CAMPEGGI, Girolamo, detto il Bolognese

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMPEGGI, Girolamo, detto il Bolognese

Gian Paolo Brizzi

Nacque il 18 maggio 1461, probabilmente in Mantova.

Il padre, Bartolomeo, vi si era stabilito fin dal 1445 quando i partigiani dei Canetoli avevano abbandonato Bologna, dopo la congiura contro Annibale I Bentivoglio per sottrarsi alla vendetta dei concittadini. In Mantova, Bartolomeo, morta Bartolomea Manfredi, sua prima moglie, aveva fatto un vantaggioso matrimonio sposando Paola Cavalcabò di Cremona. Da questa unione nacquero due figli, Giovanni Zaccaria e Girolamo.

Entrambi furono inviati dal padre a completare i loro studi a Bologna, ove il C. conseguì, nel 1485, la laurea in diritto e nel 1488 ottenne la lettura di Istituzioni che mantenne fino al 1490. Entrò successivamente a far parte del Collegio di diritto civile e di quello dei giudici, ma dai Rotuli non risulta che gli siano state assegnate altre letture negli anni successivi, mentre è probabile che avendo nel frattempo intrapreso la carriera ecclesiastica si fosse stabilito a Roma. Fu infatti in questa città che nel marzo del 1501 egli ricevette una lettera dei Sedici riformatori di Bologna che lo incaricavano di presentare al papa le proteste della città per l'occupazione di Castel "Bolognese operata da Cesare Borgia.

Negli anni seguenti il C., divenuto protonotario apostolico, fece parte, con altri membri della sua famiglia, del gruppo di notabili al quale la Curia affidò il processo di centralizzazione dello Stato pontificio avviato in quel periodo: così mentre il fratello Giovanni Zaccaria partecipava alla riforma del Senato bolognese, a Girolamo venne assegnato il governatorato della città di Forlì.

In particolare egli si occupò nel 1513 della riforma del Gran consiglio, voluta da Leone X per pacificare la città nella quale si opponevano violentemente il partito guelfo che aveva i suoi esponenti più ragguardevoli nella famiglia Morattini, ed il partito ghibellino, guidato dalla famiglia Numaj; il C. scelse, secondo le indicazioni del papa, sedici cittadini deputandoli a tale compito.

Consacrato vescovo il 16 genn. del 1516, gli venne affidata la diocesi di Parenzo, sulla costa occidentale dell'Istria. La stessa posizione geografica della diocesi parentina avvicinava il C. agli interessi imperiali: la sua collaborazione, iniziata con Massimiliano, che il 31 ott. 1517 gli aveva concesso il titolo di conte palatino, continuò poi con Carlo V. Preso possesso della diocesi istriana il C., conformemente alla sua preparazione giuridica, attese alla compilazione dei Libri Iurium Episcopalium che sul finire del Quattrocento aveva iniziato un suo predecessore, il vescovo Giovanni Antonio Pavaro. Fu senz'altro esaminando e riordinando le antiche investiture, privilegi, immunità, sentenze che attestavano il trascorso splendore dei vescovi parentini e l'ampiezza della loro giurisdizione civile sull'entroterra istriano a monte di Parenzo, sulle terre chiamate di San Mauro, che il C. fu indotto a pensare alla possibilità di ripristinare dopo circa tre secoli l'antico Stato della contea ecclesiastica di Parenzo.

Fidando nel favore di Carlo V che nella famiglia Campeggi contava numerosi collaboratori e che, dopo la pace di Barcellona del 1529 col papa, aveva elargito numerosi favori a prelati ed amici di Clemente VII, tra i quali poteva annoverarsi lo stesso C. questi chiese all'imperatore che confermasse le concessioni di Ottone II, Enrico II e Rodolfo I ai vescovi parentini, restaurando la giurisdizione civile della Chiesa di Parenzo su numerose città dell'entroterra fra cui Montona, Pisino, Orsera, San Vincenti, Torre, Rovigno, Valle.

Il 25 ag. 1529 Carlo V accoglieva la richiesta del C., inviando da Genova a Parenzo un diploma che confermava i privilegi concessi dai suoi predecessori alla Chiesa parentina. Tuttavia la concessione imperiale, che avrebbe potuto aprire un conflitto con la Repubblica di Venezia, alla cui giurisdizione appartenevano da tre secoli molti tra i territori rivendicati dal C., non ebbe alcuna reale efficacia; d'altronde lo stesso Carlo V era fra coloro che violavano la concessione imperiale avendo il controllo del castello di Pisino. Invano il C. tentò di rendere operante l'investitura, investendo a sua volta della contea di Pisino, nel 1530, il nipote Bartolomeo, capitano al servizio imperiale.

L'inesistenza, in un inventario del 1540 relativo alle rendite della mensa vescovile parentina, di riferimenti al canone annuo che il C. avrebbe dovuto pagare a norma del diploma, conferma il fallimento del suo ambizioso piano. Fu forse in seguito a ciò che il C. decise di abbandonare definitivamente Parenzo, dove peraltro era vissuto assai poco a causa delle controversie sorte con la popolazione, di solida tradizione ghibellina. Irritato contro quel "populo ingrato" (Babudri, 1911, p. 96) il C. trascorse gli anni successivi in varie città, fra cui Bologna e Ravenna. Nell'anno 1527 egli si trovava sicuramente a Roma dove aderì al diffuso moto di rinnovamento spirituale di quegli anni partecipando all'attività della Confraternita della Carità. Stabilitosi dopo il 1531 a Bologna, nel 1533 affidò l'amministrazione della diocesi di Parenzo al nipote, il cardinale Lorenzo. Morì probabilmente nel 1534 e venne sepolto nella chiesa cattedrale di Bologna che, poco prima della morte, aveva beneficiato con la fondazione di due cappellanie.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Fondo Senato-Reggimento, Sommario dei documenti contenuti nell'arch. del Reggimento, 6 marzo 1501; Fondo Campeggi-Malvezzi, s. II, 32/269: Genealogie Campeggi; Ibid., 162/399, fasc. 47: Favori ottenuti per G. C. da Carlo V; Ibid., 163/400, fasc. 12 e 35: Affari vari relativi a G. C.; Ibid., 164/401, fasc. 60, 61, 80: Affari diversi relativi a G. C.;Bologna, Bibl. comunale, ms. B 671: Compendio dell'origine delle famiglie senatorie di Bologna, cc. 65 ss.; Bologna, Bibl. universitaria, ms. 4207: L. Montefani-Caprara, Famiglie bolognesi, XXII, c. 82; A. Bernardi, Cronache forlivesi, a cura di G. Mazzatinti, in Dei mon. istor. pertinenti alle Prov. della Romagna, s. 3, II, Bologna 1895-1897; p. 383; Invent. dei beni e rendite della mensa vesc. di Parenzo, in Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e storia patria, VII (1891), pp. 203 ss.; F. Babudri, Un diploma di Carlo V, ibid., XXVII (1911), pp. 77 n., 96; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1933, III, pp. 239, 301; Nuntiaturberichte aus Deutschland, 1533-1539, II, Tübingen 1969, p. 98; Transumptum privilegiorum... DD. Comitibus de Campegijs..., Bononiae 1566; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, parte II, p. 101; P. S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 234; P. Bonoli, Storia di Forlì, Forlì 1826, II, p. 356; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori..., Bologna 1847, p. 79; U. Dallari, IRotuli..., I, Bologna 1888, p. 136; F. Babudri, Parenzo nella storia ecclesiastica, Parenzo 1910, ad Ind.; C. De Franceschi, Mainardo conte d'Istria, in Atti e mem. d. Soc. istriana di archeol. e st. patria, XXXVIII (1926), 1, pp. 35 ss.; L. v. Pastor, Storia dei papi, IV, Roma 1926, p. 552; G. Moroni, Diz. di erud. storico-ecclesiastica, XXV, p. 278; LI, p. 180; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 270.

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