PRAMPOLINI, Camillo Vittorio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PRAMPOLINI, Camillo Vittorio

Alberto Ferraboschi

PRAMPOLINI, Camillo Vittorio. – Nacque a Reggio Emilia il 27 aprile 1859 da Luigi Eugenio, ragioniere capo comunale, e da Maria Luigia Casali, figlia di un medico possidente.

Terzogenito di cinque figli di un’agiata famiglia borghese animata da sentimenti patriottici, venne educato ai valori monarchici e del cattolicesimo. Il padre, fervente liberale moderato, volle dare al figlio i nomi degli artefici dell’unità nazionale: Camillo e Vittorio, in omaggio a Cavour e a Vittorio Emanuele II. La madre, con la quale stabilì una profonda intesa emotiva, gli trasmise una forte moralità di stampo cattolico.

Durante gli studi secondari, svolti dapprima in un collegio privato e in seguito al ginnasio pubblico cittadino, Prampolini manifestò i primi dubbi sulla fede da cui si allontanò definitivamente intorno ai diciassette anni. Nel 1877 si stabilì a Roma per frequentare la facoltà di giurisprudenza; successivamente si trasferì a quella di Bologna dove, dopo aver prestato servizio militare, si laureò a pieni voti nel 1881 con una tesi sul diritto al lavoro discussa con Enrico Ferri. La frequentazione dell’ambiente universitario bolognese dove, attraverso la mediazione di Ferri, Giuseppe Sergi e Roberto Ardigò si accostò all’opera dei maggiori esponenti del positivismo europeo, fu determinante nell’avvicinarlo al socialismo. Ritornato a Reggio Emilia ed estraniatosi dal contesto borghese di origine cominciò a frequentare gli ambienti anarco-socialisti e a collaborare al giornale internazionalista locale Lo Scamiciato.

In articoli pubblicati anonimi o con pseudonimi mise a punto la propria concezione del socialismo evoluzionista fondata sull’idea di uno sviluppo storico teleologico: il socialismo si sarebbe affermato inevitabilmente grazie a uno spontaneo processo evolutivo sociale, attraverso la graduale espansione delle organizzazioni proletarie. In tal modo, il passaggio al socialismo si sarebbe realizzato in modo pacifico e non violento. Sullo Scamiciato pubblicò articoli anticlericali che causarono la scomunica dei redattori da parte del vescovo di Reggio. L’insuccesso della campagna antireligiosa indusse Prampolini a ripensare la strategia per iniziare le masse popolari al socialismo con un approccio culturale meno ideologico senza urtare i loro radicati sentimenti religiosi.

Nel frattempo, Prampolini avviò fitti rapporti epistolari con esponenti della cultura positivista e socialista italiana (tra cui Ardigò, Andrea Costa, Napoleone Colajanni, Antonio Labriola), entrando in sintonia con le posizioni del socialismo riformista di Filippo Turati, con cui stabilì un duraturo sodalizio umano e politico. All’opera di propaganda affiancò una precaria attività professionale dapprima come ispettore assicurativo quindi, dopo l’esclusione dal concorso al ministero di Grazia e Giustizia per motivi politici, come assistente presso uno studio legale, per poi vincere nel 1889 un posto da vicesegretario presso la locale Camera di commercio. Nel 1883, in concomitanza con la morte della madre, cominciò a manifestare i primi disturbi nervosi che lo avrebbero accompagnato nel corso di tutta la vita.

Conclusa l’esperienza dello Scamiciato, collaborò a Reggio Nova, organo della prima cooperativa di consumo della città, sostenendo il cooperativismo come mezzo per la trasformazione della società. Con la creazione del settimanale La Giustizia che fondò nel gennaio 1886, Prampolini avviò un’assidua attività giornalistica per il radicamento e lo sviluppo del socialismo. La Giustizia, di cui era direttore e proprietario, diventò l’espressione della sua concezione politica, il principale veicolo per divulgare la dottrina socialista con un linguaggio semplice e chiaro, in grado di interagire con il senso comune delle comunità rurali attraverso la propaganda del «socialismo evangelico» (Pivato, 1986, p. 285).

La retorica dell’evangelismo prampoliniano, presentando il socialismo come l’autentico erede del messaggio di Cristo, contrapponeva la morale sociale del Vangelo e del cristianesimo delle origini al formalismo e all’esteriorità delle pratiche del culto cattolico. Dotato di grande carisma e di apprezzate qualità oratorie grazie alle quali esercitò un forte ascendente sulle masse contadine, attraverso ‘prediche’ rivolte a diffondere i principi del socialismo (emblematica la Predica di Natale del 1897), Prampolini svolse un’azione di acculturazione dei ceti popolari per la promozione dell’associazionismo, della cooperazione e dell’organizzazione politica.

Alle elezioni politiche del maggio 1886 la sconfitta del progetto interclassista della borghesia progressista reggiana spianò definitivamente la strada al disegno prampoliniano imperniato sull’autonomia di classe dei ceti subalterni. Polemiche giornalistiche seguite alle elezioni lo portarono a battersi in duello con il direttore del giornale L’Italia centrale, Alfredo Moscatelli. Nel frattempo si convinse della necessità di dare vita a un’organizzazione socialista che, nella prospettiva gradualista e legalitaria, prendesse le distanze dall’insurrezionalismo anarchico. La polemica contro gli anarchici indusse due militanti reggiani a organizzare un attentato contro Prampolini il 15 febbraio 1889, sventato grazie a un amico.

Affermatosi ormai alla guida del movimento socialista reggiano, ottenne un primo successo alle elezioni amministrative del 1889 con la vittoria a Reggio Emilia dello schieramento radical-socialista e la sua elezione a consigliere comunale e provinciale. L’impegno in prima persona nelle istituzioni locali della città natale, sebbene in modo non continuativo, contrassegnò il percorso politico di Prampolini fino all’avvento del fascismo nonostante i crescenti impegni nazionali. Alle elezioni politiche del novembre 1890 fu eletto deputato in una lista radical-socialista per la circoscrizione plurinominale di Reggio Emilia, inaugurando in questo modo una lunga carriera parlamentare che sarebbe proseguita ininterrottamente (salvo la parentesi 1905-09) fino alla XXVII legislatura (iniziata nel 1924 e chiusasi per gli aventiniani antifascisti come Prampolini nell’autunno del 1926).

Nonostante una personale ritrosia a intervenire in Parlamento, nel passaggio tra Ottocento e Novecento emerse come una figura di spicco dell’aula, anche in virtù di una fascinosa oratoria improntata ai principi dell’umanitarismo e del rifiuto della violenza. La sua voce si levò in concomitanza di decisivi passaggi politici nazionali (la crisi di fine secolo, la prima guerra mondiale, l’avvento del fascismo) e di episodi cruciali della sua città (l’eccidio di Reggio Emilia del febbraio 1915 seguito al comizio interventista di Cesare Battisti). Nel corso dell’attività parlamentare si occupò in particolare di legislazione sociale e di provvedimenti in favore della cooperazione, sostenendo anche il progetto per la municipalizzazione del servizio farmaceutico sperimentata dal Comune di Reggio. Ricoprì anche importanti incarichi parlamentari: dal 1909 al 1919 fu membro della giunta per le elezioni e dal 1924 al 1926 fu vicepresidente della giunta permanente per le elezioni.

Divenuto ormai la figura chiave «di un asse tra l’esperienza più popolare, rurale del socialismo emiliano romagnolo di Costa e quello urbano operaista […] della Lega milanese di Turati» (Bianciardi, 2012, pp. 223 s.), Prampolini si inserì nelle reti di relazioni che avrebbero portato al processo di unificazione delle varie anime del socialismo italiano. Tuttavia, nel 1891 dovette ridurre il proprio impegno politico per la morte prematura della sua compagna, Giulia Giovanna Segala, giovane cucitrice morta di tisi. Dalla loro unione l’anno precedente era nata una figlia, Piera, alla quale Prampolini rimase fortemente legato per tutta la vita. Alle preoccupazioni familiari si aggiunsero crescenti difficoltà economiche che lo indussero a esprimere propositi di ritiro dalla vita politica; fu allora chiamato a Milano da Turati alla direzione del giornale socialista Lotta di classe, uscito il 30 luglio 1892, di cui assunse formalmente le funzioni di direttore preferendo però rimanere nella città natale. Nell’agosto del 1892 partecipò al congresso di Genova del Partito dei lavoratori dove, con un appassionato discorso, riaffermò le ragioni della rottura tra socialisti e anarchici; confermato direttore della Lotta di classe, consolidò la sua posizione all’interno del gruppo dirigente nazionale socialista. Il ruolo eminente assunto da Prampolini nel nascente partito trovò conferma nella sua partecipazione al congresso internazionale socialista di Zurigo del 1893 e nella scelta di Reggio Emilia come sede del secondo congresso del Partito dei lavoratori.

Durante la crisi di fine secolo, quando si adoperò attivamente a difesa delle libertà statutarie e ingaggiò duri scontri personali con Francesco Crispi, Prampolini consacrò la propria leadership nazionale. In occasione della repressione dei fasci siciliani del 1894 operò contro i provvedimenti antisocialisti adottati dalle autorità. Inviato a Palermo con Gregorio Agnini fu respinto dall’isola con un’ordinanza. A seguito dell’ondata di arresti che nel 1894 colpì anche nel Reggiano i vertici socialisti, fu processato e condannato a tre mesi di confino (in sede di appello il giudizio fu sospeso). Nel 1899 in Parlamento fu impegnato contro l’introduzione dei provvedimenti eccezionali in un’aspra battaglia ostruzionistica partecipando al rovesciamento delle urne nella seduta parlamentare del 30 giugno. Raggiunto da mandato di cattura e costituitosi a Roma al carcere di Regina Coeli il 18 settembre, venne scarcerato il 1° novembre prima del processo a seguito del decreto di convocazione della Camera.

Il passaggio a cavallo dei due secoli coincise con l’apertura di Prampolini al nuovo corso liberale: il 13 marzo 1902, con un discorso che gli valse l’appellativo di «apostolo di pace» attribuitogli dal presidente della Camera Giuseppe Biancheri, spiegò la decisione dei socialisti di sostenere il governo presieduto dall’anziano leader liberal-radicale Giuseppe Zanardelli. L’avvicinamento al riformismo giolittiano era dettato anche dall’esigenza di consolidare il nascente municipalismo socialista. Infatti, la definitiva conquista socialista del Comune nel 1899 e della Provincia nel 1902 rese Reggio Emilia un ‘laboratorio’ riformista di riconosciuta valenza nazionale, specialmente nel campo della municipalizzazione dei servizi. L’organizzazione prampoliniana penetrò profondamente il tessuto socioeconomico locale, includendo anche tradizionali roccaforti notabilari come la locale Cassa di Risparmio, la cui presidenza fu assunta dallo stesso Prampolini nel 1904. Decisivo fu l’apporto dei suoi collaboratori ai vertici delle istituzioni locali tra cui il ‘braccio destro’, Giovanni Zibordi, che nel 1904 divenne direttore della nuova edizione del quotidiano La Giustizia, mentre Prampolini mantenne la direzione del settimanale. Intanto l’espansione della cooperazione e il processo di municipalizzazione suscitarono la reazione degli ambienti borghesi locali. Alle elezioni amministrative del giugno 1904 i socialisti furono sconfitti da una coalizione cattolico-liberale e Prampolini nel gennaio 1905 fu battuto al ballottaggio da Giuseppe Spallanzani nel collegio di Reggio alle consultazioni politiche della XXII legislatura. Conclusa la parentesi moderata, nel 1909 fu rieletto in Parlamento e si aprì la seconda fase dell’amministrazione socialista che consentì il radicamento associativo su base provinciale.

Nonostante gli sforzi di Prampolini per preservare l’unità del partito, nel corso del periodo giolittiano si accentuò il contrasto con il sindacalismo rivoluzionario; lo spostamento del PSI su posizioni rivoluzionarie che venne sancito dal congresso di Reggio Emilia del 1912 (al quale Prampolini non poté partecipare per motivi di salute) e la guerra di Libia, di cui fu uno strenuo oppositore, segnarono per lui una pesante sconfitta.

Allo scoppio del conflitto in Europa fu fautore della linea espressa dal PSI, partecipando anche alla commissione incaricata di elaborare il manifesto neutralista del 21 settembre 1914 che confermò l’impegno socialista contro la guerra. Con l’ingresso dell’Italia in guerra, Prampolini si spese per attenuare gli effetti del conflitto muovendosi anche sul piano parlamentare: il 3 marzo 1917 denunciò le crescenti difficoltà del fronte interno mentre il 14 novembre di quell’anno respinse le accuse rivolte ai socialisti per la rotta di Caporetto. Nell’aprile del 1916 aveva partecipato, come membro della delegazione del PSI, alla conferenza internazionale di Kienthal dei partiti socialisti contrari alla guerra.

Nell’immediato dopoguerra Prampolini restò sostanzialmente fedele ai suoi convincimenti politici impegnandosi attivamente nella critica alla rivoluzione sociale e alla dittatura del proletariato, in una prospettiva gradualista e di rifiuto dell’uso della violenza. Tale orientamento e la condanna del bolscevismo gli valsero aspre critiche da parte dell’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci e dello stesso Lenin che nel 1920 lo additò tra i dirigenti riformisti che ostacolavano la rivoluzione in Italia. Nonostante la marginalità delle posizioni riformiste, alle elezioni del novembre 1919 Prampolini fu eletto per il collegio interprovinciale di Parma come portabandiera e simbolo di unità del partito. Nel 1921, in vista del congresso nazionale di Livorno, sostenne la corrente ‘concentrazionista’ del PSI riaffermando la necessità della prospettiva unitaria.

Convinto assertore del metodo democratico, negli anni della radicalizzazione dello scontro tra fascisti e socialisti fu oggetto di aggressioni fasciste; sfuggito a un agguato squadrista il 14 marzo 1921 a Reggio Emilia, il mese successivo subì l’assalto della sede della Giustizia. Alle elezioni politiche del maggio 1921 prese posizione per l’astensionismo a causa del clima di dilagante illegalità. Sul finire del 1922 terminò anche la sua esperienza di consigliere provinciale a Reggio Emilia, presiedendo l’ultima seduta del Consiglio prima dello scioglimento a causa degli attacchi fascisti. Per fronteggiare le violenze squadriste, nel 1922 Prampolini sostenne il gruppo parlamentare socialista sulla necessità della collaborazione con le forze borghesi per ristabilire la legalità e le libertà statutarie. Le divergenze con la maggioranza intransigente massimalista sulla tattica da adottare sfociarono nel XIX Congresso nazionale del PSI a Roma: il 4 ottobre 1922, insieme con Turati, Giacomo Matteotti, Claudio Treves, Giuseppe Emanuele Modigliani, lasciò il PSI e fondò il Partito socialista unitario (PSU). Il quotidiano La Giustizia, trasferito a Milano, ne divenne l’organo ufficiale. Nel 1923 figurò tra i firmatari della petizione rivolta al Parlamento in difesa della proporzionale e delle libertà fondamentali; alle elezioni dell’aprile 1924 venne eletto per l’ultima volta deputato al Parlamento per il PSU per poi essere annoverato tra i deputati che il 27 giugno decisero di dare vita alla secessione dell’Aventino.

A seguito di una nuova ondata di violenze che causò la sospensione delle pubblicazioni della Giustizia, nel 1926 Prampolini, con la sorella Lia e la figlia Piera, riparò a Milano dove, impiegato nel negozio di un compagno socialista, cessò l’attività politica pur continuando a rimanere sotto vigilanza di polizia.

Nel 1927 avvertì i primi sintomi di un epitelioma mandibolare per cui fu sottoposto a quattro interventi chirurgici.

Gravemente provato dall’avanzare del tumore, morì a Milano il 30 luglio 1930.

Il corpo di Prampolini fu condotto al cimitero di Milano in forma civile su un carro dei poveri e alla presenza di uno sparuto gruppo di militanti socialisti, secondo le disposizioni testamentarie per le quali «né al cimitero né altrove nessuna lapide, nessun segno» (Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Mss. Regg. C 539/1) dovevano ricordarlo.

Le sue ceneri furono traslate a Reggio Emilia nel 1968.

Opere. Prampolini fu autore di numerosi opuscoli di propaganda fra i quali: Come avverrà il socialismo, Reggio Emilia 1894; La montagna ossia la strada dell’emancipazione. Racconto pei lavoratori, Guastalla 1894; Ai contadini, Reggio Emilia 1898; La predica di Natale, Reggio Emilia 1898; La predica di Pasqua. Opuscolo di propaganda per le campagne, Aquila 1899; L’insurrezione e il Partito socialista. Predica ai violenti dell’alto e del basso, Milano 1899; Resistete agli arbitrii! (Che cosa avrei detto ai Giurati), Modena 1900; Cristo e i preti, Ravenna 1901; Ignoranza e malafede, Reggio Emilia 1901; L’abolizione della proprietà privata e la legge di Dio, Reggio Emilia 1901; La vera religione (Ad una donna), Reggio Emilia 1901; Dalla barbarie alla civiltà, Roma 1910; Ma dov’è lo Statuto oggi?, Reggio Emilia 1921; Diagnosi della situazione, Reggio Emilia 1925.

Fonti e Bibl.: Fonte principale per la ricostruzione biografica è il Fondo Camillo Prampolini conservato presso la Biblioteca comunale Antonio Panizzi di Reggio Emilia. Tra gli altri materiali documentari si segnalano: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale pubblica sicurezza, Divisione affari generali, Casellario politico centrale, b. 4108; Imola, Biblioteca comunale, Archivio Andrea Costa. Un’accurata panoramica delle fonti e della letteratura apparsa fino al 1977 è reperibile nella voce di R. Cavandoli, in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 216-231. Fra i numerosi studi pubblicati dopo la voce di Rolando Cavandoli: P. e il socialismo riformista. Atti del convegno di Reggio Emilia 1978, a cura dell’Istituto socialista di studi storici, I-II, Roma, 1979-1981; T. Detti, Il socialismo riformista in Italia, Milano 1981, ad ind.; C. P., scritti e discorsi, a cura di R. Barazzoni - N. Ruini, Reggio Emilia 1981; M. Degl’Innocenti, Geografia e istituzioni del socialismo italiano, 1892-1914, Napoli 1983, ad ind.; F. Cammarano, Consorteria moderata e propaganda socialista. Reggio Emilia dall’immobilismo sociale alla cultura politica, in All’origine della «forma partito» contemporanea. Emilia Romagna 1876-1892: un caso di studio, a cura di P. Pombeni, Bologna 1984, pp. 160-180; S. Pivato, Il socialismo evangelico di C. P., in L’età del positivismo, a cura di P. Rossi, Bologna 1986, pp. 285-306; Gli anni della Giustizia. Mostra storico-documentaria (catal.), Reggio Emilia 1986; M. Anafu, Tutti gli uomini di Camillo. Questione sociale e movimento cooperativo nel Reggiano dal 1880 al 1914, Reggio Emilia 1987, ad ind.; V. Cattani, C. P., in Il parlamento italiano 1861-1988, VI, Milano 1989, pp. 493-505; M. Degl’Innocenti, Cittadini e rurali nell’Emilia Romagna rossa tra ’800 e ’900, Milano 1990, pp. 94-140; B. Bertolani - A. Zavaroni, C. P. (1859-1930), Reggio Emilia 1992; Z. Ciuffoletti, Storia del PSI, I, Le origini e l’età giolittiana, Roma-Bari 1992, ad ind.; M. Ridolfi, Il PSI e la nascita del partito di massa 1892-1922, Roma-Bari 1992, ad ind.; R. Zangheri, Storia del socialismo italiano, II, Dalle prime lotte nella Valle Padana ai Fasci siciliani, Torino 1997, ad ind.; P. e il socialismo reggiano. Atti del Convegno di Reggio Emilia del novembre 1993, a cura di G. Boccolari - L. Casali, Reggio Emilia 2001; A. Ferraboschi, Borghesia e potere civico a Reggio Emilia nella seconda metà dell’Ottocento (1859-1889), Soveria Mannelli 2003, ad ind.; M. Del Bue, L’apostolo e il ferroviere. Vite parallele di C. P. e Giuseppe Menada, Reggio Emilia 2005; C. P. Discorsi parlamentari, a cura di F. Boiardi, Reggio Emilia 2005; M. Del Bue, Storia del socialismo reggiano, I-II, Montecchio 2009-2011, ad ind.; S. Moroni, Giovanni Zibordi. Biografia di un socialista intransigente, Milano 2012, ad indicem. Tra i lavori pubblicati nell’ambito del ciclo di studi scaturito dalla ricorrenza del 150° anniversario della nascita di Prampolini: C. P. Antologia di scritti e discorsi, a cura di G. Boccolari - G.M. Minardi - N. Odescalchi, I, 1880-1894, Firenze 2009; II, 1895-1909, Firenze 2010; C. P. Antologia di scritti e discorsi, a cura di G. Boccolari - M. Carrattieri - N. Odescalchi, III, 1910-1930, Firenze 2011; S. Bianciardi, C. P. costruttore di socialismo, Bologna 2012.

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