Cambio

Enciclopedia delle scienze sociali (1991)

Cambio

Francesco Masera

Definizione e modalità di quotazione

Il tasso di cambio indica il prezzo di un'unità di moneta in termini di un'altra e precisamente: il prezzo di un'unità di moneta estera in termini di frazione o multiplo di moneta nazionale, ove sia vigente il sistema di quotazione dei cambi cosiddetto 'incerto per certo', come in Italia e nella maggior parte dei paesi; il prezzo di un'unità di moneta nazionale in termini di frazione o multiplo di moneta estera, ove sia operante il sistema di quotazione 'certo per incerto', come in Inghilterra e nei paesi dell'area sterlina.Le operazioni di cambio sono dirette o indirette, secondo che si svolgano fra due sole piazze, cioè fra quella di chi ha titolo alla scelta della via più conveniente (piazza calcolatrice) e quella in cui si trova l'altro contraente (piazza calcolata), ovvero si svolgano tramite una o più altre piazze intermedie.Il cambio indiretto, attraverso le operazioni di raffronto delle quotazioni, ossia le cosiddette operazioni di arbitraggio, tende a essere uguale al cambio diretto; esso può rappresentare l'unica via possibile per liquidare la posizione di debito o di credito, come avviene quando tra la piazza calcolatrice e quella calcolata non esistono relazioni di cambio diretto o, come suol dirsi, quando non esiste cambio aperto.

Occorre anche distinguere tra cambio manuale e cambio traiettizio, secondo che si tratti del cambio effettivo fra due monete oppure del cambio tra la moneta di un paese e titoli (assegni, cambiali sull'estero, lettere di credito, versamenti telegrafici) rappresentativi della moneta di un altro paese. A questo riguardo è da precisare che i mezzi di pagamento espressi in moneta estera sono definiti col termine 'divisa'. Il corso o quotazione del cambio è la quantità di moneta di uno Stato che occorre pagare in contante per acquistare, in un dato momento, moneta di un altro Stato. Il corso si dice alla pari, sopra la pari, sotto la pari, secondo che il valore della moneta acquirente sia uguale, maggiore o minore della parità monetaria, ossia del rapporto, quando era vigente il tipo aureo, fra la quantità di oro fino contenuta nell'una e la quantità di oro fino contenuta nell'altra moneta. Un'attenzione particolare occorre a questo punto rivolgere alle modalità operative che si riconnettono all'unità di conto creata nel 1969 dal Fondo Monetario, ossia al Diritto Speciale di Prelievo (DSP) commisurato, a partire dal luglio 1974, a un paniere di valute che nel corso del tempo si è ridotto, essendo passato da 16 monete, al momento della creazione del paniere, a 5 monete (gennaio 1981), con i seguenti pesi: 42 il dollaro americano, 19 il marco tedesco, 13 il franco francese, la sterlina inglese e lo yen giapponese. I DSP costituiscono facilitazioni di credito, registrate in un conto speciale aperto presso il Fondo a nome dei partecipanti al sistema e utilizzate in modo automatico per far fronte a un emergente fabbisogno della bilancia dei pagamenti.

Cambi fissi e cambi fluttuanti

I cambi possono essere fissi o fluttuanti, secondo che le autorità monetarie del paese intervengano o meno sul mercato dei cambi. Il primo caso si è estrinsecato nel cosiddetto 'tipo aureo' (gold standard), che è stato il sistema monetario prevalente in molti paesi fino alla prima guerra mondiale: in esso ogni moneta nazionale aveva un dato contenuto aureo, cosicché il cambio tra due valute qualsiasi era automaticamente fissato dal rapporto fra il contenuto aureo delle valute stesse. Il secondo caso prevede invece, ove necessario, un aggiustamento delle parità. Fra i due estremi possono di fatto operare vari regimi intermedi. Per la precisione occorre osservare che già nel primo caso il tasso di cambio poteva discostarsi dal rapporto fra il contenuto aureo delle due valute poste a raffronto in misura pari ai cosiddetti 'punti dell'oro', che dipendevano dalle spese di trasporto e di assicurazione del metallo oggetto di trasferimento. Simile al tipo aureo era il sistema del cosiddetto 'tipo del cambio aureo' (gold exchange standard), che ha avuto una certa diffusione nel primo dopoguerra e fu abbandonato - insieme al tipo aureo - durante la grande depressione. Esso operava sulla base di valute estere convertibili in oro, consentendo di economizzare oro nei limiti in cui la domanda di conversione in oro risultava di fatto soltanto parziale. Se poi la convertibilità era limitata ai soli rapporti fra le banche centrali, il sistema diventava analogo a quello adottato nel quadro degli accordi di Bretton Woods del 1944, istitutivi del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, con la differenza che la convertibilità in oro delle monete poteva essere realizzata soltanto attraverso il dollaro e limitatamente alle banche centrali. Secondo questo sistema ogni paese dichiarava la parità della propria moneta in termini di oro e si impegnava a mantenere la parità entro limiti di oscillazione non superiori a ± 1%, salvo aggiustamenti in caso di squilibrio fondamentale, secondo le seguenti regole: a) piena discrezionalità per variazioni di cambio fino al 10%; b) previa approvazione del Fondo Monetario Internazionale, per una variazione di cambio maggiore.Questo sistema di regolamentazione dei cambi cadeva a seguito della dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, avvenuta nell'agosto 1971, ed era sostituito da un sistema di fluttuazione spuria, detta anche manovrata, ove non esistono parità ufficialmente dichiarate (salvo eventuali accordi fra gruppi di paesi, come si verifica per il sistema monetario europeo) e i cambi fluttuano anche in funzione di interventi delle autorità monetarie. A questo punto occorre rammentare che, in occasione delle modifiche dei tassi di cambio stabilite dagli accordi smithsoniani nel dicembre 1971, il Fondo ha adottato un regime di regolamentazione dei cambi in base al quale i margini di fluttuazione rispetto alla parità aurea o al tasso centrale del dollaro si sono allargati al 2,25% (anziché l'1% previsto dall'art. 4, sez. 3, dell'accordo sul Fondo Monetario) da ambo i lati della parità o cambio centrale fra le due monete, così da rendere possibili margini di oscillazione del 4,5% rispetto alle altre monete.Nei confronti delle monete CEE veniva peraltro concordato a Basilea dal Comitato dei governatori delle Banche centrali CEE di effettuare interventi in monete comunitarie volti a impedire che le oscillazioni dei cambi fra le monete stesse superassero i margini del 2,25% previsti per i rapporti di cambio col dollaro.

Al fine di integrare il quadro storico riguardante la normativa internazionale sui tassi di cambio occorre anche ricordare l'abbandono dei tassi di cambio fissi per il dollaro, avvenuto nel marzo 1973, e rilevare che nel gennaio 1976 veniva formalizzata a Kingston (Giamaica) una radicale revisione del regime di cambio introdotto con gli accordi di Bretton Woods, in quanto si accoglieva il principio che i tassi di cambio devono adeguarsi alle mutevoli esigenze della politica economica interna dei singoli paesi.

Cambi a pronti e cambi a termine

Il cambio a pronti o a contante indica le operazioni in valuta estera regolate entro due giorni lavorativi, mentre il cambio a termine indica operazioni la cui esecuzione avviene in un periodo successivo alla stipulazione del contratto. Il cambio a termine consente agli operatori la copertura dei rischi di cambio connessi agli incassi o ai pagamenti futuri di valuta estera. Quando il contratto a termine sta per giungere a scadenza, e precisamente due giorni prima della data prestabilita per l'esecuzione dell'operazione, si trasforma automaticamente in un contratto a pronti, alle condizioni di cambio fissate a suo tempo. Il cambio a termine viene quotato a varie scadenze (generalmente una settimana, un mese, tre mesi), ma la quotazione ha luogo soltanto per le principali valute.Il legame fra i cambi a pronti e i cambi a termine è determinato dal comportamento degli arbitraggisti, ossia degli operatori che acquistano (o vendono) cambi a pronti e vendono (o acquistano) cambi a termine in relazione al maggiore (o minore) tasso di interesse all'estero rispetto a quello interno. In relazione a questo tipo di operazione il cambio a pronti tende a discostarsi, e precisamente a far premio (sconto) su quello a termine, in misura all'incirca pari al minore (o maggiore) tasso di interesse a breve termine all'interno rispetto all'estero.

Le quotazioni dei cambi hanno luogo sul mercato formato dalle banche ed eventualmente da altri agenti autorizzati, mercato che assume una dimensione internazionale attraverso il collegamento delle quotazioni fra le varie piazze. Nel caso di quotazione incerto per certo il premio sarà misurato da un numero negativo e lo sconto da un numero positivo. Si deve inoltre osservare che il legame tra i cambi a pronti e a termine, sia pure semplicemente limitato all'attività di arbitraggio, non discende soltanto dal differenziale dei tassi di interesse, ma anche da altri fattori, fra i quali possono assumere rilevanza il volume dei fondi disponibili per operazioni di arbitraggio nonché i rischi connessi all'impiego di fondi all'estero, sia per anticipato fabbisogno di liquidità in moneta nazionale, sia per eventuali restrizioni introdotte dalle autorità valutarie sui movimenti di capitali.I fattori indicati concorrono a determinare una funzione decrescente dei rendimenti connessi con l'impiego dei fondi in un centro finanziario estero, cosicché il beneficio calcolato sul puro differenziale dei tassi di interesse può essere in parte neutralizzato, e di conseguenza il premio o lo sconto per il rischio di cambio può essere inferiore al differenziale stesso. Da quanto precede si ricava che la logica operativa degli speculatori nei cambi a termine consiste nella vendita (o nell'acquisto) allo scoperto di valuta a termine con l'intento di effettuare l'operazione inversa sul pronti alla scadenza del termine, allo scopo di realizzare un profitto in conto cambi. La scheda di domanda tuttavia tende a diventare anelastica, in quanto man mano che aumenta il quantum di attività estere in portafoglio sono necessari differenziali di crescente entità per indurre a maggiorarne la consistenza.

La presenza del mercato a termine accanto al mercato a pronti rende possibili operazioni ibride a pronti e a termine, come le operazioni di riporto o swap, così da consentire che due valute vengano scambiate a pronti e simultaneamente a termine, in pari quantità ma in direzione opposta. Le operazioni di swap si basano sui tassi di cambio a pronti e a termine, cosicché in concreto si quota un tasso swap pari alla differenza fra il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a termine vigenti per le due transazioni che costituiscono l'operazione swap.

Restano infine da menzionare gli anticipi dei pagamenti e i ritardi degli incassi di valuta estera, ossia le operazioni leads and lags effettuate da importatori ed esportatori in previsione di una svalutazione della moneta nazionale, operazioni che sostituiscono la copertura sul mercato a termine.Il quadro del legame fra cambio a pronti e cambio a termine non è ancora completo: occorre prendere in considerazione anche l'incidenza delle operazioni di copertura e di speculazione.

Com'è noto, le operazioni di copertura sono effettuate in relazione ai crediti a breve termine nascenti dagli scambi mercantili con regolamento differito rispetto alla consegna delle merci. Queste operazioni sono in funzione delle consuetudini in materia di finanziamento degli scambi internazionali, del differenziale dei tassi di interesse fra i paesi scambisti e, infine, del premio o dello sconto del cambio a termine. L'operatore scambista puro agisce direttamente sul mercato a termine: se importatore di merci, acquista a termine l'ammontare di valuta che dovrà versare; se esportatore di merci, vende a termine l'ammontare di valuta che dovrà incassare.

La domanda e l'offerta di cambio a termine sono pertanto in funzione del tasso di cambio relativo, nella misura in cui questo elemento può alterare il margine di convenienza per l'acquisto o la vendita in una determinata valuta; in linea generale la domanda di valuta estera a termine degli importatori è funzione decrescente del tasso di cambio a termine corrente, mentre l'offerta di valuta estera a termine degli esportatori è funzione crescente del tasso di cambio a termine corrente. Di fatto, l'operatore scambista di un mercato internazionale dei capitali competitivo può tendere anche ad agire come arbitraggista e quindi domandare e offrire finanziamenti nel centro operativo, ove i tassi di interesse a breve termine, depurati dal premio o dallo sconto a termine, sono più convenienti. Pertanto terrà conto, nella valutazione del costo o del ricavo delle merci importate o esportate, non solo del tasso di cambio a termine, ma anche del differenziale dei tassi di interesse a breve termine nelle due valute oggetto del rapporto di cambio. In questo caso i crediti commerciali si identificano con movimenti di capitali che hanno motivazioni di fondo analoghe a quelle derivanti dalla pura valutazione del differenziale dei tassi di interesse effettuata dagli arbitraggisti.

Cambi fissi e cambi fluttuanti nel processo di aggiustamento della bilancia dei pagamenti

I regimi di cambio possono oscillare tra i due estremi dei cambi fissi e dei cambi fluttuanti. In regime di cambi fissi l'aggiustamento della bilancia dei pagamenti risulta affidato alla variazione dell'offerta di moneta da parte delle autorità monetarie, mediante interventi sul mercato dei cambi volti ad assorbire, dato il tasso di cambio, le eccedenze e a coprire le deficienze nell'offerta di moneta estera a fronte della moneta nazionale. Questo sistema non esclude la variazione del tasso di cambio, sempre che l'aggiustamento abbia luogo per decisione dell'autorità monetaria. I cambi fissi, e comunque le politiche volte a mantenere per quanto possibile stabili i cambi, mirano fra l'altro a spingere le imprese ad accelerare la crescita della produttività quando i salari aumentano più rapidamente dell'aumento già in atto della produttività stessa; e ciò perché le imprese, non potendo vendere all'estero a prezzi crescenti - che sarebbero consentiti da una svalutazione in termini di divise estere - sono costrette a comprimere i costi. In regime di cambi fluttuanti la correzione degli squilibri della bilancia dei pagamenti è invece affidata alla modifica del tasso di cambio operata dal mercato, in relazione alla domanda e offerta di valute estere contro moneta nazionale, senza che abbia luogo un trasferimento di fondi avente carattere compensativo. In relazione a quanto sopra, i rapporti economici di un paese con l'estero trovano immediato riflesso nella componente monetaria, in regime di cambi fissi, e nella componente reale in regime di cambi fluttuanti.

Pertanto l'equilibrio della bilancia dei pagamenti di un paese risulta strutturalmente affidato: a) in regime di cambi fissi alla variazione di volume dei consumi e degli investimenti derivante dalla modifica relativa, tra l'interno e l'estero, del livello generale dei prezzi; b) in regime di cambi fluttuanti alla variazione di volume dei consumi e degli investimenti derivante dallo spostamento della domanda interna ed esterna per modifica dei rapporti comparativi di cambio.

Nel primo caso si tende a salvaguardare, in linea di principio, la divisione internazionale del lavoro a spese della piena occupazione interna; nel secondo è invece perseguita la piena occupazione interna a detrimento degli scambi internazionali. Il livello dei prezzi, dal canto suo, è determinato nel primo caso dalle esigenze di equilibrio della bilancia dei pagamenti, nel secondo dalla politica dell'occupazione interna. Occorre precisare che il regime dei cambi fissi non sacrifica necessariamente la piena occupazione di un paese, ma la condiziona all'adozione di congrui modelli di sviluppo che promuovano l'espansione dell'esportazione attraverso un andamento dei prezzi e dei salari collegato al tasso di disoccupazione.

In linea di principio il modello operativo proprio del sistema dei cambi fissi è informato agli indirizzi di politica economica volti all'integrazione con l'estero e alla disciplina internazionale nel campo economico, mentre il modello operativo del sistema di cambi fluttuanti si propone di preservare l'autonomia nazionale nella condotta della politica economica. Queste proposizioni configurano in termini estremi le caratteristiche dei due sistemi di cambio, rappresentando in forma sintetica due diverse modalità di comportamento.

Politica nazionale dei cambi

Nella scelta delle modalità da seguire per la correzione degli squilibri della bilancia dei pagamenti sono essenziali le valutazioni che discendono dalle elasticità di prezzo e di reddito e dal grado di occupazione delle risorse nazionali. L'autonomia nella condotta della politica dei tassi di interesse all'interno di un paese può condizionare il livello di cambio della moneta nazionale, in quanto detta politica può determinare squilibri globali della bilancia dei pagamenti, tali da richiedere rettifiche del tasso di cambio. Se poi la politica monetaria è anche strumentale per il finanziamento del Tesoro, sia pure in modo indiretto, le possibilità di perseguire politiche di cambi fissi si attenuano ulteriormente, mentre tendono a rafforzarsi e a estendersi le pressioni inflazionistiche. L'autonomia della politica monetaria in rapporto all'andamento del saldo globale della bilancia dei pagamenti in regime di cambi fissi è, in ogni caso, un fenomeno di breve periodo.In linea di principio la ricerca del tasso di cambio più idoneo a raggiungere gli obiettivi di politica economica prefissati dovrebbe esaurirsi in un breve lasso di tempo: individuate le tendenze di fondo, si dovrebbe procedere alla fissazione della nuova parità per evitare che sorgano fenomeni di tipo speculativo proprio in funzione del permanere del cambio fluttuante. A questo proposito è da osservare che, se è vero che l'elemento che influenza le esportazioni e le importazioni di merci e servizi di un paese è il tasso di cambio, per cui a parità di prezzi espressi nelle valute nazionali una svalutazione del tasso di cambio ha lo stesso effetto di una riduzione dei prezzi dei beni nazionali esportati o di un aumento dei beni esteri importati, è anche vero che la variazione del tasso di cambio non può essere considerata che uno strumento integrativo delle politiche economiche interne necessarie per eliminare gli squilibri della bilancia dei pagamenti. L'intervento delle autorità economiche nazionali nella scelta delle modalità di aggiustamento non si risolve soltanto in direttive di variazione del tasso di cambio, ma anche in misure correttive di carattere interno, in un quadro di organizzazione internazionale orientato all'adozione di obiettivi parametri di riferimento, volti a perseguire l'integrazione delle economie nazionali.

A questo punto occorre sottolineare che: a) il processo di aggiustamento della bilancia dei pagamenti di un paese non solo si realizza attraverso l'elasticità di prezzo, ma anche attraverso l'elasticità di reddito e il fattore di ripercussione estero; b) i fattori di aggiustamento sono pienamente operativi soltanto dopo un dato periodo, variabile secondo la situazione strutturale e congiunturale del paese, cosicché nel breve periodo possono manifestarsi effetti di segno opposto a quello degli effetti sugli scambi con l'estero, che si affermano solo nel lungo periodo e in vista dei quali è attuata una certa manovra.

Va infine ricordato che la politica monetaria e la politica fiscale sono strumenti distinti, destinati rispettivamente all'obiettivo esterno dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti e a quello interno della piena occupazione delle risorse disponibili. A questo riguardo si deve peraltro osservare che l'utilizzo dei due strumenti può talvolta estrinsecarsi a spese di valori irrinunciabili sotto il profilo politico e istituzionale, cosicché la problematica dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti va affrontata nei termini di un coordinamento operativo che abbia carattere non solo interno, ma anche internazionale, in modo da realizzare una maggiore velocità di convergenza del sistema verso l'equilibrio. Questo indirizzo ha condotto di fatto a elaborare regimi di cambi a flessibilità limitata, al fine di mantenere i pregi e di eliminare gli inconvenienti delle forme estreme dei cambi fissi e dei cambi fluttuanti. Il regime dei cambi fissi può porre in contrasto il conseguimento dell'equilibrio esterno con l'obiettivo del pieno impiego, mentre il regime dei cambi fluttuanti può provocare spostamenti continui di risorse fra settori produttivi, con conseguenti costi sociali. Infine è anche da rilevare che il sistema dei cambi fluttuanti non offre una simmetria operativa in caso di deprezzamento o di apprezzamento del tasso di cambio: nel primo caso si riscontra un corrispondente incremento dei salari nazionali e dei prezzi, mentre nel secondo non si verifica una corrispondente riduzione, data la rigidità verso il basso dei salari e dei prezzi.

Politica internazionale dei cambi

La politica dei cambi non è solo un problema nazionale, ma anche internazionale. Sotto questo profilo assume rilevanza la precisa conoscenza sia dei fattori che determinano squilibri della bilancia dei pagamenti sia delle possibilità di reazione dell'economia interna ed estera. Il rigetto delle variazioni di cambio non va realizzato solo mediante un comportamento ex post, ma anche con un comportamento ex ante; d'altra parte, ove siano stati superati i limiti compatibili con l'equilibrio della bilancia dei pagamenti, occorre riconoscere l'accaduto come un fatto irreversibile, accogliendo prontamente quelle variazioni del tasso di cambio che la situazione impone. Ciò detto, la relativa stabilità dei tassi di cambio deve assumere un rilievo primario nel quadro della politica economica dei singoli paesi. A questo fine, non solo occorre evitare che la politica nazionale dei cambi sia gestita per forzare l'espansione delle esportazioni ai danni di quelle dei paesi concorrenti, ma occorre anche respingere i regimi di fluttuazione dei tassi di cambio che, attenuando gli incentivi e gli sforzi dei singoli paesi verso l'autocontrollo, conducono di fatto alla rinuncia di scelte responsabili in materia di cambi con l'estero nel quadro della collaborazione internazionale.In materia di tassi di cambio risulta essenziale combattere la loro instabilità attraverso un'azione sulle variabili economiche sottostanti e un rafforzamento della cooperazione nel quadro delle politiche riguardanti il processo di creazione, controllo e distribuzione della liquidità internazionale, nonché il ruolo dei mercati finanziari internazionali.Il sistema monetario internazionale, a sua volta, deve fornire uno strumento monetario indipendente dai sistemi nazionali, disciplinato da norme concordate in sede internazionale e gestito in funzione dei compiti monetari che deve assolvere, intesi a perseguire un regime di stabilità dei prezzi, valido per l'intera collettività internazionale. Occorre, in sintesi, realizzare una moneta riserva su determinazione, non già dell'autorità nazionale, bensì di autorità rappresentative di carattere internazionale, quali possono essere quelle del Fondo Monetario.

Politica dei cambi in sede CEE

Il trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE), concluso nel marzo del 1957, ha dato vita a un Mercato Comune fra i sei paesi firmatari - ai quali si sono aggiunti in seguito altri paesi - avente lo scopo di migliorare l'utilizzo delle risorse economiche nazionali attraverso la graduale eliminazione, nell'ambito della Comunità, delle restrizioni mercantili e delle tariffe doganali, nonché l'adozione, rispetto ai paesi terzi, di una tariffa doganale unica calcolata in base alla media aritmetica dei diritti doganali vigenti nei singoli paesi all'inizio del 1957, sempre che non siano superati determinati livelli massimi, crescenti secondo il grado di lavorazione dei prodotti.

Circa la regolamentazione dei tassi di cambio in sede CEE occorre rammentare che nel 1979 i paesi membri, escluso il Regno Unito che ha ritenuto temporaneamente di soprassedere, hanno dato vita all'area valutaria denominata Sistema Monetario Europeo (SME), basata su un numerario costituito da una moneta paniere chiamata ECU, con una parola che è simultaneamente una sigla delle iniziali dei termini inglesi European Currency Unit e il nome di un'antica moneta francese (lo scudo, in italiano). Il paniere che concorre a formare l'ECU è costituito dalle varie monete europee aventi un peso all'incirca proporzionale all'importanza (determinata in base a vari indicatori quali il reddito nazionale, il commercio, la popolazione) del rispettivo paese all'interno della CEE.

I tassi centrali delle singole monete sono espressi in rapporto all'ECU e sono basilari per determinare la rete o griglia delle parità reciproche delle monete rispetto alle quali viene fissato il margine di oscillazione, pari al 2,25%. È previsto che gli adeguamenti dei tassi centrali siano effettuati tramite un accordo reciproco, secondo una procedura comune in cui intervengono tutti i paesi partecipanti al meccanismo di cambio e la Commissione della CEE. I tassi di cambio centrali delle monete CEE sono espressi in termini di rapporti fissi, ma modificabili, con l'ECU, cosicché ogni variazione del corso centrale di una moneta comporta un corrispondente aggiustamento di quelli delle altre monete attraverso decisioni coordinate e un mutuo accordo.

Il sistema di cambio operante nello SME prevede: a) l'istituzione di un 'indicatore di divergenza', basato sullo scarto osservato fra il valore quotidiano dell'ECU, espresso nelle singole monete, e il corso centrale; b) la determinazione di una 'soglia di divergenza' (pari allo 0,75% dello scarto massimo previsto per ciascuna moneta) che operi come segnale d'allarme dei rischi di tensione potenziale esistenti nel sistema monetario europeo.Raggiunta la predetta soglia, scatta la presunzione della necessità di un'azione da parte delle autorità interessate, che si estrinseca sotto forma di interventi diversificati: misure di politica monetaria interna, modifica di tassi centrali, provvedimenti di politica economica. Gli interventi nei cambi possono essere effettuati tanto in monete comunitarie quanto in dollari. La cooperazione monetaria esistente, basata sul FECOM (Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria), prevede tre tipi di sostegno monetario: a brevissimo, a breve e a medio termine. Di fatto attualmente il sostegno monetario passa direttamente da un paese membro a un altro, essendo il FECOM ancora privo della dotazione in oro e dollari prevista dagli accordi istitutivi. Il sostegno a brevissimo termine dispone concessioni di credito fino a 45 giorni da parte di ciascuna banca centrale nei confronti di tutte le altre. Il sostegno a breve termine ha luogo attraverso concessioni di credito, sempre fra banche centrali, per la durata di tre mesi, rinnovabili per non più di due volte, cosicché la durata massima è di nove mesi. Il concorso finanziario a medio termine, infine, prevede la concessione di crediti, con scadenza da due a cinque anni, agli Stati membri che abbiano difficoltà di medio periodo nella bilancia dei pagamenti e si impegnino ad adottare opportune misure di riequilibrio stabilite dal Consiglio Europeo.

Circa le operazioni nel cambio è da osservare che l'andamento e l'ampiezza delle oscillazioni dei cambi istantanei delle monete CEE fra di loro e con il dollaro entro i margini ± 2,25%, ossia la cosiddetta sinuosità e dimensione del serpente, sono in funzione: a) della posizione globale unitaria nei cambi rispetto al dollaro; b) della posizione nei cambi delle singole monete CEE fra di loro; c) del tipo e del volume di interventi nei cambi eventualmente effettuati dalle autorità monetarie.Il primo fattore determina la latitudine della fascia dei cambi delle monete CEE con il dollaro rispetto alla linea di parità e quindi tende, ove il cambio sia quotato incerto per certo, a spostare verso l'alto (+2,25%) o verso il basso (-2,25%) la fascia, secondo che si verifichi un disavanzo o un avanzo globale comunitario verso l'area del dollaro. Il secondo fattore condiziona l'ampiezza della fascia di oscillazione dei cambi, che sarà tanto maggiore quanto più sono squilibrate le posizioni nei cambi all'interno dell'area CEE. Il terzo fattore, infine, nella misura in cui opera sulla fascia dei cambi all'interno della banda, determina modifiche nelle posizioni di debito e di credito fra i paesi CEE, senza incidere sulla posizione CEE verso l'area del dollaro; se invece agisce quando già la fascia è a contatto con la linea che delimita la banda, allora modifica la posizione dell'area CEE verso il dollaro, ma non quella fra i paesi CEE. L'ampiezza della fascia nel primo caso tende a restare immutata, mentre nel secondo tende a restringersi, a meno che non abbia luogo un prelievo di dollari dalle riserve ufficiali del paese in disavanzo. A influire sulla posizione della fascia di oscillazione dei cambi delle monete CEE fra di loro e col dollaro concorrono le compravendite di dette valute da parte degli operatori privati, nonché gli interventi effettuati dalle autorità monetarie dei singoli paesi CEE. La posizione della fascia di oscillazione è pertanto in funzione di fattori di mercato e istituzionali. A questo riguardo è da sottolineare che, anche a prescindere dagli interventi delle autorità monetarie entro i margini di oscillazione, i fattori istituzionali possono avere incidenza sulla posizione della fascia di oscillazione, nella misura in cui gli operatori in cambi sono tenuti all'osservanza di specifiche norme di gestione. (V. anche Banca e sistema bancario; Bilancio pubblico; Credito; Economia internazionale; Moneta; Politica economica e finanziaria).

Bibliografia

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Williamson, J., The exchange rate system, Washington 1985.

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