CANAL, Giovanni Antonio, detto il Canaletto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANAL, Giovanni Antonio, detto il Canaletto

Francis J. B. Watson

Figlio di Bernardo e di Artemisia Barbieri, nacque nel 1697 a Venezia, in una famiglia benestante, ma che quasi certamente non era aristocratica come asseriscono alcuni; fu detto il Canaletto forse per distinguerlo dal padre o per la sua piccola statura. Il padre (morto nel 1744) era pittore di scenari teatrali: nel suo studio il giovane C. apprese l'arte. Sin dal 1716 aiutava il padre, insieme con lo zio Cristoforo, a disegnare le scene per due opere di Vivaldi e Chelleri, eseguite al teatro S. Angelo a Roma, come è testimoniato dai relativi libretti; ma è possibile che avesse lavorato precedentemente nei teatri veneziani. Nei successivi quattro anni la famiglia fornì le scene per altre opere di vari compositori in diversi teatri romani. Secondo lo Zanetti (1771, p. 461) fu nel 1719 - o verso questa data - che egli "scomunicò solennemente il teatro" spintovi "dalla indiscretezza de' Poeti drammatici", e "si diede a dipingere vedute dal naturale". Più verosimilmente, si rese conto che i metodi oltremodo convenzionali della scenografia contemporanea soffocavano le sue doti naturali. Il suo innato amore per la pittura di paesaggio si risvegliò probabilmente attraverso contatti con artisti olandesi attivi a Roma, in particolare Gaspar Van Wittel (Vanvitelli), che dipingeva rappresentazioni topografiche di Roma e di altre città italiane almeno sin dal 1681. Un'influenza del Pannini è meno probabile, poiché questi aveva intrapreso appena allora questo genere di pittura. A quanto viene riferito, il C. iniziò dipingendo le antichità di Roma; e quasi certamente risale a questo periodo una serie di ventidue disegni con vedute romane (Londra, British Museum), successivamente incise da G. B. Brustolon con l'iscrizione: "Anto. Canal Pinx. Romae". Un gruppo di vedute, che si ritengono dipinte in Roma intorno all'anno 1719, sono state recentemente indicate come le prime vedute del C., ma la loro autenticità è stata posta in dubbio soprattutto perché esse si collegano chiaramente con una serie di "capricci" architettonici (uno dei quali firmato e datato al 1723) dalle caratteristiche del tutto insolite in questo primo periodo (A. Morassi, Settecento inedito, in Arte veneta, XVII [1963], pp. 145-150; D. Mahon [1968]; A. Morassi, Canaletto o Guardi?..., in Arte veneta, XXII [1968], pp. 231-233).

Nel 1720 il nome del C. appare per la prima volta nella fraglia dei pittori di Venezia, ove era certamente ritornato poco prima. Indubbiamente il suo incipiente interesse per la pittura topografica fu rinforzato dal successo che stava incontrando allora a Venezia il Carlevaris, ma nulla prova che il C. ne fosse mai divenuto allievo, come asserito da alcuni.

Le prime opere documentate del C. (commissionategli da Owen McSwiney, un impresario d'opera irlandese, nel 1722) sono le due complesse "tombe allegoriche" dell'arcivescovo Tillotson e del lord cancelliere Somers, conservate ambedue in collezioni private inglesi, eseguite in collaborazione (il C, fornì lo sfondo architettonico). Le sue prime vedute topografiche di Venezia sono le quattro che il C. dipinse per il principe di Liechtenstein prima del 1725, come è dimostrabile in base a considerazioni topografiche (due conservate nella collezione di Mario Crespi a Milano, e due a Castagnola, Lugano, Fondaz. Thyssen). In quell'anno egli si impegnò ad eseguire quattro vedute veneziane per un collezionista lucchese, Stefano Conti (oggi in collez. privata, Canada; F. Haskell, S. Conti, patron of Candetto and others, in The Burlington Magaz., XCVIII [1956], pp. 296-300).Sembra che poco dopo tale data egli abbia suscitato l'interesse di Joseph Smith, banchiere, mercante e collezionista inglese, amico di Owen McSwiney, e più tardi, nel 1744, console britannico a Venezia. Per questo nuovo committente eseguì una serie di grandi vedute della zona circostante S. Marco (Collezioni reali inglesi), tutte contraddistinte (come già quelle summenzionate per il principe di Liechtenstein e per il Conti) da ampiezza di tocco, illuminazione teatrale, e un interesse quasi impressionista per il gioco di luci e ombre, per la trama delle superfici murarie e per gli aspetti mutevoli della natura. Fu lo Smith che mise l'artista in contatto durante il loro "grand tour" con quei ricchi giovani inglesi che sarebbero stati i suoi principali committenti per il resto della sua vita. Sarebbe comunque errato ritenere che in questi primi anni essi costituissero la sua unica clientela, ché le sue opere trovavano acquirenti anche tra i collezionisti veneziani di rilievo, quali il padre Pedozzi, Zaccaria Sagredo e A. M. Zanetti, francesi come il conte de Gergi, e tedeschi come il feldmaresciallo Schulenberg.

Il suo successo fu rapido. Già nel novembre del 1727 McSwiney poteva scrivere al duca di Richmond - a proposito di due (su un totale di quattro) vedute veneziane su rame (coll. Richmond) commissionate all'artista - che egli aveva troppi impegni per poterli adempiere tutti nel tempo stabilito, e lamentarne i prezzi elevati (Constable, p. 14). Con la morte del suo rivale Carlevaris, avvenuta nell'anno 1729, e l'accesso al mercato inglese che gli era stato procurato dallo Smith, il C. cominciò ad essere oberato di commissioni. I turisti inglesi che costituivano la maggioranza dei suoi committenti richiedevano il massimo realismo nella rappresentazione e, un po' per questo e un po' in ragione di una esecuzione più agevole e rapida, l'artista cominciò ad abbandonare il suo precedente stile a larghi tratti per una maniera più meticolosa, lineare e meccanica. Sembra anche che avesse smesso di dipingere all'aperto, metodo che, del tutto insolito a quei tempi, egli aveva precedentemente praticato, come informano i contratti relativi all'opera realizzata per il Conti nel 1725.

I primi segni di questo nuovo stile appaiono in una serie di quattordici piccole vedute del Canal Grande dipinte per Smith (Collezioni reali inglesi) - incise poi da A. Visentini e pubblicate nel 1735 (Prospectus Magni Canalis Venetiarum) - ed in dipinti, tutti documentati al 1730 e richiestigli, per il tramite dello Smith, da vari committenti inglesi, come Samuel Hill, Hugh Howard, e un certo Mr. Conduit. Già nel 1733 lo Zanetti (Descriz. di tutte le pubbliche pitt. ..., Venezia) lo definiva il migliore vedutista della città, e quest'asserzione fu ripetuta dal presidente de Brosses nella lettera datata 24 nov. 1739 (I, p. 429), nella quale si legge: "les Anglois ont si bien gâté cet ouvrier, en lui offrant de ses tableaux trois fois plus qu'il n'en demande, qu'il n'est plus possible de faire marché avec lui". Simili opinioni aveva espresso nel 1736 il diplomatico svedese Ch. G. Tessin, lamentandosi anch'egli per i prezzi elevati e il difficile carattere dell'artista (O. Sirén, Dessins et tableaux... dans lescoll. de Suède, Stockholm 1902, p. 107). In questi anni l'artista ricevette commissioni per varie serie di vedute, prevalentemente da clienti inglesi - il duca di Bedford (ventidue), il conte di Carlisle (diciotto), il duca di Buckingham (ventidue) -, e inoltre per una serie di otto vedute per il principe di Liechtenstein. Le vedute riferibili al quarto decennio sono contraddistinte da un ricorso sempre più frequente a sussidi meccanici, quali la riga, l'inchiostrazione dei contorni architettonici, piccole perforazioni nei disegni, schematicità dei tratti di pennello, un più convenzionale uso del colore. Inoltre fonti contemporanee attestano che il C. faceva ampio ed abile uso della "camera ottica", tracce della quale sono visibili in pochi dei suoi disegni conservati e anche, più raramente, nei dipinti. La qualità ineguale delle opere prodotte in questi anni sembra indicare che egli si servisse di assistenti di studio, ma non vi sono prove documentarie atte a suffragare questa ipotesi; uniche testimonianze, quelle relative alla collaborazione del nipote ed allievo Bernardo Bellotto. Non sembra però da escludere che si facesse aiutare dal padre, Bernardo, che visse fino al 1744, e probabilmente anche da altri. È indubbio, peraltro, che l'immenso successo commerciale ottenuto dalle sue vedute gli aveva procurato imitatori.

Nel 1742 vennero pubblicate altre due serie di dodici incisioni del Visentini da dipinti del C.: con le quattordici precedentemente pubblicate esse comprendevano i soggetti più frequentemente ripetuti dall'artista, e sembra fossero destinate a costituire un catalogo dal quale i suoi clienti meno sofisticati potessero scegliere i soggetti da commissionargli. Ma all'epoca in cui apparvero le incisioni del 1742 era già scoppiata la guerra di successione austriaca che privò il C. di molti dei suoi più importanti clienti, i viaggiatori inglesi. Quasi a compensarlo di questa perdita, lo Smith ordinò al C. cinque vedute di Roma e tredici sovrapporte con capricci architettonici veneziani, gran parte delle quali si trovano ora nelle Collezioni reali inglesi: alcune firmate e datate al 1744. La prima serie ha indotto vari studiosi a ritenere che l'artista avesse visitato una seconda volta Roma verso il 1740, ma nessun documento suffraga questa ipotesi, ed è probabile che i dipinti siano stati tratti da disegni eseguiti a Roma negli anni giovanili. Tra il 1741 e il 1744 il C. produsse una serie di trentuno acqueforti (insieme con altre tre che si conoscono in tirature uniche), tutte contraddistinte da un ritorno alla luminosità dei suoi primi anni e da un accentuato interesse per i capricci architettonici.

Fu indubbiamente, la perdita del gruppo più importante dei suoi clienti che indusse il C. a recarsi in Inghilterra, ove l'antiquario e storico dell'arte G. Vertue (III, p. 130) registra il suo arrivo alla fine di maggio del 1746. Immediatamente il duca di Richmond, già suo cliente e per il quale Owen McSwiney gli aveva dato una lettera di presentazione, gli ordinò due vedute della sua casa sul Tamigi (coll. Richmond). Il C. continuò a lavorare in Inghilterra fino alla fine del 1755 o all'inizio del 1756; ma dal settembre 1750 circa a prima del 25 maggio 1751, e di nuovo, più brevemente, nel 1754, tornò a Venezia.

Durante il suo soggiorno inglese il C. dipinse molte vedute del Tamigi che avevano una certa qual somiglianza con il Canal Grande, vedute di ponti, chiese, strade ed edifici londinesi, e viaggiò per la campagna inglese eseguendo dipinti e disegni di Windsor, Warwick, Badminston nel Gloucestershire, Cambridge, e Alnwick nel Northumberland. Tra i suoi numerosi committenti erano, oltre al duca di Richmond, il duca di Beaufort, sir Hugh Smithson (successivamente duca di Northumberland), Thomas Hollis, scrittore politico, il parlamentare Samuel Dickinson, il decano di Westminster James West, antiquario e collezionista, e altre personalità di rilievo. Nello stesso periodo furono incise alcune delle sue vedute di Londra: in particolare, due serie con i giardini di Ranelagh e Vauxhall.

Nonostante questo notevole successo, il C. ebbe ad affrontare gravi problemi a Londra. Nel giugno 1749 il Vertue (III, p. 149) notava che il C. non produceva opere tanto ben fatte quanto le vedute di Venezia o di altre parti d'Italia che già facevano parte di collezioni inglesi; un mese dopo riferiva voci secondo le quali il C. era un impostore: a meno che non si trattasse del nipote Bellotto (detto anche lui il Canaletto). Vi è motivo di supporre che questa calunnia fosse diffusa da commercianti che avevano venduto, come originali, falsi e opere di suoi imitatori. L'artista prese la cosa tanto seriamente da inserire, nel luglio 1749, un avviso su un giornale per annunziare la pubblica esposizione di un suo dipinto, St. James Park (non rintracciato), quasi volesse proclamare la propria buona fede (Vertue, III).Il 30 luglio 1751 (sul Daily Advertiser), forse temendo che le voci calunniose non si fossero ancora del tutto spente, egli annunciava di nuovo l'esposizione di un dipinto, Chelsea e Ranelagh sul Tamigi (ora diviso in due: Blickling, National Trust, e Cuba, già coll. privata).

Queste dicerie erano probabilmente motivate da certi mutamenti rilevabili nello stile del C. nel periodo inglese, peraltro già impliciti nella sua maniera precedente. Benché opere come le vedute Da Richmond House e la grande Veduta di Whitehall (coll. Buccleuch) siano nella sua migliore vena veneziana, gli elementi meccanici e manierati del suo stile, già notati nei dipinti degli anni trenta, diventano sempre più persistenti con l'avanzare dell'età. In particolare le sue figure si fanno convenzionali riducendosi a macchie, tratti e svirgolature, le lumeggiature sono rese con semplici tocchi di bianco, forse in conseguenza dell'uso della "camera ottica", con le sue immagini lievemente "fuori fuoco". Anche i suoi colori si fanno più freddi, forse in parte a causa della fredda luce nordica per lui insolita. Un certo peso può aver avuto anche, in questi cambiamenti, la conoscenza dei paesisti olandesi rappresentati nelle collezioni inglesi: è tuttavia da tener presente che questi non gli dovevano esser del tutto nuovi poiché lo Smith, a Venezia, possedeva una importante raccolta di quadri olandesi e fiamminghi.

L'ultimo dipinto di rilievo eseguito dal C. in Inghilterra fu, probabilmente, Walton Bridge (coll. privata, Londra) con l'iscrizione "Fatto nell'anno 1755 in Londra...", evidentemente nell'estate. Negli anni che seguirono il suo ritorno a Venezia la produzione dell'artista diminuì lievemente. Sappiamo di certo che dall'Inghilterra riportò disegni, in base ai quali dipinse a Venezia almeno due Vedute di Londra per lo Smith (Collezioni reali inglesi). In una lettera del 28 sett. 1759 F. Algarotti (Opere, VIII, Venezia 1792, pp. 91-93) descriveva un capriccio tratto dal disegno palladiano per il ponte di Rialto ambientato tra edifici vicentini (non rintracciato). Nella sua tarda maturità il C. appare sempre più attratto dalle "vedute ideate" - o capricci architettonici - un'ulteriore indicazione di quel suo distacco dalla realtà già notato nella sua evoluzione stilistica. Ma la testimonianza dell'inglese John Hinchliffe, che lo vide in piazza S. Marco intento a disegnare il campanile, dimostra che il C. continuava a osservare, disegnare e dipingere soggetti reali del paesaggio urbano (M. F. Finberg, Canaletto in England, in The Walpole Society, IX [1921], p. 44). Una commissione di maggior rilievo fu la serie di dodici disegni delle varie festività cui partecipava il doge, eseguiti con cura minuziosa prima del 1763 (o in quell'anno) e poi incisi da G. B. Brustolon per l'editore Furlanetto (Solennità del doge).

L'11 sett. 1763 il C. venne eletto membro dell'Accademia d'arte di Venezia, succedendo al pittore G. Nogari. Precedentemente, nello stesso anno, non era riuscito eletto, forse per la scarsa stima in cui negli ambienti accademici di questo periodo era tenuta la pittura di paesaggio. Come saggio presentò una capricciosa Veduta di cortile (Accademia) in stile decisamente manierato. Ultima sua opera fu un disegno datato 1766 (Amburgo, Kunsthalle), la cui iscrizione dichiara che fu disegnato "senza occhiali". Il C. morì due anni dopo a Venezia, il 19 apr. 1768.

Non lasciò testamento e, nonostante le affermazioni che venivano fatte con insistenza mentre egli era ancora in vita, sembra abbia lasciato pochi soldi. Quando era arrivato in Inghilterra, Vertue (III, p. 132)aveva asserito che a Londra il C. si era sistemato bene e che per di più aveva portato la maggior parte del suo denaro per investirlo in Inghilterra; ma di queste operazioni finanziarie non è restata traccia.

L'immensa stima di cui il C. godette in vita, soprattutto tra gli Inglesi, continuò dopo la sua morte. Le quotazioni delle sue opere si sono costantemente mantenute elevate, anche nell'Ottocento quando Ruskin lanciava i suoi strali contro di lui.

La sua produzione fu vasta: Constable (1962)ha catalogato cinquecentoventuno dipinti, molti in più versioni, trecentotrentadue disegni (oltre a tre quaderni di schizzi) e certamente ve ne sono altri. Produsse inoltre trentaquattroacqueforti e molti disegni per incisioni. È documentato (L. Crico, Lettere sulle belle arti trevigiane, Treviso 1833, p. 297)che l'artista dipinse una pala d'altare destinata a una chiesa di Mestre e una natura morta, ma nessuna delle due è stata rintracciata. Un suo ritratto disegnato dal Piazzetta fu inciso dal Visentini per il frontespizio delle incisioni del 1736. È certamente un autoritratto quello dipinto a Londra, destinato all'incisione, ma mai inciso (National Trust, Anglesea Abbey). Secondo testimonianze coeve, G. B. Tiepolo inserì occasionalmente delle figure nei dipinti del C.: benché ciò sia tutt'altro che impossibile, finora non se ne sono trovate prove visive. Il locus classicus per studiare la sua opera sono le Collezioni reali d'Inghilterra che possiedono cinquantaquattro dipinti, centoquarantatré disegni e la serie più completa delle sue acqueforti, tutti provenienti dalla raccolta dello Smith.

Il C. influì profondamente sulla pittura vedutistica veneziana e il suo successo incoraggiò molti artisti, tra i quali Bellotto, Marieschi, Visentini e Francesco Guardi a dipingere vedute: alcuni di essi lavorarono probabilmente nel suo studio. La sua opera venne imitata dai contemporanei e nell'Ottocento, e fors'anche nel Novecento.

Fonti e Bibl.: Una biografia dettagliata, catal. ragionato delle opere e ottima bibl. sino al 1962in W. G. Constable, Canaletto: G. A. C. 1697-1768, Oxford 1962, che contiene anche una lista completa delle opere firmate, datate, e delle incisioni documentate. Ancora di qualche interesse è il volume di F. J. B. Watson, Canaletto, London 1954;mentre ìnteressanti informazioni sulla più importante coll. di opere del C. sitroveranno in K. T. Parker, The Drawings of Canaletto at Windsor Castle, Oxford-London 1948, e in M. Levey, The later Ital. pictures in the Royal Collection, London 1964, ad Indicem. Un eccellente condensato del catalogo di Constable, con alcuni ampliamenti, in L. Puppi, L'opera completa del Canaletto, Milano 1968. Alcune notizie ined. in T. Pignatti, Canaletto. Disegni scelti, Firenze 1969 (v. anche recens. di F. J. B. Watson, in Apollo, XCIV [1971], 115, pp. 244 ss.), mentre la bibl. completa è nel catal. I vedutisti veneziani del Settecento, Venezia 1967, nel quale però non poté essere incluso l'articolo di D. Mahon, When did F. Guardi become vedutista?, in The Burlington Magaz., CX(1968), pp. 72 s., Molto imponenti per le implicazioni che riguardano i capricci giovanili recentemente pubblicati. Per le fonti citate all'internodella voce si veda: Vertue Note Books, III, in The Walpole Society, XXII (1934), pp. 94, 127, 130, 132, 143, 149, 151, 158, ed indici, ibid., XXIX (1947); A. M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de' veneziani maestri, Venezia 1771, pp. 461 ss.; Ch. de Brosses, Lettres familiares ..., a cura di Y. Bezard, I, Paris 1931, ad Indicem. Per la letter. più rec. si veda: T. Pignatti, Bernardo Bellotto..., in Bull. Nat. Gall. of Canada, 1967, pp. 1-2; I. Chiappini Di Savio, Gli atti di nascita e di morte del Canaletto..., in Bollettino dei Musei civ. veneziani, XIII (1968), 2, pp. 2 s.; M. Liebmann, Tworecently discovered pictures by A. C., in Arte veneta, XXII (1968), pp. 198 s.; A. Morassi, Canaletto o Guardi?..., ibid., pp. 231-233; Grafika Kanaletto. Katalog vystavki. K 200letnju so dnja smerti chudoznika (Grafica del Canaletto. Catal. della mostra...), Leningrad 1968; T. Pignatti, "Sei villaggi campestri" del Canaletto, in Boll. dei Musei civ. venez., XIV (1969), 3, pp. 23-28; J. G. Links, Secrets of Venetian topography, in Apollo, XC (1969), 91, pp. 222-229; H. Salamon, Catalogo completo delle incisioni di G. A. C. ..., Milano 1971; Views of Venice by Canaletto, engraved by Visentini, a cura di J. G. Links, London 1971; S. Kozakiewicz, Un gruppo di vedute veneziane della cerchia di A. C., in Bull. du Musée national de Varsovie, XII (1971), 1-2, pp. 28-37; F. Vivian, Il console Smith mercante ecollezionista, Vicenza 1971, ad Indicem;B. Klesse, Studien zu ital. u. franz. Gemälde des W.-R.-Museum. in Wallraf-Richarts-Jahrbuch, XXXIV (1972), pp. 234-39; P. Bellini, Canaletto incisore, in I quaderni del conosc. di stampe, 1972, 123 pp. 8-14; B. B. Fredricksen, Catalogue of paintings in the J. Paul Getty Museum, s.l.1972, p. 58; B. B. Fredricksen-F. Zeri, Census of Pre-Nineteenth-Century paintings in North American public Collect.s, Cambridge, Mass. 1972, ad Indicem;A. Rizzi, I maestri della pittura veneta del '700 (catal., Gorizia 1973-74), Milano 1973, ad vocem;G. N. Pilo, Due capolavori inediti…, in Paragone, XXIV (1973), pp. 91-97.

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