di incantare milioni e milioni di tifosi.

Il calcio arrivò in Brasile alla metà dell'Ottocento, importato da marinai inglesi, olandesi e francesi. La prima partita risale al 1874 e fu giocata sulla spiaggia di Rio de Janeiro, proprio davanti all'hotel 'Gloria', tra marinai inglesi. Ma la nascita del futebol fu merito esclusivo di un paulista, nato nel quartiere Bras e studente alla Banister Court School di Southampton: Charles Miller. Tornato a San Paolo, nel 1894, si portò dietro dall'Inghilterra due palloni e le regole di un gioco destinato a diventare un'autentica passione nazionale. È l'inizio di un'epopea, di una storia che mescola cronaca e leggenda.

La prima entità a organizzare e amministrare il football brasiliano a livello nazionale fu la CBD (Confederação brasileira de desportos), nata il 5 settembre 1916. La CBD, il cui primo presidente fu Alvaro Zamith, gestiva non soltanto il calcio, ma anche canottaggio, atletica, nuoto, pallavolo e altre discipline. Diventò CBF (Confederação brasileira de futebol) il 24 settembre 1979, guidata da Giulive Coutinho. Al comando della CBF è, oggi, Ricardo Terra Teixeira, genero di Havelange, ex presidente della FIFA.

Il Mondiale del 1950 organizzato dal Brasile fu la più grande delusione per la torcida ("tifoseria") brasiliana. Vi partecipò una Seleção decisamente forte, capace di battere la Svezia 7-1 e la Spagna 6-1. Il centravanti Ademir segnava e divertiva, al suo fianco davano spettacolo Jair e Zizinho. La finale fu contro l'Uruguay, al Maracaná, di fronte a 200.000 spettatori. Segnò il Brasile con Friaça, ma poi arrivarono le reti di Schiaffino e Ghiggia per l'Uruguay. Il portiere Barbosa non venne mai perdonato per quei gol, mentre il capitano della 'Celeste' Obdulio Varela divenne un eroe popolare. Ci furono, in tutto il Brasile, scene di isteria e suicidi. Ary Barroso, il popolare musicista autore di Aquarela do Brasil, interruppe bruscamente la radiocronaca della partita e giurò che non si sarebbe più occupato di pallone. I motivi della sconfitta furono due: l'eccessiva sicurezza e una disposizione tattica spregiudicata, votata esclusivamente all'attacco.

Le successive delusioni, quella del Mondiale del 1954 e quella del 1957 quando furono sconfitti dai rivali storici argentini nel 'Sudamericano', convinsero i brasiliani che la tecnica e la fantasia non bastavano a vincere. Bisognava curare anche l'aspetto tattico e disciplinare. Venne nominato selezionatore Vincente Feola, che provò quasi 200 calciatori. Poi ne scelse 33 su cui puntare e la scelta fu fatta sulla base non solo delle capacità tecniche dei calciatori, ma anche di quelle atletiche e caratteriali.

Nel giro degli anni l'amarezza per aver perso un Mondiale si è trasformata in apoteosi per averne conquistati cinque. Il primo fu quello del 1958 in Svezia, grazie a una nazionale strepitosa, forte in ogni reparto (Gilmar, Djalma Santos, Niton Santos, Zito, Bellini, Orlando, Garrincha, Didí, Vavá e Altafini, Pelé, Zagallo). La Seleção diede spettacolo, superando nella finale (5-2) la Svezia di Liedholm e Hamrin. Giocava con il 4-2-4: la difesa era formata dai terzini Djalma Santos e Niton Santos, al centro due marcatori, Bellini e Orlando, in modo da chiudere eventuali buchi; a centrocampo il fantasioso regista Didí sostenuto dal raffinato mediano Zito; in attacco un poker d'assi inarrivabile: il giovanissimo Edson Arantes do Nascimento, cioè Pelé, destinato a diventare, insieme a Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi; l'ala destra 'Mané' Garrincha, nato con la poliomielite, ma capace di dribbling imprevedibili e di una finta magistrale; Vavá, centravanti di sfondamento, e il prezioso Zagallo, che rientrava a centrocampo in caso di necessità dando l'equilibrio giusto alla squadra.

Il secondo trionfo venne nel 1962 in Cile. Pelé fu costretto a uscire, per infortunio, dopo solo due partite e leader della Seleção di Zezé Moreira divenne Garrincha, autore di quattro gol e di match perfetti. Il sostituto di Pelé fu Amarildo, che, in seguito, avrebbe giocato in Italia con le maglie di Milan, Fiorentina e Roma. Questi i campioni: Gilmar, Djalma Santos, Niton Santos, Zito, Mauro, Zozimo, Garrincha, Didí, Vavá, Amarildo (Pelé), Zagallo. La finale con la Cecoslovacchia fu vinta per 3-1 mostrando un calcio spettacolare. Dal 4-2-4 si era passati al 4-3-3, con l'arretramento di Zagallo a copertura di Niton Santos sulla sinistra.

Nel 1970, con il terzo successo, la Seleção si aggiudicò definitivamente la coppa Rimet. Il Brasile era guidato in panchina da Mario 'Lobo' Zagallo, convinto, come già lo era stato Feola, che in campo dovessero andare i migliori. Così tentò, riuscendovi, di far convivere i numeri dieci di Botafogo, San Paolo, Cruzeiro, Santos e Corinthians: cinque fuoriclasse, Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé e Rivelino. Il Brasile vinse il Mondiale superando nella finale di Città del Messico, per 4-1, l'Italia di Ferruccio Valcareggi e di Gigi Riva, in virtù delle reti di Pelé, Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto; di Boninsegna l'unico gol degli azzurri. Era una Seleção con qualche fragilità in difesa, ma assolutamente solida a centrocampo e devastante in attacco, con Jair Ventura Filho 'Jairzinho' che andò a segno in ogni match. Questo l'undici titolare: Felix, Carlos Alberto Torres, Everaldo, Clodoaldo, Brito, Piazza, Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé, Rivelino.

Ancora l'Italia fu l'avversaria della finale nella quarta conquista del Campionato del Mondo, quella di USA 1994. Allo stadio Rose Bowl di Pasadena (California) la Seleção riuscì ad aver ragione della squadra di Arrigo Sacchi soltanto ai rigori, dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari e di quelli supplementari. Dal dischetto fallirono per gli azzurri Massaro, Franco Baresi e Roberto Baggio. L'unico errore dei verdeoro fu del difensore Marcio Santos. Al fischio finale i giocatori srotolarono uno striscione: "Senna... acceleriamo insieme, il quarto (titolo) è nostro", omaggio al grande pilota Ayrton Senna, morto sulla pista di Imola il 1° maggio di quell'anno. Giocarono la finale Taffarel, Jorginho (20′ Cafù), Branco, Mauro Silva, Aldair, Marcio Santos, Mazinho, Dunga, Romario, Zinho (106′ Viola), Bebeto. Stella del Brasile fu il centravanti Romario, mentre il giovane talento Ronaldo non venne impiegato nemmeno per un secondo dal commissario tecnico Carlos Alberto Parreira. Era una squadra con pochi assi (Aldair, Romario, Bebeto) e alcuni 'scarti' del Campionato italiano, come l'ex genoano Branco, l'ex torinista Muller, gli ex fiorentini Mazinho e Dunga.

Nel Mondiale di Giappone-Corea del 2002, forte della presenza di due dei giocatori più rappresentativi del momento, Ronaldo (capocannoniere del torneo) e Rivaldo, il Brasile di Luiz Felipe Scolari, che pure si era qualificato con fatica, ha dominato il suo girone, ha poi eliminato Belgio, Inghilterra e Turchia, e ha conquistato la sua quinta Coppa del Mondo, battendo la Germania per 2-0.

Il Brasile giunse secondo non soltanto nel 1950, ma anche nel 1998 ai Mondiali francesi (3-0 per la Francia di Zidane). Gli altri risultati ai Campionati del Mondo sono stati: eliminazione al primo turno nel 1930 in Uruguay e nel 1934 in Italia, in semifinale nel 1938 in Francia (2-1 per l'Italia, a Marsiglia), nei quarti di finale nel 1954 in Svizzera, al primo turno nel 1966 in Inghilterra. Quarto posto nel 1974 in Germania e terzo nel 1978 in Argentina (2-1 all'Italia), quindi eliminazione al secondo turno nel 1982 in Spagna (3-2 per l'Italia al Sarriá di Barcellona, tripletta di Paolo Rossi e giocatori-simbolo come Junior, Toninho Cerezo, Socrates, Paulo Roberto Falcão e Zico costretti a uscire dalla scena), negli ottavi di finale nel 1990 in Italia.

Il Brasile ha conquistato la Coppa America per sei volte (in casa nel 1919, 1922, 1949 e 1989, in Bolivia nel 1997 e in Paraguay nel 1999): un numero esiguo in confronto alle cinque vittorie ai Mondiali, ma la Coppa America non ha mai costituito un obiettivo principale per la Seleção. Nel 1919 il protagonista fu il centravanti Arthur Friedenreich, sicuramente il primo grande asso della storia del calcio brasiliano. Su di lui, il narratore uruguayano Eduardo Galeano ha scritto: "Artur Friedenreich, figlio di un tedesco e di una lavandaia nera, giocò in prima divisione per ventisei anni e non guadagnò mai un centesimo. Nessuno ha mai segnato più gol nella storia del calcio. Ne ha segnati più lui dell'altro cannoniere, Pelé, anch'egli brasiliano, che è stato il massimo realizzatore del calcio professionistico. Friedenreich ne mise insieme 1329, Pelé 1279. Questo mulatto dagli occhi verdi creò il modo brasiliano di giocare. È stato lui a rompere gli schemi inglesi. Lui, o il diavolo che pareva infilarsi nella pianta del suo piede. Friedenreich portò nel solenne stadio dei bianchi l'irriverenza dei ragazzi color caffè che si divertivano contendendosi una palla di pezza nelle periferie. Così nacque uno stile aperto alla fantasia, che preferisce il piacere al risultato. Da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti, come non ne hanno le montagne di Rio né gli edifici di Oscar Niemeyer". Di fatto, quando si dice Brasile, nel football si intende uno sport ancora all'insegna del divertimento e della poesia, dove lo schema è al servizio della fantasia del singolo e non viceversa. È stato così fino ai primi anni Novanta quando si pensò che bisognava curare di più la difesa e attuare un calcio meno spettacolare e più concreto. Nell'estate del 1989, il pubblico del Maracaná vide il Brasile vincere la Coppa America attuando un modulo di gioco europeo, con il libero dietro.

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