PANZANO, Calega

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PANZANO, Calega

Marco Grimaldi

– Tradizionalmente identificato con un mercante e uomo politico appartenente alla famiglia genovese dei Panzano, la sua data di nascita può essere collocata attorno al 1230.

Attivo tra il 1248 e il 1313, è noto come trovatore attraverso un unico sirventese in lingua occitana (Ar es sazos c’om si deu alegrar, «è giunto il tempo di rallegrarsi», Bibliographie der Trobadours, 1933, n. 107.1), tramandato, con l’attribuzione a «Calega Panza», esclusivamente dal ms. Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Campori, γ.N.8.4; 11, 12, 13 (seconda parte della copia cinquecentesca del perduto canzoniere di Bernart Amoros, cfr. Avalle, 1993; Zufferey, 1987, pp. 79-101).

Panzano era già conosciuto da Jean de Nostredame, che nelle Vies (1575) riporta un passo del «siventes contre les faulx pasteurs» (Nostredame, 1885, p. 200). Fu Bertoni (1900, p. 23 n. 2), dopo avere rinvenuto il codice modenese, il primo a ipotizzare che il poeta potesse appartenere alla famiglia Panzano, identificazione confermata dalle ricerche archivistiche e tuttora condivisa (i dati essenziali in Bertoni, 1915, pp. 112 s., cfr. Guida - Larghi, 2013, pp. 139-141).

Negli archivi genovesi vi è traccia di un «Caleca», figlio di un Giacomo più volte consigliere del Comune tra il 1228 e il 1242, che, così come il padre, ricoprì tale carica nel 1252 e fu forse tra i dodici Anziani della città nel 1259 (la notizia è trasmessa da vari genealogisti riportati da Flechia, 1902, p. 181). In due documenti del 6 luglio 1248, è citato come testimone un «Calecus Panzanus», in età legale per assistere ad atti pubblici (Archivio di Stato di Genova, Notai Antichi, Palodino de Sexto, reg. II, c. 29v; cfr. Ferretto, 1901-03, pp. 602 s.).

Da un atto dell’8 ottobre 1252 si apprende della società costituita da Calega con il fratello Corrado per il commercio di tele e panni (Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, Bartolomeo de Fornari, reg. I, parte I, c. 48). Nel maggio del 1253 ricevette in prestito una somma destinata al commercio «per riperiam Syrie» (ibid.); documenti del novembre-dicembre 1253 testimoniano le relazioni commerciali con l’Oriente, con Parigi e con la fiera di Lagny-sur-Marne (cfr. Belgrano, 1859 pp. 147-149; Ferretto, 1901-1903, p. 598). Con un contratto stipulato il 12 settembre 1259, prestò una partita di genovini alla società dei Bonsignori di Siena, che s’impegnò a restituirli in occasione della fiera di Provins in Champagne (cfr. Flechia, 1902, pp. 181 s.; i rogiti si leggono nell’Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, Giberto da Nervi, reg. II, c. 18v).

Come nota Ferretto (1901-1903, p. 598): «i numerosi atti che vanno dal 16 ottobre al 19 ottobre 1262 [...] non ci rivelano chiaramente a qual punto si dirigeva il Panzano colle somme che riceveva in accomandita» (cfr. i documenti VII-XVII, ibid., pp. 605-611); pare invece certo che si trovasse a Napoli in dicembre (cfr. Ferretto, 1901-1903, pp. 611 s.). Nel giugno del 1267, era a Genova e si recò subito dopo in Sicilia con Corrado (cfr. Ferretto, 1901-1903, p. 599), mentre nel 1268 i fratelli erano consiglieri del Comune (cfr. Belgrano, 1859, p. 149 n. e p. 259). L’8 giugno, Corrado Panzano diede a nolo agli ambasciatori del re di Francia Luigi IX la nave Bonaventura (Belgrano, 1859, pp. 308-311 n. CCLXI). Documenti del 1271 e del 1288 confermano il protrarsi dell’attività commerciale. Si ha inoltre notizia del matrimonio di Panzano con una Giovanna, dal quale nacquero Gaspare e Giacomino.

L’ultima menzione risale al 1311 (cfr. Ferretto, 1901-1903, p. 614).

La cronologia di Panzano è compatibile con la datazione ai primi mesi del 1268 dell’unico testo attribuito dalla tradizione manoscritta trobadorica (cfr. Bertoni, 1915, p. 133): all’inizio di febbraio (Sternfeld - Schultz-Gora, 1903, p. 628), tra l’aprile e il maggio (De Bartholomaeis, II, 1931, p. 250; Meliga, 2005, p. 867) o forse più precisamente il 29 marzo, giorno della partenza per Pisa di Corradino di Svevia, quando vari notabili si recarono a rendere omaggio al discendente di Federico II (Paterson, 2012, p. 16; cfr. Epstein, 1996, p. 155). I principali personaggi storici di cui si fa menzione nel sirventese sono stati identificati infatti con Corradino di Svevia, Carlo I d’Angiò ed Enrico di Castiglia. Il passaggio dedicato a «L’aut rei Conrat, qi ven per castiar / los fals pastors e liurar a turmen» (vv. 65-66, «il sommo re Corrado che viene per punire e tormentare i falsi pastori») può essere quindi considerato un riferimento alla spedizione in Italia dello svevo. Ar es sazos sarebbe stato dunque composto tra l’arrivo in Italia settentrionale di Corradino e la disfatta di Tagliacozzo (23 agosto 1268), da ritenere terminus ante quem.

La figura di Panzano, che si schiera dalla parte degli ultimi Svevi contro Carlo d’Angiò e contro il papato, va collocata nel contesto della ricezione della lirica trobadorica in Italia, che, come è noto, ebbe grande diffusione al Nord e a Genova in particolare, dove fino alla seconda metà del Duecento l’occitano fu il mezzo di espressione privilegiato per vari poeti appartenenti alla classe mercantile, alla nobiltà e in genere al ceto dirigente cittadino, tra i quali Lanfranco Cigala, Luca Grimaldi, Giacomo Grillo, Simone Doria, Percivalle Doria, Lucchetto Gattilusio e Bonifacio Calvo. Panzano, «singolare tipo di trovatore, commerciante e uomo di lettere, quale poteva dare una città come Genova» (Bertoni, 1915, p. 113), può essere ascritto al gruppo dei trovatori ghibellini, che con i loro sirventesi parteciparono indirettamente alla lotta politica e influenzarono le forme e i contenuti della poesia storica italiana. Sia all’interno della tradizione trobadorica sia nella poesia italiana duecentesca si osserva infatti la diffusione di temi caratteristici, come le invettive contro il clero avaro e corrotto, il disinteresse della Chiesa per le sorti dell’Oriente e la condanna delle lotte intestine in Occidente (uno studio complessivo sulle poesie dei trovatori relative a Federico II e agli ultimi Svevi in Meliga, 2005).

Il tono anticlericale del sirventese di Panzano va messo in relazione con la propaganda ghibellina dell’epoca (cfr. Vatteroni, 1999, p. 82) e sono molti, in generale, gli elementi che collegano Ar es sazos e altri testi antiangioini occitani alle coeve tenzoni politiche in versi di poeti italiani (cfr. Barbero, 1983, p. 79; Borsa, 2006, p. 402). Il sirventese, che parrebbe segnare «in certo modo la fine della tradizione poetica ghibellina legata più strettamente alla Provenza e all’Italia del Nord-Ovest» (Asperti, 1995, p. 65), sebbene forse solo a partire dagli anni Sessanta del XIII secolo i termini di guelfi e ghibellini iniziassero a essere nettamente contrapposti, va giudicato inoltre nel contesto cittadino; nel 1268 il ceto dirigente genovese si divise infatti nettamente tra i fautori degli angioini e degli svevi (cfr. Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di Sant’Angelo, IV, 1926, p. 109) e Ar es sazos è quindi anche testimonianza diretta delle divisioni politiche a Genova dopo la discesa in Italia di Corradino di Svevia.

Opere. Il sirventese di Panzano è edito in G. Bertoni, Rime provenzali inedite, in Studi di filologia romanza, VIII (1901), p. 468; Id., I trovatori minori di Genova, Dresden 1903, p. 30; Id., I trovatori d’Italia, Modena 1915, pp. 441-445; V. De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, II, Roma 1931, pp. 250-257; A. Cavaliere, Cento liriche provenzali, Bologna 1938, pp. 469-475; F.A. Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, pp. 129-132; M. de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, III, Barcelona 1975, pp. 1682-1686; L. Paterson, Calega Panzan, «Ar es sazos c’om si deu alegrar» (BdT 107.1), in Lecturae tropatorum, V (2012), pp. 1-24 (da cui si cita).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, Bartolomeo de Fornari, reg. I, parte I, c. 48; Notai antichi, Giberto da Nervi, reg. II, c. 18v; Notai antichi, Palodino de Sexto, reg. II, c. 29v; L.T. Belgrano, Documenti inediti riguardanti le due crociate di san Ludovico IX re di Francia..., Genova 1859, pp. 147-149, 308-311; J. de Nostredame, Les vies des plus célèbres et ancien poètes provençaux, a cura di C. Chabaneau, Montpellier 1885, p. 200; G. Bertoni, Studi e ricerche sui trovatori minori di Genova, in Giornale storico della letteratura italiana, XXXVI (1900), p. 23 n. 2; A. Ferretto, Notizie intorno a Caleca Panzano trovatore genovese e alla sua famiglia (1248-1313), in Studi di filologia romanza, IX (1901-1903), pp. 595-616; G. Flechia, Calega Panzano trovatore genovese, ibid., XXXIX (1902), pp. 180-182; F. Torraca, Studi su la lirica italiana del Duecento, Bologna 1902, pp. 337-340; A. Jeanroy, Un sirventés contre Charles d’Anjou (1268), in Annales du Midi, XV (1903), pp. 145-167; O. Schultz-Gora, [recensione a Jeanroy, 1903], in Zeitschrift für romanische Philologie, XXVII (1903), pp. 470 s.; R. Sternfeld - O. Schultz-Gora, Ein sirventes von 1268 gegen die Kirche und Karl von Anjou, in Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung, XXIV (1903), pp. 616-629; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di C. Imperiale di Sant’Angelo, IV, Dal 1251 al 1279, Roma, 1926, p. 109; A. Pillet - H. Carstens, Bibliographie der Trobadours (BdT), Halle 1933, nn. 7.1, 107.1; G. Folena, Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete, in Storia della cultura veneta, I, Dalle origini al Trecento, Vicenza 1976, pp. 547-549; A. Barbero, Il mito angioino nella cultura italiana e provenzale fra Duecento e Trecento, Torino 1983, p. 79; F. Zufferey, Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, Genève 1987, pp. 79-101; M. Aurell, La vielle et l’épée. Troubadours et politique en Provence au XIIIe siécle, Paris 1989; d’A. S. Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc, nuova ed. a cura di L. Leonardi, Torino 1993, pp. 103-105; M. Aurell, Chanson et propagande politique: les troubadours gibelins (1255-1285), in Le forme della propaganda politica nel Due e nel Trecento, a cura di P. Cammarosano, Roma 1994, pp. 183-202; S. Asperti, Carlo I d’Angiò e i trovatori. Componenti «provenzali» e angioine nella tradizione manoscritta della lirica trobadorica, Ravenna 1995, p. 65; S.A. Epstein, Genoa and the Genoese, 958-1528, Chapel Hill-London 1996, p. 155; S. Vatteroni, «Falsa clercia». La poesia anticlericale dei trovatori, Alessandria 1999, p. 82; R.M. Dessì, I nomi dei guelfi e dei ghibellini da Carlo I d’Angiò a Petrarca, in Guelfi e ghibellini nell’Italia del Rinascimento, a cura di M. Gentile, Roma 2005, pp. 3-78; W. Meliga, Trovatori provenzali, in Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, pp. 854-867; Paolo Borsa, Letteratura antiangioina tra Provenza, Italia e Catalogna. La figura di Carlo I, in Gli Angiò nell’Italia nord-occidentale (1259-1382), a cura di R. Comba, Milano 2006, 402-412; M. De Conca, Genova e genovesi nelle tavole occitaniche, in Poeti e poesie a Genova (e dintorni) nell’età medievale, a cura di M. Lecco, Alessandria 2006, 87-88; W. Meliga, La tradizione manoscritta dei trovatori genovesi, in Poeti e poesia a Genova (e dintorni) nell’età medievale, a cura di M. Lecco, Alessandria 2006, pp. 151-162 (in partic. p. 152); M. Grimaldi, Politica in versi: Manfredi dai trovatori alla «Commedia», in Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici, XXIV (2009), pp. 135 s.; M. Grimaldi, Svevi e angioini nel canzoniere di Bernart Amoros, in Medioevo romanzo, XXXV (2011), pp. 332-334 S. Guida - G. Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2013.

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