CAMPANIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

CAMPANIA (VIII, p. 573; App. II, 1, p. 491; III, 1, p. 296)

Domenico Ruocco
Alfonso de Franciscis

Con oltre 5 milioni di abitanti la C. continua ad occupare il secondo posto, dopo la Lombardia, tra le regioni italiane per popolazione e il primo per densità (370 ab. per km2), ma si trova al sesto per reddito complessivo, sebbene il reddito per abitante sia pari ai due terzi di quello nazionale, avendo subito per di più un calo relativo rispetto a un decennio addietro, quando pareva che le trasformazioni agrarie e fondiarie, lo sviluppo industriale e le opere viarie stessero per dare una spinta definitiva alla soluzione dei problemi economici della regione. Pur trovandosi ancora al primo posto tra le regioni meridionali per popolazione e attività economiche, la C. ha visto diminuire gradualmente la sua influenza nel Mezzogiorno per un mancato armonico sviluppo nel suo ambito e per le maggiori iniziative di altre regioni.

Nell'ultimo ventennio si sono verificati in C. notevoli fatti di ordine fisico, umano ed economico, di cui è opportuno ricordare i principali per comprendere meglio la situazione attuale.

I fatti fisici sono in parte dovuti all'azione delle forze della natura, ma in parte ricollegabili alla presenza degli uomini. Il terremoto del Roccamonfina del 1960 è uno dei sintomi dell'instabilità del vulcano; quello molto più grave del Beneventano del 1962, che scosse abbastanza duramente l'Appennino sannita, è una delle ricorrenti manifestazioni sismiche che colpiscono quella regione ancora in corso di assestamento. Il bradisismo di Pozzuoli, che nel 1970 sollevò la terra di circa un metro, come testimoniò l'abbassamento del livello dell'acqua nel Serapeo, si ricollega alla residua attività vulcanica flegrea che si esplicò anche con un'attivazione della Solfatara. Tra i fenomeni naturali, che hanno modificato le forme superficiali, oltre ai normali smottamenti, vanno ricordati la frana che ha interessato la parte estrema della penisola Sorrentina nel 1963 e il crollo di un lembo della parete nord-orientale di Capri.

Le forme costiere hanno subito le maggiori modificazioni per effetto degl'interventi umani, che si sono fatti più frequenti e massicci sulla fronte del Piano campano, a Salerno e nel Cilento, con la costruzione di porti turistici, di moli e di banchine, o con colmate, com'è avvenuto a Bagnoli per lo stabilimento dell'Italsider. Il popolamento costiero e le industrie hanno provocato gravissime forme d'inquinamento, turbando l'equilibrio di ampi tratti marini. Il colera che nel 1973 ha colpito Napoli è una delle manifestazioni clamorose delle pessime condizioni sanitarie della città e del suo mare, dove è stato superato il livello di guardia a tal punto da imporre il divieto della mitilicoltura e della balneazione nello specchio d'acqua antistante la città. Altri cambiamenti nel quadro fisico sono dovuti alla costruzione di laghi per scopi idroelettrici e irrigui, come quello sul Bussento, alla derivazione di acqua da sorgenti, come quella dal Torano o dal Biferno, o da fiumi per scopi irrigui o alimentari. I caratteri idrologici di molti corsi d'acqua ne sono stati modificati, tanto che alcuni si esauriscono nei mesi estivi e altri registrano un crescente grado d'inquinamento. Il mantello boschivo e la macchia subiscono gravi danni dagl'incendi che divampano sempre più frequenti, per cui a parte i rimboschimenti, sterpi e boscaglia invadono le aree bruciate e i campi abbandonati.

La popolazione della C. è cresciuta di 300.000 unità nell'ultimo decennio intercensuale, ma l'aumento percentuale è stato il più basso del nostro secolo per la forte emigrazione, nonostante la natalità sostenuta e la bassa mortalità, e significa lo stato di disagio economico della regione. Si aggiunga che la distribuzione della popolazione tra le varie province ha subito sensibili modificazioni: quelle di Avellino e di Benevento hanno registrato diminuzioni del 7-8%; quelle di Caserta e di Salerno modeste variazioni positive, mentre la provincia di Napoli ha subito un aumento del 10%. un'accentuazione delle tendenze manifestatesi nel decennio precedente, che portano da un lato invecchiamento e femminizzazione e dall'altro un gran numero di giovani in cerca di lavoro. I territori interni, collinari e montuosi, sono colpiti da una depressione demografica preoccupante, mentre la zona costiera e pianeggiante registra un forte incremento demografico, specie nelle città e nella corona di sobborghi di Napoli, prova evidente dell'accentuazione degli squilibri nell'ambito regionale.

Si possono distinguere, pertanto, in C. due grandi zone dal comportamento opposto, una interna passiva, che sembra destinata a ulteriore spopolamento, se non s'interviene sollecitamente con cospicue opere infrastrutturali e strutturali, e l'altra costiera attiva, in cui la popolazione, già eccessiva, subisce un ritmo di aumento superiore a quello dello sviluppo economico, provocando un'urbanizzazione irrazionale, gravissime forme di congestione, degradazione sociale e preoccupanti problemi sul piano dell'occupazione e della salubrità stessa dell'ambiente.

L'esodo dalla regione è essenzialmente rurale; ma, mentre nella zona interna l'esodo agricolo si accompagna a uno spopolamento tale che molti comuni hanno perduto oltre metà della popolazione e tanti centri sono semivuoti e ruinanti, in quella pianeggiante da un lato l'espulsione delle forze di lavoro dall'agricoltura, che è stata minore ed è avvenuta col riflusso in altri settori, dall'altro l'incremento naturale hanno provocato una crescita generale e speculativa dei centri, senza un adeguamento della rete viaria alle nuove esigenze. La densità supera in alcuni comuni i 10.000 ab per km2 e nella provincia di Napoli si aggira su 2350, di oltre 1000 superiore alle province di Milano e di Trieste, che dopo quella di Napoli sono le più popolose d'Italia.

La popolazione attiva in C. è solo il 40% di quella complessiva, e scende addirittura al 34% nella provincia di Napoli, che pertanto occupa in Italia un non invidiabile primato. Di essa poco più di un terzo trova ancora occupazione nel settore primario, con valori sensibilmente più bassi per la provincia di Napoli (10%), a causa della sua economia più differenziata. Il settore secondario ne assorbe poco più, ma il peso delle province di Napoli e di Salerno è preponderante, e quello delle province interne appare del tutto trascurabile. Il rapporto tra abitanti e stanze, pur avendo registrato un miglioramento nell'ultimo decennio (1,5 nel 1961; 1 , 1 nel 1971), rimane uno dei più bassi tra le regioni italiane, ma in parecchi comuni dell'area partenopea è molto elevato. L'alto numero delle abitazioni ancora prive di acqua potabile, e addirittura dei servizi igienici, testimonia le precarie condizioni di vita di parecchi centri della C. e di una parte della stessa città di Napoli.

Anche il reddito mette in luce le perduranti differenze tra le varie province, anche se si è avuta un'attenuazione di esse negli ultimi decenni per due ragioni, sia perché si è registrata una riduzione di popolazione nelle province interne, dove tuttavia il reddito si aggira su poco più della metà di quello nazionale, sia perché quella di Napoli ha perduto terreno. Gli squilibri perdurano e i loro effetti negativi tendono ad accentuarsi sia nella zona interna che in quella costiera. Come la politica economica nazionale non ha sanato il divario tra il Nord e il Sud, così quella regionale non ha ridotto le differenze tra le varie parti della regione: la crisi travaglia l'agricoltura, l'industria, i trasporti e le altre attività.

La crisi del settore agricolo ha investito in pieno la C., sia nelle zone interne, sia in quelle pianeggianti, dove i costi sono eccessivamente alti e il quadro colturale assai frazionato e promiscuo. D'altra parte le direttive comunitarie per l'ammodernamento dell'agricoltura prevedono grandi aziende meccanizzate, colturalmente specializzate e coadiuvate dall'esterno nei mezzi di produzione e nei servizi, così come nella trasformazione dei prodotti, ma esse mal si adattano alla situazione della Campania. L'esodo agricolo non è stato accompagnato dalla ricomposizione fondiaria e da adeguate specializzazioni colturali, e d'altronde il mancato coordinamento tra produzione agraria e industria e la scarsa cooperazione tra gli stessi produttori, anche per il grande frazionamento fondiario e colturale, creano gravissimi scompensi sia nella fase della trasformazione sia in quella della commercializzazione dei prodotti, sicché la produzione ortofrutticola subisce periodicamente inaccettabili deprezzamenti, provocando violente reazioni da parte dei coltivatori, di cui s'interessano pure le cronache locali e nazionali.

La superficie irrigua si è raddoppiata in un ventennio e ha portato all'ulteriore valorizzazione di vaste aree e vistosi cambiamenti nel paesaggio agrario, negl'insediamenti e nei modi di vita della popolazione, senza tuttavia eliminare gl'inconvenienti nelle fasi della trasformazione e della commercializzazione.

L'industria ha registrato carenze preoccupanti, specie per quanto concerne la distribuzione degli stabilimenti nell'ambito regionale, tanto che la ristretta provincia di Napoli ne ha concentrato un numero eccessivo, non riuscendo tuttavia a ridurre gli squilibri tra popolazione e risorse e a risolvere i suoi gravissimi problemi.

L'approvvigionamento delle fonti di energia è assicurato, oltre che dagl'impianti idroelettrici, di cui quelli sul Garigliano e sul Bussento sono recenti, soprattutto dalla centrale termonucleare del Garigliano (1963) e da quella termoelettrica di Napoli-Levante, dalla raffineria di petrolio e dalle importazioni di carbone. Le industrie manifatturiere assorbono 236.644 addetti (1971), ponendo la regione al settimo posto in Italia, dopo Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio per forze di lavoro occupate, ma la provincia di Napoli ne assorbe il 63%, per oltre i due terzi nel comune capoluogo. La concentrazione industriale dell'area napoletana è una delle migliori del nostro paese ed è da ricollegare alla sua forza attrattiva e alle sue infrastrutture, ma anche alla particolare politica economica del dopoguerra che ha promosso la formazione di poli e di assi di sviluppo e ostacolato la diffusione territoriale degli stabilimenti. Tale concentrazione si è appena attenuata con gl'impianti industriali di Casoria e di Pomigliano d'Arco e col recente stabilimento automobilistico dell'Alfa Sud, pur senza superare il ristretto ambito provinciale: l'Italsider si è ampliata a spese del mare, ma se ne sollecita l'allontanamento dall'area urbana, al pari della raffineria del petrolio e di altre industrie inquinanti. Nelle valli interne mancano quasi del tutto le iniziative industriali e quelle previste, ammesso che la volontà politica riesca a realizzarle, non sembrano le più idonee sul piano economico e sociale.

I risultati di siffatto sviluppo industriale non si possono considerare soddisfacenti, dato che nell'area partenopea la popolazione cresce con un ritmo superiore alle attività economiche; e d'altra parte la rete delle infrastrutture viarie, che pure pareva qualche decennio addietro avviata bene con la costruzione delle autostrade del Sole, per Reggio Calabria e per la Puglia, non si è sviluppata successivamente in modo adeguato, perché sono mancati i necessari collegamenti tra le autostrade, le strade di scorrimento interno e gli assi di penetrazione. Soltanto ai nostri giorni Napoli è stata dotata di una tangenziale, e per di più a pagamento, e si sta completando un raccordo tra le autostrade e col porto, quando, cioè, i danni provocati dai ritardati interventi sono pressoché irreparabili per uno sviluppo armonico della regione. Lo spopolamento interno, l'urbanesimo costiero e la conseguente caotica urbanizzazione, le difficoltà dei trasporti e il peggioramento della situazione generale sul piano economico, sociale, urbanistico e sanitario dipendono in buona parte dai grandi squilibri territoriali e dalle carenti infrastrutture, che si riflettono negativamente sulle capacità competitive delle aziende campane.

Napoli riassume in sé i fenomeni più preoccupanti di tale crisi, della sua stessa crescita irrazionale, degli squilibri territoriali e settoriali, del traffico caotico, delle precarie condizioni economiche, sociali e sanitarie, del mancato adeguamento delle sue infrastrutture alle sue molteplici funzioni, attuali e future, del disordine urbanistico e dell'insicurezza stessa dei suoi abitanti. Vedi tav. f. t.

Bibl.: C. Cupio, Il Piano Mansholt e l'agricoltura della Campania, in Rassegna Economica, Napoli 1969, pp. 1167-83; V. Santoro, Campania: aspetti economico-sociali della struttura demografica, ivi 1969; D. Ruocco, Memoria illustrativa della carta della utilizzazione del suolo della Campania, Roma 1970; CRPE, Schema di sviluppo economico della Campania, Napoli 1970; T. D. Aponte, Squilibri territoriali in una regione del Mezzogiorno: la Campania, in Aspetti geografici dell'integrazione europea, ivi 1975; D. Ruocco, Campania, Torino 19762.

Archeologia. - La ricerca archeologica nel territorio della C. ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi decenni, e ciò ha permesso di accrescere le nostre conoscenze intorno alla vita e alla storia di questa regione nell'antichità. Gli scavi alla "Starza" di Ariano Irpino hanno rivelato una stratificazione preistorica che dal Neolitico giunge fino all'età del Bronzo. L'Eneolitico è stato individuato anche a Mirabella Eclano, al Gaudo presso Paestum, con una sua peculiare facies e in piccola ma interessante misura entro l'attuale complesso urbano di Napoli, al rione Materdei. Un villaggio dell'età del Bronzo iniziale è stato individuato a Buccino (località Tufariello), e insediamenti della piena età del Bronzo sono nell'isolotto di Vivara, tra Procida e Ischia, nella stessa Ischia (Iocalità Castiglione e Monte Vico), e a Camposauro (Benevento). Testimonianze per l'età del Ferro hanno dato la stessa Ischia-Castiglione e la valle del Sarno con la ripresa degli scavi a S. Margano (età del Ferro e orientalizzante).

Manifestazioni di civiltà villanoviana sono state accertate in centri come Capua (attuale Santa Maria Capua Vetere) e Pontecagnano, attraverso scavi che sono ancora in corso. Nella stessa Capua il periodo etrusco, già noto dalle fonti scritte, riceve nuova luce dalla necropoli scoperta in località Fornaci. Tali scoperte ripropongono il problema dei rapporti tra il momento villanoviano e quello etrusco, e il problema delle vie di penetrazione in C. della civiltà etrusca.

D'altra parte, attraverso la tipologia della suppellettile funeraria trovata nelle tombe, siamo oggi meglio informati circa i rapporti, soprattutto di commercio, che Capua teneva da un lato con l'Etruria e il Lazio, dall'altro con le colonie greche della c. e con la Grecia propria. È testimoniata inoltre una penetrazione commerciale greca, in particolare un ampio afflusso di ceramica, nell'area etrusco-italica della pianura attorno a Capua e in altri analoghi insediamenti, come nella penisola sorrentina, dove si è esplorata tra l'altro una necropoli a Vico Equense. Alla penetrazione commerciale si sarà afliancato uno scambio di rapporti politici e sociali. Per la storia della colonizzazione greca nella regione, le ricerche a Ischia vanno chiarendo la storia dell'insediamento di Pitecusa, iniziato nella prima metà dell'8° secolo a. C., e preceduto da una frequentazione, se non da un insediamento miceneo. Pitecusa ebbe frequenti contatti e scambi con l'area egeo-anatolica e nel corso del 7° secolo declinò in concomitanza con il fiorire della colonia di Cuma sulla terraferma. Delle altre colonie, Pozzuoli ha dato le prime, anche se molto limitate, testimonianze archeologiche di Dicearchia, e Neapolis è stata oggetto di compiute indagini intorno alla sua topografia e alle varie fasi della sua espansione urbanistica, sia in base ai dati già noti, sia in seguito alla scoperta di una necropoli arcaica in zona Pizzofalcone, dove va ubicata l'antica Palaepolis. Le colonie greche di Poseidonia-Paestum e di EleaVelia, nonché il santuario di Hera alle foci del Sele (fuori dell'area della C. antica, ma che rientrano nell'attuale regione C.) sono state oggetto di vaste esplorazioni e di approfonditi studi: il santuario di Hera è ormai un caposaldo per la conoscenza dei culti e dell'arte arcaica in Magna Grecia; a Poseidonia-Paestum si sono approfondite le indagini sui centri di culto e i templi della colonia; con lo scavo di Elea-Velia si è messa in luce una città che si distingue da altre colonie greche perché conservò gelosamente il suo ellenismo anche quando le altre andavano subendo il dominio o il predominio di popolazioni italiche. Con l'insediamento dei Sanniti in C., questa regione presentò un nuovo aspetto e anche il quadro di questo periodo storico è stato arricchito dai nuovi scavi e dagli studi condotti negli ultimi decenni.

La topografia e la storia di Capua preromana, soprattutto l'aspetto politico dei rapporti tra Capua e Roma, sono stati analizzati in varie occasioni, in primo luogo da un volume di J. Heurgon, mentre numerose scoperte archeologiche si sono avute nell'area urbana, nel suburbio (santuario di Diana Tifatina), nelle necropoli (tombe dipinte). Ancora nell'entroterra campano, grandi centri come Teanum, Cales, Nola, Caudium, sono oggi meglio conosciuti nella loro consistenza di centri abitati con vasti complessi di edifici pubblici, e attivi nella produzione e nello scambio commerciale per tutta l'età preromana. Aree sacre di particolare interesse sono state individuate a Sinuessa (Mondragone) e a Rufrae (Pre senzano).

È noto che in C. la città che conserva più vistosa documentazione della sua vita in età sannitica resta ancora Pompei, ma a questa chiara documentazione si sono venuti ad aggiungere lo studio delle fortificazioni e gli scavi stratigrafici eseguiti da A. Maiuri, attraverso i quali s'è potuto fissare meglio il carattere originario di grandi complessi quali i templi di Apollo e di Giove, il foro, il Macellum, le terme stabiane, l'edificio di Eumachia; oltre a ciò, studi di epigrafia hanno approfondito la natura dell'ambiente cittadino e della sua amministrazione. In età sannitica, possiamo ben dire, Pompei era un centro abitato di notevole livello, sia dal punto di vista politico e sociale, sia da quello urbanistico e artistico: centro munito di salde mura di difesa, sviluppato e ordinato secondo saggi criteri planimetrici, con notevoli monumenti architettonici, case patrizie di ampio respiro, già pieno di capacità creative e produttive nel campo delle arti figurative e nell'artigianato: il tutto nascente da fonti d'ispirazione italiche, non ignare di quanto nello stesso periodo produceva l'area ellenistica.

Un altro notevole aspetto dell'arte dell'Italia antica è stato rivelato dalle tombe dipinte di Paestum: la pittura in ambiente italico, in particolare lucano, è ormai canosciuta, attraverso questi ritrovamenti, in modo ampio e variato, sicché siamo sulla buona strada per cercare d'identificare scuole e nomi di artisti, rapporti e contatti con altre aree d'Italia (Sannio, Magna Grecia, Etruria) e con la Grecia propria.

Con l'età romana, specialmente con la prima età imperiale, il panorama delle condizioni politiche, economiche, sociali della C. si allarga in modo notevole. Questa regione era strettamente collegata con il Lazio da ogni punto di vista; le famiglie e gl'individui di maggior rilievo nella storia dell'Urbe possedevano qui latifondi e ville, ove venivano a trascorrere gran parte del proprio tempo e ove si svolgevano incontri ad alto livello, dai quali dipese più di un evento della storia di Roma. Gl'imperatori seguirono un tale costume; il Palatium imperiale è stato riconosciuto a Baia, e grandiose ville legate al dominio imperiale sono quelle di Capri e le altre che sono state identificate nell'agro pompeiano (Villa dei Misteri a Pompei; Villa di Poppea a Oplontis, oggi Torre Annunziata). Gli scavi nei centri abitati che furono vittime dell'eruzione vesuviana dell'anno 79 d. C. (Ercolano, Oplontis, Pompei, Stabiae), proseguendo ininterrottamente, hanno messo in luce preziosi elementi della struttura urbanistica di quei centri, della loro vita quotidiana, del sistema amministrativo municipale, delle arti figurative e dell'architettura. Tra le maggiori scoperte ricordiamo, oltre alle citate ville di Oplontis e di Stabiae, soprattutto a Pompei la Casa del Menandro, il complesso dell'insula occidentalis, la Casa di Julius Polybius, e ad Ercolano l'area del decumanus maximus con le botteghe, i porticati e gli edifici pubblici adiacenti.

Nell'area flegrea ricordiamo il tempio di Augusto a Pozzuoli e il sacello degli Augustali a Miseno, complessi di particolare significato nel quadro dell'architettura, del culto imperiale, nonché, accanto al Palatium di Baia, degli stretti rapporti che correvano tra queste zone e Roma. Nell'entroterra campano le ricerche archeologiche hanno fatto meglio conoscere il complesso cittadino dell'antica Capua (teatro, edifici termali, rete stradale, santuario di Diana Tifatina), e hanno gettato le basi per la conoscenza di altri centri che gravitavano intorno a Capua, come Calatia, Cales, Teano, Suessa, Sinuessa. A Francolise (15 km a NO di Capua) scavi svoltisi tra il 1962 e il 1966 hanno riportato alla luce due ville romane, dell'età tardo-repubblicana e della prima età imperiale.

Vediamo in tal modo come la C. possegga una sua particolare fisionomia nel corso dell'età romana. Essa sviluppa una vita economica, una produzione agricola, un'attività commerciale di valore determinante nel quadro del mondo romano; anche le aree che furono devastate dall'eruzione vesuviana dell'anno 79, lungi dal restare abbandonate, come si credeva finora, mostrano segni di frequentazione e di insediamenti nei secoli dell'Impero, sicché ivi continuò la vita, forse a livello di attività agricola senza la ricostruzione di centri abitati veri e propri. D'altra parte Puteoli fu a lungo il porto di Roma, cui era collegato da un buon sistema viario. Capua infine fu sempre prospero centro, e ancora alla fine del mondo antico era considerata una delle grandi città dell'Impero.

Per quanto riguarda le arti figurative, recenti studi e scoperte nel campo della pittura permettono di valutare meglio la produzione di quest'arte in C., di riconoscere per es. il valore della sua derivazione dal mondo ellenistico, la presenza di varie officine, diverse da città a città, e si è tentato anche d'individuare mani di artisti e scuole. Nella zona flegrea, invece, interessante è la posizione della scultura, per una sua parte legata ancora alla tradizione ellenica, apportata con l'antico impianto coloniale, per altra parte, specialmente nell'arte del ritratto, in stretto contatto con Roma e con le formule auliche del centro dell'Impero. Nello svolgersi della vita amministrativa e della vita quotidiana delle città campane vediamo che il livellamento generale provocato dall'inserzione della regione nel vasto campo dell'Impero non ha cancellato dappertutto i caratteri tradizionali: per es. Napoli, Puteoli e Velia non perdono completamente il loro carattere di città greche.

Vedi tav. f. t.

Bibl.: Notizie e informazioni bibliografiche sull'attività archeologica in C. nel corso di questi ultimi decenni sono raccolte nei periodici Fasti archeologici; Notizie degli scavi di Antichità; Rendiconti Accademia Archeologica Lettere Belle Arti di Napoli; Parola del passato; Cronache pompeiane; Cronache ercolanesi; Atti Convegni Magna Grecia Taranto. Si veda inoltre in particolare: A. Maiuri, L'ultima fase edilizia di Pompei, Roma 1942; P. Zancani Montuoro, U. Zanotti Bianco, Heraion alla foce del Sele, ivi 1951 segg.; A. de Franciscis, Templum Dianae Tifatinae, in Archivio Storico di Terra di Lavoro, 1956, p. 301 segg.; M. Napoli, Napoli greco-romana, Napoli 1959; C. L. Ragghianti, Pittori di Pompei, Milano 1963; P. v. Blanckenhagen, M. A. Cotton, J. B. Ward-Perkins, Two Roman Villas at Francolise, in Papers Brit. School at Rome, 33, 1965, p. 55 segg.; Id., in Notizie Scavi, 1965, p. 237 segg.; D. H. Trump, Central and Southern Italy before Rome, Londra 1966; B. D'Agostino, in Notizie Scavi, 1968, p. 65 segg.; J. H. D'Arms, Romans on the bay of Naples. A social and cultural study of the Villas and their owners from 150 B. C. to A. D. 400, Cambridge 1970; M. Napoli, La tomba del tuffatore, Bari 1970; A. de Franciscis, Pozzuoli ἐπίνειον τῶν κυμαίων, in Rend. Accad. Arch. Lett. e Belle Arti di Napoli, 1971, p. 109 sgg.; A. Maiuri, Alla ricerca di Pompei preromana, Napoli 1973; S. De Caro, La necropoli di Pizzofalcone in Napoli, in Rend. Accad. Arch. Lettere e Belle Arti di Napoli, 1974, p. 37 segg.; Neue Forschungen in Pompeij, Berlino 1975; Contribution à l'étude de la société et de la colonisation eubéennes, Napoli 1975.

TAG

Civiltà villanoviana

Decumanus maximus

Mirabella eclano

Terra di lavoro

Civiltà etrusca