CORREGGIO, Camillo da

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORREGGIO, Camillo da

Alberto Ghidini

Nacque a Correggio il 22 giugno 1533 dal conte Manfredo e Lucrezia d'Este. Avviato alla carriera delle armi, fu introdotto presso Filippo II di Spagna allorché questi si trovava a Milano nel gennaio del 1549. Presente alle feste in occasione delle nozze di Ippolita, figlia del governatore di Milano Ferrante Gonzaga, il C. venne creato coppiere e gentiluomo del re di Spagna e accolto nelle sue truppe. Nel 1551, insieme con i fratelli Giberto e Fabrizio e con i cugini Ippolito e Girolamo, era compreso nell'investitura di Correggio concessa da Carlo V che veniva ad annullare le disposizioni del conte Giangaleazzo da Correggio che, morendo nel 1517, aveva chiamato la madre e le sorelle alla successione dei feudi. Nello stesso anno militava nelle truppe imperiali alla guerra di Parma contro il duca Ottavio Farnese ed è in questa circostanza che Ferrante Gonzaga lo spedì ad occupare Brescello. Nel 1554, in qualità di capitano della cavalleria leggera, combatté nelle truppe di Cosimo I de' Medici all'assedio di Siena e partecipò alla battaglia di Marciano. Negli anni seguenti passò a combattere in Piemonte dove Francia e Spagna avevano spostato il teatro delle operazioni di guerra e quindi nelle Fiandre per sedare le popolazioni ribelli alla Spagna. Nel 1556, in occasione della guerra promossa contro la Spagna dal papa Paolo IV, il C. insieme con i fratelli era costretto a difendere il feudo correggese che era venuto a trovarsi al centro di una vasta zona di operazioni militari.

Fedeli all'Impero, i conti di Correggio sono, quasi completamente isolati e stretti in una morsa dalle truppe della lega sacra che erano dilagate nei vicini territori di Modena, Carpi, Reggio e Rubiera al comando del duca di Ferrara Ercole d'Este. Grandi pressioni vennero compiute su di essi per indurli ad entrare nella lega e tutta la contea, ad eccezione di Correggio, fu occupata. Sotto la spinta degli avvenimenti, praticamente tra l'incudine e il martello, il 18 genn. 1557 il C. e i fratelli furono costretti a giungere ad un accordo con Ercole. L'accordo prevedeva che lo Stato di Correggio rimanesse neutrale e licenziasse il presidio, versasse in pegno e sicurtà una somma di 50 mila scudi d'oro e come ostaggi venti cittadini e due dei signori, il C. e Fabrizio. La capitolazione ebbe breve durata, tale da consentire il rilascio degli ostaggi e il ritiro delle truppe estensi. Ma il cugino Girolamo, contitolare nel feudo, rientrato da Madrid ove era stato inviato come nunzio presso Filippo II, non riconobbe il patto concluso dai congiunti e accortamente li spinse ad accodarsi all'Impero. Correggio venne fortificata e agguerrita da truppe italiane, tedesche e spagnole introdotte da Girolamo, che permisero al C. e ai fratelli di resistere all'assedio. Le truppe della lega si ritirarono definitivamente dal territorio, che subì la distruzione di importanti edifici suburbani, tra la fine del 1557 e gli inizi del 1558.

Con diploma del 16 maggio 1559 l'imperatore Ferdinando I premiò la fedeltà dei conti correggesi accordando loro una nuova investitura insieme con il privilegio di una propria zecca e l'erezione di Correggio a città. L'investitura concessa nel 1559 fu poi confermata da Massimiliano II nel 1564 e da Rodolfo Il nel 1580. Queste concessioni, e la circostanza che lo stemma della casata, inquartato per virtù di altro privilegio imperiale del 1452 con l'aquila nera in campo d'oro, poco differisce da quello austriaco, indusse il C. e i fratelli ad accoppiare al loro cognome, usandolo pubblicamente, l'appellativo di "Austria".

Seguendo i tradizionali orientamenti politici della sua casata il C. si appoggiò a potentati lontani per cercare protezione dalle mire ostili dei vicini. Strinse stretti rapporti con la Repubblica di Venezia militando al suo servizio nel 1565 con l'incarico di assoldare 2.500 fanti e di presidiare Corfù. Creato governatore dell'isola, respinse un attacco dei Turchi strappando al nemico alcune bandiere che furono portate a Correggio e poste nel tempio di S. Francesco. Nel 1571, al comando delle galere di Corfù, partecipò valorosamente alla battaglia di Lepanto. Il 2 dic. 1572 sposò la contessa Maria di Collalto ricevendone in dote 33.000 scudi. Nel 1580, alla morte del fratello Giberto, assunse il governo di Correggio, ma difettando di capacità politiche e diplomatiche avviò il suo Stato verso il declino. Una sequela di conflitti familiari e patrimoniali riversarono su di esso le conseguenze di un modo impulsivo da parte del C. di risolvere le questioni, accompagnato da una scarsa duttilità di adattamento alle nuove contingenze politiche. Le controversie con Alessandro, figlio legittimato ed erede del cugino, cardinale Girolamo, dapprima composte attraverso un lodo arbitrale dell'imperatore e successivamente riaccese dalle aspirazioni di Alessandro al condominio di Correggio, spinsero il C. a commettere un grosso errore. Infatti, per garantirsi dalle violenze e dalle ritorsioni del cugino e, soprattutto, timoroso dell'appoggio che questi andava cercando presso gli Stati vicini, richiese ed ottenne un presidio spagnolo che il 29 ag. 1584 si insediò in Correggio coronando finalmente i tentativi strategici della Spagna di avere un caposaldo a Sud del Po. Nonostante il C. avesse stipulato una convenzione che contemplava l'obbligo per il re e i ministri spagnoli di ritirare il presidio qualora egli non avesse più voluto servirsene, la Spagna riuscì invece a mantenerlo nella città per circa un secolo.

Non meno corriva la sua condotta famigliare che finì per togliergli prestigio agli occhi della popolazione a motivo della provocatoria convivenza con Francesca Mellini, che aveva portato da Firenze, e che, a giudizio delle cronache, affrettò la prematura scomparsa della moglie (1583). Anche col fratello Fabrizio ebbe dissensioni mai effettivamente placate in ordine alla divisione e alla amministrazione dei beni, nonostante le cronache parlino di un compromesso arbitrale del duca di Mantova per dirimere le liti. La vertenza si complicò successivamente perché il duca riuscì ad ottenere da Fabrizio e da Alessandro la cessione dei loro beni mentre il C. restò solo a difendere la continuazione della casata. E in tale situazione fu ancora inevitabile l'intervento dell'Impero. Allo scopo di legittimare la prole avuta dalla concubina e provvedere alla successione, essendogli morti in tenera età i figli maschi procreati dalla Collalto, il C. si decise a sposare la Mellini il 1° ag. 1592.

La morte del cugino Alessandro aveva troncato le contese e i timori per lo Stato ed il C., sempre nel 1592, appellandosi alla convenzione stipulata, chiese che venisse tolto il presidio spagnolo. Tuttavia incontrando la forte opposizione del governatore di Milano fu costretto a recarsi successivamente a Madrid presso Filippo II che riconobbe la giustezza delle sue ragioni. In realtà la Spagna, per motivi politico-strategici non era assolutamente intenzionata a smobilitare il presidio e, tramite il governatore di Milano, accampò difficoltà frapponendo indugi e pretestuose dilazioni.

I conti correggesi non fecero subito uso del privilegio di battere moneta loro accordato. Fu soltanto nel 1569 che il C. insieme coi fratello Giberto aprì la zecca in Correggio. La sua istituzione segnò il momento di massima affermazione delle Stato e al tempo stesso il principio della sua crisi finale a motivo, da un lato, dello squilibrie determinatosi nella modesta economia correggese, dall'altro, di una politica gretta e inadeguata rispetto ai problemi, alle esigenze e alle tecniche di gestione di una zecca. Essa fu concessa in locazione dapprima al reggiano Gian Antonio Signoretti, quindi a Giulio Frassetti fino al 1581, al bresciano Marco Antonio Ferrandi e ai suoi eredi fino al 1603. In tale anno il C. stipulò un contratto di locazione con gli ebrei Abrahani Jaghel e David Ricco, rinnovato per dieci anni. In un primo periodo vennero prodotte monete di notevole interesse (doppia d'oro, talleri d'argento, anonime dei conti Giberto, Fabrizio, Girolamo e del C.), che correvano su una vasta area d'affari centroeuropea, ma contestualmente la zecca cominciò ad essere considerata emissaria di monete calanti e tale accusa si accentuò all'epoca del principe Siro. Nell'arco di anni tra il 1596 e il 1603 il C. emise alcune gride per cercare di attenuare gli inconvenienti prodotti dal persistere del corso di sesini "cattivi" che dichiarava essere tuttavia il prodotto di contraffazioni di altre zecche fuori dello Stato. Fece riportare la sua effige su alcune monete (sesini, camillini, ducatoni).

Nel 1588 fece erigere fuori della città, nella villa di S. Prospero, la chiesa e il convento di S. Maria degli Angeli per i frati conventuali riformati e nel 1591 chiamò a Correggio i padri cappuccini in un convento costruito per essi fuori porta S. Giovanni. Con speciale privilegio del 15 febbr. 1590 concesse al borgo di Fabbrico la podesteria con Consiglio comunale di dieci cittadini, di cui due provvisori e due anziani. Con suo chirografo del 12 apr. 1593 fondò l'Accademia letteraria degli Spensierati che ebbe vita breve. Benché aggravato dal peso dell'età, il C. si recò nuovamente a Milano presso il governatore Fuentes per ottenere lo sgombro del presidio spagnolo e quivi, colto da malore quasi improvviso, morì il 3 giugno 1605.

Il suo corpo, traslato a Correggio, venne sepolto nel tempio di S. Francesco. Nel suo testamento chiamò alla successione nello Stato il figlio Giovarmi Siro e istituì negli allodiali il figlio Cosimo.

Fonti e Bibl.: Correggio, Bibl. com., Arch. di memorie patrie, cart. 14 (per Camillo), cartt. 3236 (per la zecca); Ibid., E. Setti, Biografie di illustri correggesi, II, cc. 228-67; Ibid., F. Cafarri, Dieci secoli di storia dei luoghipii di Correggio, I, Compendio della storia di Correggio (datt. 1923), pp. 51-54; Ibid., A. Setti, La zecca dei signori da Correggio (datt. 1955); Q. Bigi, C. e Siro da Correggio, in Atti e mem. d. R. Deput. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, V (1870), pp. 77-192; G. Veludo, Present. della relaz. di C. e Siro da Correggio e della loro zecca dell'avv. Q. Bigi, in Atti del R. Ist. veneto di sc., lett. ed arti, s. 3, XV (1869-70), pp. 1356-1361; L. Zuccardi, Antichità correggesche, compendio delle croniche di Correggio e delli suoi signori, Correggio 1881, pp. 62-64 e passim;F. Manzotti, Rapporti fra la casa di Correggio e la Repubblica di Venezia (1372-1571), Reggio Emilia 1951, pp. 12-13; R. Finzi, L'investitura di Correggio del 1559, Reggio Emilia 1959, pp. 25-32, 41; Id., Correggio nella IV guerra fra la casa di Francia e la casa di Asburgo (1556-1559), Reggio Emilia s. d.; Mostra dei cimeli e d. zecca d. città di Correggio (catal.), a cura del Comune di Correggio, Correggio 1960, passim; R. Finzi, Correggio nella storia e nei suoi figli, Reggio Emilia 1968, pp. 29-30, 99, 100, 101; F. Manzotti, La zecca di Correggio, in Il Filugello, dic. 1968, pp. 35-38; O. Rombaldi, Correggio, città e principato, Modena 1979, pp. 69-76; P. Litta, Le fam. cel. ital., s. v. Correggio, tav. IV.

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