CAMORRA

Enciclopedia Italiana (1930)

CAMORRA

Raffaele Ciasca

. La camorra era un'associazione di uomini del popolo, che ponevano a contributo, con l'intimidazione, i viziosi e i vili. Era ramificata per tutto l'antico regno di Napoli, aveva leggi e consuetudini, gerarchie saldamente organizzata, obblighi e doveri particolari, linguaggio convenzionale e tribunali proprî. Per divenire camorrista, si passava per i gradi di garzone di mala vita, di picciotto, di sgarro; condizione essenziale per l'iniziazione, era dare prova di devozione e di coraggio; per la promozione, compiere imprese arrischiate, consistenti spesso in tirar di coltello (tirata), eseguire lodevolmente un dilficile colpo o una condanna del tribunale della camorra. Poliziotti, gendarmi congedati, e gli appartenenti alla marina militare, erano rigorosamente esclusi. Aveva le sue propaggini dappertutto: in campagna e in città (e nella stessa capitale era divisa in dodici quartieri, con un capo ciascuno, sottoposti a quello della Vicaria), nelle carceri ove taglieggiava i detenuti, e nelle bische, ove riscuoteva il decimo delle vincite; in piazza, nel porto, negli uffici del dazio, nei circoli, nei postriboli. Esercitava il lotto clandestino e il contrabbando; intimoriva gli stessi ufficiali di dogana, si affacciava fin sulla soglia dei tribunali, era penetrata nelle file dell'esercito con un sistema di estorsione sul soldo, sul rancio, sul pane, col traffico organizzato dei rifornimenti, con un accrescimento di obblighi imposto alle reclute. S'imponeva dappertutto col terrore; viveva della miseria dei mendicanti, delle mezze-calzette (piccoli borghesi), dei galantuomini; sfruttava i difetti e soprattutto le debolezze del popolo.

La camorra, che ha strette analogie con la mafia siciliana, era un'infermità sociale che trovava alimento nella scarsa fiducia nei poteri dello stato e nel bisogno di essere protetti da un lato e di commettere soprusi da un altro. È difficile dire come e quando si sia costituita; se poi la voce camorra sia derivata dalla compagnia dicta de Gamurra, formata a Cagliari, sul principio del sec. XIII, da mercanti pisani armati per la difesa del paese; o se sia derivata dalla corruzione di gamurra, indicante un rozzo vestiario simile assai alla chamarra degli Spagnoli; o se piuttosto la setta napoletana abbia derivato il nome dall'analoga parola spagnola, significante querela, rissa, disputa, ecc., o se dalle associazioni di Spagna (di Siviglia, per es.) abbia imitato costumanze e abitudini, non si saprebbe decidere. Forse fu introdotta nel regno di Napoli durante il dominio spagnolo. Le prime manifestazioni sicure e documentate della camorra cadono intorno al 1830. Sotto i Borboni fu rispettata fino al 1848; fu spesso incaricata della polizia delle prigioni, dei mercati, delle bische, dei lupanari e di tutti i luoghi malfamati della città. Nel decennio di reazione borbonica, alcuni camorristi furono interessati alla causa liberale nazionale. e in Napoli prepararono ed organizzarono dimostrazioni ostili al governo. Perseguitati perciò dall'Ajossa, ebbero alcuni l'onore di dividere la prigionia con i patrioti più intemerati e più puri (il Settembrini, lo Spaventa, il Poerio). Nel disordine seguito durante il 1860, Liborio Romano, prefetto di polizia, per mantenere l'ordine non seppe far meglio che darsi in braccio alla camorra. Così la camorra, polizia occulta sotto Ferdinando II, cospiratrice coi liberali sotto Francesco II, divenne polizia ufficiale durante la rivoluzione. Ma se rese qualche buon servizio alla causa liberale, acquistò una potenza e un'autorità spaventevole, poiché la sua forza veniva ora legittimata da incarichi ufficiali. Si capisce quindi che usasse e abusasse dell'influenza e dell'immunità. A rimediare a tanto disordine, il nuovo prefetto di polizia del regno d'Italia, Silvio Spaventa, arrestò un centinaio di camorristi ed abolì la guardia cittadina, di cui facevano parte dei camorristi, sostituendola con le guardie di pubblica sicurezza. Ma la camorra era radicata nei costumi del paese. Le mogli presero il posto dei mariti incarcerati. Molti evasero. E furono inscenate dimostrazioni fin dentro l'ufficio dell'audace funzionario. La camorra fece allora dell'opposizione politica, brigò in parlamento; giunse a organizzare nella stessa Napoli atti di brigantaggio, finché nel settembre del 1882, fu organizzata contro la camorra una guerra che fu talvolta vera caccia all'uomo. L'opera di educazione e di risanamento dell'ambiente riuscì alfine a compiere la distruzione della camorra. Il 1862, il '64, il '74, l'83 ricordano i più formidabili colpi inferti a quell'associazione a delinquere, che divenne un ricordo del passato. Rimane solo la parola, per indicare abusi o prepotenze.

Bibl.: M. Monnier, La camorra, 3ª ed., Firenze 1863; G. Alongi, La camorra, Torino 1890; S. Pucci, Schizzo monografico sulla camorra carceraria, Matera 1892; De Blasio, Usi e costumi della camorra, Napoli 1897. Utili a chiarire l'ambiente della camorra sono: R. Fucini, Napoli a occhio nudo, Firenze 1878; V. Turiello, Governi e governati, Bologna 1886; P. Villari, Lettere meridionali, Firenze 1870; J. White Mario, Miseria a Napoli; e soprattutto G. Fortunato, La camorra e la Pubblica Sicurezza, in Scritti vari, Trani 1900, pp. 328-340 e 341-348; Firenze 1928, pp. 197-206, 207-212.

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