CALTABELLOTTA

Enciclopedia Italiana (1930)

CALTABELLOTTA (A. T., 27-28-29)

Attilio MORI
Giuseppe PALADINO
Giovanni PEREZ

Comune della Sicilia (provincia di Agrigento). Il capoluogo è situato alle falde della sommità orientale della elevata cresta montana (monte di Caltabellotta, m. 949) che si estende a dieci km. dalla costa del Mare Africano, a 14 km. a NE. di Sciacca cui è congiunta da una rotabile, a 758 m. s. m. L'abitato, di aspetto modesto, conserva qualche traccia di antiche costruzioni arabo-normanne. È sorto intorno all'antico castello arabo, eretto dopo la conquista dell'isola in prossimità dell'antica città sicana o greca di Tricalache; pare sorgesse nel luogo dell'attuale casale di S. Anna e prese il nome di Qal‛at al-ballūṭ ("castello delle querce") da cui Caltabellotta. Dopo la conquista normanna fu dominio feudale di varie famiglie, ultima delle quali gli Alvarez Toledo. Il territorio del comune (kmq. 100,29, con 6263 abitanti (quasi tutti, 5536, accentrati nel capoluogo) si estende sulla destra del fiume della Verdura ed è coltivato a cereali e vigneti.

La pace di Caltabellotta. - Fu firmata il 31 agosto 1302 a conclusione della guerra del Vespro Siciliano, fra Angioini e Aragonesi. Dopo alcuni giorni di trattative svoltesi fra Sciacca e Caltabellotta, i belligeranti (da un lato Roberto, figlio di Carlo II d'Angiò, dall'altro Federico d'Aragona) convennero che la Sicilia con le isole circostanti, sarebbe rimasta a Federico vita natural durante, col titolo di re di Trinacria; che questi avrebbe sposato Eleonora sorella di Roberto e che ai figli nascituri sarebbe stato procurato il regno di Gerusalemme o quello di Cipro, nel qual caso, previo pagamento di 10 mila once d'oro, la Sicilia sarebbe ritornata agli Angioini. Il trattato fu chiamato anche di Castronuovo (Caltavuturo), località quest'ultima, in cui si firmarono i preliminari dell'accordo. Nuovi germi di guerra erano in esso contenuti e infatti fu più una tregua che una pace definitiva. Purtuttavia per il momento la questione siciliana fu considerata chiusa.

Bibl.: M. Amari, La guerra del Vespro Sic., II, Milano 1886, p. 461.

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