BORGIA, Camillo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BORGIA, Camillo

Bruno Di Porto

Nato a Velletri il 17 luglio del 1773 da Giovanni Paolo, di una nobile famiglia, venne indirizzato dal padre alla vita militare, trascorrendo l'adolescenza nell'isola di Malta, presso l'Ordine gerosolimitano, e compiendo numerosi viaggi nel Mediterraneo. Poco più che ventenne pubblicò un planisfero, detto "borgiano" (Apographon descriptionis orbis terrae figuris et narratiunculis distinctae,manu germanica... circa medium saec. XV..., s.l.1797), che gli procurò la stima dei dotti, in particolare, di S. Borson. Entrato nell'esercito pontificio, gli si aprì, grazie alle relazioni della famiglia e alle capacità dimostrate, una rapida carriera: conseguito il grado di capitano di cavalleria leggera, partecipò, alla testa di uno squadrone, alla guerra contro i Francesi, ma subito dopo la pace di Tolentino (febbraio 1797) partì con il gen. Bartolini alla volta di Vienna, dove giunse attraverso l'Italia meridionale, l'Adriatico e la Croazia. Presentato dal nunzio pontificio in Vienna, mons. Albani, al barone Löwener, entrò nel reggimento di questo col grado di sottotenente e si batté sul Tagliamento contro la divisione francese Massena, riportando una ferita; promosso tenente, venne inviato a Vienna, latore di messaggi al consiglio di guerra e all'imperatore.

Nella capitale austriaca, da dove talora si assentò per missioni in Ungheria e in Istria, trascorse vita mondana, allacciando varie relazioni amorose. In questo periodo, coadiuvato da un falegname tirolese, costruì anche, sulla base delle sue conoscenze nautiche, il modello di una corvetta adattata, con originali innovazioni, alla navigazione nell'Adriatico, tra i bassifondi della costa dalmata. Presentò il lavoro, insieme con un opuscolo esplicativo del criterio tecnico seguito, a Francesco II, che gli fece un prezioso dono.

Il B. fu nominato capitano, ma, avuta notizia della conquista francese di Roma e del conseguente pericolo per la famiglia e il patrimonio, nella primavera 1798 prese contatto con l'ambasciatore francese Bernadotte, dal quale ottenne assicurazioni e il permesso di tornare in patria. Le autorità austriache, al corrente dei suoi passi, non solo gli negarono la licenza richiesta, ma procedettero al suo arresto. Liberato per intervento del Bernadotte, partì come corriere diplomatico per Roma (maggio 1798), dove, avendo aderito alla Repubblica romana, ebbe il comando della seconda compagnia di dragoni; partecipò, quindi, ad un fortunato scontro con i Napoletani, che erano avanzati fino a Terni, e alla repressione dell'insorgenza, specialmente nella zona di Subiaco, della cui piazza fu nominato comandante. Alla fine di settembre del 1799, crollata la Repubblica romana, si trasferì in Francia. Rientrato, poi, in Italia, come aggiunto allo Stato Maggiore generale, preferì, dopo aver contratto matrimonio, congedarsi dall'esercito, tornando, alla fine del 1801, a Velletri, dove si dedicò al miglioramento dei propri terreni. Il restaurato governo papale, sospettandolo come elemento filofrancese, impedì allo zio cardinale S. Borgia di condurlo a Parigi per l'incoronazione di Napoleone. Morto durante quel viaggio lo zio, il B. gli successe nella carica di consigliere danese in Roma, destando nuovi sospetti nel governo per i rapporti intrecciati con gli ambienti protestanti della città. Quando, poi, nel 1806, le truppe francesi passarono per il Lazio, dirette alla conquista del regno di Napoli, sovraintese ai loro rifornimenti, tentando nel contempo speculazioni negli appalti delle forniture e incorrendo per questo in accuse di irregolarità. Coinvolto, inoltre, nell'urto tra l'ambasciatore francese Alquier e il generale C. F. de Malet, cadde in disgrazia assieme a questo ultimo e fu imprigionato in Castel Sant'Angelo (1807) sotto vaghe accuse, tra cui era quella di aver diffuso manifesti antifrancesi, nei quali, per colmo, sarebbero state contenute gravi minacce al suo stesso indirizzo.

Il governo pontificio, che, come si è visto, diffidava del B. e lo riteneva forse capace di un'opera di provocazione, tendente a inasprire i rapporti con la Francia, aveva evidentemente colto l'occasione dei suoi dissapori con l'ambasciatore Alquier per porlo in cattiva luce presso gli stessi Francesi e procedere, così al suo arresto. Liberato da Castel Sant'Angelo, per evitare nuovi fastidi, partì nell'ottobre 1807 alla volta della Turchia.

Tornato poi in Italia, assunse, nel 1809, quando Roma venne annessa alla Francia, il comando della gendarmeria imperiale del dipartimento del Tevere, distinguendosi nuovamente nella lotta contro il brigantaggio e l'insorgenza popolare antifrancese. Al crollo del dominio francese, si rifugiò nel Regno di Napoli, da dove guidò la prima penetrazione delle forze di Gioacchino Murat nel territorio pontificio, precisamente nella zona di Ceprano, Pofi, Veroli, Frosinone. Estesasi, quindi, l'occupazione napoletana, divenne sottoprefetto del Lazio, ma, dopo la sconfitta di Murat, riparò in Tunisia, ove giunse con passaporto danese il 19 ag. 1815, mentre le autorità pontificie istruivano contro i sudditi responsabili dell'invasione del Lazio un processo, che per il B., massimo colpevole, si concluse con la condanna, in contumacia, alla perpetua detenzione.

In Tunisia, protetto dal console di Danimarca, persuase il bey Maḥmūd a intraprendere l'esplorazione archeologica per il ritrovamento delle antichità puniche; diresse, quindi, gli scavi, nel territorio dell'antica Utica, illustrando i vari reperti con numerose piante e trascrizioni. Si spinse, inoltre, nell'interno del paese e fino in Algeria per compiervi ricerche geografiche, ma, letta su alcuni giornali, nel gennaio 1816, la falsa notizia di un progetto di Pio VII per una nuova crociata contro i pirati delle reggenze barbaresche della costa africana, mettendo in secondo piano le attività intraprese, offrì i suoi servigi al cardinale E. Consalvi, con una lettera del 2 febbr. 1816, inoltrata tramite l'incaricato d'affari danese, nella quale si giustificava per i suoi trascorsi (Arch. Segr. Vaticano, Segr.di Stato 165, Polizia a. 1816, s.n.).

Pur non avendo avuto risposta, nell'ansia di riabbracciare la famiglia, si risolse ugualmente a lasciare la Tunisia, ottenendo il permesso d'ingresso nel Regno di Napoli. Qui giunto al termine del 1816, si dedicò all'ordinamento dei suoi appunti scientifici, incaricando incisori tra cui R. Morghen, della composizione di oltre cento tavole, in vista della successiva riproduzione a stampa. Ma, mentre a Napoli attendeva al complesso lavoro, il B. morì il 22 maggio 1817.

Per la pubblicazione delle opere inedite del B. la vedova si rivolse a Giuseppe Tambroni, ad A. De La Borde e G. P. Vieusseux, il quale fece anche approntare una Relazione e progetto di pubblicazione (conservato tra i documenti Vieusseux nella Biblioteca Nazionale di Firenze, cass. 150, n. 7), finché, verso il 1829, tutto il materiale venne acquistato dal governo dei Paesi Bassi e trasferito nella biblioteca del Musée National des Antiquités di Leida. Ciononostante non venne pubblicato, neppure dopo un appello del figlio Ettore alla regia Società geografica italiana, in data 29 luglio 1869. Soltanto di recente J. W. Salomonson, sulla base delle indicazioni contenute nelle carte del B., ha compiuto alcune esplorazioni scientifiche in Tunisia con buoni risultati.

Fonti e Bibl.: Nella Biblioteca Comunale di Velletri (collocazione Ms IX 12 a 13) è conservata la copia del manoscritto originale del Giornale della vita di C. B.; ivipure son conservate lettere autografe del periodo 1796-1814, minute di lettere scritte nel 1805 in occasione della morte del card. Stefano, lettere varie riguardanti la prigionia in Castel Sant'Angelo, carte edocumenti concernenti il suo ufficio nella gendarmeria imperiale. Nel Museo Centr. del Risorg. in Roma sono conservate alcune lettere del B. a L. Cardinali (busta CLXXVI, n. 16, 1-2). L. Cardinali, Elogio di C. B. nato in Velletri, Italia 1817; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 232-234; G. Branca, I viaggiatori italiani del nostro secolo, in Boll. della Soc. geogr. ital., II (1869), 2, pp. 251-344; E. Borgia, Sopra un viaggio scient. di C. B. nella reggenza di Tunisi,ibid., pp. 457-459; P. Amat di San Filippo, Studi biogr. e bibl. sulla storia della geografia in Italia, Roma 1882, I, pp. 545 s.; F. F. Carloni, Gli Italiani all'estero, II, 1, Città di Castello 1890, p. 303; L. Madelin, La Rome de Napoléon, Paris 1906, pp. 467, 472, 562, 599, 654; G. Cassi, Il cardinal Consalvi ed i primi anni della restaurazione pontificia (1815-19), Milano-Genova-Roma-Napoli 1931, pp. 43 s.; E. Michel, Esuli italiani in Algeria (1815-61), Bologna 1935, pp. 3 s.; Id., L'esilio,gli studi e le scoperte di C. B. in Tunisia, in Rass. italiana, XV (1937), 44, pp. 237-242; Id., Esuli italiani in Tunisia, Varese-Milano 1941, pp. 16-20; J. W. Salomonson, Deux monuments inédits des environs de Zaghouan (Tunisie) d'après les notes du voyageur italien,comte C. B., in Mededelingen van het Nederlands historisch Institut de Rome, XXXII (1965), n. 10; A. Valente, G. Murat e l'Italia meridionale, Torino 1965, pp. 381 n., 391, 392 n.; Diz. del Risorgimento naz., II, p. 370.

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